4.
Come un boato
Spirava
una brezza serale leggera. April
camminava a passo sicuro, gesticolando mentre raccontava di quella
volta in cui
Mikey sosteneva che la sua fetta di pizza parlasse e fosse malvagia, e
di
quell’altro episodio in cui erano stati costretti ad
affrontare le proprie
peggiori paure per colpa delle spore di alcuni funghi mutanti.
‹‹ E te, Frances, qual è
la tua più grande paura? ››
domandò April,
sorridendole.
Lei alzò mestamente gli occhi sulla carcassa
annerita di un grattacielo
abbandonato e stracciato come un vecchio straccio. I vetri rotti e
deformati
rilucevano sinistri alla luce dei lampioni e delle insegne.
‹‹ ...Le altezze, direi. Sai, no? Il
vuoto sotto i piedi, la sensazione
di cadere da un momento
all’altro... ›› rispose
Frances con voce assente, mentre percorreva il
profilo dei tetti dei palazzi.
Aveva avuto un amico, alle medie. Il che era strano:
normalmente, nella
loro scuola, un ragazzo non poteva essere il migliore amico di una
ragazza. Ma
tra loro era diverso. Si chiamava Richard, ed era più basso
di lei, con una
zazzera indomabile di capelli corvini e gli occhi grigi screziati di
verde. Era
davvero coraggioso, ed ogni anno la invitava al luna-park cercando di
farle
fare le giostre più alte insieme a lui e, se riusciva a
convincerla, Frances
tornava a terra con le gambe molli, il viso giallo ed
un’irrefrenabile voglia
di piangere. Ma non lo faceva, perché c’era lui e
voleva mostrarsi coraggiosa,
e Richard le diceva sempre che odiava vederla piangere.
Lo disse ad April, che rise. ‹‹ Wow,
sembra davvero un tipo in gamba! ››
commentò.
Frances annuì sorridendo amaramente
‹‹ Già ››
‹‹ Viene nella nostra scuola?
››
La bruna fece pendere il labbro inferiore da una parte,
come era
successo il pomeriggio precedente ‹‹ 1A
dire la verità è morto.
L’avevano detto all’altoparlante della scuola
durante l’ora di algebra, era un
paio di giorni che non veniva a scuola. Non ricordo molto,
sennonché mio
fratello era venuto a prendermi a scuola nell’ufficio del
preside dicendomi di
non piangere più. Un giorno a mensa ho sentito delle voci
che dicevano si fosse
sparato. ›› sorrise alzando gli occhi empi di
lacrime al cielo senza vedere
nulla, se non forme sfocate e baluginii tremanti e fuggiaschi. Si
ricordò della
sensazione che aveva provato salendo su quell’altissima
montagna russa assieme
a Richard. Quel buco scuro nello stomaco – appena sotto ai
polmoni – della
larghezza di una latta di mais, i brividi sulla schiena come lunghi
aghi di una
siringa, un urlo nel petto che la soffocava. ‹‹
Forse è stato da quel momento
che ho smesso di farmi amici. ››
April la guardò con gli occhi sgranati,
ammutolendo, non riuscendo a
trovare la voce nemmeno per un misero “Mi
dispiace”. Continuarono a camminare
in silenzio, e la rossa si accorse che Frances teneva le mani unite
dietro la
schiena, come sul vialetto di casa, il sacchetto dorato lucido che a
volte le
sbatacchiava contro le cosce. E intanto piangeva, non indossava il
mascara,
così le lacrime erano praticamente invisibili nella penombra
serale, e non
singhiozzava.
La rossa indossava i vestiti del giorno precedente, ovvero
i vestiti che
era solita indossare. mentre Frances non andava mai a scuola con gli
stessi
abiti, aveva fretta di toglierseli, come se fossero infetti. La camicia
floreale larga che le arrivava alle ginocchia – e che teneva
del tutto
sbottonata sugli abiti sottostanti – volteggiava quando
qualcuno le passava
accanto.
Leo
rinfoderò le katana.
‹‹ Allora, Donnie, dove sono questa
volta? ›› domandò, assottigliando
gli occhi.
‹‹ Ai resti della T.C.R.I.
›› rispose il viola ‹‹
Almeno secondo il
localizzatore dei Kraang. ››
‹‹ D’accordo. Raph, Mikey,
siete pronti? ››
Michelangelo finì di fare rifornimento di
fumogeni, sistemandoli nel
cinturone di cuoio accanto ai nunchaku. Raffaello lasciò una
foglia d’insalata
nel piattino della sua tartaruga Spike dopo aver fatto ruotare i sai
per
rinfoderarli.
‹‹ Pronti. ››
April entrò sorridendo entusiasta e salutandoli
a grand voce. Seguita da
Frances, la ragazza dell’altra sera, con gli occhi bassi e le
mani unite dietro
la schiena.
‹‹ Scusa April, ora dobbiamo proprio
andare, il localizzatore dei Kraang
li ha rilevati alla T.C.R.I. ›› disse Donnie
mortificato.
‹‹ Hey, c’è
anche Frances! ›› esclamò Mikey
sorridendo ‹‹ Però Donnie ha
ragione, magari ci vediamo più tardi! Non ci metteremo
molto! ››
La bruna era rimasta muta, indecisa su cosa fare o dire.
Si limitò ad
annuire.
‹‹ Hey, dov’è
finita tutta la voce che avevi quando mi hai urlato
contro? ››
Frances alzò un cipiglio piccato su Raph
‹‹ Oh, per farmi giustizia la
voce ti giuro che ce l’ho. Anzi, parlo il meno possibile
così almeno sono
sicura di non avere mal di gola, nel caso. ››
‹‹ Raph, piantala di dare fastidio a
Frances e muoviti. ›› lo ammonì
Leonardo, correndo fuori dal rifugio, i suo passi che echeggiavano tra
i
cunicoli delle fogne.
‹‹ Io?! ››
esclamò il rosso indignato, correndo dietro il fratello.
‹‹ Sei stato tu a cominciare!
›› gridò Frances, incorniciandosi la
bocca
con le mani.
April ridacchiò e Mikey e Donnie raggiunsero
gli altri due. La bruna si
mise i pugni chiusi sulle anche sbuffando ‹‹ Ma
da dove esce fuori quello lì?
››
‹‹ Ah, ti ci abituerai
›› la rassicurò l’altra,
prima di sorridere
maliziosamente.
‹‹ Tu hai fatto qualcosa ed ora me
lo spiegherai ›› constatò Frances
tutto d’un fiato.
La rossa rise e si andò a buttare placidamente
sul sofà, raggiunta
subito dall’altra ragazza.
‹‹ L’altro giorno ho
chiesto a Donnie se poteva prestarmi alcune delle
sue microcamere, così, quando l’ho abbracciato
poco fa, gliene ho sistemata una
sul piastrone ›› accese la televisione,
armeggiando poi con un differente
telecomando, lo schermo fu attraversato da interruzioni e deformazioni
crepitanti, poi le immagini si stabilizzarono ‹‹
Eeee... Eccoci qui! ››
Frances strabuzzò gli occhi sorridendo
vagamente, sullo schermo c’erano
i tetti di New York, e la visuale saliva e scendeva a tempo dei salti
di
Donnie. ‹‹ Fico ››
appoggiò il sacchetto con il regalo ai piedi del divano,
appoggiando i palmi sulle ginocchia e sporgendosi in avanti.
‹‹ Vedi ››
disse April, indicando un punto sullo schermo ‹‹
quello è ciò
che resta della T.C.R.I. Pensa che i Kraang mi avevano rinchiuso
lì, prima di
portarmi sulla Nave Madre per fare... ehm... diciamo dei prelievi.
››
Frances la guardò concertata.
‹‹ Aspetta, ma tu c’eri
durante l’invasione dei Kraang? ››
‹‹ No, in realtà...
insomma, dopo la morte di Richard ci siamo
trasferiti in Germania per un paio d’anni. Però ne
ho sentito parlare
praticamente ovunque. ›› rispose la bruna, prima
di alzarsi leggermente
imbarazzata ‹‹ Secondo te scoccio se prendo
qualcosa da mangiare? E’ da ieri
pomeriggio che non tocco cibo ››
‹‹ Direi proprio di no. Ti
accompagno? ››
‹‹ No, basta che mi dici
dov’è il frigo. ››
Frances seguì le indicazioni di April entrando
nell’ampia cucina –
chiedendosi come avessero fatto a trovare un posto così
grande e vuoto nelle
fogne – ed aprì lo sportello superiore del
frigorifero. Arricciò le labbra in
una smorfia corrugando le sopracciglia ‹‹ April,
c’è un gatto di gelato nel
frigo. Devo preoccuparmi? ››
Sentì arrivare delle risate
dall’altra stanza ed un “No” ovattato. La
ragazza osservò ancora per un attimo l’animale
– che aveva qualcosa di pressoché
inquietante – che continuava a tirare fuori la lingua di
caramello e facendo le
fusa. Frances lo toccò con l’indice sul muso, che
le sporcò il polpastrello di
gelato alla crema. ‹‹ Ciao mio gelatoso amico
›› si mise l’indice in bocca e
fece un verso indistinto ‹‹ Preferisco il
cioccolato. ››
‹‹ Ciao Frances
››
La ragazza si girò di scatto chiudendo lo
sportello con un botto, come
un ladro colto a rubare. Splinter era davanti a lei, avvolto in un
kimono di un
rosso cupo e smorzato, un bastone dal pomolo di giada stretto in pugno.
‹‹ Oh, uhm... Salve... Ehm,
c’è un gatto di gelato nel frigo...
››
Lui ridacchiò ‹‹ Lo so,
pensa che una volta mi ha salvato la vita ››
Poi un grido dal salotto attirò la loro
attenzione: ‹‹ Frances, vieni!
››
La ragazza si dileguò e corse in salotto,
‹‹ Che succede? ›› April
sembrava sconvolta, stringendo spasmodicamente un cuscino al petto.
Indicò lo schermo con la mano tremante
‹‹ Guarda là ››
Frances assottigliò lo sguardo scrutando il
televisore. Le immagini
erano disturbate e le fecero saltare un battito. Non c’era
volume. Un uomo alto
avvolto in un’armatura giapponese e col viso coperto da un
elmo teneva Leonardo
per il collo, puntandogli le lame retrattili dei suoi guanti di ferro
alla
gola. Michelangelo era a terra accerchiato da una moltitudine di ninja
dalle
braccia meccaniche, Raffaello cercava di proteggerlo con
l’ausilio di un solo
sai, mentre l’altro giaceva in frammenti al suolo. Donatello
era sul bordo del
tetto, anche lui impegnato a combattere con un’orda di ninja.
Fu come un boato,
il segnale di partenza delle montagne russe. Chi era sopra non poteva
più
scendere. Frances osservò nuovamente lo schermo, il palazzo
oltre quello dov’erano
i quattro era la T.C.R.I. Splinter le raggiunse subito, sgranando gli
occhi
scuri.
Frances fu la prima a correre fuori dal rifugio delle
tartarughe,
lasciando cadere la camicia a terra.
Angolo
Autrice
Con un po’ di ritardo, ma ci siamo :). A dirla tutta volevo scrivere anche la parte successiva in questo capitolo, ma sarebbe diventato troppo lungo ed avrei dovuto rimandare la pubblicazione. Quindi lascio un po’ di suspense [seh, come no]. Quindi alla prossima, il gatto gelatoso vi saluta con un bacio alla crema!
1Riferimento ed omaggio a “The Perks of Being a Wallflower” ovvero “Noi Siamo Infinito”