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Autore: Lights    22/07/2015    10 recensioni
Proiettili di ghiaccio si può considerare il seguito di Metodo Scientifico, ma può essere seguita anche senza aver letto la precedente storia. Un nuovo gruppo, una nuova dinamica, un cattivo invisibile che miete il panico in diverse città, e ora è approdato anche a Starling City.
Oliver si dovrà confrontare con il nuovo cattivo ma non sarà solo, al suo fianco ha una nuova squadra, e poi c'è lei: Felicity Smoak, ma sarà come prima? Scopriamolo insieme. Buona lettura, Lights.
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Felicity Smoak, Oliver Queen, Roy Harper
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Proiettili di Ghiaccio

 

- 27 -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Bruce riunì il resto della squadra nella sala di comando.

- Hal e Luke sono partiti.

- Come partiti? Dove sono andati? - Chiese Felicity, sconcertata.

- A Metropolis. Lì c’è Cindy e il Trentatré punto uno.

- Trentatré punto uno? - Chiese Diggle.

- Che ci fa lì Cindy? - Domandò a sua volta Roy.

- Il Trentatré punto uno è il laboratorio principale delle attività dei Luthor. Cindy è andata a Metropolis per sabotare i loro piani. Dalle informazioni che hanno raccolto Clark e Chloe sembra che tutto sia partito da lì. Luke ne è la prova. - Spiegò Bruce seguito da un lungo silenzio. - Agiremo in sincronia. Attaccheremo nello stesso momento, e metteremo fine a questo scempio. Al lavoro. Il tempo a nostra disposizione è quasi terminato.

Ognuno andò alla propria postazione per definire gli ultimi dettagli. La sera calò velocemente e li trovò ancora immersi nei loro compiti.

Felicity si appoggiò allo schienale della sedia, stanca. Si portò una mano alla tempia e iniziò a massaggiarla lentamente. Tutto quel lavoro celebrare la stava mettendo a dura prova.

- Stai bene? - Chiese gentilmente Roy, scivolando con la sedia accanto a lei.

- Solo stanchezza.

- Sei preoccupata?

Felicity si voltò verso di lui. - Come tutti. Dividermi non mi è mai piaciuto, ma so che con Luke c’è Hal e questo mi fa stare più tranquilla.

- Come ti capisco.

Lei gli sorrise e gli appoggiò una mano sul braccio. - Andrà bene, e presto saremo di nuovo tutti insieme.

Oliver si avvicinò ai due. Aveva appena finito di allenarsi con Diggle in un combattimento a corpo libero. Felicity scivolò con gli occhi sul suo petto sudato. Si morse il labbro mentre veniva sommersa dalle immagini della nottata infuocata appena trascorsa.

- Roy, - Chiamò severo Oliver. - Muoviti, Bruce ti sta aspettando, dovete perfezionare la tattica che abbiamo progettato.

- Ma io… - Roy tentò di protestare, ma l’occhiata severa di Oliver lo fece desistere.

- Oliver… - Felicity cercò di intercedere.

- Dobbiamo essere preparati, Felicity, non sappiamo che cosa ci aspetta domani sera.

- Un po’ di riposo non ha mai fatto male a nessuno. - Provò ancora. Diggle e Bruce nel frattempo si erano avvicinati a loro. In cambio Oliver le regalò una delle sue occhiate serie.

- Perché non la smetti di comportarti da despota e non mi baci… no! Volevo dire perché non mi dai retta? - Felicity scattò in piedi e chiuse brevemente gli occhi, passandosi una mano sul viso e le luci della sala iniziarono a lampeggiare facendo risaltare il suo disagio. - Dio... - Con un gesto della mano fermò il sfarfallio dell'illuminazione. Con lo sguardo scivolò un'altra volta su Oliver. Inspirò profondamente. - Perché non indossi una maglietta... che prendi freddo! - Si affrettò a specificare. Fece qualche passo indietro. - Ma guarda... Alfred mi sta cercando. Vado da lui. - Corse via lasciando i presenti di stucco.

 

 

Felicity entrò nel laboratorio proprio quando il Dottor Wolfar stava scagliando a terra l'intera ricerca a fronte dell'ennesimo esito negativo per l'antidoto.

- Andrew, - Si avvicinò piano.

Lui si scostò con rabbia. Si appoggiò pesantemente al tavolo, con i pugni serrati e gli occhi chiusi. - Ho fallito... ancora. - Colpì con forza il legno con il pugno.

- Ce la farai, ne sono più che sicura.

L'uomo la guardò brevemente e poi senza badarle prese a raccogliere i fogli da terra. - Hai troppo fiducia nelle mie capacità. Ti deluderò... un'altra volta.

- Tu non mi hai mai deluso! - Felicity si inginocchiò a terra di fronte a lui e gli prese il volto tra le mani. - Beh, mi hai nascosto la verità per non so quanto tempo e mi hai allontanato da Oliver... - Felicity strizzò gli occhi. - Mi hai salvato la vita.

- Non è vero! Io non ti ho salvato. Non sono stato in grado di trovare la cura e ho dovuto scendere a compromessi con Braniac. - Abbassò il capo, colpevole.

Felicity sorrise mestamente. - Mi hai donato una nuova vita, ancora più bella di quella che avevo. La tua scelta è stata giusta, il modo no, dovevi dirmi tutta la verità… - Scosse la testa per non ricadere nello stesso errore. Gli sollevò il capo in modo che potesse guardarlo negli occhi. - Mi hai salvato. Senza di te non sarei qui, non potrei aiutare a cambiare il mondo, mi hai solo aiutato a trovare la vera me stessa. Mi hai completato.

Andrew la guardò a lungo senza dire niente. Felicity sorrise dolce e d'istinto l'abbracciò.

- Ho piena fiducia in te, sono sicura che riuscirai a trovare l'antidoto.

Lui la strinse a sé, confortato dalle sue parole.

- Hai salvato la mia vita, salverai anche quelle delle altre persone.

L’uomo rimase sull’uscio a osservare quell’abbraccio. Stava per fare un passo per interrompere quell’intimità fastidiosa, ma desistette. Se ne andò in silenzio come era arrivato, immerso nei suoi pensieri.

 

 

Felicity si era sentita impotente nel vedere Andrew così sfiduciato. Aveva avvertito tutta la sua frustrazione per l’ennesimo fallimento.

Si fermò un attimo e si appoggiò alla porta. Era stanca, tutto quel super lavoro e la tensione che aleggiava sull’intera squadra erano difficili da sostenere.

Ad un tratto la porta si aprì: Felicity venne acciuffata per un braccio e tirata dentro la stanza. Non ebbe neanche il tempo di capire che cosa stesse accadendo che delle labbra calde e morbide si appoggiarono sulle sue. Cercò di fare resistenza, ma poi quando riconobbe l’impronta particolare del bacio, si lasciò andare e si fece travolgere dalla sua intensità.

Si staccò dopo un paio di secondi, senza fiato, tutta scombussolata.

- Wow. - Esclamò estasiata. Con uno schiocco di dita accese la luce e incontrò lo sguardo divertito di Oliver.

- Questa imboscata sta per… - Lo invitò a proseguire con la mano mentre cercava di ritrovare un po’ di lucidità.

Oliver si avvicinò a lei e le circondò la vita stringendola a sé. - Non me l’hai ordinato tu di baciarti? - Ghignò divertito.

Felicity rimase senza parole, sgranò gli occhi per la sorpresa ma poi sorrise compiaciuta. Gli circondò il collo con le braccia, intrecciando le dita sulla sua nuca.

- Da quando esegui i miei ordini?

- Da quando sono così stuzzicanti. - Oliver la baciò brevemente. - E poi...

- Poi... - Felicity avvicinò il viso al suo.

- Come promemoria.

- Promemoria?

- Felicity... - Oliver lasciò la frase in sospeso e rimase a guardarla negli occhi.

- Oliver.

- Quando tutto sarà finito, dobbiamo parlare.

- Parlare di cosa? - Chiese Felicity, confusa.

Oliver la baciò brevemente, prima sulla bocca e poi sulla fronte. Si staccò da lei, facendo scivolare le mani sulle sue braccia e facendo intrecciare le loro dita.

- Quando tutto sarà finito, parleremo. Ora, concentriamoci sulla missione.

- Ma...

Oliver non aggiunse altro e aprì la porta. Stava per andarsene ma ritornò sui suoi passi.

- Ah, Felicity... la prossima volta, cerca di consolare Andrew con meno enfasi, ok? Non è più un bambino, credo che possa incassare un fallimento. - Le fece l'occhiolino e uscì dalla stanza.

Dopo un attimo di smarrimento, Felicity sorrise e sussurrò alla porta chiusa: gelosone.

 

 

- Siamo in posizione. - Confermò Arrow a Batman. Il tempo per agire era arrivato.

- Ok, gli accessi sono sbloccati. Che inizino le danze! - Decretò Felicity con troppa euforia, guadagnandosi un'occhiataccia da parte di Oliver. - Possiamo entrare. - Terminò più seria.

Stava per varcare la porta quando lui la bloccò per il braccio. - Stai attenta.

Felicity l’osservò per un lungo istante negli occhi. Sospirò, abbassando leggermente il capo e dopo un attimo ritornò da lui. - Anche tu.

- Se avete finito voi due, avremo una missione da portare avanti. - S’intromise Andrew, sorpassandoli. - Rispettiamo il piano: a me il laboratorio, Felicity computer centrale e ad Arrow i sotterranei.

- Grazie per il promemoria. - Tagliò corto Oliver, infastidito.

Felicity sorrise appena, sollevò le spalle non sapendo bene cosa dire e poco dopo si apprestò a seguire Andrew.

 

 

- Andrew, creerò un labirinto virtuale, così potrai analizzare i dati senza che qualcuno possa scovarti.

- Non sarà troppo lavoro per te? - Obiettò lui, preoccupato.

- Che cosa vuoi che sia? Per Black Queen è uno scherzo tenere sotto controllo i suoi eroi, realizzare diversivi e mettere nel frattempo fuori gioco il sistema operativo del laboratorio. La smetterò primo o poi di parlare di me in terza persona? - Domandò perplessa.

Andrew le afferrò la mano. - Non abusare del tuo potere, sappiamo bene entrambi come andrà a finire.

- In queste settimane sia Arrow sia Batman mi hanno allenato per spingere al massimo il mio potere, sarà un gioco da ragazzi!

L’uomo sospirò contro la cocciutaggine della donna. - Promettimi solo che al primo cedimento smetterai, va bene?

- Non succederà. - Confermò risoluta. Si fermò un attimo ad ascoltare la voce di Oliver. - Dammi un minuto e sono in posizione.

 

 

Felicity entrò nella stanza. Rimase ferma sull’uscio, impressionata dalla mole di computer che si era ritrovata davanti.

- Vieni, piccolino, fatti coccolare, è arrivata mamma.

Si accomodò in poltrona, inspirò a fondo per trovare la giusta concentrazione.

- Ora vediamo che combina la squadra. - Appoggiò le mani sulla console e s’intrufolò nell’intera rete, intercettando i segnali di Arrow e Batman. - Tre, due, uno… balliamo!

Le luci si attivarono, l’allarme prese a suonare e in un attimo il caos s’impadronì dell’intero stabile.

- Esplosivi sistemati. - Confermarono Arrow e Batman quasi nello stesso istante.

- Ok, ci ritroviamo al punto di rendez vous come concordato.

Felicity continuò ad analizzare i vari ambienti per accertarsi che non ci fosse più nessuno, senza perdere di vista l'uscita di Arrow e Batman.

- Dottore, ti concedo dieci minuti e poi ti voglio fuori di qui. Sei senza protezione, fai presto!

Al “roger” di Andrew, Felicity sorrise, divertita. Stava per avviare l’innesco delle bombe quando intercettò un debole segnale.

- Ma… - Digitò diversi comandi sulla tastiera, seguendo quel bip misterioso. Avviò le telecamere e sgranò gli occhi, quando vide l’immagine di Flash intrappolato nella gabbia che correva a tutta velocità. - Oh mio dio. - Si portò le mani alla bocca, spaventata. - Barry!

Arrow era quello più vicino, lo intercettò e lo guidò da lui.

 

 

- Ehi, amico! - Flash salutò Arrow, ansimando. - È bello rivederti! Sei venuto alla festa? Scusa se non ti do la mano, ma al momento sono impegnato con altro.

- Barry, non è il momento di fare del sarcasmo. - Intervenne Felicity, comparendo sul monitor del laboratorio.

- E addio alla mia identità segreta…

- Ragazzi, - Oliver li interruppe. - A dopo i convenevoli. - Black Queen, che cosa mi puoi dire sulla gabbia?

- Il pavimento della cella è ricoperto da lastre sensibili alla pressione, che rilevano i movimenti. Se si ferma per più di un millesimo di secondo, si genererà una scossa elettrica che lo ucciderà all’istante! Dannazione! Accadrebbe lo stesso, anche se provassi a sbloccare le porte.

- Intervengo io da qui. Dove sono i comandi della gabbia?

- Di fronte a te c’è la scatola, il rilevatore centrale è in alto sulla sinistra. Per impedire che Barry si faccia del male, dovresti infrangere la gabbia e distruggere il generatore nello stesso momento. È impossibile!

- Flash, tieniti pronto. - Ordinò Oliver, non ascoltando le obiezioni di Felicity. - Quando questa freccia colpirà la lastra della gabbia, creerà un campo di forza per pochi secondi, in quell’attimo dovrai tirartene fuori. Mentre questa… - Inforcò una seconda freccia. - Colpirà l’interruttore generale.

- Così facendo innescherai una reazione a catena e si attiveranno le bombe! - Avvisò Felicity, preoccupata.

- Mi fido di te, Black Queen. - Le rivolse un tenero sguardo. - Ci rivediamo al rendez vous come concordato. - Terminò con il suo tono risoluto.

Oliver si concentrò sul tiro. Inspirò a fondo, in sincronia col battito del suo cuore lanciò entrambe le frecce.

L’onda d’urto che si generò lo scaraventò contro la parete.

- Che botto! Amico, stai bene? - Chiese Flash, stordito, aiutando l’uomo ad alzarsi.

- Porta fuori di qua Felicity.

- Ma

- Vai!

- Torna intero, siamo intesi? - Gli porse la mano.

- Stanne certo. - Gliela strinse a sua volta, sorridendo.

 

 

- Dottore, ha finito? - Domandò Batman.

- Sì, ci sono quasi. L’ultimo risultato e possiamo andare.

- Non credo proprio, non vi muovete di qua. - L’uomo e i suoi sottoposti gli puntarono addosso le armi, tenendoli sotto tiro.

Batman si guardò intorno con calma cercando una via di fuga.

- Guarda un po’, il pipistrello in gabbia. - La voce maliziosa e irriverente di Cat li sorprese alle spalle. Schioccò la sua frusta. - Credo che qualcuno abbia bisogno di aiuto.

- Vai! - Ordinò Batman al Dottor Wolfar.

- Ma... - Andrew tentò di opporsi ma l’occhiata truce che gli rivolse lo convinse all’istante a rispettare il piano.

- Prima le signore. - Concesse Batman.

- Non credo proprio! - La raffica di proiettili si abbatté su di loro.

I due, muovendosi in sincronia, misero fuori gioco gli uomini.

Cat diede l’ultimo calcio, mettendo fine a quel caos, e si alzò in piedi, in tutta la sua eleganza felina. Intercettò lo sguardo fiero di Batman e si immerse in quel buio profondo che erano i suoi occhi.

- A volte riusciamo anche a collaborare.

Non ebbe neanche il tempo di terminare la frase che Batman si gettò su di lei per proteggerla, mentre uno delle sue bat-lance andò a colpire in pieno petto l’uomo comparso alle sue spalle.

- Stai bene? - Chiese Batman preoccupato, non lasciando mai i suoi occhi.

Un sorriso dolce comparve sul viso della donna. - Potrai far credere al mondo di essere l’uomo più freddo e duro che esiste ma non potrai mai nascondermi i sentimenti che agitano il tuo cuore. - Appoggiò le mani sul suo viso e lo trascinò verso di sé, e senza neanche dargli il tempo di pensare, lo baciò.

L’innescarsi delle esplosioni li risvegliò da quel magico momento.

- Dobbiamo andare.

 

 

- Dove crede di andare con quella valigetta? - La voce inflessibile dell’uomo gli gelò il sangue nelle vene. Andrew si bloccò all’istante. - Si volti, lentamente. - Lui eseguì all’istante quando avvertì il suono del colpo che andava in canna.

- Lex Luthor. - Andrew pronunciò quel nome, serio, senza sorprendersi di trovarselo davanti.

- Dottore, è un illuso se credeva di poter scappare con gli esiti delle analisi sulla sostanza che stiamo producendo. Faccia scivolare la valigetta verso di me!

Andrew lentamente si abbassò e a malincuore gliela lanciò.

- Grazie, Dottore. Ora non mi serve più. - Lex puntò la pistola, e senza neanche un briciolo di esitazione sparò.

 

 

 

- Fermo! - Arrow bloccò la corsa dell’uomo. - Molla la valigetta, Luthor!

- Ma guarda chi si vede. Dovevo aspettarmelo che dietro a tutto questo c’era il tuo zampino, Arrow.

L’uomo puntò la freccia verso di lui. - Dammi la valigetta.

- Va’ all’inferno! - Gliela lanciò contro.

E nello stesso istante Arrow scagliò la freccia, che sfiorò la guancia di Lex e si conficcò dentro al tubo di gas. - Dopo di te!

I due si guardarono in cagnesco per un istante.

- Se fossi in te non perderei altro tempo.

- Che vuoi dire?

- Fai la tua scelta, Arrow. Me o la vita del Dottor Wolfar. L’ultima volta che ci siamo incrociati non aveva una bella cera.

- Sei un bastardo, Luthor! Ti verrò a cercare e quando finalmente ti ritroverò, sarò il tuo incubo peggiore. - Arrow senza aggiungere altro si voltò e corse via, accompagnato dalla risata sadica di Lex.

- Black Queen! - Chiamò Oliver ma non ricevette risposta. - Black Queen! - Niente. - Felicity! - Urlò il suo nome esasperato. - Cosa significa che sei leggermente indaffarata? - La donna iniziò a straparlare come il suo solito per spiegare la situazione che stava affrontando. - Andrew. - Bastò che Oliver pronunciasse quel nome per far capire la gravità della situazione. - Secondo sotterraneo, ricevuto.

 

 

 

- Maledizione! Il materiale di questa stanza è troppo resistente, non riesco a sbloccare i livelli di protezione. - Felicity si avvicinò al computer centrale. Alla memoria viva di tutto il laboratorio. - Devo fare qualcosa, prima che questo posto si distrugga con noi dentro.

Tu sei il cuore di ogni computer, a te scoprire come esserlo veramente. Per la prima volta, quella voce, che più volte nel corso degli anni aveva sentito guidarla, si associò a un volto e a un nome.

- Brainiac. - Sussurrò collegando i fatti accaduti. - Io sono il cuore, - ripeté piano. Fece scivolare la mano sul metallo freddo e si fermò sulla scatola centrale. - Io sono il cuore. - Disse più decisa. Premette le mani sulla scatola, facendo aderire i palmi perfettamente al metallo. Chiuse gli occhi e si concentrò, fino a fondersi con il sistema. Analizzò ogni singolo spazio. Vide il segnale di Arrow uscire, seguito da quello di Batman. Respirò a fondo.

- Felicity! - Urlò Barry arrivando in quell’istante.

- Vai via, Barry! Tra poco qui non resterà niente. - Gridò mentre l’energia del suo corpo si liberava nel sistema mandandolo in corto circuito. - Ora!

- No! - Gridò Barry gettandosi su di lei.

L’esplosione che ne seguì fu devastante.

 

 

 

- Come sta? - Chiese Selina entrando nello studio. Bruce era affacciato alla grande porta a vetri e guardava con sguardo pensieroso il giardiniere terminare di potare le siepi.

- Ancora nessuna novità. - Rispose senza voltarsi. - Felicity è in coma vegetativo. Flash l’ha portata in salvo un attimo prima che l’esplosione li travolgesse. - Sospirò profondamente. - Mi sembra di essere ritornato indietro nel tempo, a due anni fa, quando la sua vita era appesa a un filo, pronto a staccarsi in qualsiasi momento.

- Il dottor Wolfar si è ripreso in fretta.

- Già. - Bruce rimase in silenzio per qualche secondo. - Arrow gli ha salvato la vita. Per fortuna il proiettile non l’ha colpito in un punto vitale. È chiuso nel suo laboratorio da giorni ma grazie alle informazioni recuperate dal laboratorio, siamo vicini a trovare l’antidoto.

Selina si avvicinò a lui e gli appoggiò una mano sulla spalla. - La situazione a Metropolis?

- Almeno lì è andato tutto bene. Hal è riuscito a contenere i danni anche grazie all’aiuto della Macchia e a rimettere sulla retta via Cindy. Per usare le sue parole, gli rimane solo da sciogliere la situazione polare tra Luke e Cindy, ma mi ha detto che sarà un gioco da ragazzi farli tubare come un tempo.

- Ogni cosa al suo posto. - Decretò Selina, soppesando le informazioni ricevute. - Ma tu non sei soddisfatto. - Constatò la donna, interpretando l’espressione grave sul volto dell’uomo.

- Cat… - Iniziò Bruce.

- Non ti azzardare a dire quello che credo vorresti dire.

- Dovresti andartene... - Iniziò Bruce, con un tono calmo, voltandosi verso di lei. - Parti da zero, con una nuova vita, lontano da Ghotam, lontano... - Si bloccò catturato da quegli occhi feriti. - Non è così semplice.

- Niente è semplice con te. Hai due personalità insite in te, completamente opposte. C’è l’uomo dolce e protettivo che si prende cura di me e poi c’è l’uomo serio e freddo che mi spinge via.

- Da quando i miei genitori sono morti, mi sono ripromesso che avrei fatto qualunque cosa fosse in mio potere per tenere in salvo le persone deboli… - Le accarezzò la guancia. - e a cui tengo.

- Allora fammi restare, possiamo farlo insieme.

- Non ci riesco, perché ci sono cose più importanti di quello che voglio… e di quello che amo.

Selina si staccò da lui, ferita.

- Non aspettare di rivedermi ancora.

- È meglio così, Cat. - Si avvicinò a lei. - Mi dispiace. L'ultima cosa che voglio è farti del male.

- Ma alla fine ci sei riuscito lo stesso, Bruce.

- Questo è il momento di cui mi pentirò per tutta la vita, vero?

- Sì.

Bruce le afferrò il viso tra le mani e la baciò teneramente.

- Ti amo, ma non posso stare con te. Non voglio che piombi nelle tenebre in cui vivo, meriti una vita migliore e io non posso dartela.

Selina abbassò il capo e dopo un attimo alzò la testa, con la fierezza nello sguardo che l’aveva sempre contraddistinta da tutte le altre donne.

- Pensavo che lottare per stare con te ne valesse la pena, ma mi hai appena dimostrato che mi sbagliavo. - Si avvicinò alla porta. Rimase ferma per qualche istante e poi si voltò ancora verso l’uomo. - Le nostre strade non s’incroceranno più, stanne certo. Addio, Bruce.

 

 

Diggle aprì lentamente la porta della stanza e si accostò silenziosamente a Oliver, seduto accanto al letto dove giaceva il corpo di Felicity.

- Come sta? - Chiese dopo un po’.

Oliver si portò la mano della donna vicino alla bocca. La baciò e l’appoggiò alla sua guancia.

- Sempre lo stesso, vegeta. L’unica cosa che possiamo fare e aspettare.

Diggle gli appoggiò la mano sulla spalla. - Non ti preoccupare, Oliver. Felicity troverà il modo per tornare da te, da noi.

Il silenzio calò tra i due che rimasero intenti a osservare ogni piccolo movimento del corpo della donna.

Il trillo del cellulare di Diggle infranse quel momento di calma.

- Roy è arrivato a Starling City. Situazione tranquilla. I lavori alla base ormai sono quasi finiti.

- Bene. Dovresti raggiungerlo.

- Dovrei... ma resto qui con te.

- Non ce n’è bisogno, torna pure a casa, Dig. - Ordinò serio.

L’uomo sospirò di fronte alla cocciutaggine dell’amico. - Come vuoi.

- Presto faranno ritorno anche Luke e Cindy, ho bisogno che tu faccia da paciere tra quei tre. - Oliver si lasciò sfuggire un mezzo sorriso.

- Da autista di colore declassato a baby-sitter, non era certo questo che mi aspettavo quando ho accettato di collaborare con te.

- Non ti preoccupare, ti aiuterà Hal Jordan… - I due si guardarono interdetti.

- Di bene in meglio. - Sospirò Diggle, scoraggiato, e poi scoppiarono a ridere.

 

 

- Ma dove sono? - Felicity si guardò attorno. Era immersa in una soffice nebbia bianca.

- Finalmente ci incontriamo di persona. - La voce alle sue spalle la fece sussultare.

Si voltò di scatto, impaurita. - Brainiac!

- Esatto, sono io. Lieto di vederti, Felicity.

- Sono morta?

L’uomo rise di gusto. - No, sei solo in una fase di transizione.

- Perché?

- Hai spinto al massimo il tuo potere, ne hai preso pieno possesso, ma questo ti ha portato a valicare il confine tra la vita e la morte. Il tuo cervello si è resettato e hai bisogno di tempo per riavviare il tuo sistema neuronale.

- Oh.

- Ora spetta solo a te decidere quando è tempo di ritornare.

- Si sta bene qui. C’è pace. Non provo più quella confusione in testa. Ho una calma interiore che non provavo più da anni. Non avverto più la pericolosità del mio potere. - Si guardò le mani. - Non ho bisogno di stare attenta e trattenerlo, perché? - Chiese meravigliata quando se ne rese conto.

- Hai capito che cosa significa per te il dono che hai ricevuto con la tua nuova vita.

- Questo cambierà il mio destino?

- Perché non guardi tu stessa. - Brainiac le indicò la porta comparsa all’improvviso. - La risposta alla tua domanda è dietro a quella soglia.

Felicity appoggiò la mano sulla maniglia. L’abbassò lentamente fin quando lo spiraglio di luce non la immerse, fornendo la risposta alla sua domanda.

 

 

 

- Torna da me, - Sussurrò Oliver, teneramente, all’orecchio di Felicity. - Sono qui, che ti aspetto.

Come se le sue parole fossero state la formula magica per dissolvere l’incantesimo dormiente, Felicity aprì gli occhi con un bel sorriso stampato sulle labbra.

Batté un paio di volte le palpebre, per abituarsi alla luce e poi incrociò i suoi occhi.

- Sono qui, - Disse piano.

- Ti stavo aspettando. - Confermò Oliver prima di baciarla. - Ben tornata da me.

 

 

 

- Felicity, sei ancora qui? - Chiese Bruce entrando nel laboratorio, sorpreso di trovarla ancora lì. - Non hai un appuntamento con Oliver?

- La vita da eroi è complicata, - Si voltò verso di lui. - Ma questo già lo sai. - Schioccò le dita, puntandogli l'indice. - Un ultimo controllo… ok, situazione nella norma. - Si avvicinò all’uomo e gli batté la mano sul petto. - Mi dispiace per Batman, ma stasera non potrà divertirsi con i cattivi.

- Vi ho prenotato un tavolo al Four Season per le venti, dovresti sbrigarti, lo sai che Queen si agita quando non ti vede arrivare.

Felicity si alzò sulle punte dei piedi e gli baciò la guancia. - Grazie, papà. - Scherzò, divertita.

Bruce la freddò con un'occhiataccia. - Ok, ok, scherzavo. Se ci fosse Hal in questo momento mi avrebbe già preso in giro.

- I lavori alla base di Starling City avevano bisogno della sua presenza. - Giustificò Bruce.

- Lo so, ma non averlo attorno mi manca. - Felicity si fermò sull'uscio. - Bruce, - Si voltò a guardare l'uomo, senza avere il coraggio di continuare.

Il silenzio calò tra loro.

Bruce lentamente si avvicinò a lei. - Non ti preoccupare, andrà tutto bene. È tempo che abbandoni il nido. - Le baciò la fronte. - Vai, non farlo aspettare oltre.

 

 

 

- Tutto bene? - Chiese Felicity quando notò Oliver agitarsi sulla sedia per la milionesima volta.

- Certo, e tu? - Domandò lui a sua volta.

- S-sì. - Rispose incerta, sorpresa da quella domanda. - Dovremmo essere fieri. Il nostro primo appuntamento, in un ristorante, e siamo arrivati perfino al dolce senza intoppi, ma soprattutto senza esplosioni di nessun genere. - Sorrise divertita e lo stesse fece Oliver rilassandosi a sua volta.

- Vero, ma la serata non è ancora finita.

- Che vuoi dire?

- Venga con me, signorina Smoak, e lo scoprirà.

Oliver si alzò in piedi, afferrò delicatamente la sua mano e la invitò a seguirlo.

Dopo pochi minuti, raggiunsero il palazzo delle industrie Wayne. Salirono all’ultimo piano.

Prima che le porte dell’ascensore si aprissero, Oliver appoggiò le mani sugli occhi di Felicity.

- Oliver, - Felicity sorrise, - che fai!

- Ti fidi di me?

- Ho altra scelta?

- Ti fidi di me?

- Sempre.

Oliver la guidò fuori sulla terrazza, immersa nel buio della sera.

Levò lentamente le mani dal volto della donna. La fece abituare e poi illuminò la scritta.

Felicity lesse il messaggio e sgranò gli occhi per la sorpresa. Si portò le mani alla bocca e si voltò verso di lui.

Si ritrovò di fronte Oliver, inginocchiato, che le porgeva una scatolina aperta, nella quale l’anello di fidanzamento che anni prima aveva acquistato e che aveva custodito gelosamente nella speranza un giorno di poterglielo infilare al dito risplendeva sotto la luce della luna. E quel giorno era finalmente arrivato.

- Felicity Smoak, mi vuoi sposare?

Una lacrima scivolò impertinente dagli occhi di Felicity. Dopo qualche istante gli porse la mano tremante, pronunciando un debole ed emozionato sì.

Oliver le infilò l’anello al dito, le baciò la mano e poi si alzò in piedi adagiandosela al petto.

- Ti amo. - Sussurrò sulle sue labbra prima di baciarla.

Felicity appoggiò il capo al petto di Oliver. - Se è un sogno, ti prego non svegliarmi.

Lui sorrise e la strinse a sé. - Non temere, Felicity, è tutto vero.

Un violino in lontananza iniziò a suonare, e cullati da quella musica dolce, i due presero a dondolare.

Felicity alzò il capo e si tuffò nello sguardo caldo che le stava rivolgendo Oliver.

- Qualsiasi scelta io faccia nella vita, il destino mi ha legato a te. - Lo baciò teneramente.

Oliver appoggiò la fronte su quella della donna. Inspirò, godendosi a pieno la serenità di quel momento e della nuova possibilità che la vita gli aveva concesso.

Felicity rabbrividì tra le sue braccia. Senza dire nulla, Oliver si levò la giacca e gliela fece indossare.

- Torniamo a casa? - Chiese serio, stringendo delicatamente il bavero.

- No, dai, restiamo ancora qui per un altro po’, sto bene. Papà Bruce non mi ha dato il coprifuoco. - Sghignazzò divertita.

Oliver sorrise per quel malinteso.

- Torni a casa con me? - Domandò ancora, più serio.

Felicity l’osservò per un lungo istante e quando capì cosa]volesse dire con quella domanda, un’espressione tenera si dipinse sul suo volto.

- Sì.

 

 

 

 

 

 

FINE.

 

 

 

 

 

Angoletto di Lights

 

È finita. È veramente finita? Sì, confermo: è finita.

 

Questi due anni sono volati. Mi sembra l’altro ieri che mi tuffavo in punti di piedi in questo fandom con Undercover. Allora non avevo ancora la consapevolezza di cosa volesse dire gestire personaggi così diversi l’uno dall’altro come Oliver e Felicity, e guarda ora dove sono arrivati i miei, anzi, i nostri Olicity.

 

Quando ho iniziato, non avevo idea che avrei passato questi due anni a scrivere su di loro. È stato un progetto ambizioso, certo ho dovuto ridimensionare “Proiettili di ghiaccio” per mancanza di tempo, ma non potrei essere più soddisfatta di così e per come ho trascorso questi due anni insieme con voi e ai personaggi.

 

Un doveroso e prezioso grazie va a vannagio che mi ha seguito in tutto questo tempo, limando ogni capitolo e curando l’aspetto del betaggio. Non potrò mai ringraziarti abbastanza per tutto il tempo che mi hai dedicato, sei stata un ammore, sempre.

 

L’altro grazie va sicuramente a jaybree, averti al mio fianco come fangirl silenziosa non è stato solo prezioso ma davvero importante, perché insieme abbiamo realizzato questo progetto. Non so veramente come avrei fatto senza di te.

 

Grazie a tutti voi, a chi mi segue fin dall’inizio, dai primi passi con Undercover e mi ha continuato a dare fiducia con Metodo Scientifico e Proiettili di Ghiaccio.

Grazie a tutti voi che capitolo dopo capitolo mi avete dimostrato tanto affetto attraverso le recensioni, su facebook e messaggi privati.

 

 

Ora possiamo andare in vacanza, mi concederò una bel e lungo periodo di relax, ma chissà, potrei anche tornare.

 

Vi voglio bene. Dai, un bell’abbraccio di gruppo!

 

 

Con affetto, Lights.

 

   
 
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