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Autore: Castiga Akirashi    25/07/2015    1 recensioni
{Rating più alto in alcuni capitoli}
Può una bestia redimersi?
Può smettere di uccidere?
Il Demone Rosso ha seminato distruzione, paura e morte per anni.
Ora è sparita.
È morta? È nell’ombra che aspetta una preda?
Nessuno lo sa…
Aurea Aralia è una studiosa Pokémon conosciuta in tutta Isshu.
Stimata e rispettata, passa il suo tempo a esplorare il mondo dei Pokémon ed a aiutare i giovani allenatori che le vengono affidati.
La sua vita cambierà, quando incontrerà una ragazza.
Ragazza o… Demone?
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, N, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Raphael guardò incredulo Giovanni, quel Giovanni, portare via la sua ragazza, trattenuto a stento da N. Quando i due furono spariti all'interno dell'erboristeria di Mogania, N lo lasciò andare e lui, furibondo, gridò: «Perché mi hai fermato?! Dovevo salvarla!»
N, pacato e mite come sempre, mormorò: «Ragiona: quell’uomo non avrebbe esitato a farle del male e, a quanto pare, lei non avrebbe reagito. L'hai visto tu stesso. Dobbiamo studiare un piano.»
«Ma... ma io devo chiederle scusa!» esclamò invece lui, sconvolto dallo shock: «Io devo parlarle! Quello me la sta portando via, ma io devo scusarmi! Devo dirle che la amo e che sono uno scemo!»
«Cosa vuoi dire?» chiese N, perplesso dalle sue parole.
Raphael deglutì, sentendosi sempre più idiota ma anche in imbarazzo. Dopo un respiro profondo per calmarsi un attimo, spiegò: «Ieri sera abbiamo litigato perché… sì, perché solo geloso del vostro rapporto. E lei si è arrabbiata.»
«Ecco perché non vi siete parlati in tutto il giorno...» borbottò N, mentre Raphael annuiva e riprendeva: «Stamattina ero pronto a fare pace, ma quando è arrivata non mi ha nemmeno guardato, parlando solo con te. E allora…»
«Era proprio questo l’argomento di una nostra conversazione. Immagino saprai che si sveglia all’alba ed è venuta a chiedermi consiglio, perché non sapeva come farti capire che siamo solo amici.»
N prese Raphael per le spalle, guardandolo negli occhi con sentimento: «Ascoltami bene. Lei ti ama, anche se non se ne rende ancora conto e non te l’ha mai detto. Ma non ti tradirebbe mai, neanche sotto tortura. E non lo dico così per dire, ma perché so cosa l’affligge. La sua fedeltà verso di te è assoluta. Te lo ripeto per l’ultima volta, spero tu capisca. Lei ti ama e fra di noi non c’è nulla se non una semplice ma splendida amicizia. Molto forte, sono d’accordo, ma è solo amicizia.»
Raphael rimase sconvolto da quel discorso e dalla sincerità che vedeva trasparire dagli occhi verdi. Si era lasciato trasportare dalla gelosia come uno stupido. Cercando di reagire, di fare qualcosa per essere migliore e degno di lei, mormorò: «Dobbiamo… salvarla.»
N annuì e cercò di dargli un minimo di speranza, dicendo: «E così faremo. Ma ora calmati. Devi essere lucido.»
Lui annuì, pronto anche a dare la sua vita per lei; rabbuiandosi lievemente però, disse: «Dobbiamo dirlo al Generale.»
«Cosa?!» esclamò Belle, inserendosi nella conversazione mentre si asciugava le lacrime versate per il rapimento repentino e improvviso della sua migliore amica: «No, Raphael. Ti ammazzerà! Ti odia, lo sai.»
«Sì e avrebbe ragione. Gli avevo promesso di proteggerla e ho fallito.» sbottò lui, lacerato dal senso di colpa.
N li fissò tutti e poi chiese, perplesso: «Di chi state parlando?»
Raphael prese la parola e spiegò, con un lieve tremito della voce: «Il Generale Surge è una specie di… padre adottivo di Athena. Chiaramente, mi ha odiato dal primo istante in cui ha capito che sono innamorato di lei.»
«Lascia che te lo dica a mia volta… non è una buona idea. Un padre geloso, della figlia femmina per giunta, è un grave pericolo. Soprattutto se gli dici che un pazzo l’ha rapita prendendola a schiaffi.» disse N, seriamente preoccupato per la sua incolumità.
«Aspetta che gli dico che quel pazzo è Giovanni e posso dire addio a questo mondo.» gli rispose Raphael, senza sentire ragioni e prendendo l’Interpoké che Cheren gli stava porgendo.
Gli amici lo fissarono preoccupati e lui chiamò la prof Aralia, facendosi passare il Generale. Spiegò a Surge la situazione e lui furibondo, chiuse la chiamata dicendo: «Se le fa qualcosa… ti inseguirò ovunque, ma me la pagherai, moccioso.»
Il Musharna di Belle andò a prendere il Generale e lo portò dai ragazzi. L’uomo diede solo un’occhiata gelida e furibonda a Raphael, trattenendo la voglia di pestarlo a sangue, poi chiese a Belle e Cheren notizie.
«Scusate…» chiese educatamente N, dando voce alle perplessità dei due ragazzi, nonché alle sue: «Potreste spiegarmi chi è questo Giovanni e cosa vuole dalla piccola Castiga?»
Surge si passò una mano fra i capelli e rispose: «Giovanni è il capo del team Rocket, l’organizzazione della quale Athé faceva parte. Fu lui a volere il Demone Rosso e immagino che ora abbia l’intenzione di farla tornare…»
«Generale, io avrei una domanda. Come ha fatto Castì a diventare il Demone Rosso? Voglio dire… non è cattiva.» chiese Belle, timidamente ma convinta di quel che diceva. Lei era una brava ragazza, l'aveva dimostrato molte volte... non aveva il minimo senso.
«Me lo raccontò lei quando arrivai a Isshu, un po’ di tempo fa. Non la vedevo da molto e finalmente potevo parlarle. E così mi raccontò come tutto ebbe inizio. Finalmente si rendeva conto che Giovanni aveva calcato sulla sua indole aggressiva.» spiegò il generale, per poi raccontare ciò che aveva scoperto.
Tutta la dolorosa e infelice verità.
 
~§~

INTERMEZZO: COME GIOVANNI CREÒ IL DEMONE
 
Athena fu portata via a forza dalla Palestra di Surge da Giovanni. L’uomo era nero di rabbia e camminava veloce, mentre lei gli trotterellava dietro. La fece salire sull’aereo privato e la portò a Mogania, nella base segreta. Giunti nel suo ufficio, la fissò negli occhi e chiese: «Che cosa ti ha fatto quel maledetto, eh Killera? Rispondi!»
Lei lo guardò, seria, e rispose, stupendolo: «Io mi chiamo Athena.»
Giovanni restò immobile un secondo, sconvolto. Poi chiese, convinto di aver sentito male: «Che cosa?!»
«Io mi chiamo Athena.»
«Ti ha insegnato a parlare?!» esclamò, incredulo, mentre la furia gli saliva in corpo come mai in tutta la sua vita.
«Sì, signore. E non solo.» rispose lei, senza mai abbassare lo sguardo, convinta di quel che stava dicendo e di quel che le era stato insegnato.
Cercando di calmare i nervi, Giovanni la interrogò ancora e apprese quello che aveva fatto il generale. L’esatto contrario di quello che lui aveva chiesto.
«Quel dannato energumeno… mi toccherà fare il doppio della fatica.» commentò alla fine, furioso per quel problema in più.
Guardò la bambina, severo e ordinò, indicando una porta: «Tu. Fila in quella stanza e ammazza tutti quelli che ci sono dentro. Subito!»
«No.»
Senza parole, lui borbottò: «Cosa…? Ti stai… rifiutando?!»
«Sì, signore. Il generale dice che è sbagliato uccidere.» rispose lei, pacata, notando però come il tono della conversazione si stesse alzando. Il capo pareva davvero furioso, quasi sul punto di scoppiare a urlare. Pidg la guardava, non sapendo se portarla via o che altro fare.
Fumante di collera, Giovanni la spedì nella sua stanza, senza prolungare quell'assurda conversazione senza senso. Doveva calmarsi e pensare a qualcosa. Non poteva aver perso la sua carta vincente così.
Il giorno dopo, calmo e con un piano in testa, la mandò a chiamare e la fece sedere. Lei lo guardò un po’ ostile, ma sollevata, vedendolo più tranquillo.
«Allora. Da quanto ho capito ti sei divertita ad Aranciopoli, vero?» chiese, con voce quasi suadente.
Lei lo fissò, perplessa da quella strana dolcezza, e rispose: «Sì, signore.»
Giovanni sorrise e chiese, ancora: «E da quanto non uccidi?»
«Da… un po’. Perché?»
«Secondo il mio parere… ti sembra di esserti divertita perché non hai ucciso. Che ne dici di fare un piccolo test. Per vedere cosa ti diverte di più.» propose lui, sempre con questo tono gentile, quasi melenso, incrociando le dita delle mani, posate sul tavolo della scrivania nel suo ufficio.
«Il generale dice che anche se mi diverto non devo farlo.» borbottò lei, tentata ma decisa a non cedere.
«Il generale dice questo perché lui è un debole.» rispose lui, facendole quasi il verso: «È ovvio che i deboli non uccidono e nascondono la loro debolezza nelle regole morali delle quali vanno tanto fieri. Mia piccola creatura, le regole morali che va predicando quello stolto sono state create da persone mediocri, che non avevano il coraggio di fare ciò che vogliono. Noi due invece, possiamo anche snobbare quelle regole, possiamo farne a meno.
Noi siamo forti.
Noi dobbiamo comandare.
Pensaci. Quel giorno, tu eri forte e questo ti ha permesso di salvare il tuo pennuto, di strapparlo da morte certa. Il mio sogno è quello di regnare, di dominare questo mondo di stolti per garantire la sicurezza ai forti e la sofferenza ai deboli. Il mondo non è fatto per persone che vivono nella paura, nel rispetto, nell’…amore.» disse l'ultima parola quasi con disgusto: «Queste persone sono destinate a soccombere. Invece, se tu sarai forte, potrai aiutarmi e insieme, piegheremo il mondo al nostro volere! Basta che seguirai la tua passione; la tua sete di sangue ti traccerà la via. Il resto verrà da sé.»
La bambina non era molto convinta; le piaceva, si divertiva, ma era sicura che Surge le aveva detto quelle cose perché le voleva bene e quindi lei doveva ubbidire e non uccidere. Così Giovanni cambiò strategia: fece leva sul suo orgoglio, ma non prima di averle insinuato il dubbio nella mente. Istruì alcune reclute perché dicessero determinate cose quando lei passava: che Surge ora era felice di essere tornato solo, che lei era solo un peso per lui, che finalmente era libero. Athena cercò di ignorare le voci, non poteva essere vero. Ma il continuo martellare le mise il germe del dubbio in testa. Se era veramente così, forse Surge le aveva detto quelle cose per renderla debole e indifesa al mondo... Giovanni rincarò la dose, cercando di creare un piccolo legame con lei, e, quando la vide al limite della disperazione, tormentata dai dubbi e dalle incertezze, esclamò: «Andiamo, Athena! Non vorrai mica andare in giro e venire additata come una debole, come una mediocre piccola ragazzina. Lo pensano tutti in questa base e sto cominciando a crederci anch'io!»
«No, io sono forte!» esclamò lei, cominciando a scaldarsi, il respiro affannoso e la mano sull'elsa del pugnale.
«E allora dimostrami questa forza! Vai dentro quella stanza e fammi vedere chi sei!»
Con uno sguardo di sfida, la bambina sguainò il pugnale ed entrò nella stanza. Non ebbe pietà di nessuno, seccata dalle insinuazioni di Giovanni e di tutta la base ma anche attirata dalla forza che poteva ottenere con la sua lama. Una forza che la rendeva invincibile, superiore a tutti. Non mediocre. E capì che l’uomo aveva ragione. Niente era così divertente che vedere la gente tremare di fronte a lei, supplicare, urlare. Assolutamente niente. Se Surge non le aveva mai voluto bene, se le aveva detto quelle cose per indebolirla, era ora di reagire. Di mostrare che lei non era inferiore a nessuno. Anche quando era arrabbiata, nervosa, cosa che di solito difficilmente passava, piantare la sua lama la faceva stare bene, la rendeva felice. Presa dalla sua sete di sangue, dopo alcuni giorni che uccideva senza più remore, senza più dubbi, esclamò, per la gioia del suo capo: «Al diavolo Surge, al diavolo le “regole morali”, al diavolo tutto! Io sono forte, imbattibile e mi piace uccidere!»
Giovanni sorrise ma notò che aveva risvegliato qualcosa su cui non aveva un controllo: cercava di tenerla a freno, di fare in modo che non uccidesse casualmente, ma non aveva idea di come punirla, di come renderla ubbidiente. Aveva ancora gli stessi problemi di prima. Necessitava di un freno, qualcosa che la spaventasse a tal punto da renderla completamente ubbidiente. Quando fallì una delle missioni, uccidendo più di chi doveva, la frustò, la percosse, le provò tutte ma notò che le punizioni corporali erano inutili. Lei non pareva sentire il dolore e anzi, sembrava studiare gli effetti sul suo stesso corpo. Cercò il modo di piegarla a lungo, senza successo, ma la fortuna fu dalla sua parte. Un giorno, Athena cadde per sbaglio in un pozzo per lo scolo dell'acqua e l'attacco di panico che ebbe gli diede tutte le risposte. Il buio, quattro pareti e la solitudine... una triade vincente.
Fece costruire una stanza apposita: interamente d’acciaio, nascosta nei sotterranei della base… testò la punizione la volta dopo, quando ovviamente la bambina fece di testa sua, sperimentando chissà che sulle vittime. Quel posto era la sua fine. Il cervello andava in crisi: scatenava pesanti allucinazioni che sfociavano nella psicosi più violenta, facendola quasi impazzire. Si vedeva derisa, tormentata da voci e visioni, e per difendersi si scagliava contro le pareti, gridava, prendeva a pugni i muri fino a spaccarsi le mani. Quando la faceva uscire, le faceva giurare fedeltà, ma lei, esuberante e curiosa di natura, disubbidiva spesso e altrettanto spesso veniva imprigionata. La psicosi progredì, scatenandole allucinazioni uditive anche fuori da quella stanza, provocandole scatti ed eccessi d'ira casuali. Insieme alla sua instabilità psichica, Giovanni calcò sulla rabbia, riuscendo a collegarla con l'omicidio. Solo uccidere riusciva a placarla. E lui sapeva anche che più lei  partiva furiosa, più sarebbe stata crudele e senza pietà.
  
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