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Autore: DauntlessBadWolf    23/07/2015    6 recensioni
Secondo la mitologia greca, in origine gli umani avevano quattro braccia, quattro gambe e una testa con due facce. Temendo il loro potere Zeus li divise in due esseri distinti, condannandoli a spendere le loro vite in cerca della loro metà.
“Dopo aver servito l’ultimo cupcake Dean alzò la testa e vide uno strano ragazzo rimasto imbambolato davanti all’ingresso. Alcuni tavoli erano vuoti, ma allora perché non si metteva seduto?
Aveva per caso bisogno di un invito scritto?
Forse era uno di quelli che si aspettava che qualcuno gli mostrasse un tavolo libero. Lui non gli avrebbe mostrato un bel niente, non veniva pagato abbastanza per prendere iniziative e fare qualcosa che non fosse compreso nelle sue mansioni!”

|Soulmates!AU|
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Titolo: Like Coffee and Donuts
Titolo capitolo: Hello Stranger
Fandom: Supernatural
Rating: Giallo
Genere: Romantico
Avvertenze: AU, Soulmates, probabili OOC
Trama: Secondo la mitologia greca, in origine gli umani avevano quattro braccia, quattro gambe e una testa con due facce. Temendo il loro potere Zeus li divise in due esseri distinti, condannandoli a spendere le loro vite in cerca della loro metà.
“Dopo aver servito l’ultimo cupcake Dean alzò la testa e vide  uno strano ragazzo rimasto imbambolato davanti all’ingresso. Alcuni tavoli erano vuoti, ma allora perché non si metteva seduto?
Aveva per caso bisogno di un invito scritto?
Forse era uno di quelli che si aspettava che qualcuno gli mostrasse un tavolo libero. Lui non gli avrebbe mostrato un bel niente, non veniva pagato abbastanza per prendere iniziative e fare qualcosa che non fosse compreso nelle sue mansioni!”

|Soulmates!AU|
Note: Inizio subito scusandomi dei possibili OOC, ho cercato di mantenermi quanto più possibile fedele ai caratteri dei personaggi originali, ma visto il contesto in cui è ambientata la storia ho dovuto apportare alcune /piccole/ modifiche.
Ci tengo a dire che è la mia prima Soulmates AU e ho fatto un mashup con tutte le caratteristiche che più mi piacciono di questo tipo di AU e ho anche aggiunto qualcosa di mio, spero di aver creato qualcosa di gradevole e che possa piacervi. Buona lettura.
Ringrazio BalderMoon per il banner della storia.

Secondo la mitologia greca,
in origine gli umani avevano quattro braccia, quattro gambe e una testa con due facce.
Temendo il loro potere Zeus li divise in due esseri distinti,
condannandoli a spendere le loro vite in cerca della loro metà.

Castiel allontanò la sedia dalla sua scrivania passandosi una mano fra i capelli.
Quella mattina si era svegliato di buon ora per prepararsi al colloquio che avrebbe dovuto sostenere nella caffetteria vicino al college. In realtà non voleva andare, ma Balthazar, il suo coinquilino, aveva insistito dicendogli che ci aveva messo tanto per trovargli quel lavoro.
Ancora si chiedeva come sarebbe riuscito a parlare con i clienti, lui non era bravo con le persone, soprattutto se si trattava di estranei, ma ci avrebbe provato lo stesso, anche solo per far contento Balth.
Improvvisamente, come se qualcosa lo avesse punto, iniziò a grattarsi il polso sinistro. Quella mattina, dopo essersi fatto la doccia, aveva notato che la sua voglia si era leggermente arrossata, non gli era mai successo prima d’ora. Se suo fratello, Gabriel, fosse stato con lui gli avrebbe detto una cosa tipo ‘Questo vuol dire che l’incontro con la tua anima gemella avverrà a breve’. Lui non aveva mai creduto all’anima gemella, la trovava una cosa stupida e irrazionale, insomma, al mondo non potrà mai esistere qualcuno che ti completi è impossibile e poi si poteva essere felici anche senza l’altra metà della mela. I suoi genitori non erano anime gemelle eppure si amavano e avevano avuto tre figli insieme. Uno stupido segno sul tuo polso non ti può dire chi amerai in base a cosa ti dirà la prima volta che vi incontrerete. Lui non avrebbe mai potuto amare qualcuno che avrebbe sbagliato a dire il suo nome.
Quanto avrebbe voluto strappare via quelle lettere dal suo corpo, così da non esserne condizionato.
Smise di grattarsi il polso ed iniziò a preoccuparsi quando si accorse che la parola era più rossa di quanto ricordasse. Cosa gli stava succedendo?
Suo fratello non poteva avere ragione, lui non aveva mai ragione!
Oggi non avrebbe incontrato la sua stupida anima gemella!
Aprì una cassetto della sua scrivania e tirò fuori una scatola di cerotti. Dopo il suo dodicesimo compleanno, il giorno in cui la voglia era diventata più marcata, aveva preso l’abitudine di coprirla con un cerotto. Non voleva far vedere alle persone cosa la sua ipotetica anima gemella gli avrebbe detto, era imbarazzante, almeno quando era adolescente. Adesso che aveva vent’anni la vergogna era diventata semplice abitudine. L’unico a sapere il suo ‘segreto’, a parte la sua famiglia, era il suo coinquilino che più volte lo aveva rimproverato per il cerotto. Balthazar era molto simile a suo fratello Gabriel, entrambi la pensavano nello stesso modo per quando riguardava il discorso sulle anime gemelle. Si lasciò sfuggire una lieve risata pensando che magari il suo coinquilino e suo fratello potessero essere anime gemelle, sarebbe stata una bella coincidenza. Peccato che la voglia di Balth, che si trovava sulla sua spalla, recitava una frase che Gabriel non avrebbe mai detto.
La storia di come è venuto a conoscenza della voglia del suo coinquilino è divertente quanto imbarazzante. Si era trasferito da pochi giorni e una sera, pensando che Balthazar fosse uscito, decise di farsi una lunga doccia per stendere in nervi. Aveva le cuffie alle orecchie, quindi non si accorse che l’acqua della doccia era aperta. Fu quando tirò la tenda della doccia che si accorse del coinquilino…nudo…sotto la doccia. L’immagine di Balth nudo è ancora così vivida nei suoi incubi, certe volte pensa che non si dimenticherà mai quel giorno.
In quei pochi secondi aveva visto la voglia del ragazzo e più che una voglia sembrava un vero e proprio tatuaggio tanto la calligrafia era elegante.
Magari avesse avuto la stessa fortuna del suo amico.
Prima di coprire la parola che tanto odiava si concesse un minuto per esaminarla meglio. Alcuni giorni si domandava se quella fosse la calligrafia della sua anima gemella, se così fosse stato avrebbe dovuto insegnargli a scrivere come si deve. La prima volta ci mise giorni per decifrare quella parola!
Si lasciò sfuggire un lieve sospiro e si decise a mettere il cerotto, faceva un po’ male, ma il dolore era sopportabile, se poi il suo datore di lavoro avesse visto il modo in cui era stato storpiato il suo nome probabilmente non lo avrebbe mai assunto.
Voltò leggermente la testa quando sentì i cardini della sua porta cigolare, pensava fosse stato il vento, ma pochi secondi dopo la testa di Balthazar fece capolino.
-Vieni a fare colazione, il caffè si sta freddando.-
Disse semplicemente prima di richiudere la porta.
Il suo coinquilino non era un tipo molto mattiniero, probabilmente avrebbe iniziato ad essere il solito Balthazar verso le due del pomeriggio e allora solo Dio sapeva cosa quel ragazzo avrebbe combinato.
Cas ripose la scatola dei cerotti nel cassetto e sistemò velocemente le foto che aveva sparpagliato su tutta la scrivania. Fare fotografie era il suo Hobby preferito e dopo il college gli sarebbe piaciuto girare il mondo e scattare fotografie, poi chissà,  magari avrebbe pubblicato un libro con i migliori scatti. I suoi fratelli ridevano sempre di quel sogno, ma lui sapeva che un giorno sarebbe diventato reale e avrebbe fatto di tutto per realizzarlo.
Arrivato in cucina non poté fare a meno di godersi il buon profumo che aveva il cibo cucinato dal suo coinquilino. Adorava la sua cucina, addirittura più di quella di sua madre.
Si mise seduto al suo posto e, come tutte le mattina, Balth si preoccupò di versagli il caffè. Quando allungò la mano sinistra per prendere la sua tazza Balthazar allungò una mano e gli afferrò il braccio: e adesso cosa voleva da lui?
-Te lo sei coperto di nuovo?-
Più che una domanda era un affermazione, visto che il cerotto era in bella vista e certo non era sfuggito agli occhi dell’altro.
Castiel non disse nulla, si limitò ad alzare le spalle con indifferenza. Perché tutti si preoccupavano di quella maledetta scritta?
Erano solo delle lettere, non un organo vitale!
-Castiel, dovresti togliere il cerotto, riesco a vedere il rossore anche con  quel coso, non credo sia un buon segno.-
Cas si liberò dalla presa del ragazzo e si guardò il polso. Effettivamente aveva ragione, il rossore si era allargato e aveva superato il cerotto. Con attenzione si tolse il cerotto e vide che era diventato ancora più rosso e adesso che ci faceva caso il dolore era un po’ aumentato.
Forse, per una volta, avrebbe dovuto dare ascolto al ragazzo.
-D’accordo, oggi non lo metto, ma se non mi assumono per questo.- E indicò la scritta. –Sarà colpa tua.-
-Io la trovo carina invece, vorrei essere lì quando la tua anima gemella la dirà.-
Detto questo Balth si mise a ridere, cosa che offese a morte Castiel, come si poteva trovare carina una cosa del genere?
-Scommetto che se sulla tua spalla ci fosse stato scritto Buttazhar non l’avresti trovato così carino.-
La colazione proseguì con uno scambiò di ‘opinioni’ tra i due coinquilini e finite le sue uova Castiel si congedò promettendo al suo coinquilino che dopo il colloquio si sarebbe recato dal dottore per far dar un’occhiata alla sua voglia.

Fuori il cielo era grigio e tirava vento. Probabilmente da lì a poche ore avrebbe iniziato a piovere.
Cas salì in macchina e la prima cosa che fece fu abbassare un po’ il finestrino, gli piaceva sentire il vento e l’odore che precedeva la pioggia.
Guardò l’orologio. Erano le otto e venti, il suo colloquio si sarebbe tenuto fra appena dieci minuti, sperava di non trovare traffico.
La fortuna quel giorno doveva essergli avversa perché aveva trovato tutti i semafori rossi, sarebbe arrivato tardi, bella impressione avrebbe fatto. Non che lui volesse veramente quel lavoro, insomma, fare il ragazzo del caffè non era certo il suo sogno, ma era stufo di vedere Balthazar pagare ogni singola bolletta. Certo i suoi genitori gli davano dei soldi, ma bastavano appena per pagare l’affitto della casa.
-Risin’ up … back on the street...- Iniziò a battere a tempo le dita sul volante. –Did my time, took my chances…-
Da dove veniva fuori quella canzone?
A lui neanche piacevano i Survivor e allora perché stava cantando una loro canzone?
Ogni tanto gli capitava di canticchiare canzoni che non gli piacevano, l’altro giorno si era ritrovato a cantare Highway to Hell senza una ragione precisa, il bello è che non conosceva le parole di quella canzone, ma gli uscivano fuori dalla bocca come se qualcuno gliele stesse suggerendo. Trovava questa cosa veramente inquietante.
-And he’s watchin us all with the eyes...of the tiger!-
Qualcosa gli diceva che aveva alzato troppo il tono della voce perché, una volta fermo al semaforo, il guidatore della macchina affianco alla sua si era girato per guardarlo. Da dove aveva tirato fuori tutta quella voce?
Lui non era il tipo che cantava a squarciagola, ma allora perché lo aveva appena fatto?
Prima la voglia, ora questo, quella giornata era veramente strana.
Quando incontrerai
la tua anima gemella ti sentirai calmo.
Non sarai ansioso o agitato.

Le otto e dieci. Fra meno di venti minuti la caffetteria avrebbe iniziato a riempirsi di studenti del college che avrebbero ordinato litri di caffè o qualsiasi cosa fosse riuscita a tenerli svegli durante le loro lezioni.
Ieri una delle confraternite aveva dato una festa a cui tutti erano stati invitati e naturalmente era finita poco prima che il sole sorgesse.
Dean amava il giorno dopo le feste. Adorava vedere i ragazzi camminare come degli zombie, vedere le matricole che ancora avevano in faccia disegni poco casti gli faceva iniziare bene la giornata, poi quelli erano i giorni in cui incassavano di più e quelli in cui riceveva delle belle mance. Si ricordava di una matricola che gli aveva dato cinque dollari e lo aveva chiamato Mio salvatore quando gli aveva portato una tazza di caffè, quella era stata una bella giornata, sì.
Come tutte le mattine stava spazzando, mentre Jo sistemava le ciambelle e Ellen tirava giù le sedie dai tavoli. Ancora non capiva come era finito a lavorare in quella caffetteria, un giorno era entrato per prendere un dolce e poi ne era uscito con un grembiule legato in vita.
Forse la sua ciambella era stata drogata!
Spazzare il pavimento non era la sua cosa preferita, odiava farlo, quando ancora abitava dai suoi genitori, in Kansas, scaricava sempre quella seccatura al suo fratellino. Ma dove era Sammy quando avevi bisogno di lui?
Si fermò un attimo e si passò una mano sulla fronte. Lì dentro faceva veramente troppo caldo, ma perché Ellen non gli faceva tenere le finestre aperte?
Se voleva vederlo in tutto il suo splendore come mamma lo aveva fatto era sulla strada buona.
Quando riabbassò la mano per riprendere la scopa l’occhio gli cadde sul suo polso destro, esattamente dove era la sua voglia. In genere non faceva molto caso alla parola che c’era scritta, poiché era sempre nascosta dai suoi braccialetti, ma oggi non li aveva messi perché era successa una cosa veramente strana: la voglia era diventata rossa e aveva iniziato a prudergli. Non gli era mai successa una cosa del genere e nel corso della mattinata la cosa non era certo migliorata, anzi, era diventata più rossa e ora aveva iniziato anche a fargli un po’ male.
Aveva iniziato a preoccuparsi, non riusciva a capire cosa gli fosse successo. Che l’avesse punto un insetto?
Ma che razza d’insetto poteva fare una cosa del genere?
Se Sam fosse stato lì avrebbe saputo cosa fare, lui sapeva sempre tutto.
Si fermò qualche secondo ad osservare la voglia.
Da piccolo si era sempre chiesto cosa volesse dire, solo dopo, quando la parola era diventata più marcata, aveva capito che quelle lettere in realtà erano un nome. La prima cosa che la sua anima gemella gli avrebbe detto sarebbe stato il suo nome.
Chissà come l’avrebbe incontrata.
A Dean piaceva credere alla storia delle anime gemelle.
Aveva immaginato mille modi diversi in cui avrebbe potuto incontrare questa Castiel e che aspetto dovesse avere. Trovava quel nome particolare, forse era un soprannome, chi diavolo si può chiamare in quel modo?
Nonostante tutto gli piaceva credere che un giorno avrebbe trovato qualcuno con cui passare il resto della sua vita. I suoi genitori erano anime gemelle  e stavano insieme da tantissimo tempo. Certo a volte avevano le loro divergenze e molte volte erano stati sul punto di rompere tutto, ma erano sempre tornati insieme, ogni volta più uniti di prima. Infondo è umano non andare d’accordo ogni tanto, persino con la propria anima gemella. Quindi che male c’era a credere nel vero amore?
Non sapeva per quanto era rimasto a guardare quel nome, sa solo che Jo gli sbatté un menù in testa.
-Sai che se la guardi troppo diventi cieco?-
Aveva detto la ragazza lasciandosi sfuggire una lieve risata.  Dopo di ché tornò al suo lavoro.
Avrebbero aperto fra venti minuti, il pavimento gridava pietà e il Winchester aveva anche il coraggio di imbambolarsi davanti al suo polso?
-Grazie, vedrò di non dimenticarmene.-
Rispose Dean poco prima di ricominciare il suo lavoro.
Jo era la figlia della proprietaria della caffetteria e la sua unica amica da quando si era trasferito a Pontiac. All’inizio si era trasferito per studiare, ma poi aveva rinunciato perché non aveva trovato niente che potesse fare per lui. Era partito con l’idea di frequentare ingegneria, ma dopo la prima lezione aveva mollato. Poi aveva pensato di studiare musica, insomma adorava la musica, quanto poteva essere difficile?
Non aveva fatto ancora i conti con il solfeggio e, a quanto pare, saper strimpellare un paio di note sulla chitarra non era sufficiente.
Aveva provato altri due corsi prima di rinunciare, ma nessuno era riuscito ad appassionarlo. Forse il college non faceva per lui, ma non poteva tornare in Kansas dai suoi genitori e dirgli ‘Ehy vi ricordate la scuola per cui avete speso un patrimonio? Ecco, ho smesso di frequentare’. Suo padre lo avrebbe fatto tornare a scuola a forza di schiaffi.
Lui aveva un piano.
Avrebbe finto di continuare a frequentare, solo per il resto del semestre, poi gli sarebbe capito un ‘incidente’ che lo avrebbe fatto smettere di studiare e così l’avrebbe fatta franca: era un piano a prova di bomba!
 Solo che aveva bisogno di mantenere i suoi vizzi, e non voleva far spendere ai suoi genitori più del dovuto, quindi, anche se non gli piaceva, cercava di tenersi stretto il lavoro in quella piccola caffetteria.

Ellen aveva appena aperto il negozio e lui aveva quasi finito di spazzare.
Dopo si sarebbe concesso una lunga pausa al suo tavolino mentre avrebbe guardato Jo lavorare e servire gli zombie.
Certe mattine sembrava di lavorare nel set di The walking dead.
Aveva quasi finito di spazzare quando uno strano motivetto iniziò a suonargli nella testa.
Cercò di ignorarlo, ma era veramente troppo insistente, ma dove aveva tirato fuori una canzone degli ABBA?
Perché era, senza ombra di dubbio, una canzone di quel gruppo!
-So I made up my mind, it must come to the end…- Aveva iniziato a canticchiare non solo le parole, ma anche le parti strumentali. –I don’t know how but I suddenly lose control…-
Tutto sommato non era male, era orecchiabile e poi era Mamma mia, chi non conosce quella canzone?
Probabilmente l’aveva sentita alla radio mentre veniva a lavoro e adesso gli era tornata in testa. Anche se era strano.
Conosceva la canzone, ma non le parole, di solito si ritrovava a mugolare il suono, ma ultimamente aveva scoperto di conoscere tutti i testi, di tutte le canzoni, degli ABBA.
Quello sarebbe restato un mistero irrisolto.
-Mamma mia… here I go again, my-
Fu costretto a fermarsi, anche se aveva iniziato a prenderci gusto, non poteva cantare quella canzone, almeno non davanti al suo capo e alla sua amica. Insomma, lui non era tipo da ABBA, non erano assolutamente il suo genere e poi Jo e Ellen avevano iniziato a guardarlo male, quindi era meglio glissare e interrompere il silenzio imbarazzante che si era creato.
-Io…ho finito.-
Disse semplicemente come se niente fosse accaduto.
Senza aggiungere altro prese la sua scopa e si recò nel retro cercando di mandar via quell’assurdo motivetto, magari se avesse iniziato a cantare Eye of the tiger Mamma mia avrebbe smesso di assillarlo!
Durante la tua vita incontrerai una persona
che sarà diversa dalle altre. Potrai parlare
con questa persona per ore senza annoiarti,
potrai dirgli qualsiasi cosa senza che lui giudichi.
Questa persona è la tua anima gemella.

Arrivare al Road House Cafè era stata un impresa da vero eroe greco.
Castiel si era perso un paio di volte prima di trovare la strada giusta, possibile che, ancora, non avesse imparato le strade intorno al college?
Viveva lì da due anni ormai, forse aveva ragione suo fratello quando gli diceva che non aveva il minimo senso dell’orientamento.
Prima di scendere dalla macchina guardò l’orologio. Ormai erano quasi le nove, era arrivato tardi, chissà se gli avrebbero dato lo stesso una possibilità.
La puntualità non era uno dei suoi pregi, spesso e volentieri arrivava tardi, non importava dove dovesse andare lui era sempre in ritardo!
Aveva provato a lavorare su questo suo difetto, ma non poteva farci niente. Quando riusciva a partire in anticipo qualcosa riusciva sempre a farlo ritardare. Non sarebbe arrivato puntuale neanche al suo matrimonio, ne era sicuro.
Prese un grande respiro cercando di calmarsi.
Quello era il primo colloquio di lavoro che faceva e non aveva idea di come dovesse comportarsi. Lui frequentava il college, voleva fare il fotografo, non c’entrava niente in una caffetteria.
Tirò le maniche della camicia cercando di coprire il più possibile la sua voglia, in questo momento un cerotto gli avrebbe proprio fatto comodo. Prese il suo trench, che aveva appoggiato sul sedile del passeggero, e si decise ad uscire.
Visto da fuori il locale non sembrava essere molto grande, probabilmente era frequentato solo dagli studenti del college. E se li avesse trovato qualche suo compagno di corso?
Cosa gli avrebbe detto?
Doveva smetterla di pensare a queste cose.
Fuori il tempo non era degli migliori. Il cielo era diventato più grigio, il vento era aumentato e si sentiva quello strano odore che precedeva la pioggia.
Probabilmente sarebbe arrivata a breve.
Stringendo a sé  il trench decise che era stato fuori, ad osservare la porta, più del dovuto e si decise ad entrare.
Il suo ingresso fu annunciato dal suono di una campanella appesa sopra la porta.
L’ambiente era molto accogliente.
Sulle pareti marroni erano state accostate delle vetrinette contenenti servizi da tea, libri e bottiglie di liquori. I tavoli rotondi erano quasi tutti occupati da studenti che chiacchieravano tra di loro fra un morso di ciambella e un sorso di caffè. Faceva molto caldo dentro la caffetteria. Infondo al locale c’era il bancone con gli espositori per le ciambelle. Spostando  un po’ lo sguardo si poteva vedere la cassa dietro la quale c’era una giovane ragazza dai capelli biondi intenta a servire un cliente, lì vicino era stato posizionato un porta cupcake e un porta torta. Al di là del bancone c’era la macchina del caffè occupata da una donna che preparava le bevande. Appesi alla parete c’erano
delle lavagnette su cui era stato scritto, con una bella calligrafia, il menù del giorno e i vari prezzi
Quella caffetteria sapeva di casa.
L’attenzione di Castiel fu catturata, in particolar modo, da un ragazzo che stava girando fra i vari tavoli. Era veramente carino, almeno guardandolo da lontano, almeno.
Senza ombra di dubbio era di bella presenza, riusciva ad attaccare bottone con tutti i clienti anche per un veloce scambio di battute. Era decisamente il suo opposto. Lui non sarebbe mai riuscito a parlare con tutte quelle persone, almeno non senza balbettare qualcosa di incomprensibile.
Probabilmente sarebbe finito a fare il suo stesso lavoro perché non sapeva usare la cassa, figuriamoci la macchina del caffè.
Forse doveva chiedere a lui per il lavoro.

Dopo aver servito l’ultimo cupcake Dean alzò la testa e vide  uno strano ragazzo rimasto imbambolato davanti all’ingresso. Alcuni tavoli erano vuoti, ma allora perché non si metteva seduto?
Aveva per caso bisogno di un invito scritto?
Per un momento il suo sguardo incrociò quello dello strano visitatore. Sembrava essere a disagio, ma non riusciva a capire cosa potesse farlo sentire in quel modo. Forse era uno di quelli che si aspettava che qualcuno gli mostrasse un tavolo libero. Lui non gli avrebbe mostrato un bel niente, non veniva pagato abbastanza per prendere iniziative e fare qualcosa che non fosse compreso nelle sue mansioni!
Comunque non poteva certo lasciarlo lì come un pezzo di legno, doveva chiedergli qualcosa. Mosse qualche passo n direzione del ragazzo, ma Jo lo batté sul tempo.
-Novak, dico bene?-
Chiese la ragazza una volta vicino.
Castiel la guardò inclinando appena la testa su un lato. Come aveva fatto ad avvicinarsi così velocemente?
L’ultima volta che aveva controllato si trovava dietro il bancone.
-Sì, sono qui per il lavoro.-
Rispose semplicemente stringendo ancora di più il cappotto. Avrebbe pagato oro per tornare nella sua stanza, come aveva fatto Balthazar a convincerlo?
Lui non era il tipo che stava in mezzo alle persone e se lo faceva c’era sempre una macchina fotografia di mezzo e quindi il contatto non era molto diretto.
La ragazza gli rivolse un sorriso gentile e allungò una mano posandogliela sul braccio.
-Vieni, mia madre ti dirà cosa fare!-
Seguì la ragazza, anche perché non poté fare altrimenti visto che l’altra lo stava trascinando.
Prima che potesse dire qualcosa in segno di protesta sul sguardo si incrociò con quello del cameriere.
Aveva dei bellissimi occhi verdi, non se ne era accorto prima. Avrebbe voluto scambiare due parole con quel ragazzo, ma Jo lo tirava troppo forte.
Il Winchester guardò passare il ragazzo, allora era venuto qui per il lavoro, allora lo avrebbe rivisto spesso. Ellen lo avrebbe sicuramente assunto, da quando Ash se ne era andato erano rimasti a corto di personale e la gente non faceva proprio la calca per lavorare in una caffetteria.
Una vecchia storia dice che le menti delle anime gemelle sono legate sin dalla nascita.
Quando non riesci a dormire, anche la tua anima gemella non ci riesce.
Quindi ricorda: quando ti svegli, da qualche parte, qualcuno si sveglia con te.

Il resto della giornata era proceduto senza troppo intoppi. Castiel aveva versato un paio di caffè e Dean era stato costretto a ripulire tutto. Quel ragazzo aveva proprio le mani di burro, non ci voleva una laurea per tenere su un vassoio con un paio di caffè. Adesso si ritrovavano con un pavimento appiccicoso e due tazze in meno, tutto grazie a quel moccioso!
Nonostante avessero lavorato fianco fianco tutta la giornata i due non erano mai riusciti a rivolgersi la parola, ogni volta che ci provavano Jo o Ellen si mettevano nel mezzo.

Erano le otto di sera e, finalmente, l’ultimo cliente se ne era andato.
Il Winchester stava pulendo il bancone. Per fortuna la sua voglia di non gli aveva dato più problemi, la cosa lo sorprese un po’, visto che non credeva gli sarebbe passata così in fretta, anzi, aveva pensato anche di andare dal dottore.
Uno strano mugolio lo distrasse dalle pulizie. Sembrava un gatto in fin di vita, possibile che ne fosse entrato uno in negozio?
Ellen lo avrebbe licenziato se fosse successa una cosa del genere!
Il mormorio, però, erano delle parole, qualcuno stava canticchiando.
Alzò la testa e l’unica persona rimasta in sala era quello nuovo che stava sistemando i tavoli.
Il ragazzo aveva le cuffie e sembrava essere molto preso dalla canzone e, per un momento, a Dean parve di riconoscere le parole.
- … Having the time of your life…See that girl, watch the scene…Diggin’ the Dancing Queen…-
Il ragazzo stava cantando gli ABBA!
Trovò il tutto una strana coincidenza.
Lui stamattina aveva cantato Mamma mia e ora il suo collega stava cantando Dancing Queen, okay, non credeva nemmeno di conoscere il titolo di quella canzone!
Ma in che razza di film dell’orrore era finito?
-Tieni, dallo a Novak.-
Aveva detto Jo porgendogli una tazza di caffè.
La tradizione del locale voleva che al nuovo arrivato venisse offerta una tazza di caffè o comunque una bevanda calda, come per volergli dare il benvenuto nella loro ‘famiglia’.
A suo tempo anche lui aveva ricevuto la sua.
Aspettò che il suo nuovo collega si togliesse le cuffie prima di chiamarlo per la tazza di caffè.
Leggere la scrittura di Jo era sempre un parto, perché quella ragazza non si decideva a scrivere come un comune essere umano?
-Asstiel.-
Lesse e subito pensò che quello non poteva essere un nome, con che coraggio chiami tuo figlio in quel modo?

Al suono di quelle parole il moro rivolse lo sguardo verso il cameriere. Non poteva aver detto quelle parole, non poteva aver incontrato la sua anima gemella!
Per  sicurezza controllò la parola sul suo polso, magari aveva letto male e non c’era scritta un’altra cosa, ma per quante volte guardasse le lettere non cambiavano.
Il cameriere dagli occhi verdi era la sua anima gemella.
Lui non voleva trovarla o almeno è quello che credeva quando aveva sedici anni. Non credeva l’avrebbe mai trovata.
E adesso?
Sarebbe dovuto andare da lui e dirgli Sono la tua anima gemella e adesso dobbiamo amarci?
No, sarebbe stato poco educato.
Bianco come un fantasma si avvicinò al bancone e prese la tazza di caffè.
-Castiel.-
Disse semplicemente correggendo l’errore che aveva fatto il biondo.
A Dean quasi venne un infarto: questo voleva dire che Castiel non era una ragazza!




 
   
 
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