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Autore: Robigna88    24/07/2015    0 recensioni
La vita di Cecilia cambia radicalmente quando una brutta notizia le piomba addosso sconvolgendola. Costretta a rivedere le sue priorità e i suoi piani per il futuro, la donna si imbatte in Samuel che di piani per il futuro non ne ha mai avuti. Il loro incontro cambierà entrambi per sempre.
Genere: Malinconico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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NDA: Questa è una vecchia storia scritta tanto tempo fa. Non ero neppure sicura di volerla postare ma poi l'ho vista lì e ho pensato ma si perchè no?... ed eccola qui. Buona lettura :D

2.

 

 

 

Central Park – New York

 

 

«Coraggio signori.. Solo dieci dollari per il miglior ritratto che vi sia mai stato fatto.»

Samuel Micovich sospirò alzando le braccia al cielo.

Per un attimo gli venne voglia di lanciare la sua tavolozza a terra e saltarci sopra fino a frantumarla.

Ma quei colori erano costati troppo per permettere alla sua rabbia di distruggerli.

E, anche se molto meno di quello che lui sperava, erano la fonte del suo guadagno.

Certo, non gli procuravano la possibilità di mangiare in un ristorante di lusso, ma perlomeno, poteva permettersi, con qualche sporadica difficoltà, di mantenere la sua casa.

Beh, tecnicamente era la sua auto.

Ma per lui fungeva anche da casa e tutto il resto.

Era una vecchia Renault Kangoo, grigia.

Di un grigio triste e deprimente. Non era una tonalità scura, e nemmeno una tonalità chiara.

Era un colore indefinito che lo angosciava.

Ma era l'unica cosa che aveva e che, malgrado tutto, lo teneva al riparo dalla pioggia evitandogli di dormire sotto un cartone.

La sua vita non era andata come si aspettava. E non era andata nemmeno come si aspettavano i suoi genitori.

Suo padre, di origini russe, aveva sempre lavorato come imbianchino.

Se ne andava girando col suo accento russo facendo sorridere i bambini e imbiancando le pareti di ogni palazzo gli venisse affidato.

E così, nella speranza che lui seguisse le sue orme, gli aveva regalato quel deprimente furgoncino.

Grande abbastanza per gli strumenti da lavoro, ma facilmente adattabile. Così da poterlo usare come una normale auto, per poter portare in giro la tua futura moglie di origine russa e di nome Svetlana.

Così gli aveva detto.

Mettendo in chiaro, sin dalle prime parole, che si aspettava diventasse un imbianchino come lui, e che sposasse una donna russa di nome Svetlana.

Strano.. Considerando che lui aveva sposato una donna interamente americana.

Sua madre, Kirsten, era stata in gioventù una bravissima sarta.

Creava dal nulla, rattoppava e qualche volta si divertiva persino a disegnare, abiti che sembravano impossibili da creare o rimettere a nuovo.

Aveva le mani d'oro.

Da piccolo gli raccontava sempre che, un noto stilista, di cui non aveva mai voluto fare il nome, le aveva offerto di lavorare per lui.

E lei, preferendo prendersi cura della sua famiglia aveva rifiutato.

Glielo raccontava con una tristezza negli occhi che trasmetteva una strana sensazione di pentimento e rimpianto.

Ma alla fine, ogni volta che raccontava della sua occasione perduta, si affrettava a specificare che non era affatto pentita della sua scelta, e che la rifarebbe migliaia di volte.

A differenza di suo padre, severo per natura, sua madre era sempre stata caratterizzata da quella lieve follia che caratterizza gli artisti.

La sua follia non era proprio lieve se si considera che un giorno, dinnanzi al suo desiderio di ritrarre una donna senza veli, si era proposta come modella.

Però lui le somigliava molto, fisicamente e caratterialmente.

Era, come lei, desideroso di inseguire e realizzare i suoi sogni. Pieno di sprint e di aspettative.

A differenza di lei però, aveva scelto di inseguire la possibilità di un successo e non la sicurezza che la famiglia poteva offrire.

Anche se alla fine era costretto a dormire su un'auto, e a mangiare economici sandwich, non era pentito.

No.

Era stato tenace e determinato, e anche se ora gli sembrava di trovarsi sull'orlo di un misero fallimento, era speranzoso che le cose sarebbero andate meglio.

Strinse forte la tavolozza tra le dita e tornò al suo posto, serio e composto.

Nessuno voleva farsi un ritratto? Avrebbe riprodotto su tela il paesaggio intorno.

Non era la sua specialità, ma l'avrebbe fatto comunque.

Si guardò intorno, scrutando l'orizzonte e poi la vide.

Era seduta su una panchina, con le mani una dentro l'altra e lo sguardo triste e malinconico.

Fissava l'asfalto, quasi come se cercasse di guardarci attraverso.

Era.. affascinante e Samuel ebbe la sensazione si riuscire a vedere la sua anima.

Anche se vedeva solo il suo profilo, era perfetto.

Il naso grazioso, la bella bocca e armonici lineamenti.

Era il profilo più bello che avesse mai visto e di colpo, sentì il bisogno di trasformare l'estasi che provava in colori.

Poggiò il pennello sulla tela e fu come se un nuovo mondo gli si presentasse davanti.

 

 

 

****

 

 

 

Finì dopo quarantacinque minuti circa.

La sua nuova musa ispiratrice non si era mossa di un solo millimetro.
Chiusa nelle stesse emozioni che le coloravano il viso, era stata la modella perfetta, senza che lui nemmeno le chiedesse di esserlo.

Prese il ritratto, ancora bagnato in alcuni punti e si avvicinò a lei.

Con cautela, quasi in punta di piedi, la raggiunse e si mise a sedere al suo fianco, rimanendo il silenzio.

Per non disturbare il momento che quella affascinante creatura stava vivendo, e anche perchè non sapeva cosa dire.

Di solito doveva pregare i passanti di mettersi in posa e poi doveva pregarli di acquistare il ritratto.

Con lei tutto era stato quieto e tranquillo. Era stato come se entrambi fossero legati da un sottile filo di magia.

Silenziosa, splendida, artistica magia.

E ora il silenzio sembrava quasi obbligatorio.

Rimase zitto e fermo per parecchi minuti e quando finalmente la sua vicina di panchina alzò gli occhi fissando il laghetto lì di fronte, decise di interrompere la quiete e parlare.

«Dieci dollari.» le disse.

Si pentì subito di averlo detto.

Con quell'anima tanto triste e tanto bella, avrebbe voluto essere più delicato. Escogitare una breve presentazione oratoria per invogliarla ad acquistare quel ritratto che aveva fatto per lei.

E invece, colpa della deformazione professionale, aveva subito buttato le mani avanti sul prezzo, trattandola come tutte le altre persone, e non come la magica musa che l'aveva ispirato.

La ragazza si voltò verso di lui, trasformando la vista del suo profilo in un bel faccia a faccia.

Ma quell'artistico idillio che aveva portato alla realizzazione di quel quadro, non si ruppe.

Anzi, Samuel ebbe voglia di alzarsi e dipingere ancora, stavolta il viso nella sua totalità, nella sua delicatezza e bellezza.

«Dieci dollari per cosa?» chiese la ragazza «Cosa sei, una prostituta?»

Samuel si indignò profondamente.

Benchè nei giorni di solitudine, e nei freddi inverni di New York, avesse imparato a considerare la prostituzione quasi.. un'arte, la sua di arte non poteva essere paragonata a quella.

«Una prostituta ti avrebbe chiesto molto di più di dieci dollari.» precisò «Io sono un tipo che ama l'ottimo rapporto qualità – prezzo.»

La ragazza, o bell'anima, come lui nella sua mente aveva deciso di chiamarla, alzò un sopracciglio perplessa e poi batté le palpebre confusa.

«Cosa? Ma tu chi diavolo sei? E perchè dovrei darti dieci dollari?» chiese.

«Sono Samuel Micovich, pregiato e sottovalutato artista di strada.» si presentò alzandosi e facendo un piccolo inchino «Ho fatto per te questo splendido ritratto.»

«Un ritratto?»

«Esattamente.»

«E chi ti ha chiesto un ritratto?»

Samuel aprì la bocca per ribattere, ma l'ovvietà della domanda lo fece titubare un attimo.

Bell'anima aveva ragione. Lei non gli aveva chiesto nulla.

Per un attimo pensò di regalarglielo, ma quel pensiero durò un attimo, il tempo necessario a trovare una giusta risposta.

«Nessuno.» disse «Ma non ti piacerebbe avere un bellissimo ritratto per rendere immortale il tuo essere?»

Si aspettava di vederla alzarsi e allontanarsi dicendogli parole irripetibili.

Invece negli occhi di bell'anima qualcosa cambiò.

L'espressione perplessa lasciò il posto alla tristezza che aveva dato vita al dipinto, e la sua bella bocca, si vestì di improvviso di falsa malizia e genialità.

Samuel provò timore ed euforia allo stesso tempo e troppo incuriosito per allontanarsi, rimase immobile in attesa di.. qualcosa.

La ragazza si mise in piedi con grazia e delicatezza. Aprì la sua borsetta e tirò fuori un centone.

«Facciamo cento invece di dieci.» gli propose porgendoli.

Contrariamente a quello che molti pensavano, l'ambizione e la smania di guadagno degli artisti di strada, non sfiorava nemmeno lontanamente la disonestà.
Perlomeno non nel caso di Samuel.

E benchè ritenesse quello uno dei suoi migliori ritratti, sapeva perfettamente che non valeva cento dollari.

Scosse il capo e le porse il foglio.

«Sono un artista, non un disonesto.» le disse «È un bel ritratto, ma non vale tanto. Prendilo, te lo regalo.»

Bell'anima sorrise appena, osservando il disegno, poi lo prese e guardò Samuel negli occhi.

«È vero. È un bel ritratto. Ma il centone non era per questo.» disse.

«E per cos'era allora?»

«Qualcosa che dubito non ti piacerà.»

 

   
 
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