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Autore: LadyFel    23/01/2009    1 recensioni
"Mio fratello. Edward." Angel è sicura che la sua famiglia sia morta per la spagnola, ma ancora non sa che suo fratello è ancora vivo, seppure non più umano. In un momento di profonda rabbia e tristezza urla il suo nome e a Forks, Penisola Olimpica, un giovane vampiro si sveglia piangendo, tormentato da strani incubi.
Se vi piace fatemelo sapere! Baciotti ;)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Voci dal passato - Amore e libertà
Voci dal passato

Capitolo 13. Amore e libertà

Embry si riprese in fretta. Adesso riusciva a muovere il braccio di qualche centimetro. Nonostante la capacità rigenerativa elevata, Carlisle continuava a curarlo, soprattutto quando rompeva i punti.
La notte dormiva tranquillo, e il giorno lo passava sul portico, seduto a gambe incrociate, fissando la foresta con occhi languidi.
"Lo so che ti mancano i tuoi amici..." gli disse un giorno Edward.
"Non sono solo amici, sono i miei fratelli, proprio come te e quella biondina..."
"No, è diverso. Angel è la mia sorella vera, sorella di sangue, prima di diventare vampiro, quando ero ancora umano."
Annuì, tornano a scrutare gli alberi. Ogni tanto qualche ululato si levava dal folto, ed Embry stava sul chi vive. Non potendo trasformarsi, non sapeva come comunicare con gli altri. Jacob veniva tutti i giorni a trovarlo, chiedendo a Carlisle quando avrebbe potuto riportarlo alla riserva, a casa. Ogni volta Carlisle gli diceva la stessa cosa: non è in grado di trasformarsi e di viaggiare.
Sam si faceva vedere di rado, occupato com'era a pattugliare i confini. Come se volessimo sfondare di nuovo.
Andavamo a caccia molto più lontano, all'interno del Parco Olimpico. Orsi, puma, cervi, le nostre prede.
Nonostante la dieta "vegetariana", come la definiva Edward, il colore dei miei occhi non cambiava: era sempre verdazzurro, cangiante. Brillava delle tonalità della foresta e del mare. Non che il castano dorato degli occhi degli altri non mi piacesse, anzi. Ma quel colore, mi teneva legata alla mia vita passata, alla mia famiglia natia.
Ormai Carlisle e Esme mi avevano ufficialmente adottato, perciò ero diventata Angel Sophie Masen Cullen. Quelli erano i miei fratelli e le mie sorelle, e quelli erano i miei genitori, la mia nuova famiglia. La terza.
Tenevo in stanza una foto di Jeremia, Ruth e Judith. Non li avrei mai potuti dimenticare, loro mi avevano in un certo senso salvato, ridandomi la vita.
Marius me l'aveva tolta, e ridata una nuova. Oscura e bellissima.
Essere una vampira cominciava a piacermi: la caccia, i sensi sviluppati, le partite di baseball sotto la pioggia. Ero felice.

Lo stesso non si poteva dire di Embry. Lo vedevo che soffriva, e non riuscivo a perdonarmi per averlo costretto a quell'immobilità che lo dissanguava.
Un giorno non ne potei più di vederlo così, e presi l'iniziativa.
"Embry..." lo chiamai, un pomeriggio, uscendo sul portico. Per l'occasione, avevo messo un vestito corto, che mi lasciava scoperte buona parte delle gambe. Ero carina, carina per qualunque essere: umano, vampiro e persino licantropo.
Carlisle mi aveva spiegato la vera natura di Sam, Jacob e Embry, e me ne aveva snocciolato le caratteristiche principali, prima fra tutte il calore elevato.
Si voltò e lessi nei suoi occhi esattamente quello che mi aspettavo: era colpito.
"Posso?"
"Sei la prima che me lo chiede..." mi rispose, con voce appena appena roca.
Mi sedetti a mezzo metro da lui, e fissai anche io la foresta.
Non me la sentii di usare il mio senso ulteriore, preferivo la conversazione.
"Ti mancano?"
"Moltissimo..."
"Mi dispiace, è colpa mia..."
Fece spallucce, senza voltarsi.
"Vuoi farti una corsa?"
"Non posso trasformarmi, come faccio?"
"Nessuno ha detto che devi correre con le tue gambe..."
Si voltò a fissarmi, non riuscendo a capire.
Lo guardai per un po': era carino, aveva un bel viso. Gli occhi attenti e profondi come pozzi.
"Se vuoi, posso portari io..."
"Sono troppo pesante per te..."
"Hai dimenticato che sono ancora una neonata? La mia forza è tre o quattro volte quella di Emmett, che è il più forte tra gli altri..."
Mi guardò negli occhi per un momento, poi il suo sguardo cadde più in basso e arrossì violentemente.
Ciò nonostante, non gli riuscì di voltarsi.
"Allora, ti va?" gli sorrisi.
Crollò, il mio sorriso gli aveva mandato in frantumi la difesa psichica.
"Mi piacerebbe...la foresta è la mia seconda casa..."
"Bene! Aspetta, ti aiuto" gli dissi, alzandomi per tirarlo su.
Una folata di vento ci colse, sollevando leggermente il vestito e scompigliandomi i capelli. Il sole si riflesse nei miei occhi, e io mi riflessi negli occhi di Embry, che mi guardava abbagliato.
Lo aiutai a tirarsi su. Inciampò. Lo trattenni dal cadermi addosso, ma non potei impedirgli di reggersi abbracciandomi. Vicinissimi, potevo sentire il battito accelerato del suo cuore.
"Scusami..." mi mormorò tirandosi indietro.
"Va tutto bene. Ora, passa il braccio sano davanti...ecco, bravissimo. Tranquillo, io non devo respirare..." -quando si scostò dalla mia gola- "okay...ora non ti muovere..."
Lo presi a cavalluccio, reggendolo senza difficoltà, nonostante pesasse abbastanza.
"Pronto?"
"S...sì..." stentato.
"Se hai paura, chiudi gli occhi..."
"Non ho paura io!" mi rimbeccò poco convinto e io risi. Una risata cristallina.
Cominciai a camminare, per darmi il tempo di valutare la mia forma attuale rispetto al percorso da fare, non potevo passare in certi posti. Da sola sì, ma con Embry sulle spalle era impossibile. Perciò dovetti valutare ogni singolo movimento. Col nuovo senso mi veniva facilissimo.
"Andiamo!" scattando in avanti, su per la collina. Il vento che ci scompigliava i capelli, ci colpiva la faccia in maniera piacevole. Rifeci lo stesso percorso della prima volta, badando a non farlo sbattere da qualche parte.
"Come va?" gli chiesi poco dopo, senza rallentare.
"È...è troppo bello!!! WoWoWoW!!!" ululò e per la prima volta da quanto lo avevo visto, sfoderò un sorriso disarmante, che mandò in frantumi la mia, di difesa.
"Allora accelero!"
Raggiungemmo il confine e lo sorpassai senza problemi.
Gli ululati aumentarono, e Embry, felice come una pasqua, cominciò ad agitarsi, tremando.
"Embry, controllati! Se scoppi adesso, perderai l'uso del braccio. E allora sì che piangerai!" gli intimai.
Il tremore cessò.
"Scusami, ma quando sento i miei fratelli mi viene naturale.."
"Lo immagino, ma tu rischi il braccio e io la schiena..."
"Ah giusto...non ci avevo posto mente..."
"Be la prossima volta fallo..."
"Vuoi dire che ci sarà una prossima volta?" mi chiese stupefatto.
"Non ti sto riportando a casa, non sei ancora guarito... Non dovrei nemmeno fare questo...ma vederti così triste mi fa star male..." gli confessai.
Non rispose, come se stesse riflettendo.
Ormai sentivo chiaramente quattro quadrupedi correrci dietro. Non attaccarono, precedendoci.
Quando arrivai alla fine del sentiero, eravamo oramai in pieno territorio Quileute. Mi fermai nel bosco, facendo scendere Embry.
"Di là...i tuoi amici ti aspettano, vai..."
" E tu?" mi chiese, voltandosi verso di me.
"Io ti aspetterò qui. Dì loro che non voglio in alcun modo fare del male. Ma se ti aspetto oltreconfine, non riuscirai ad arrivare. E non puoi trasformarti, ricordatelo. Non vorrai dover passare l'estate con dei vampiri?"
"Ho imparato a conoscervi, non siete poi così male...specialmente tu..." disse, arrossendo violentemente.
Sorrisi.
"Ora vai...e attento a te...ci vediamo più tardi..." mi voltai, pronta a mettermi al riparo in cima all'albero più vicino.
Mi trattenne per un braccio. La sua pelle bollente mi diede un brivido incredibile.
Mi tirò verso di lui, abbracciandomi con un braccio solo alla vita.
Per un momento, sembrò che il tempo si fosse fermato.
Non osai voltarmi, per paura che quel momento svanisse sotto i miei occhi.
Il calore mi piaceva, molto più del freddo intenso che emavano io.
Nessuno dei due parlò. Poi successe.
Mi voltò, e chissà come, mi sollevò, portandomi alla stessa sua altezza.
Ci perdemmo l'uno negli occhi dell'altro.
Inclinò appena la testa e dolcemente mandò le sue labbra a sfiorare le mie.
Tremavo, e non di freddo.
"A dopo..." rimettendomi a terra.
Si voltò e si inoltrò su per il sentiero.
Poco dopo, udii urla di gioia e grandi risate.
Abbarbicata sull'albero, passai il resto del tempo a riflettere, toccandomi le labbra nel punto dove le sue si erano fermate.
" A Ed verrà un colpo quando lo saprà. Ma chissene importa. È stato...meraviglioso...Embry..."
  
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