Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: aki_penn    23/01/2009    7 recensioni
Si è sempre parlato di gente "sfigata" che vuole diventare bella ricca e famosa, ma a nessuno è mai interessato se qualcuno sta bene nel suo bozzolo da nerd con una catenella da gabinetto attaccata alla porta? Beh, mio fratello stava bene così. E finchè se ne è stato nel suo piccolo paradiso di 20 metri quadrati nessuno ha mai avuto da ridire (a parte mia madre ovviamente), ma poi è arrivata quella tipa , ed è cambiato tutto, a partire dalla catenella del wc,e a finire col cercare di farlo diventare una specie di latin lover! E io sapevo che avrebbe portato guai, io lo sapevo, ma figurati se qualcuno mi ascolta mai in questa famiglia!
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'I miei venti metri quadrati' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Salve a tutti, eccomi con il nuovo capitolo. Allora, forse leggendolo penserete che Nikka sia pazza(o che io sia un’amante del surreale). Ma alla fin fine lei e questa storia si basano sui vestiti, era ovvio che la prova del 9 si facesse col frac.

Ad ogni modo spero che possiate apprezzare le mie solite cavolate. Grazie mille a tutte le persone che leggono, a chi ha messo la storia tra i preferiti(quota 14!!!!) e a chi ha commentato, in particolare a LisettaH(per Mei la situazione si fa brutta, poverino, sarà dura sopravvivere in mezza a tutta quella gente! Tranquilla le oche blu torneranno alla ribalta anche a se sono personaggi decisamente secondari) , The Corpse Bride(grazie mille per i complimenti, e beh, per quanto riguarda Joyce e Rachele credo che siano amici, hanno un’amicizia un po’ atipica ma sono amici^_^) e Lidiuz93(per Mei è sempre peggio…e non siamo ancora arrivati all’apoteosi delle catture che Nikka intende fargli!!muahahah!!!).

Grazie a tutti e buona lettura.

Aki_Penn

 

 

 

 

I miei venti metri quadrati

Capitolo Ottavo

La Verità nel Frac

 

 

 

Quel giorno mi avventurai a scuola pressoché come un fantasma, contando sul fatto che le mie oche blu affezionatesi a Mei lo placcassero impedendogli di seguirmi, e in effetti così fu, perché mio fratello non riuscì a scavarsele di torno finché non entrò in classe e loro furono costrette ad andare nella loro. Fui anche felice di constatare che non era riuscito nemmeno a casa ad estrapolarmi nulla sulla mia discussione con Nikka.

Non che Mei fosse un convincitore di professione, diciamo che il nostro colloquio era andato più o meno così :

“Cosa vi siete dette tu e Nikka?”

“Niente”

“Va bene”, e poi l’argomento era decaduto. Anche se io qualche volta l’avevo chiamato “opossum addomesticato” , lui non aveva capito nulla.

Più complicato sarebbe stato togliersi di torno Joyce. Ma per fortuna non avevo bisogno di nascondergli certe cose, e quella mattina non era nemmeno venuto a fare razzia nel nostro frigo. Da ciò dovevo dedurre che in casa sua si fossero degnati di fare la spesa. La cosa mi rendeva gioiosa, non avrei dovuto vederlo razzolare in cucina in mutande e pellicciotto o ancora peggio con indosso quell’orrenda vestaglia plastificata con scritto “IRISH” in lustrini, a lettere cubitali.

Anche mia madre, per quanto fosse affezionata a Joyce era ben felice di non dover vedere tali scempi. Entrai in classe di malavoglia sbadigliando, nonostante la mia apparenza eterea ero decisamente turbata, come se stesse per succedere qualcosa.

Questo qualcosa che mi turbava, si personificò ben presto in Nikka.

 

Mei uscì dalla classe guardandosi in torno col terrore di vedere apparire da un momento all’altro quello sciame di ragazze blu, che sembravano fin troppo intenzionate a ricoprirlo di soffocanti attenzioni.

Riconobbe la voce che lo chiamò, non erano le asfissianti donzelle blu. E proprio per questo fece finta di non sentire. Non sarebbe riuscito a risponderle male, lo sapeva e se fosse riuscito a fermarlo gli avrebbe fatto fare tutto quello che voleva, perciò l’unica via di fuga rimaneva far finta di non aver sentito niente.

Purtroppo come strategia non funzionò particolarmente bene, infatti dopo più o meno un secondo da quando aveva sentito pronunciare il suo nome , Nikka gli si era presentata davanti con l’espressione assorta e gli occhi che fissavano dritti i suoi. Mei sentì la pressione scendere di un paio di tacche e le guance arrossire.

“Ciao Mei” ripeté lei seria. “Oh, oh..ciao, non ti avevo sentiva arrivare o, ti avevo sentito…però io non avevo capito…non ti avevo sentito…” preferì zittirsi prima di dire una cavolata. Arrossì più di quanto non fosse già e abbassò la testa cercando di nascondere l’espressione imbarazzata.

“Mi chiedevo cosa facessi oggi pomeriggio” disse seria Nikka controllandosi lo stato del mascara in uno specchietto color ocra che sparì subito in borsa.

“Ehm…niente” disse impacciato e allo stesso tempo atterrito. Non voleva che Nikka lo usasse nuovamente per fare i compiti mentre lei se la spassava con il bell’imbusto di turno.

Ma lei non sembrava in vena di volerlo infinocchiare. Sembrava seria, come se dovesse compiere una missione di estrema importanza.

In quell’istante passò urlando dietro di loro Joyce, mostrando il suo nuovo piercing al capezzolo, con la maglia tirata su.

“GUARDATE CHE MERAVIGLIA!” strillò in estasi.

“Joyce sei uno scempio… copriti per favore!” lo liquidò Nikka infastidita senza nemmeno guardarlo, e lui se ne andò a importunare delle ragazzine di prima che più che essere scocciate erano sconvolte dal vedersi arrivare un tizio mezzo nudo con un pellicciotto arancione addosso. Sono cose che ti rimangono dentro.

“Comunque ti volevo dire” continuò come se nessuno l’avesse interrotta “Voglio portarti in un posto”. A sentire tanta riservatezza il ragazzo non poté far altro che insospettirsi. Che cosa lo avrebbe costretto a fare adesso? Non ne aveva idea, ma era incredibilmente preoccupato. E l’espressione seria di Nikka non lasciava trasparire nulla .

In un secondo furono al loro seguito anche Millie e la sua amica equina. “Loro sono Millie e Vanessa…ma credo che tu le abbia già conosciute” fece Nikka senza badare veramente a ciò che le accadeva intorno. Mei azzardò un sorrisetto che venne accolto con due decisamente troppo ampi. Il ragazzo si rigirò a guardare Nikka. Sinceramente non sapeva chi delle tre poteva fare più paura. Millie e Vanessa , con l’aria di chi non vede un uomo da secoli, o Nikka, che ne aveva visti anche troppi e sapeva come trattarli. Deglutì a disagio.

“Dove andiamo?” chiesero le due che stavano loro dietro, mentre varcavano il cancello della scuola.

“A fare la prova frac!” disse Nikka perentoria suscitando un concitato bisbiglio tra le due che cominciarono a confabulare fitto lanciando occhiate sbilenche a Mei. Il ragazzo aggrottò le sopracciglia, tutta quell’emozione abbinata alla parola frac , non lo entusiasmava neanche un po’. Si guardò in giro circospetto, finche camminando quasi senza guardare avanti, non gli piombò addosso un Joyce piuttosto infuriato.

Spinto da un bidello altrettanto furioso.

“Vai via di qui,maniaco! Ti sembra normale spaventare così le ragazzine?” urlava l’uomo con grembiule rincorrendolo con una scopa.

“Ma io studio in questa scuola! E poi stavo mostrando il mio nuovo piercing!” ribatté lui riprendendo l’equilibrio a scapito del povero Mei, che per poco non caracollò a terra.

“Non dire fesserie! Tu sei uno di quei drogati che vivono sotto i ponti! Si vede da come sei vestito!” sbraitò l’uomo brandendo deciso la scopa, Joyce evitò il colpo per miracolo, come se stesse ballando il limbo.

A quel punto Nikka sbuffò, tutto quel casino era decisamente poco educato, poco formale e decisamente antiestetico. Antiestetico quasi quanto i calzini bianchi che si intravedevano sotto i pantaloni del bidello, e quanto il pellicciotto di Joyce.

“Signor Randelli!” esclamò con un sorriso che a un buon osservatore sarebbe sembrato più falso di una Vitton comprata al mercato, ma che convinse pienamente l’uomo facendolo sciogliere.

“Nikka cara…” chiocciò compunto, dimenticandosi del ragazzo dall’aria da depravato, che tra l’altro dopo tanta fatica era precipitato a terra inciampando nei suoi stessi piedi. Mei con le braccia incrociate e lo sguardo di chi non dovrebbe essere lì, lo guardava perplesso.

“Signor Randelli, come sta bene con quei baffi!” esclamò, mentre la sua faccia diceva esattamente il contrario. “Non si preoccupi, mi occupo io di Joyce” disse tirandolo su da terra con poca grazia. Scoccò un altro sorriso assordante al bidello prima di dirigersi finalmente verso il cancello d’uscita.

Il signor Randelli la guardò adorante per un altro secondo prima di incupirsi fissando Joyce che se ne andava con la sua andatura sbilenca mostrando deciso il dito medio.

“Su, su andiamo!” sbottò Nikka impaziente spingendo Joyce, perdendo tutta l’eleganza di cui aveva fatto sfoggio davanti al bidello.

“Dove?” chiese Joyce baldanzoso lasciandosi spingere dall’esile ragazza dietro a lui.

“Da Mexico” disse perentoria. “Mexico!” esclamò divertito e poi cacciò un’occhiata furba e allo stesso tempo di compatimento a Mei. “Allora ti vogliono far fare la prova del frac! Wow…” fece divertito, prendendolo un po’ in giro, mentre le due amiche di Nikka guardavano Mei con sguardo sognante.

Nikka si avviò con passo spedito per la via bene. Uno di quei viali pieni di negozi sfavillanti, con commessi snob e un sacco di luccicanze. Si arrestò solo davanti ad un negozio con un’entrata decisamente meno trionfale. Sul vetro stava scritto in bella calligrafia “Mexico”. Perché un negozio di abiti nuziali si chiamasse così poi era tutto da vedere. Sta di fatto, che tutti gli sposi bene di città e dintorni se ne andavano lì a comprare tutto, e Nikka era un’affezionata cliente. Se così si poteva dire.

Un vecchio barbuto , elegante e storto, aprì la porta con un sorriso. “Buon giorno Nikka”, lei l’accecò con il suo riso bianco.

“Non compri niente neanche oggi vero?” chiese pacato il babbo natale anoressico che se ne stava sulla soglia. 

Nikka gli lanciò uno sguardo malizioso prima di rispondere “Tu che dici? Sono una cliente indisciplinata?” scherzò facendoci le fusa.

“Non preoccuparti cara, da quest’estate ogni giovedì arriva una tizia con un manichino, che pretende di provargli tutti i vestiti… mi sembra di stare in un negozio di bambole”  sospirò il vecchio rassegnato, prima di accorgersi di Joyce che stava togliendo tutti gli spilli da un manichino particolarmente tronfio.

Il vecchio commesso fece un sospiro irritatissimo per non saltargli al collo e strangolarlo.

“Posso servirmi da sola?”, lui annuì, “tanto sai dove andare” concluse aspettando solo che Joyce si spostasse per avventarsi sull’abito con gorgiera e risistemarlo febbrilmente preso quasi da un moto di follia.

“Il solito” sbuffò Nikka avviandosi verso i camerini, dove il pavimento era ricoperto da un tappeto rosso. E le due amiche corsero tra gli scaffali a recuperare ciò che Nikka aveva ordinato.

Si fece cadere pesantemente , ma alla stesso tempo con una certa eleganza sullo sgabello dall’aria austera.

Joyce fece lo stesso, molto meno raffinatamente, tutto intento a giocherellare con gli spilli trafugati al manichino all’entrata.

“Ehm…ehm…” boccheggiò Mei sentendosi decisamente agitato, e cominciando a misurare a grandi passi la saletta.

Nikka si guardò le unghie laccate di bordeaux  prima di dargli udienza. “Mei” lo chiamò, e lui si pietrificò, prima di piantarsi davanti a lei.

“Io ho una teoria” cominciò Nikka accavallando le gambe. Joyce nel frattempo contava i suoi spilli e non dava udienza a nessuno.  “Un uomo ha fascino se sta bene vestito in modo elegante…insomma, se con un frac non sembra un prosciutto imbalsamato…” continuò senza guardarlo, come se non fosse abbastanza importante da poter avere la sua attenzione.

“Perciò volevo provarlo su di te” disse infine voltandosi verso di lui e lo sguardo le si accese.  Mei si sentì stringere lo stomaco e deglutì faticosamente sentendosi quegli occhi fissi addosso, che sembravano trapassarlo.  Nel mentre arrivarono Millie e Vanessa trasportando un ingombrante sacco di plastica bianca che aveva tutta l’aria di essere un cadavere.

“Dovrebbe essere quello giusto” bofonchiò Millie che aveva tutta l’aria di chi aveva  girato tutto il negozio quattro volte per trovare ciò che cercava.

“Oddio, non tenetelo così che si stropiccia!” sbraitò perdendo l’eleganza di cui prima faceva sfoggio. Prese il sacco per la gruccia e lo passò a Mei. “Mettitelo” ordinò perentoria senza dar adito a rifiuti, mentre Joyce ridacchiava.

Mei entrò mesto nel camerino rosso e dorato e si fece cadere pesantemente sullo sgabello posizionato vicino allo specchio. Guardò il suo riflesso e si sentì un idiota. Come aveva fatto a essere così stupido da cadere nelle grinfie di Nikka? Per la seconda volta per di più.

A seconda di come gli stava quel vestito si sarebbero decise molte cose a quanto pareva.  E aveva l’idea che sarebbe sembrato un bamboccio, un bamboccio imbambolato della peggior specie. E allora Nikka non gli avrebbe più rivolto la parola.

E allora? Cosa stava dicendo? Se quella pazza scatenata di Nikka non gli avesse più rivolto la parola sarebbe andato tutto meglio! Niente feste imbarazzanti, niente più compiti per altri…

Però se non gli fosse andato bene Nikka non gli avrebbe più rivolto la parola…e… sarebbe stato meglio…però…

Fece un respiro e rimase in boxer davanti allo specchio. Si morse il labbro guardandosi.

Non gli era mai capitato di preoccuparsene, ma visto così, sotto la luce abbagliante del neon si sentì estremamente insignificante. Aveva visto Pallotti, il tipo che era a casa di Nikka il giorno dei logaritmi, aveva visto gli amici e i vari ragazzi che lei frequentava. E perfino Joyce, da quello che aveva potuto vedere tra pellicciotto, pantofole e mutande non era un cosino da buttar via. In confronto a tutta quella gente lui era un insignificante fuscello. Pallotti lo avrebbe potuto ribaltare senza problemi. Le braccia erano decisamente insignificanti, e la pancia sembrava tirata fino a spezzarsi, poteva intravedere i tendini, tra gli addominali che si vedevano davvero poco, ed erano lì per costituzione mica per altro. Per un secondo pensò che forse avrebbe dovuto giocare a pallanuoto, come Pallotti, o andare in palestra. Ma non ci mise molto a tornare alla realtà. Chi voleva prendere in giro? Con quelle gambette striminzite e a parentesi sarebbe stato davvero ridicolo.

Decise di infilarsi in fretta l’abito, non voleva vedersi nudo per un attimo di più.

Ci mise un po’ a indossarlo, incastrandosi nella camicia e rischiando di strappare la giacca, ma poi riuscì a metterlo. Diede le spalle allo specchio per non vedersi e sbirciò da dietro la tenda rossa per vedere cosa si faceva dall’altra parte.

Joyce si stava improvvisando illusionista,venerato da Millie e Vanessa che lo guardavano con gli occhi luccicanti.

“Ehm…” si schiarì la voce Mei, nonostante il sussurro non fosse ben udibile ebbe subito l’attenzione di tutti, e la cosa lo fece avvampare da dietro le tende, soprattutto quando gli occhi di Nikka si posarono sul suo che sbirciava all’esterno.

“Quante possibilità ho di essere presentabile con questo coso addosso”. Nikka fece una risata fredda, che a Mei fece venire i brividi. “Beh, te la venderò così…fino ad ora ce ne è stato solo uno che sia riuscita ad apprezzare” spiegò guardandolo sottecchi, per quello che poteva vedere dietro la pensante tenda di velluto.

Mei deglutì intimidito. “E chi sarebbe questa persona?”.

 L’espressione di Nikka si fece decisamente scocciata, e si voltò per lanciare un’occhiataccia a Joyce, che si stava spanciando dalle risate. “Lui” ammise infine con un grande sforzo.

“Su dai esci di lì… non ti mangia mica anche se non ti sta bene” disse poi Joyce con tutta l’aria di volerlo tranquillizzare. Mei si fece coraggio e sgusciò fuori dal suo bozzolo con le spalle curve.

“Stai dritto” ordinò perentoria Nikka senza ombra di umanità, e Mei si raddrizzò tanto in fretta da pensare che qualcuno lo avesse punto con uno spillo.

Il ragazzo in frac strinse i denti, e i pugni, mentre gli occhi guardavano fissi davanti a lui. Avrebbe voluto guardare Nikka, ma gli faceva molta paura.

Lei sembrava del tutto assorta nello studio delle pieghe dell’abito. Una statua di ghiaccio. Tutti gli altri intenti a decifrare la sua espressione.

Poi si alzò e fece un sorriso. “Direi che possiamo andare!” esclamò soddisfatta roteando su sé stessa.

Mei con lo sguardo perso cercò il viso di Joyce per cercare di capire almeno da lui cosa fosse successo. Lui fece un sorriso bonario e alzò i pollici al cielo,poi con le mani in tasca si avviò all’uscita seguendo Nikka.

 

Quando mio fratello arrivò a casa aveva tutta l’aria di aver visto un fantasma. Cercò di defilarsi in camera sua senza dare udienza a nessuno, ma fu così sfortunato da trovarmi sulla sua traiettoria di fuga.

“Cosa è successo?” chiesi.

“Niente” disse balbettando e sudando, ben sapendo di mentire. Non avrebbe convinto nessuno, e mi ci sarebbero voluti solo un paio di minuti per farmi spiattellare tutto. Ma non ci volle nemmeno quel tempo perché sentii una voce alle mie spalle rispondere al posto di mio fratello.

“Nikka gli ha fatto fare  la prova del frac” spiegò Joyce che se ne stava seduto sul divano della cucina , sbocconcellando un toast.

“E come è andata?”chiesi nel modo meno gentile possibile. Infondo era sempre Joyce non potevo mica permettermi di trattarlo come un essere umano.

Lui alzò le spalle e con lo sguardo malizioso fece “Pare che sia il più bel ragazzo in frac che si sia mai visto! Credo che il tuo caro Mei si sia cacciato in un bel guaio!”. Quello che Joyce disse, Mei non poté sentirlo perché si era già nascosto in camera sua.

“A proposito tu dove sei entrato?” domandai scorbutica accantonando per un attimo Nikka e la sua prova del frac.

“Sono entrato dalla finestra del bagno, il citofono era rotto e nessuno mi sentiva” spiegò tranquillo mentre copiosi pezzi di tonno cadevano dal suo panino al mio divano.

“Joyce , caro… dovresti smetterla di arrampicarti su per la grondaia, prima o poi ti farai male” cinguettò mia madre gli preparava le frittelle.

Mi lasciai sprofondare nel divano, per poi giungere alla conclusione che per anestetizzare le preoccupazioni, avrei solo dovuto ingozzarmi di frittelle e millefoglie. E così feci. Tanto a darmi manforte c’era Joyce. Che il cibo non lo disdegnava mai.

   
 
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: aki_penn