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Autore: Kourin    24/07/2015    3 recensioni
Si lanciò senza esitazione all'attacco, ma la mano di Mū gli afferrò saldamente braccio: solo allora si accorse che erano stati circondati. Attraverso il velo rosso del sangue vide l'ammassarsi di lance su lance, tutte puntate contro ai loro cuori. Mū si guardò nervosamente in giro, poi si pose davanti ad Aiolia per fargli da scudo, le braccia allargate come a farsi più grande di quel plotone di folli.
“Per favore, potreste spiegarci quanto sta accadendo? Aiolia ignora i fatti quanto me.”

Storia sulla notte del tradimento, un po' personalizzata e raccontata principalmente dal punto di vista di Aiolia e Mū.
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aries Mu, Aries Shion, Leo Aiolia, Sagittarius Aiolos
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il carro dell'alba

 

 

1. Aiolia e Mū

 

 

Era piena notte. Il mondo umano taceva, le stelle parlavano ai pochi che erano in grado di ascoltarle. Due file di fiaccole illuminavano la sala del grande sacerdote, proiettando le ombre del trono vuoto sulla tenda che celava l'infante Athena.
Aiolos la vegliava in piedi, lo sguardo rivolto al tappeto rosso che il nemico avrebbe dovuto calpestare per giungere fin lì. Per qualche motivo, quella notte gli faceva pensare solo al sangue. “Tradizioni o no, non è proprio un colore adatto ad una bambina.

Athena aveva scelto di reincarnarsi in Grecia. Non c'era stato nessun oscuro presagio da interpretare, nessuna complicata ricerca da intraprendere. Forse, l'imminente guerra con Hades sarebbe stata meno feroce di quella conclusasi duecento anni prima. Forse, sarebbe stato versato meno sangue.
Chissà se è questo che il sommo Shion sta vedendo dall'altura delle stelle.” Nonostante le precarie condizioni di salute, il sacerdote vi saliva sempre più spesso. Aiolos avrebbe voluto chiedergliene il motivo, ma era una domanda troppo ardita perfino per lui, che pure di tanto in tanto raccoglieva le confidenze dell'anziano santo.
Di fatto, il Santuario era nelle mani di un vecchio e di una bambina. Di fatto, il Santuario era governato dalla saggezza e dall'innocenza. “Molti ormai dicono che manca la forza. È impossibile che non se ne sia accorto. Perché esita a nominare il suo successore?
Come per mettere a tacere i suoi dubbi, la porta si spalancò violentemente. Con un incedere che poteva ancora definirsi maestoso, il sommo Shion percorse tutta la lunghezza della sala per poi accasciarsi sul trono, smussandone gli spigoli con il tessuto pesante delle sue vesti. Si tolse l'elmo, permise ad Aiolos di vederlo in volto. Alcune gocce di sudore scendevano lungo i lineamenti da lemuriano, ma gli occhi viola e fermi non chiedevano aiuto né consiglio.
Ricordandosi all'improvviso dell'etichetta, Aiolos si affrettò a togliersi il diadema e s'inginocchiò. Le ali dell'armatura toccarono il tappeto, scivolando nel rosso che l'inquietava.
“D'ora in avanti non potrò più lasciare da sola Athena,” dichiarò il sommo Shion. Aiolos si sentì scrutare in profondità dal suo sguardo ma attese paziente, mantenendo il capo chino. Tuttavia, anziché aggiungere spiegazioni, quando riprese a parlare il sacerdote disse: “Ti devo proprio chiedere un piccolo favore.”

 

*** ***

 

Ormai è passato un anno da quando ha iniziato l'addestramento ed è di nuovo estate. Aiolia è forte, si dice che il suo destino sia diventare santo d'oro. Essere come suo fratello è la cosa più bella che può sognare e, visto che Aiolos è anche il suo maestro, Aiolia si allena con impegno da mattina a sera.
Fa molto caldo, ma Aiolia è nato in Grecia e lo sopporta molto meglio dei ragazzi che vengono da fuori. La sua pelle diventa sempre più scura, i suoi capelli sempre più chiari. Una contadina gli ha appena detto che sembra un leoncino, lui l'ha preso come il complimento più bello.

Di sera, dopo cena, ha il permesso di uscire a giocare nei dintorni del Santuario. Si dirige come al solito nella zona dei campi, dove l'aria è più fresca e libera dalla polvere. Laggiù non ci soldati a dirgli dove può e dove non può passare. Man mano che balza giù dalle terrazze dei frutteti, i raggi ambrati del tramonto si trasformano nella sua armatura: pettorale, bracciali, schinieri... Sta per ricevere l'ultima parte, il diadema, quando una lepre gli taglia la strada. È velocissima e Aiolia inizia subito a rincorrerla.
Un santo d'oro si muove alla velocità della luce, non puoi sfuggirgli!” urla mentre attraversa un prato ricoperto da soffioni. Sta per spiccare l'ultimo balzo per afferrare la preda, quando un mucchio di rami si solleva di colpo e gli sbarra la strada. Per non sbatterci contro deve saltarli, ma ormai ha preso così tanta velocità che ricade in malo modo, rotolando sull'erba. Si graffia le braccia, alcuni fiori di trifoglio gli finiscono in bocca ed è costretto a sputarli prima di esclamare: “Ma che diavolo è successo?”
Poco più in là c'è un bambino seduto sulla staccionata, impegnato ad osservare i semi di un soffione. Potrebbe anche essere una femmina, ma porta dei vestiti d'allenamento simili ai suoi. Ha una sciarpa avvolta intorno al collo, anche se fa caldo, e capelli chiari e lunghi. Aiolia si rialza e gli va incontro, sia per vederlo meglio che per dirgliene quattro.
Sei stato tu!” esclama. “Si può sapere come hai fatto?”
Il bambino non risponde a quella domanda. Chiede invece: “Non potevi lasciare in pace quella lepre?”
Aiolia ci rimane male, perché sa che non merita quel rimprovero. “Guarda che stavo giocando, non volevo mica mangiarmela per cena!”
Il bambino lo osserva, forse non si aspettava quella risposta. Ha gli occhi allungati di chi viene dall'oriente, al posto delle sopracciglia ha disegnati due buffi pallini. “Forse non aveva tutta questa voglia di giocare... A cosa stavi giocando?”
Ero un santo d'oro! Lui... be', era un soldato di Hades,” risponde Aiolia. Si appoggia alla staccionata con le braccia, poi si tira su per guardare ancora più da vicino quel viso così strano. La carnagione di quel bambino è così chiara, come se il sole d'estate non gli facesse niente. Lui ricambia lo sguardo curioso con un sorriso e Aiolia dimentica completamente il nemico fuggito tra i campi. “Sei un maschio, vero? Come ti chiami?”
Mi chiamo Mū.”
Io sono Aiolia.” Si dondola un po' sulla staccionata, poi chiede: “Sei nuovo? Non ti ho mai visto all'arena.”
Vengo al Santuario ogni tanto, ma di solito resto con il mio maestro.”
Oh” esclama Aiolia, deluso. Le spighe rispondono al suo sospiro ondeggiando al vento, dolcemente.
In effetti non ho chiesto il permesso di andare in giro, ma qui è così bello!” Mū guarda i semi del soffione staccarsi uno dopo l'altro e volare via. “Mi sa che devo andare, tra un po' il maestro inizierà a cercarmi.”
Tornerai ancora qui?”
Sì, promesso,” risponde Mū. Poi, come d'incanto, svanisce.
Aiolia si appoggia allo steccato, guarda oltre, non lo trova. In lontananza però, due orecchie lunghe spuntano dall'erba. Aiolia fa loro una linguaccia e urla: “Oggi ce l'hai fatta, ma saremo in due, la prossima volta!”

 

Bussarono alla porta, ma era ancora notte. Credendo di stare sognando, Aiolia continuò a dormire. Poi si sentì scuotere con decisione la spalla. Allora, con riluttanza, aprì gli occhi sulla stanza inondata dalla luce della luna piena. Prima vide suo fratello, poi riconobbe lui, con quegli inconfondibili segni sulla fronte. Di nuovo credette di stare sognando, di nuovo Aiolos lo riportò alla realtà. “Mū starà con noi per un po' di tempo,” disse. “Da domani si allenerà con te. Cerca di farlo sentire a casa.”
Aiolia balzò giù dal letto. “Mū!” esclamò. “È da un sacco che non ci vediamo! Allora finalmente lasci il Jamir e ti trasf...” Prima che potesse terminare, Aiolos lo mise a tacere con uno scappellotto. “Devo andare alla nona casa, tornerò da voi domani,” si congedò con fare sbrigativo.

Aiolia lo guardò andare, poi tentò di aggiustarsi alla buona i capelli. “E va bene,” disse mentre finiva di stropicciarsi gli occhi. “Non me l'aspettavo, ma sono contento. Hai bisogno di qualcosa?”
“No, ti ringrazio,” rispose Mū.
“Non so, se hai fame, sete oppure sonno...”
“Tutto a posto. Nel Jamir era mattina, in pratica sono già pronto per allenarmi, ma aspetterò con te che si faccia giorno. Torna pure a dormire.”
Aiolia si buttò all'indietro sul materasso, lasciandosi sprofondare. Poi roteò gli occhi verso il cielo stellato di marzo. Vicino alla luna splendeva la Vergine, poco più sopra ruggiva il Leone. Gli sfuggì una risata: era contento di quella visita e, in realtà, non vedeva l'ora che arrivasse il giorno.

 

Non era riuscito a dormire molto, un po' per la differenza dell'ora, un po' per colpa di Aiolia che si era rigirato continuamente. Mū era cresciuto nei desolati e limpidi altipiani dell'Himalaya e non era proprio abituato alla compagnia.
Il chiasso del Santuario lo faceva sempre sentire un pesce fuor d'acqua. Non gli erano mai piaciuti il sudore e la polvere che si respiravano all'arena, dove gli aspiranti santi parevano gareggiare in violenza piuttosto che in abilità. Quelle dimostrazioni di forza non gli piacevano, le considerava del tutto inutili. La forza era senza dubbio necessaria per proteggere Athena, ma l'aggressività di quei ragazzi era completamente diversa dal carisma emanato da Shion, che pure governava il Santuario in nome della dea. “Non voglio diventare come loro, voglio diventare come Shion,” si ripeteva quando si trovava in Grecia.

Osservò Aiolia che dormiva ancora profondamente, per nulla infastidito dai raggi del sole che gli colpivano il viso. La sua muscolatura, sempre più evidente, doveva essersi forgiata in quelle lotte feroci. “Lui però è diverso,” pensò sfiorandogli la mano piena di piccole ferite, confrontando la grandezza con quella della propria. Così facendo, una ciocca di capelli cadde involontariamente sul volto di Aiolia, che si mosse. Imbarazzato, Mū rimise in fretta i capelli dietro alle orecchie. “Sveglia, leone dormiglione,” disse.
Aiolia spalancò con prontezza gli occhi blu. “Mū,” salutò sorridente.


Iniziarono con gli esercizi per i muscoli addominali, proseguirono con le flessioni sulle braccia. Mū era abituato alla fatica fisica, ma la differenza di pressione atmosferica che esisteva tra il Jamir e il Santuario lo metteva sempre un po' in difficoltà. L'elevata densità del suo sangue era causa di capogiri, sapeva che sarebbe stata necessaria almeno una giornata affinché il corpo abituato all'altitudine si acclimatasse.
Contavano a turno, lui ed Aiolia, che, a dispetto del fare apparentemente spensierato, era estremamente diligente e preciso. Nell'osservare il modo in cui si piegava e la naturalezza con cui compiva gli sforzi, Mū fu perfino colto da ammirazione.
“Sei stanco?” gli chiese Aiolia, notando la sua distrazione.
Mū non fu in grado di rispondere: a giudicare dal calore che gli arrivava alle guance, stava arrossendo per l'imbarazzo. “No, non è niente,” disse mantenendo la voce calma mentre riprendeva a scendere in spaccata.
Quando ebbero finito, erano entrambi zuppi di sudore. “Vieni, andiamo a rinfrescarci,” disse Aiolia conducendolo verso il pozzo. Issò un secchio pieno d'acqua e, senza che Mū potesse obiettare, glielo versò sulla testa. “Ehi!” esclamò. Avrebbe voluto fingere disapprovazione, ma scoppiò in una risata che contagiò lo stesso Aiolia, che chiese: “Non ti senti meglio, così?”
“Sì.” Mū riprese fiato. Aspettò che le gocce d'acqua finissero di scendergli dai capelli, che sciolse e strizzò un po'. Quando rialzò lo sguardo, il sorriso di Aiolia era sparito. Rosso come una ciliegia, si affrettò a tirare su un altro secchio d'acqua fresca e gettarselo addosso, guardando altrove.

 

Aiolos li raggiunse nel primo pomeriggio, quando stavano ormai oziando sotto l'ombra di un olmo. Senza l'imponente armatura del Sagittario, appariva come un giovane alto, dai capelli castani e occhi dal piglio severo. Indossava semplici abiti da allenamento, ma la sua presenza lasciava intendere che non era affatto una persona comune. “Chissà se è vero che sarà lui il successore di Shion,” non poté fare a meno di chiedersi, ma subito Mū troncò quei pensieri e si affrettò a rialzarsi. “Nobile Aiolos,” salutò con un inchino, poiché mai si doveva mancare di rispetto ad un Santo d'Oro.
Con sorpresa di Mū, non scesero verso l'arena ma si diressero a est lungo un sentiero appena percorribile avvolto dalla vegetazione, finché raggiunsero un piccolo anfiteatro in rovina. Le gradinate erano attraversate da venature rosate, tra un blocco di marmo e l'altro spuntavano vividi steli d'erba su cui riposavano numerose farfalle. L'unica spettatrice era una Nike. Scolpita nell'istante in cui stava per spiccare il volo, era però priva di un braccio e parte delle sue ali giacevano in frantumi.

Devo rimetterla a posto,” pensò Mū mentre stringeva le fasciature che gli avrebbero protetto i polsi. “Spero che mi permettano di usare la psicocinesi almeno per questo.

 

Al comando di Aiolos, Aiolia partì con un pugno diretto alla fronte. Mū schivò e gli scivolò alle spalle, riprendendo la distanza e obbligandolo a voltarsi in direzione del sole. Fu Aiolia, stavolta, a dover schivare, ma dopo una serie di attacchi e parate riuscì a colpire l'avversario allo sterno. Mū barcollò solo per un attimo: subito caricò un calcio laterale, che Aiolia evitò con un balzo trasformato a sua volta in un calcio. Mū fu rapido nell'abbassarsi e scattare nuovamente, Aiolia riuscì a parare con la gamba e contrattaccare: il colpo, però, cadde a vuoto perché l'avversario si era spostato teletrasportandosi.
Ogni volta che lo fa ci rimango come uno scemo. Eppure mi basterebbe solo essere più veloce!” Aiolia tornò a mettersi in posizione di guardia e cercò di affidarsi al cosmo, Mū stava facendo altrettanto, perché un alone chiaro sfumava i contorni del suo corpo, permettendo ai capelli di fluttuare senza che intorno spirasse un alito di vento. I frammenti delle rovine vibravano, il suono della pietra riecheggiava. Stavolta entrambi si mossero con una velocità prossima a quella del suono. Non erano molti gli allievi in grado di raggiungerla. “Lui è addirittura l'allievo del sommo sacerdote, devo sfruttare al massimo quest'opportunità!”

Stavolta già al secondo attacco Aiolia si trovò davanti una strana barriera, che rallentò il colpo e consentì a Mū di fermarlo con le mani. Non era intenzionato a retrocedere: caricò un calcio laterale, Aiolia gli afferrò la gamba e provò ad atterrarlo, mossa che gli riuscì solo parzialmente, perché l'avversario trasse vantaggio dalla rotazione per divincolarsi, prendere slancio su una colonna e contrattaccare. Aiolia dovette proteggersi con entrambe le braccia, l'urto lo fece scivolare indietro di parecchi metri. Mū stesso perse l'equilibrio, Aiolia colse al volo l'occasione per assestare un colpo che sarebbe potuto essere decisivo... se solo lui non fosse svanito un'altra volta, riapparendo a pochi metri di distanza.
“Fermi!” Aiolos si mosse in direzione di Mū e lo colpì con un ceffone.
Aiolia protestò al suo posto, allibito, ma suo fratello non fornì spiegazioni.
“Il nobile Aiolos ha ragione,” disse laconicamente Mū. L'espressione del suo volto era fredda, le piccole ferite che gli si erano aperte un po' su tutto il corpo sanguinavano, eppure una farfalla dalle ali candide gli si posò sui capelli scarmigliati, quasi l'avesse scambiato per un fiore. “Perché mi fissi così?” chiese, interdetto ad Aiolia, che rispose: “Hai una farfalla in testa, aspetta.”
Mū alzò il naso, la farfalla rimase al suo posto aprendo e chiudendo lentamente le ali. Aiolia la sfiorò con un dito, lei volò via nell'azzurro intenso del pomeriggio. Aiolos appoggiò una mano sulla spalla di entrambi ed esitò, prima di allontanarli.
“Ricominciate,” disse. Poi aggiunse: “Combatti seriamente, Aiolia.”
Ma io stavo combattendo seriamente, che cos'ha oggi mio fratello?” Aiolia cambiò posizione di guardia, scegliendo quella che avrebbe conferito una maggiore rapidità in attacco. L'azzurro del cielo ancora impresso negli occhi divenne dapprima il blu della notte, poi l'oscurità dello spazio profondo: bastava un passo, ormai, per toccare il nulla da cui si origina il microcosmo. In bilico su un abisso che ancora non aveva imparato a conoscere, osservò Mū cercare a sua volta l'equilibrio. Aveva scelto una guardia con le braccia allargate, le mani strette in pugno. “O adesso o mai più.” Aiolia innescò il big bang che lo rese pura energia: quando si lanciò in avanti era come se nelle sue braccia divampasse una fiamma incontrollata.
Mū portò il braccio sinistro in alto, mentre una miriade di piccole scintille si accumulavano nel palmo della sua mano destra. Il volto si manteneva calmo mentre schivava la successione di colpi portati da Aiolia. L'ultimo, più potente, lo obbligò fermarsi in posizione di parata. Stavolta l'energia dell'urto divelse il lastricato, le schegge che si sollevarono vennero polverizzate dal violento contatto. Mū appariva affaticato, Aiolia si sentì padrone della situazione. “Basta che neutralizzi il suo colpo, è il momento giusto!” Mirò senza esitazione al braccio destro, ma l'avversario fu più veloce.
Colpito in pieno petto, Aiolia fu scaraventato all'indietro.

L'energia che lo aveva avvolto si trasferì agli atomi che componevano la gradinata, rendendola incandescente. La schiena venne schiacciata sul marmo liquido, le irregolarità della superficie gli si impressero nelle terminazioni nervose, privandolo perfino del respiro. Il corpo, svuotato improvvisamente di ogni forza, tornò ad essere quello di un normale ragazzo di dodici anni.
Aiolia provò a muoversi, ma il dolore lo bloccò. Riuscì solo a sollevare le palpebre e mettere a fuoco la Nike che lo stava osservando dall'alto, impassibile. Si sentì mortificato come un gattino che aveva fallito il suo primo salto. Quando nel suo campo visivo apparve Mū che gli tendeva la mano, Aiolia non la afferrò e, ancora dolorante, si tirò invece a sedere a gambe incrociate. “Perché hai tirato fuori tutta la tua forza all'ultimo? Mi hai imbrogliato, mi posso impegnare di più, la prossima volta vedrai!” lo minacciò.

“Non volevo imbrogliarti. Ieri mio maestro mi ha proibito di usare la psicocinesi. Non è facile, perché sono troppo abituato a spostarmi e a difendermi così.”
“Qui nessuno mi dice mai niente,” brontolò Aiolia in risposta.
“Bastava che mi ascoltassi, quando ti ho detto di combattere seriamente,” disse Aiolos.
“Uffa.” Aiolia si rialzò in piedi e scrollò polvere e sassolini dalla tunica. Fissò ogni minimo strappo sul tessuto, ogni microscopico taglio sulla cintura, ogni piccola ferita sulla pelle. Tutto, pur di non dover fissare Mū.
“Nobile Aiolos, vorrei chiedervi un favore,” lo sentì chiedere. “Vorrei rimettere a posto questa statua. Non è un bene che la vittoria di Athena versi in queste condizioni.”
Aiolos acconsentì. Prese Aiolia per la collottola e lo trascinò sulla gradinata opposta, dove si sedettero, restando a guardare.

Mū allargò le braccia, come se dovesse egli stesso volare. I frammenti di piume sparsi sul selciato seguirono i suoi gesti, mentre li allineava con impercettibili movimenti delle dita. Il suo volto era concentrato, come se in quel momento si trovasse altrove. Forse, era ancora nel suo Jamir.
“Perché non poteva usare il teletrasporto?” chiese Aiolia. “È una questione di onore, o qualcosa del genere?”

Aiolos scosse il capo. “Perché, come accade per tutte le tecniche, esisterà sempre un nemico in grado di neutralizzarla. Un santo deve essere pronto a queste situazioni. Vale anche per i lemuriani.”
Appena Mū protese le braccia in avanti, le ali della statua si ricostituirono in quella che doveva essere stata la forma originaria: leggermente ricurve, davano un'impressione di grazia e leggerezza. Il ragazzo puntò il dito indice verso il petto della Nike che, lentamente, iniziò a raddrizzarsi insieme al piedistallo.
Aiolia si toccò il petto, cercando di ricordare la sensazione esatta del contatto con l'energia siderale che poco prima l'aveva investito. “Quella tecnica che mi ha colpito prima era insolita, ha a che fare con questi poteri?”
“Non proprio. La forza di un santo viene dal cosmo” rispose Aiolos. “Per quanto ti possa sembrare strano, queste capacità sono piccoli dettagli. Le vostre potenzialità al momento sono le stesse.”
“Significa che lui non è più forte di me?”
“No, solo più bravo a concentrarsi.” Aiolos sorrise. “Guarda, ha finito.”
La Nike pareva pronta a spiccare il volo incontro al sole, che nel frattempo si era avvicinato all'orizzonte.
“Ehi!” Esclamò Aiolia, accortosi che Mū stava barcollando. Per quanto avesse compiuto quei gesti con naturalezza, dovevano essergli costati un certo sforzo. Aveva portato le mani alle tempie, stava per cadere, Aiolia accorse e lo afferrò al volo. Poi lo prese tra le braccia, fece un giro su se stesso, e ridendo esclamò: “Sei fortissimo, Mū!”
“Aiolia! Piantala!” provò a protestare Mū, ma sembrava che non ne avesse la forza, o forse la voglia. “Mettimi giù, immediatamente...” ordinò ancora, senza successo.
Li interruppe Aiolos, che fino a quel momento aveva distolto l'attenzione per contemplare il nuovo aspetto della statua. “Per oggi può bastare, torniamo a casa,” disse.

 

Mū impiegò un po' per trovare la forza di divincolarsi. Quando le sue gambe toccarono il terreno gettò un'occhiata di fuoco ad Aiolia, ma subito la mano di Aiolos gli si posò sul capo e poi lo lasciò, sfiorandogli con le dita la stessa guancia che prima aveva colpito.
Non mi abituerò mai a vivere in Grecia,” pensò.

Un po' alla volta, ritrovò il senso dell'equilibrio.
Intorno, però, le farfalle continuavano a volteggiare.

 




 
  
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