Storie originali > Introspettivo
Segui la storia  |       
Autore: Squilibrata    24/07/2015    1 recensioni
Descrivere lei è come parlare di un fulmine, un arcobaleno. Il profumo dei tigli, gli occhi di una tigre ferita, la Fiamma, le onde del mare.
Descrivere me è come parlare di... un'idiota; seguivo una lepre Bianca e ho trovato un paese delle meraviglie.
Per descrivere noi, descriverci insieme, si può dire solo che "C'eravamo abbastanza amate".
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Francesca era praticamente ovunque.
Riempiva l'abitacolo della mia macchina come se fosse stata alta due metri e venti e larga uno e mezzo, mentre probabilmente sfiorava appena il metro e sessanta.
Mi baciava la gola, cercando il mio seno sotto la maglietta, nel parcheggio deserto del ristorante.

Tutti i nostri colleghi erano andati via; il locale era ormai chiuso, ma ci andava di restare insieme ancora un po', e i sedili posteriori della mia macchina andavano benisssimo per il nostro scopo.

Le mie dita sono scese lungo il suo corpo, scivolando sotto la gonna per spostare gli slip dal loro posto...
Ma il mio telefono ha preso a vibrare nella mia tasca.
In modo insistente.

  • Aspetta...

Ho sbuffato, chi poteva chiamarmi a quell'ora?! Eppure, proprio perchè non mi era mai successa una cosa simile, sentivo che dovevo quantomeno vedere chi fosse.
Lei si è scostata pazientemente, ma senza smettere di stuzzicarmi il collo con piccoli morsi.
Ho tirato il telefono fuori dalla tasca, non senza difficoltà, e sullo schermo... il nome appariva in chiare lettere bianche, ma mi sembrava assurdo che lei stesse chiamando.

Sono scattata a sedere, facendo quasi spaventare Francesca, quindi ho schiacciato il tasto verde per rispondere.

  • Oi, tutto bene?

Le ho chiesto, e non sapevo perchè ma avevo una strana sensazione addosso, quasi negativa.

  • Ehi Alice, ti dò fastidio? Stai lavorando?

  • Ma sei scema? Non mi dai fastidio, ho finito di lavorare

Francesca gesticolava al mio fianco, leggermente infastidita, mimando un “chi è?” con la boccuccia color corallo.

  • Okay ehm... non voglio romperti le palle ma... potresti venirmi a prendere?

Ho aggrottato le sopracciglia.

  • Dove?

  • All'agriturismo dei tuoi... se non puoi non preoccupartil

La sua voce mi diceva che c'era qualcosa che non andava, e che avrei dovuto preoccuparmi eccome. Il suo tono era molto più basso del solito, le parole le uscivano titubanti...

  • Sto arrivando.

Ho concluso, chiudendo la telefonata.
Francesca mi guardava stupita e irritata.

  • Dove sai arrivando?

Ho preso le sue mani piccole e morbide tra le mie, stringendole leggermente e guardandola negli occhi.

  • Fra, mia sorella non sta bene, devo correre da lei

Non so da dove mi fosse uscita una stronzata simile, specialmemente perchè ero figlia unica, ma lei non poteva saperlo. Anzi, è parsa subito la cosa migliore che potessi dire dato che la sua espressione ha perso subito quel broncio che aveva messo per lasciare spazio a uno sguardo sinceramente preoccupato e dispiaciuto.

  • Oh... Ali mi dispiace... allora facciamo un'altra volta... fammi sapere come sta...

Ha balbettato, scendendo dalla macchina.

Io l'ho seguita per andare al posto del guidatore, ma prima di vederla sparire nel buio alla ricerca del suo motorino, le ho preso il polso con due dita, tirandola contro il mio petto.
Quando me la sono ritrovata tra le braccia, le ho alzato il viso dandole un bacio, assaporandola per l'ultima volta prima di salutarla.

  • Buonanotte piccola, ci vediamo domani

Le ho detto, liberandola dalla mia presa, e lei pareva rianimata.
Mi ha sorriso, per poi restituirmi il saluto prima di andare verso il suo mezzo.

Io sono salita in macchina e ho messo in moto.

Francesca era una ragazza dolce, non era faticoso trattarla bene, veniva naturale. E poi era una delle donne più sincere con le quali avessi mai avuto a che fare: era bastato spiegarle che non avevo nessuna intenzione di avere una storia seria e lei aveva capito, le andava bene sapere di non essere l'unica.

Con Bianca non avevo nemmeno mai toccato lontanamente un discorso del genere: era ovvio che fosse solo sesso, lei era fidanzata... a proposito, era da quando avevo fatto quel sogno, a Mialno, che non le telefonavo.
Conoscendola, bolliva di gelosia ogni volta che Fiamma usciva di casa per stare con me.
Fiamma... la sua voce era così strana, al telefono.

Ho schiacciato il piede sull'acceleratore. Volevo arrivare all'agriturismo il prima possibile: si trovava dall'altra parte della città quindi se volevo sbrigarmi dovevo andare piuttosto veloce.
Fortunatamente per strada a quell'ora non c'era nessuno.

Quando avevo scelto dove abitare e dove cercare lavoro, la distanza dalla mia vecchia casa era stato l'unico requisito da rispettare.
Non volevo che i miei genitori venissero a sapere precisamente dove abitavo, non volevo incontrarli mentre facevano la spesa e non mi andava nemmeno di avere dei vicini in comune.

Poi, il quartiere residenziale dove avevo vissuto per diciannove anni, non aveva decisamente nulla da offrirmi.
Volevo aria nuova, fresca. Se avessi avuto i soldi avrei di certo cambiato città, ma non potevo permettermelo così mi ero accontentata, e mi andava bene.

Certo, non avrei mai pensato che un giorno avrei dovuto correre per andare a prendere una ragazzetta proprio nella tana dei leoni.
Comunque non ero preoccupata di incontrare i miei genitori: vent'anni di esperienza mi avevano insegnato le loro rigide abitudini, e con un po' di prudenza sapevo come evitare di farmi vedere.

La notte era calda, pareva che l'estate avesse deciso di arrivare soltanto quella settimana. Viaggiavo con i finestrini abbassati, l'aria che mi arrivava in faccia riusciva a rinfrescarmi dopo quella serata di lavoro e non vedevo l'ora di fumarmi una sigaretta, ma prima volevo prendere Fiamma.

Ho spento il motore nel parcheggio dell'agriturismo, sicura che nessuno avrebbe potuto riconoscermi: nessuno aveva mai visto la mia macchina e io restavo tranquilla all'interno dell'abitacolo, senza nessuna intenzione di scendere, mentre chiamavo Fiamma per dirle dove raggiugermi.

Quando ho chiuso il telefono, ho alzato gli occhi verso l'edificio che era stato casa mia.
Si trovava leggermente fuori dal centro abitato, immerso nel verde; l'agriturismo era composto da tre edifici che formavano un rettangolo aperto su un lato.
Nella parte interna c'era una sorta di parco, un grande giardino con molti alberi e anche un piccolo stagno, completo di papere e pesci rossi.
Da piccola passavo un sacco di tempo intorno a quello stagno.

Dalla mia posizione, comunque, non potevo vederlo: il parcheggio era uno spiazzo sul retro dell'edificio principale, circondato da una fila di cipressi e siepi che lo separavano dalla campagna dei dintorni.
Quegli alberi, con la loro forma lunga e sottile, mi hanno fatto pensare immediatamente ai tigli che rendevano ombroso il marciapiede del mio nuovo quartiere.

Non tornavo in quel posto da quando, con le mie valige scassate, me n'ero andata.
Potevo vedere le luci della sala da pranzo al secondo piano, schermate da tendine gialle -io le ricordavo bianche e verdi-, era lì che avevo imparato a fare la cameriera, e probabilmente, le prime volte in cui avevo iniziato a muovermi tra i tavoli, non sapevo che quello sarebbe stato il lavoro che mi avrebbe dato una casa, una macchina, birra e benzina.

La figurina nera è spunatata in controluce, si è guardata attorno un attimo e poi è venuta verso di me a passo piuttosto spedito.

Ha aperto lo sportello, sedendosi al posto del passeggero.
Stavo per salutarla, ma l'aria mi è rimasta in gola un attimo: non l'avevo mai vista vestita bene.

Diciamolo, in mia presenza aveva sempre indossato vestiti simili a pigiama; quando faceva freddo era avvolta in felpe larghissime e leggings neri, o jeans al limite, e quando faceva caldo eccola indossare pantaloncini da pallavolo e canottiere da uomo... certo, le sue gambe lunghe e sottili erano comunque ben visibili, ma vederla vestita da festa era tutta un'altra cosa.

Aveva una gonna a vita alta che, oltre a lasciarle scoperte le gambe, mostrava anche una striscia di pelle sopra l'ombelico, che non era coperta né da quest'ultima né dal top stretto che Fiamma indossava.
I vestiti erano neri, ad eccezione di qualche fiore bianco disegnato sulla stoffa della gonna e... le labbra erano rosse.

Rosse come il fuoco.

  • Oi

Ho balbettato per salutarla, scuotendo la testa leggermente per riprendermi.
Era anche la prima volta che la vedevo truccata.

L'ho vista forzare un sorriso prima di rispondere:

  • Ehi, Alì

I suoi occhi, circondati da quelle ciglia lunghissime e scure, sembravano luccicare come quelli di un gatto.

  • Adesso andiamo via

Ho detto, più a me stessa che a, lei mettendo in moto.

Con la coda dell'occhio ho notato che nuoveva nervosamente le dita, a tratti chiudendo il pugno finchè le nocche non diventavano bianche.
Poi si è accesa una sigaretta.

Aveva preso l'abitudine di fuamare nella mia macchina, la stronzetta, ma c'è da dire che io glie lo lasciavo fare: da quando aveva rovesciato la mista d'erba e tabacco su tutti i sedili posteriori, stava molto attenta a non ripetere l'errore e faceva in modo che la cenere cadesse fuori dal finestrino.

  • Tutto bene?

Le ho chiesto, guardandola un attimo. Aveva il volto girato verso il finestrino aperto, e tutti i suoi capelli le volavano intorno al viso come se avessero avuto vita prorpia.

Lei ha annuito, ed io ero sempre più sicura che fosse successo qualcosa... nona aveva ancora detto una parola e decisamente non era da lei, ma non volevo insistere.

  • Ti porto a casa?

Le ho chiesto. Forse era stanca e non si sentiva bene. O forse c'era dell'altro...

  • Come vuoi... grazie e scusa se ti ho stressata mentre eri a lavoro

  • Ma figurati! Ormai avevo finito... e come mai eri all'Oasi?

Da quant'era che non pronunciavo quel nome? Sembravano secoli... poi mi era sempre sembrato estremamente stupido. Perchè non chiamare l'agriturismo semplicemente “Agriturismo Grazioli”, o qualcosa del genere? E in effetti il nome originale era quello. Poi era arrivata mia madre che aveva pensato a “un'oasi di verde in mezzo alle città” ed ecco che il nome era stato cambiato, come l'insegna e tutto il resto.
Io ero in prima elementare.

  • C'era una festa... dovevo dormire lì in teoria, ma non mi andava

  • Una festa?

  • Sì, inauguravano la piscina nuova...

Avevano fatto una piscina nuova?!
Ma perchè mi sorprendevo? Mi aspettavo forse che tutto sarebbe rimasto uguale a quando me n'ero andata?
Poi buon per loro, se potevano permettersi di fare una piscina significava che gli affari andavano bene.

Non capivo perchè avevo improvvisamente voglia di chiedere cos'altro fosse cambiato; Alessandro lavorava ancora lì?, in sala c'erano stati altri cambiamenti, oltre alle tendine?, nello stagno c'erano ancora i pesci e quella piscina dov'era stata fatta, sul terrazzo?

Un sospiro di Fiamma mi ha riportata alla realtà, nell'abitacolo della mia macchina.
Dovevo assolutamente fumare una sigaretta.

  • Ti va se ci fermiamo un attimo? Voglio fumare una sigaretta

  • Va bene

Ha detto, a mezza voce.

  • Ma non andiamo in posti affollati... non voglio vedere gente

Ha aggiunto poi, con una nota quasi di angoscia nella voce.
Ho provato a guardarla in faccia, ma continuava a stare girata verso il finestrino e potevo vedere solo il suo zigomo chiaro, il profilo delle labbra rosse e le ciglia invisibili sullo sfondo buio.

Ho accostato la macchina al marciapiede, fermandomi davanti al parchetto dove andavo quando ero ragazza.
Le prime canne le avevo fumate proprio lì, su una di quelle panchine dove volevo sedermi quella sera.

Fiamma mi ha seguita scendendo dalla macchina senza fare una piega e scegliendo lei stessa una panchina, precedendomi.

  • Quindi, è bello il posto, adesso?

Le ho chiesto, continuando il discorso di prima, affamata di dettagli.
Ha annuito, tirando stancamente il fumo da una seconda sigaretta. Il suo profilo mi sembrava improvvisamente triste, illuminato dal lampione biancastro che stava sopra di noi.

  • E allora perchè non ti andava di dormire lì?

Ha alzato le spalle, io ho infilato le dita nella tasca estraendo il pacchetto per accendermi una sigaretta.

  • Diciamo che la gente cominciava a darmi fastidio

Ecco, sapevo che c'era qualcosa che non andava.

  • Che è successo?

Le ho chiesto, aggrottando le sopracciglia.

  • Ma niente, niente alla fine...

Ha detto, sospirando di nuovo prima di continuare.

  • Sono io che sono problematica

Dicendo l'ultima parola ha sorriso leggermente, ma senza nessun divertimento. Possibile che non riuscissi a capire un cazzo di quello che mi diceva quando parlava con quel tono?

Io sono altrove...

  • In che senso “problematica”?

  • Diciamo che sono, tipo... ipersensibile a certe cose

Senza pensarci, le ho preso il viso con una mano, costringendola a girarsi. Non ero ancora riuscita a guardarla in faccia e odiavo fare domande senza vedere la reazione della persona con cui stavo parlando.

  • Che è successo Fiamma?

Ho chiesto, e mi sono resa conto che la mia voce doveva suonarle davvero seria, anche se inizialmente non era mia intenzione.
Ma non riuscivo a farla arrivare al dunque e mi stavo preoccupando.

Aveva gli occhi fissi nei miei e sembrava che le stessi facendo male, ma era impossibile perchè la stavo toccando appena con la punta della dita.

  • Alice

Ha detto soltanto, scostando la mia mano dal suo volto.
Appena la mia pelle non è stata più a contatto con la sua, mi è sembrato che lei stesse facendo un respiro profondo, e per un attimo si è mossa come se avesse appena scacciato un brivido.

  • Non preoccuparti, non è successo niente... sono andata con uno e in realtà non mi andava, tutto qua. Mi sento solo un po' male ma poi passa

Ha aggiunto, sorridendo forzatamente e cominciando a cercare qualcosa nella borsa.
A quel punto sono stata io a fare un respiro profondo.
Non era successo niente di grave... almeno.
La situazione di cui mi aveva parlato lei non aveva niente a che vedere con la mia... era stato tutto diverso e... non era il caso di pensarci e basta.
Basta.

Dalla borsa ha estratto una bustina d'erba, le cartine e un biglietto del pullman.

  • Mi fai un filtro?

Ha chiesto, porgendomi il biglietto del pullman.
Io ho annuito, prima di continuare con un'altra domanda.

  • Perchè ti senti così?

Ha alzato le spalle di nuovo, tenendo gli occhi fissi sull'erba che stava tritando.

  • Perchè non ne avevo voglia, in realtà. Lui ha insistito e quindi niente...

Ho aggrottato le sopracciglia, sentendo una leggera tachicardia tornare.

  • Aspetta Fiamma, ma “ci sei andata” in che senso?

Lei ha sorriso leggermente, sempre senza allegria, poi ha mosso una mano come per allontanare le mie parole.

  • Ma no, lui voleva scopare ma alla fine ci siamo baciati e basta

A sentire la sua risposta i miei polmoni si sono gonfiati d'aria, ho poggiato la schiena e tutto il mio peso allo schienale della panchina e mi sono sentita improvvisamente sollevata.

Non sapevo perchè mi aveva fatto quell'effetto immaginarla a letto con qualcuno... Capivo perfettamente cosa voleva dire essere obbligati a fare qualcosa del genere, anche se non mi ero mai scopata un uomo e poi... la situazione di Fiamma era completamente diversa e basta, e ciò che mi era successo doveva smetterla di tornarmi in mente, maledizione, Alice basta.

Ho guardato il suo viso, mentre leccava la carta della sigaretta per aprirla più facilmente, sentendo tutto il mio sangue salirmi in faccia.
Mi sembrava che nessuno sarebbe stato in grado di toccarla con la delicatezza di cui lei aveva bisogno.

  • Filtro?

Ha chiesto, quando ormai la canna era quasi pronta per essere rollata, ed io glie l'ho passato, così lei ha potuta chiuderla.

Solo in quel momento mi sono accorta che la mia sigaretta si era spenta, e pendeva tra le mie dita, consumata solo a metà.
L'ho riaccesa mentre lei accendeva la canna, con quella bocca rossa come il suo nome.

  • E adesso come ti senti?

Le ho chiesto, dopo un attimo di silenzio.

  • Non mi sento bene con me stessa, e stop. Ma passerà

  • Ma perchè? Cioè, lui ha insistito molto o...

  • Si ma poi io ci sono stata, è colpa mia e del rum perchè potevo anche non farlo, mi dà fastidio che la gente penserà che glie l'ho data e poi bo, è stranissimo farsi toccare da qualcun'altro

Ha fatto un tiro come se avesse appena ripreso a respirare.

  • Cosa te ne frega di quello che pensano gli altri?

  • Niente. Vorrei solo che dicessero la verità. Ma alla fine cazzi loro, tanto non li rivedrò mai più...

Ho respirato altro fumo, denso, sentendo l'odore dell'erba di Fiamma che cominciava ad avvolgerci.
La strada era deserta.

  • Cosa vuol dire “è strano farsi toccare da un altro”?

Le ho chiesto poco dopo, vedendola alzare le spalle in risposta e sospirare.

  • Sono stata con un ragazzo per due anni. Ci siamo lasciati un anno fa

Ho aggrottato le sopracciglia, facendo due calcoli.

  • Avevi tredici anni quando ti sei messa con questo?

Ha annuito, sorridendo.

  • Ero giovane e stupidissima. Comunque con lui ho fatto tutto, e farmi toccare da altra gente mi dà fastidio

Ho pensato che parlava come una che si sentiva molto vecchia, ma non riuscivo a trovare la cosa divertente, era estremamente seria mentre lo diceva...

Poi, in quel momento mi sembrava chiaro perchè non si era mai fatta toccare da me, perchè si spostava quando il mio gomito urtava il suo, perchè anche poco prima il mio tocco l'aveva disorientata.

Si può uscire così frastornati da una storia?
Sapevo che la risposta era sì... una chioma di lisci capelli rossi ha fatto capolino nella mia memoria.

  • Ma è passato del tempo, ormai

Le ho detto.

  • Il tempo non cambia un cazzo. O almeno, non quando sei idiota come me

  • Sei solo giovane...

  • Lo spero.

Ha concluso, mentre io buttavo la mia sigaretta.
La guardavo con una sorta di dispiacere che mi cresceva nello stomaco, come se fosse doloroso.

L'avrei abbracciata, stretta, ma sembrava un fastasma sul punto di sparire, un arcobaleno che più ti avvicini più si allontana, finchè non diventa invisibile.

Eppure, a sedici anni non ero poi tanto diversa.
Forse un po' più arrabbiata, meno triste. Ma ero ferita, ed era esattamente così che mi appariva anche lei in quel momento.

Ha allungato una mano verso di me, porgendomi la canna ormai a metà.
Io l'ho presa tra le dita, facendo un tiro.

  • Farai solo un paio di tiri, perchè poi devi guidare

Mi ha detto, sorridendo sinceramente per la prima volta in tutta la serata.
Quel rossetto così acceso faceva risultare i suoi denti ancora più bianchi del solito, così come la sua pelle.

  • E invece, tu?

Ha chiesto, cambiando completamente tono di voce.

  • Io cosa?

  • Tu e le donne. Sei sfigata come me?

Per un attimo, tutto il mio sangue è sembrato sparire dal mio corpo per raggiungere la testa, facendomi sentire caldissimo.

A qualunque altra persona avrei potuto rispondere: “Mi scopo una mia collega, e poi anche una studentessa universitaria”, ma a lei come potevo parlare di Bianca?
Anche se non avesse capito a chi mi riferivo... semplicemente non potevo riferirmi a sua sorella.
Non potevo permettere che quei due mondi si scontrassero... erano semplicemente incompatibili.

  • Io, ehm... niente storie serie

Ho balbettato, cercando di riprendere la calma. Dovevo ricordarmi che Fiamma non era nella mia mente, i miei pensieri erano al sicuro.

  • Perchè?

Ha chiesto lei, rannicchiandosi sulla panchina; si è portata le ginocchia al petto, circondandole con le braccia, e mi guardava, con quegli occhi da tigre ferita, osservandomi con una certa attenzione.

  • Perchè... bhe, principalmente perchè non ne ho voglia, e poi non ho trovato la donna giusta, chissà

  • Non ne hai nemmeno mai avuta una?

Ho sospirato, e nel mio ricordo insieme alla chioma rossa sono apparse anche delle leggere lentiggini sul naso e sulle guance, le ciglia chiare.

  • Sì, ne ho avute... la più importante non aveva il coraggio di dire che stava con me, e dopo un po' ha smesso di funzionare

Fiamma si è incupita, facendo comparire quella fossetta tra le sue sopracciglia.

  • Mi dispiace... come si chiamava?

  • Vittoria... e poi a me non dispiace. Non più, almeno. Adesso sto bene così.

Ed era da una vita che non la nominavo, e non provavo davvero nulla, non più.
Credevo che sarei semplicemente morta, o almeno che non avrei mai più pensato quel nome senza sentire una fitta allo stomaco.

Invece era vuoto. Lei non era più nulla.
Bianca, mi ricordava lei. Non per il carattere, erano completamente diverse.
Ma per la mancanza di coraggio.
Non mi serviva una donna che non aveva nemmeno le palle di dire chi amava.

Fiamma, vedendomi sorridere sinceramente, è sembrata tranquillizzarmi.
Poi mi ha tolto la canna dalle mani.

  • Adesso basta, o torni a casa sbandando

Ha detto sorridendo, prima di tornare a fumare.

  • Ehi ragazzetta, per chi mi hai preso?

Ho riso delle sue parole.

 

Quando ho parcheggiato davanti casa sua, lei è scesa dalla mia macchina. Ormai era quasi mattina, ma avrei voluto parlarci ancora...

  • Vuoi dormire da me stanotte?

Le ho chiesto, senza pensare a quello che dicevo.
Stupida, stupida Alice.

Si è girata di scatto, gli occhi leggermente spalancati. Poi, d'un tratto, il suo volto si è rilassato e ha sorriso leggermente.

  • Non stasera Ali... magari un giovedì

  • Questo giovedì

Ho prososto sorridendole, dato che mi sembrava tranquilla, e lei ha annuito.

  • Va bene, questo giovedì

Mentre la guardavo andare verso il portone e poi sparire nel suo palazzo, avevo in mente un sacco di cose.

Mi irritava pensare a qualcuno che la baciava, mi irritava pensare a qualche idiota che la toccava senza sapere quanto fosse fragile, perchè così mi sembrava.
Ormai mi ero affezionata a tutte quelle cose bizzarre che diceva, alle sue espressioni, alla sua risata...

Mi aveva fatta ripensare al mio primo amore dai capelli rossi, ma non era stato doloroso. Le avevo parlato del nonno, della collina, delle mucche e della vita che amavo... con Fiamma mi sembrava di poter dire tutto e parlare di tutto, sapevo che lei mi avrebbe ascoltata.

L'unica cosa che mi provocava una piccola fitta... era Bianca.
Bianca era l'unica cosa della quale non potevo parlarle.
Era l'unico segreto che ero costretta a mantenere.

E mi sentivo stupida, per questo.
Bianca non valeva nemmeno lontanamente l'amicizia che mi legava a Fiamma.

Eppure non riuscivo nemmeno a pensare di non vederla più... Bianca era rassicurante, Bianca potevo gestirla, controllarla.

Fiamma invece era un'incognita continua, semplicemente imprevedibile.

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Squilibrata