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Autore: SabrinaSala    24/07/2015    9 recensioni
"...Sdraiato supino sul letto, un braccio dietro la nuca e l’altro appoggiato sul ventre piatto, pantaloni e calzari ancora indosso, Johannes accolse così, sfacciatamente seducente, le prime, impertinenti luci dell’alba. «Proteggere una donna, salvaguardare la sua persona, è il compito più difficile e più importante al quale un uomo possa essere chiamato. Ne sarai all’altezza?»"
***
Sacro Romano Impero Germanico. Città di Rosenburg. Anno Domini 1365
Quando Johannes, altero e affascinante capitano delle guardie cittadine, riceve l’incarico di proteggere Madonna Lena, pupilla del Vescovo di Rosenburg, solo Justus, l’amico di sempre, può trovare le parole per chetare il suo animo inquieto.
Pedine inconsapevoli di un gioco iniziato quando ancora erano in tenera età, Justus, Johannes e Lena si troveranno loro malgrado coinvolti in un ordito di peccati e di colpe… Sarà sufficiente lo stretto legame con il Vescovo-conte, reggente della città, loro padrino e benefattore, a salvare le loro anime?
***
"Miserere mei Deus secundum magnam misericordiam tuam" ("Pietà di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia") – dal Salmo 51
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo, Inquisizione
Capitoli:
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Capitolo 5 – Un uomo debole…
 
 
Erasmus attese che il capitano e madonna Lena svoltassero l’angolo, emergendo dalla penombra che lambiva quel lungo corridoio ricco di arazzi e ritratti ecclesiastici.
Fradici. Erano fradici dalla testa ai piedi. Visibilmente infastiditi dalla sua presenza.
Il segretario passò con lo sguardo dall’uno all’altra. Impassibile. Solo una ruga severa all’angolo della bocca tradiva il suo disappunto.
«Sua Eminenza ha chiesto di parlarvi… » comunicò. Il tono affettato di sempre «Vi consiglio di rendervi presentabili…» alluse, riducendo gli occhi a due feritoie scure.
Lena sollevò le gonne, rese pesanti dall’acqua, e lo superò accennando un saluto col capo, sbrigativo e dignitoso. I lunghi capelli scuri appicciati alle spalle seminude, sul collo, sulle guance cremisi.
Johannes attese che svanisse dietro la curva a gomito del corridoio, inghiottita dall’ombra.
«Una gatta selvatica, vostra sorella… » commentò l’ecclesiastico, ironizzando con fare cameratesco, sottolineando volutamente l’ultima parola, sganciando lo sguardo dalla figura di Lena per riportarlo  sul capitano.
L’accenno di sorriso che gli increspava le labbra sottili morì all’istante.
Johannes lo trafisse con un’occhiata.
Erasmus trasalì, stringendo più forte le mani in grembo, nascoste dalle ampie maniche della tonaca.
«Vado a cambiarmi» la voce roca e tagliente gli gelò il sangue nelle vene «Dite al Vescovo che stiamo arrivando».
Erasmus si irrigidì. Gli occhi rivolti al pavimento irregolare, sdegnato, quasi umiliato. Si morse le labbra sottili fino a farsi male, allargando le narici in un respiro profondo e rabbioso.
Nelle orecchie, il suono cadenzato e marziale dei passi di Johannes che si allontanava.
 
***
 
«Maddalena! » esclamò il Vescovo Winkel quando la ragazza entrò stanza seguita dall’immancabile guardia del corpo.
«Ho una sorpresa per te, mia cara…» continuò facendole cenno di rialzarsi dopo che le sue labbra ebbero sfiorato con il consueto bacio di rito l’anello della mano che lui le aveva porto.
Lena si tirò in piedi, bella e dritta come un fuso, rivolta all’uomo che occupava lo scranno vescovile. Lo guardò in attesa.
Konstantin Winkel fece un cenno a Erasmus perché si avvicinasse, portando un involto che le venne consegnato.
«Il tuo futuro sposo fatica a rimettersi in salute, figliola, e per questo ha dovuto rimandare la partenza ancora di qualche giorno… » spiegò il Vescovo con un certo rammarico «Tuttavia, ha voluto dimostrarti le sue attenzioni inviandoti un regalo. Un ritratto.» sollevò una mano inducendola ad allentare i teli che proteggevano la miniatura.
Dissimulando il tremore alle mani e il battito accelerato del proprio cuore, Lena liberò il piccolo quadro dalla stoffa blu che lo avvolgeva. Allargò le narici, trattenendosi dal ritrarsi,  incapace di distogliere lo sguardo dal sorriso pallido del giovane che la fissava tristemente dalla piccola tavola di tela che teneva in mano. Diafano ed emaciato, il volto di quel ragazzo le strinse lo stomaco. I capelli biondi, lunghi sul collo, pettinati in modo che le grandi orecchie risultassero coperte, e gli occhi acquosi, tanto chiari da far male, le si impressero nella mente strappandole un sussulto.
«Ero certo che avresti apprezzato il suo gesto e penso che vorrai ricambiarlo» commentò l’ecclesiastico, allacciando le dita sotto al mento. Assottigliò lo sguardo e la fissò, per un tempo che a Lena parve eterno, prima di concludere e congedarla con un sorriso paterno.
«Indossa qualcosa di opportuno, figliola» mormorò «E appena sarai pronta, ti manderò il ritrattista migliore della città… ».
Il suo tono non ammetteva repliche e il gesto di commiato della sua mano faceva altrettanto.
Madonna Lena accennò un inchino, e sotto lo sguardo soddisfatto di Erasmus, immobile alle spalle del Vescovo, oltrepassò Johannes, fermo sulla soglia, e finalmente respirò a pieni polmoni l’aria fresca del lungo corridoio di pietra. Reprimendo dentro di sé, il disgusto provato alla vista di quell’uomo debole…
 
***
 
Bert Wüber sistemò il cavalletto, si passò una mano tra i capelli folti e ricci e rese grazie per il soggetto che gli era stato chiesto di ritrarre. Era stanco delle solite anziane matrone o delle bionde e massicce ragazze di città. Quella bellezza del sud, i suoi occhi nocciola, i suoi capelli scuri in netto contrasto con una pelle fin troppo chiara per le sue origini, gli dava finalmente l’occasione di affrontare un lavoro diverso dal solito e l’uso, quasi dimenticato, di colori più caldi e sensuali.
Mescolò la tonalità  che aveva preparato sulla tavolozza. Voluttuosa e  morbida. Non fosse stato per la presenza ingombrante del giovane capitano della guardia cittadina, seduto alle sue spalle, sulla panca in fondo alla stanza, quelle ore sarebbero trascorse come le più piacevoli degli ultimi anni…
Madonna Lena si spostò impercettibilmente e Bert fu pronto a riprenderla con lo sguardo e un gesto secco del pennello, intimandole “immobilità”.
La ragazza emise un flebile sospiro che prima le sollevò poi le abbassò la curva morbida del seno esposta agli occhi del pittore. E a quelli grigi di Johannes…
Anche lui immobile come una statua, pensò. Immobile e impassibile!
Si era domandata se la sua presenza fosse davvero necessaria, in quel momento. Ma l’irritazione si era presto dissolta, lasciando il posto alla consapevolezza e in parte alla soddisfazione di poterlo finalmente osservare come non le era ancora stato permesso di fare. Senza doverci discutere o distogliere lo sguardo. Decisamente bello, oltre che affascinante, Johannes trasudava stabilità e forza. Ogni suo tratto era l’espressione della virilità e della decisione. Le spalle larghe, i fianchi snelli e le gambe lunghe e sode, perfettamente accompagnate dalle braccia tornite… Arrossì, al ricordo di quelle braccia!
Al ricordo della loro consistenza, della muscolatura marmorea nascosta sotto le maniche della camicia. Braccia che l’avevano circondata e stretta, solo qualche ora prima. Il profumo della pioggia si era così mescolato a quello della pelle di lui, mentre dai capelli scuri, appiccicati sul viso e sul collo, esili gocce d’acqua, come rivoli sensuali, tracciavano il suo profilo severo scivolando poi su di lei. Trasalì. Attraversata da un brivido che partendo dalle spalle terminò nel basso ventre.
Cercò con lo sguardo la miniatura, il ritratto del suo futuro sposo. Un uomo debole… ecco quello che sembrava il marchese, e forse era meglio così. Un uomo debole le avrebbe forse concesso il tempo e lo spazio per occuparsi di quello che le stava a cuore, senza pretendere troppo da lei. Un battito di ciglia e Johannes tornò nel suo campo visivo. Vivere accanto ad un uomo come quello sarebbe stato l’Inferno, per lei… A meno che non l’amasse e lei non amasse lui… ma l’amore era l’ultimo dei presupposti sul quale il suo matrimonio si sarebbe fondato. Questo le era chiaro. Quindi, perché rischiare?
Avrebbe voluto ridere. Ridere di se stessa e dei propri pensieri. Ridere per il disprezzo che sentiva di provare per la propria persona… Il respiro le si fece corto, quasi affannoso e il petto vibrò ancora, visibilmente.
Johannes si alzò, lasciando la stanza. In silenzio.
 
***
 
Nonostante la fitta pioggia del mattino, l’aria si era fatta inaspettatamente calda. E l’aria di quella stanza addirittura soffocante.
Dopo aver lanciato un’occhiata,  apparentemente distratta, al ritratto del giovane e imbelle marchese abbandonato sulla panca, Johannes si era allontanato. Seduto alle spalle del pittore, perso nel silenzio, affascinato dai coni polverosi di luce che tagliavano la penombra, si era lasciato ammaliare da Bert e dalla sua straordinaria arte.
E si era lasciato ammaliare da lei…
Senza sottrarsi al loro sguardo, aveva sfidato quegli occhi impertinenti e finalmente immobili. E i suoi occhi, grigi e impenetrabili, le erano scivolati addosso. Avevano seguito ogni profilo, ogni dettaglio, seguendo gli orli ricamati dell’abito rosso fuoco nel quale le sue forme morbide erano state costrette. Forme che lui aveva decisamente avvertito, quella mattina. Prima tra le rose della rocca, poi sul sentiero che la collegava alla città. Cercare di evitare che cadesse, che scivolasse ripetutamente sulle pietre bagnate, afferrarla, stringerla, esitare nel lasciarla andare...
Serrò la mascella e il suo sguardo si incupì.   
Protetto dalla penombra nella quale si era consapevolmente immerso, aveva maledetto l’istinto e quell’irrefrenabile impulso di sollevarla tra la braccia e sentirsela ancora addosso… Non avrebbe dovuto farlo! Non avrebbe dovuto cedere al richiamo diabolico di quegli occhi scuri. Cedere! Come il più debole degli uomini!
Aveva provato rabbia. Una rabbia sorda. Poi aveva visto lui… quel ragazzino esile come un fuscello e pallido come uno straccio sorridergli tristemente da quella miniatura dimenticata. Quasi fosse stata gettata via. Lontano. Come avrebbe potuto quello spettro d’uomo tener testa a una donna con quel carattere?
Il pensiero successivo era stato tanto veloce da non riuscire a fermarlo: possibile che il Vescovo non avesse valutato gli effetti disastrosi di quel matrimonio?
Il senso di colpa lo aveva quindi trapassato come una pugnalata, ricordandogli che non era nessuno per mettere in discussione  l’operato del Vescovo.
Lasciò il palazzo, abbagliato dalla luce esterna.  Reclutò uno dei suoi uomini e gli chiese di sostituirlo.  
Adombrato, raggiunse il monastero, attraversò a passo svelto il chiostro e cercò Justus.
Il chierico avvertì i suoi passi quando ancora stava attraversando il  corridoio. Sollevò gli occhi turchesi dalle pergamene che stava copiando e si illuminò al suo ingresso. Poi, ricordandosi i propri doveri,  scambiò un’occhiata con i fratelli che dividevano con lui la biblioteca, assunse un’aria contrita e lo raggiunse, pronto a protestare per quell’inaspettata intrusione. Ma qualcosa nel suo sguardo torvo lo convinse a tacere e a  seguirlo senza pronunciare una parola.
 
***
 
Le acque limpide e fredde le Danubio lambivano le mura occidentali della città, scivolando lungo quelle del monastero. Johannes emerse bruscamente dal fiume, là dove l’acqua gli arrivava ancora al bacino, e camminò verso la riva con le sole brache indosso, appiccicate alle cosce come un sudario. Man mano che la sua pelle nuda si offriva all’aria del pomeriggio, piccoli brividi gli correvano lungo la schiena possente. Si passò una mano tra i capelli e poi sul volto finalmente rilassato.  Ritrovò la figura di Justus, steso al sole sull’ansa erbosa del fiume, e si lasciò cadere al suo fianco.
«Hai interrotto il mio lavoro solo per una nuotata? » domandò il chierico in risposta del sospiro soddisfatto del capitano.
Seguendo il suo esempio, Johannes si tirò a sedere, una gamba tesa e l’altra piegata per appoggiarvi un braccio e poi il mento.
Si perse nel baluginare del sole sulla pelle increspata dell’acqua. In estasiata ammirazione di quel punto del fiume che era da sempre il loro rifugio segreto. Fin da bambini.
Annuì, con un sorriso innocente.
Justus seguì il suo sguardo. Sapeva di non dover insistere. Non con Johannes. Sarebbe stato solo controproducente. Avrebbe deciso lui stesso se e quando parlargli, se avesse avuto qualcosa da dire…
«Dove hai lasciato madonna Lena? » domandò con noncuranza.
Un’ombra calò immediatamente sul volto dell’amico.
Johannes si portò entrambe le braccia dietro la nuca e si lasciò cadere di spalle sull’erba, chiudendo gli occhi.
«E’ alle prese con Bert Wüber» rispose laconico, infastidito dalle immagini che tornavano ad affollargli la mente.
Era riuscito a togliersi quella donna dalla testa, perché parlarne ancora? Perché parlare di un problema che presto si sarebbe risolto?
Avvertì l’espressione interrogativa di Justus senza nemmeno aver bisogno di guardarlo «Il suo promesso sposo le ha mandato un ritratto e lei sta ricambiando il favore» spiegò senza sollevare le palpebre.
Justus afferrò un ciuffetto d’erba sottile e lasciò che un alito di vento glielo strappasse dal palmo aperto della mano.
«Tu lo hai visto? »
Le labbra di Johannes si piegarono in un sorriso sprezzante. Quasi cattivo.
«E’ un uomo debole... » asserì, inspirando profondamente e stringendo gli occhi ancora chiusi.




IL CONFESSIONALE (ossia, l'angolo dell'autrice):
Come mi è stato giustamente fatto notare, al momento sembra che Justus abbia in questa storia un ruolo solo marginale. Abbiate fede, eheheh! Il nostro bel chierico avrà modo di farsi "notare". Certo, magari non attraversando a nuoto il Danubio come quell'esagerato di Johannes, ma avrà modo di farsi notare...
Grazie come sempre a tutti i lettori... quelli silenti e quelli che mi tengono compagnia con le loro preziose recensioni! 
A presto, Sabrina 

 
   
 
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