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Autore: Elle Douglas    26/07/2015    0 recensioni
We don’t meet people by a c c i d e n t.
They are meant to cross our path for a r e a s o n
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‘Nell’istante stesso in cui ti ho incontrata, in un caso del tutto fortuito e inaspettato, ho sentito che in te c’era qualcosa di cui avevo bisogno. Ma non era un qualcosa. Eri tu. Sin dall’inizio ho capito che tu eri una parte di me, ed e’ per questo che non ho piu’ intenzione di lasciarti andare. Io senza te sono incompleto e non voglio più esserlo.’
La ragazza non poteva credere a simili parole, a un simile sentimento tutto per lei.
Lei a cui era stato tutto negato.
Sorrise con gli occhi lucidi e il cuore che dentro il petto sembrava avere finalmente vita. Sorrise e sprofondo’ il viso nel suo petto e si ritrovo’ a sentirsi completa, dopo lunghi, estenuanti secoli.
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Seconda parte di ‘I thought I’d lost you forever.’ | Gli avvenimenti narrati avvengono dopo la 4x11.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I thought I'd lost you forever'
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CAPITOLO II
 
Ed eccomi tornata con un nuovo capitolo.
Ci ho messo un po’ più del solito, lo so ma perdonatemi tra il caldo e vari impegni sono riuscita solo ora a pubblicarlo.
E’ un capitolo un po’ lunghino ma spero gradiate.
Io come sempre, ringrazio tutte le persone che hanno aggiunto la storia alle preferite/seguite, e che hanno recensito e mi hanno fatto avere pareri su questa long.
Ringrazio anche chi si è aggiunto solo adesso, siete un grande monito per me, davvero.
Grazie mille dal profondo del cuore. ♡
Spero che anche questo vi entusiasmi altrettanto, come sempre fatemi avere pareri a riguardo sia nel bene che nel male. Sono pronta a tutto.
Vi lascio al capitolo e la smetto di parlare.
 
Buona lettura e alla prossima.
 
- Elle.


 
I giorni si susseguivano senza un reale senso logico.
Tutto in quella prospettiva sembrava fermo, stantio e le giornate divennero macigni pesanti da sostenere in quel costante senso d’ansia.
Killian non ci credeva, ancora una volta no. Qual’era la sventura che lo perseguitava? Era successo una volta – la prima – a causa di Milah, la seconda a causa di Zelena e la terza a causa di chi? Non era convintissimo che la colpa tutta intera fosse di Tremotino soltanto, no. In tutta quella faccenda, e tutto ciò che era avvenuto dopo era solo colpa sua.
Tremotino doveva prendere lui, prendere il suo cuore e non lei con il suo cuore fragile e reduce da mille delusioni e disavventure. Era stato solo il colpo di grazia. Pensare però a tutte quegli episodi creava nel pirata un senso di inquietudine e soppressione che lo rendeva ancora più preoccupato.
L’aveva visto quel cuore, era stato lo stesso Signore Oscuro ad averglielo mostrato con una certa soddisfazione e ad avergli detto che era raro trovare un cuore in quelle condizioni capace di battere ancora, su tutto.
Perché Esmeralda era forte, pur sembrando esile e fragile. Portava sulle sue spalle anni e anni di sofferenza in parte taciuta e confidata solo a lui.
Ella indossava la sua maschera di ragazza dura, ma quante barriere cadute e occultate si trovavano oltre quegli argini? Ad una persona normale tutto sarebbe sembrato regolare, ma ai suoi occhi, no. Killian lo vedeva da lontano un miglio quando fingeva, e si trovava a fingere per non soffrire e lacerarsi ancora e ancora per non rovinarsi andando in frantumi, era così che aveva continuato a vivere, o meglio a sopravvivere. Era stato l’unico modo. Ma lui meglio di tutti sapeva che cosa, chi c’era dietro quella maschera che portava costantemente con gli altri. Lei che ormai non si fidava più di nessuna donna, a causa di Milah.
Quella donna l’aveva ustionata, e resa ancora più debole di quanto già non fosse.
Quella Esmeralda che aveva conosciuto agli inizi era ancora lì per quanto volesse negarlo: quella ragazza spaurita e timida che aveva rinchiuso nella stiva, cambiata a causa degli eventi che le erano stati inflitti era ancora lì tra le mentite spoglie di una ragazza ormai cresciuta e capace di cavarsela da sola con il dolore che era diventato il suo peggior amico e compagno, e chi tra tutti aveva deciso per il suo destino? Chi le aveva dato quell’orribile fato e quella vita? Era stato lui! Tutto ciò che era successo ad Esmeralda era colpa sua e quel senso di colpa dentro di lui s’ingigantiva sempre più in quel momento soffocandolo quasi.
Se non l’avesse rapita lei sarebbe rimasta con la sua famiglia, se non avesse accettato quel patto con la madre lei avrebbe visto crescere i suoi fratelli e avrebbe potuto conoscere l’uomo della sua vita lì senza rovinare quel rapporto con chi l’aveva messa al mondo, se non avesse fatto entrare Milah a far parte della ciurma lei non sarebbe mai finita con quelle bestie, non sarebbe finita a Parigi sotto le grinfie di un malato mentale e se non si fosse ubriacato non l’avrebbe mai persa. La sua testa era un vortice di probabilità che gli vorticavano intorno logorandolo, e quel rum che continuava a sorseggiare distratto non aiutava per niente il suo stare bene.
Esmeralda era sempre stata la sua piccola donna da proteggere, e in quella sola ed unica promessa aveva fallito.
Che uomo era davvero? Lei era stata la prima a varcare le insidie del suo cuore e ad entrarci senza alcuna remora, lei era sempre stata lì per lui, anche quando era ancora tutto agli inizi, e anche quando tutto sembrava smarrito e perso non aveva mai smesso di considerarla una parte di sé, perché Esmeralda viveva da sempre nei meandri del suo cuore e non poteva fare altrimenti ed era per questo che ora quella situazione la viveva nel modo peggiore.
Tutto ciò che le stava accadendo lo considerava solo una sua mancanza.
In tutto quel tempo Killian e Belle erano quelli che maggiormente non facevano altro che prendersi cura di Esmeralda alternandosi, anche se Killian non ce la faceva mai per tanto tempo a star lontano da quella stanza. Era più forte di lui ed Emma per quel poco che poteva non faceva altro che aiutare.
Lei, considerata la salvatrice di quel mondo fatto di fiabe divenuto realtà.
Perché anche lei si sentiva legata a quella ragazza conosciuta pochissimo, perché il suo spirito era completamente affine al suo, e nonostante il fatto che Esmeralda fosse restia a volerla conoscere lei sentiva di doverla aiutare, di doverla conoscere perché si riconosceva in quella ragazza sperduta, abbandonata e lasciata in balia di se stessa. Che aveva imparato a fidarsi, e che era stata tradita e che per quel motivo aveva creato muri immensi intorno a sé affinché nessuno li valicasse. Che si era trovata sola al mondo e si era fatta coraggio sulle sue forze. Esmeralda ed Emma erano più simili di quanto pensasse, constatò ancora una volta la salvatrice mentre in quell’enorme sala si ritrovò a ponderarci sul serio.
Belle, ormai rimasta sola, si recava ogni giorno a farle visita con la speranza nel cuore di rivedere quei suoi occhi e quel sorriso splendido incorniciarle il viso: ricordava l’ultima volta che era successo in seguito ad una sua sbadataggine al banco dei pegni: Esmeralda era scoppiata a ridere fragorosamente invadendo l’intera stanza vuota e contagiando anche lei nel farlo. Quanto le mancava. Portava vari libri con sé, e di tanto in tanto gliene leggeva uno, altre volte la aggiornava sugli eventi in città, altre volte le ricordava attimi di vita vissuti insieme in quella fuga da Parigi.
Ella sapeva cosa aveva significato per la zingara quella città, ma non nei minimi dettagli come era stato concesso a Killian. Lui aveva sempre avuto un posto speciale per lei e questo Belle lo sapeva, e anche nei momenti più difficili che aveva attraversato con lui la bibliotecaria non faceva altro che cercare di farli riappacificare non solo perché aveva un gran cuore, ma perché sapeva ciò che l’uno era per l’altro. E in tutto questo non poteva fare altro che volerle bene e sentirsi anch’ella in parte in colpa per ciò che era accaduto, perché era stato il marito ad appropriarsi del suo cuore ed era stato per colpa sua se Esmeralda si trovava in quelle condizioni.
Come aveva fatto a non accorgersi di nulla? Il marito aveva architettato tutto incurante del fatto che la ragazza fosse una delle sue più care amiche.
Che riserbo poteva avere per lei allora se per lui non contava nemmeno quello? Tutto per il potere, sempre tutto per il potere senza alcun ritegno e considerazione per nessuno.
Come aveva potuto credere che fosse cambiato? Che avesse rinunciato ai poteri per lei? Lui in continua sete di potere. Che ingenua era stata, soggiogata dal suo stesso marito. Da colui che amava, perché era questo che l’aveva ingannata: l’amore che provava per lui. Tremotino era rimasto lo stesso di sempre, e nonostante il poco tempo passato Belle sentiva ancora quella ferita bruciare più di altre, e l’unico modo per stare meglio era salvare Esm, e l’avrebbe fatto a qualsiasi costo insieme agli altri.
Avrebbe studiato tutti i libri in biblioteca, si sarebbe informata a dovere e l’avrebbe tolta dai guai.
In tutto questo Esmeralda restava immobile, stesa su quel letto d’ospedale da ormai sette giorni e attaccata ad alcune macchine che la nutrivano e la tenevano in vita, e ad alcuni quel tempo non sarebbe sembrato eccessivo rispetto ai soliti tempi di un coma, ma per chi teneva a lei sembrava un tempo infinito che non voleva cessare. Ogni giorno si sperava in un suo risveglio, in un suo cenno, in un qualcosa per smettere di vivere in quel perenne senso di ansia e angoscia che attanagliava l’aria ma nulla. I giorni, le ore, i minuti scorrevano lenti quasi a voler sottolineare quella frustrazione dovuta ai fatti: Esmeralda era ancora debole e ancora non dava cenni di miglioramento. Il Dottor Whale entrava nella stanza con la sua solita faccia appesa che non faceva presagire nulla di buono.
E Killian? Killian era disperato. Il suo viso era da giorni cupo e gli occhi vuoti mentre lei, lei sembrava non mutare e anche in quelle condizioni e in quello stato del tutto incosciente, restava una delle bellezze più rare di tutti i reami constatarono tutti. L’unica cosa che mancava in quel quadro perfetto e indiscutibile erano i suoi occhi, che da giorni erano sempre completamente chiusi e volti a nascondere quelle rare gemme preziose che vi erano incastonate. 
Killian restava lì, incapace di abbandonarla, incapace di lasciarla anche solo per un momento. Da quando tutto era successo, lui restava al suo capezzale senza mai spostarsi, se non raramente, restava lì a tenerle la mano a parlarle, a rimembrarle degli episodi che solo loro sapevano aspettando di sentirla muovere magari. Magari l’avrebbe sentito, avrebbe percepito la sua presenza e si sarebbe risvegliata. Avrebbe aperto i suoi magnifici occhi verdi e l’avrebbe folgorato, come la prima volta in cui la vide.
Come tutte le volte in cui si fermava ad osservarlo silenziosamente.
 
*Killian si trovava nella propria camera da minuti indefiniti mentre la Jolly Roger varcava i mari. Fuori il cielo andava verso l’imbrunire, era ormai pomeriggio inoltrato mentre il capitano se ne stava lì, seduto sulla sua scrivania, con quel foglio di carta in mano. L’aveva trovato per caso, tra le mille cianfrusaglie che erano rimaste stipate nei meandri nel suo cassetto e l’aveva quasi dimenticato, pensava di averlo gettato via, e invece no, era ancora lì come un promemoria del suo misfatto. E ora lo rimirava, quasi stanco e spossato al ricordo.
L’aveva scritto un suo marinaio sotto la dettatura della madre di Esmeralda, così da consegnarlo nel momento opportuno a quella figlia che tanto aveva amato e che aveva affidato a lui con l’inganno. Al momento giusto sarebbe servita per far perdere le speranze alla fanciulla riguardo al pagamento del riscatto.
Ancora aveva in mente il volto della ragazza quando glielo aveva dato dopo i tre giorni di prigionia: nel leggerlo andava sempre di più a svuotarsi, a perire, e sconfitta dal dolore di quelle parole impresse su carta da chi decantava essere suo padre, la lasciò cadere a terra con lei che ne seguiva le veci.
Quella sera Esmeralda era stata distrutta, per ore aveva pianto tra le sue braccia, e per ore si era aperta a lui facendo crollare i muri che li dividevano. Era stato l’inizio di tutto.
L’inizio del loro rapporto, e l’inizio della sua vita in mare che ora agli occhi di entrambi era stata basato tutta su una terribile bugia.
Si sentì sporco, un traditore e in colpa nei suoi confronti, come faceva a guardarla negli occhi con la consapevolezza di ciò che realmente era stato? Lei era sempre stata sincera con lui, ma lui non poteva dire lo stesso. Non poteva dirle nulla perché l’avrebbe persa e quel rapporto instaurato da mesi con lei sarebbe caduto in frantumi e si sarebbe dissolto come niente. L’avrebbe odiato, come era giusto che fosse, e poi Killian? Killian non l’avrebbe sopportato. Avrebbe dovuto portarsi quel segreto nella tomba senza mai rivelarlo, pensò mentre un incessante mal di testa gli pulsò in capo.
Si massaggiò le membra chiudendo gli occhi e poggiando quel foglio sotto il suo viso.
Era affaticato.
Quando li riaprì, distrattamente, una fanciulla più simile ad un sogno ad occhi aperti lo guardava dalla soglia della porta: un sorriso appena accennato, le braccia incrociate al petto mentre una sua spalla poggiava lievemente all’anta della porta. Quando notò il suo sguardo su di lei, il suo sorriso si apri illuminando tutto il resto.
‘Ehi, capitano.’
Killian sorrise in tutta risposta, come sempre quando se la trovava davanti.
‘Esmeralda.’ Enunciò sopraffatto aggiustandosi meglio sulla sedia.’Da quanto tempo sei lì?’ chiese riacquistando la sua voce.
‘In realtà da non molto, giusto il tempo di vederti così.’ Chiarì indicandolo. ‘Sei stanco?’ fece avanzando verso di lui.
‘Un po’.’ Esmeralda annui, mentre Killian si stendeva meglio sulla sedia.
‘Cosa ti affligge?’, chiese curiosa la fanciulla ignara di cosa fosse davvero il motivo di tale apprensione.
Killian era in bilico, titubante sul parlare o meno della lettera che aveva dinanzi. Di certo non poteva nascondergliela, ormai era lì, di fronte a lui e sarebbe stato scortese mostrarle che aveva qualcosa da nascondere. Ci pensò un po’ su, dopodiché si alzò per avvicinarsi a lei e prese quel foglio di carta in mano ancora incerto.
Esmeralda attendeva vicino al camino, misurando ogni suo passo mentre si avvicinava. Se ne stava lì con le mani dietro la schiena come una bambina.
‘Questa.’ Fece il pirata mostrandole quel foglio di carta dalla parte opposta.
‘Cos’è?’ domandò la fanciulla non comprendendo.
‘Una lettera.’ Chiarii il capitano guardando in basso mentre tra le mani torturava ancora i lembi di quel messaggio, indeciso se dargliela o meno.
Esmeralda cacciò fuori un sorriso che sapeva di ingenuità. ‘E’ qualcuna delle tue spasimanti?
Killian sorrise sornione in quel pensiero che le era venuto. Sapeva anche lei che le spasimanti le aveva, ma no, quella lettera non apparteneva a nessuna di loro.
‘No, in realtà…’ disse consegnandogliela. ‘E’ di tuo padre. E’ la lettera che ti ho dato quando…’
‘quando mi hai detto che mio padre non sarebbe mai venuto a prendermi.’ Disse con gli occhi fissi sul foglio per esaminarla, ora più cupa nel ricordo. Rimirava ogni sua riga con sguardo truce e freddo, quasi come se non le appartenesse, ma Killian restava lì pronto ad ogni sua reazione improvvisa.
‘Io… io l’ho raccolta quella sera dopo averti messa a dormire, e pensavo di averla gettata. Non avrei mai dovuto tenerla, mi dispiace.’
‘E per cosa, Killian? Tu non ne hai nessuna colpa.’ Chiarii alzando lo sguardo per guardarlo negli occhi.
Già che colpe aveva lui se non quella di aver deciso per lei con sua madre? Nessuna. Pensò continuando a torturarsi.
Sorrise debole.
‘Era a questo che stavo pensando, ma se me la dai ora la getterò nel fuoco e non esisterà più. Non potremo levare il ricordo, ma leveremo via ogni sua prova.’ Chiarii prolungando la mano per riprendersela.
Esmeralda ci pensò su, abbassò lo sguardo, e con espressione forte di chi vuole lasciarsi tutto alle spalle esclamò: ‘Posso gettarla io?.
Killian non se l’aspettava e ne restò sorpreso, in tutta risposta annui.
Pochi secondi dopo quella carta nel fuoco cominciò ad annerirsi fino a ridursi in cenere. Esmeralda si strinse nelle braccia mentre la guardava dissolversi, quasi ad abbracciarsi, poi scrollò la sua chioma alzando nuovamente la testa dal fuoco e volle lasciarsi alle spalle quella brutta esperienza e ricordo, riprese controllo di sé e rivolse il suo sguardo all’uomo che le era accanto con un sorriso nuovo.
‘Allora, sei venuto qui perché dovevi mostrarmi qualcosa, ora se non era quell’orrenda lettera vuoi dirmi cos’era? Chiese incuriosita.*
Quella sensazione provata allora, in quel frangente era esattamente uguale a ciò che provava ora che Esmeralda era stesa lì di fronte ai suoi occhi.
Anche allora di fronte a quell’evento inaspettato si era ripresa mostrando sfoggio della sua enorme forza e Killian non se lo sarebbe mai aspettato, e sperava in cuor suo, che anche in quella situazione lei si sarebbe ripresa. Sperava che anche ora, in quella situazione, si sarebbe aggrappata con le unghie e con i denti per riemergere e mostrare nuovamente il suo sorriso, che tanto gli mancava.
 
‘Hai bisogno di forze per quando si sveglierà.’ Fece Emma entrando nei pensieri di Killian mentre gli porgeva una tazza di caffè fumante. ‘Esmeralda avrà bisogno di te quando si sveglierà.’ Ripetè la salvatrice con fare incoraggiante.
Stava male per lui, era inevitabile.
Vedere il suo uomo sempre così pungente e spavaldo essere completamente assente e preoccupato la faceva stare male a sua volta, del tutto incapace di poter fare qualcosa di utile. Avrebbe voluto che la magia risolvesse tutto, ma a poco serviva in quel caso e quel senso di impotenza si faceva sempre più forte in lei.
‘E se non si risvegliasse? E se ci vorrebbero anni prima che lo facesse?’, la disperazione di Killian riemerse nuovamente. Erano giorni che lo assillava. ‘Come ho potuto permettere che si mettesse in pericolo per me?’
Emma prese il suo viso tra le mani e lo guardò dritto negli occhi: ‘La salveremo.’ Chiarii convinta affinché quella sua convinzione arrivasse anche a lui e lo assorbisse, affinchè pensasse positivo. ‘Tu sei un pirata: hai solcato i sette mari, sei andato in capo al mondo. Hai superato le peggiori sfide, non lasciarti abbattere adesso. Devi restare lucido per trovare una soluzione. Insieme.’
Gli occhi del capitano non potevano che essere languidi. Era stanco. Stanco di perderla sempre, di prometterle protezione e poi farla sacrificare. Stanco di dover temere per lei ogni giorno.
‘È stata tutta colpa mia, ecco la verità. Ho sbagliato quando ho accettato Milah a bordo, ho sbagliato nel crederle e nell’assecondarla. Ho sbagliato a non pensare che fosse stata lei ad architettare tutto. E’ colpa sua se l’astio di Tremotino nei miei confronti è continuato per anni. Ed è colpa mia se si è riversato su di lei alla fine.’ Sbottò rosso in viso.
‘Killian, non rimuginare su ciò che è stato: il passato non si cambia. Ma puoi cambiare il futuro, pensa a questo. Esmeralda si risveglierà e non sarà contenta di vederti così.’ Gli disse infine affinché la vedesse in quella ottica. Killian si sbollì, prese la mano di Emma che le carezzava il viso nella sua e appoggiò la sua fronte contro quella dell’amata.
‘Lo so che non sono nella mia forma migliore..’ biascicò.
‘E come potresti esserlo? Non pretendo che tu lo sia, ma pretendo che tu non perda la tua forza d’animo.’
Killian chiuse gli occhi.
Emma, la sua Emma aveva ragione, abbattersi e darsi tutte le colpe del modo non serviva a nulla. Doveva restare concentrato e sperare, anche se era snervante.
Annui, e le diede un bacio per ringraziarla per la sua forza e tenacia.
Per ringraziarla di essergli sempre accanto.
Per ringraziarla di tutto.
 
[…]
 
*Killian la guardò sorpreso da cotanta forza d’animo. Esmeralda restava lì di fronte a lui e di fronte a quel camino a braccia incrociate, impaziente di vedere cosa quel capitano avesse in serbo per lei. Killian la guardò con il sorriso ritrovato.
Quella ragazza era capace di riportarlo in vita, di risanarlo ogni volta ed era vero aveva qualcosa da mostrarle, ma non era quella lettera.
Si voltò un attimo, dando le spalle alla fanciulla, e afferrò qualcosa di indefinito da dentro il cassetto di poco prima. Esmeralda si sporse incuriosita da dietro la sua spalla per capire meglio di cosa si trattasse.
Adorava le sorprese, ma al tempo stesso la snervavano data la eccessiva curiosità che albergava nel suo animo.
Killian non gliene dette tempo: si girò di colpo cogliendola sul fatto, mentre lei si apprestava a far finta di nulla con un sorriso scaltro, e le afferrò la mano in tutta fretta trascinandola con sé oltre il locale.
Si trovarono sul ponte di comando poco dopo, dopo aver corso per tutto il tempo.
Esmeralda all’arrivo scoppiò in una risata clamorosa mentre cercava di riprendere fiato.
‘Capitano, ma cosa le passa per la testa?’ chiese ridendo, ancora.
Killian le diede il tempo di riprendersi da quel gesto e da quella corsa improvvisa, mentre imperterrito continuava ad osservarla senza perderla d’occhio.
‘Ti avevo detto di aspettare qui per un motivo.’ Precisò mentre Esmeralda continuava a non capire dove fosse quella sorpresa su di un ponte.
Si guardò intorno confusa.
‘E’ inutile che guardi altrove, ciò che devo mostrarti è proprio qui.’ Specificò il pirata indicando il timone vuoto.
Esmeralda lo guardò a sua volta ancora più confusa.
‘Cosa c’entra il timone? Non puoi aver nascosto qualcosa in un timone.’ Verificò perlustrandolo.
Killian era del tutto divertito dal suo stato confusionale. Il suo viso in quei casi assumeva una smorfia buffa e splendida difficile da replicare o anche solo da descrivere.
‘No, infatti. Nel timone non ho nascosto nulla di materiale.’ La tranquillizzò. ‘Piuttosto che tu imparassi a portare una nave.’ Disse, infine, soddisfatto della sua idea.
Esmeralda si arrestò di colpo da quella ricerca e si voltò a guardarlo.
‘Tu stai scherzando.’ Esalò infine.
Il pirata, del tutto divertito, fece cenno di no con il capo.
‘Mai stato più serio.’
La fanciulla non era in grado di proferire parola tanto era esterrefatta e sconcertata allo stesso tempo. Più volte cercò di dire qualcosa senza risultato. Si guardò intorno.
‘Non hai più marinai in grado di portarla?’ chiese in tutta serietà.
‘No.’ Continuò lui, convinto incrociando le braccia e trattenendo una risata. ‘Dai non sarà difficile.’
E la tirò a sé, per una mano, per farla arrivare al comando.
La fanciulla era del tutto spaesata e incerta, posò le sue mani su quel grande cerchio di comando non sapendo bene come muoverle. Lui era dietro con le sue mani sulle sue, pronta a guidarla in quell’impresa.
Esmeralda diventò la cosa più simile a una vampata a quel contatto così ravvicinato e persistente.
Si staccò e gli si parò davanti.
‘Ma perché mai vuoi insegnarmi questo genere di cose? Insomma le mani le hai entrambe per guidarlo tu stesso!’ constatò con palese nervosismo.
‘Metti che non possa portarla io stesso, che diventi monco e non ci riesca, o che non ci siano altri marinai nei paraggi avrei te.’ Le fece intendere. ‘Non devi avere alcuna paura. Ci sono qui io.’ La rassicurò vedendo il lampante timore farsi strada nei suoi occhi.
Lei abbassò lo sguardo.
‘E se facessi qualcosa di male? E se ti deludessi.’
‘Non potresti mai.’ Le spiegò fiducioso.
Esmeralda fece un lungo sospiro prima di rimettersi con le mani sul timone più decisa. Killian era di nuovo lì, dietro di lei, pronto a guidarla.
‘… e questo ti servirà per vedere la tua meta.’ Disse tirando fuori il suo cannocchiale. Era ciò che aveva preso dalla sua camera.
Killian per mostrarle il modo giusto in cui usarlo, si posizionò delicatamente nell’incavo del suo collo. Guancia contro guancia con il cannocchiale protratto in avanti davanti al viso di entrambi.
Esmeralda annuiva fingendo di capirci qualcosa in tutte quelle parole strane che il pirata pronunciava, in realtà era lontana anni luce da quel ponte.
Era molto più vicino al paradiso di quanto non fosse mai stata, perché certo ormai era – in qualche modo – abituata al suo prenderla per mano, ma mai fino ad allora avevano avuto un contatto del genere e la fanciulla di fronte a tutto quello non sapeva come reagire.
Sperava solo che Killian non si accorgesse del suo corpo che bolliva, come glielo avrebbe spiegato?
‘… e ora per navigare come si deve devi imparare qualche gergo piratesco. La parte sinistra si chiama babordo. Quella destra si chiama tribordo.’ Spiegò mentre guardava verso l’orizzonte, a pochi centimetri da lei e gesticolava per indicargli i movimenti. ‘Una volta che avrai imparato, sarà una passeggiata.’
Esmeralda annui, troppo presa da lui più che dalla navigazione in sé.
‘Ora vai due tacche a babordo.’ Impartii mentre l’osservava.
Babordo era sinistra vero? Si chiese nel panico, dopodiché girò nella direzione indicata sperando di aver eseguito bene gli ordini.
Da Killian non arrivò nessuna parola di conforto, alche Esmeralda si voltò nella sua direzione.
‘… cosa ne pensi?’ chiese vacillante in cerca di un suo consenso.
Killian la guardò in pieno entusiasmo e orgoglio.
‘Non ho mai visto nessuno guidare così la mia nave al primo colpo. Sei bravissima come immaginavo.’
Esmeralda arrossì, non era abituata ai complimenti. E i suoi erano ancora peggio.
‘Ma questo perché tu eri qui dietro di me.’
‘Sei bravissima e basta.’ La ammonì prima che continuasse.
Esmeralda si perse nel suo sorriso.*
 
Un tocco leggero, quasi impercettibile, arrivò alla mano ancora buona del pirata che era appoggiata sul letto. Poco lontana dalla sua.
Egli si ridestò guardandosi intorno, confuso su dove si trovasse: era ancora in ospedale, constatò.
Nel vegliare su di lei, come faceva da più giorni ormai, doveva essersi appisolato per la troppa stanchezza. Da quanto non dormiva sereno o almeno un po’? Si guardò intorno come nel cercare qualcuno, ma intorno o nella stanza non vi era nessuno oltre lui. Chi, allora, l’aveva toccato? Perché quel tocco c’era stato, poteva ancora sentirne la sensazione sulla pelle, pensò Killian rimettendosi in sesto prima di andar via con quel pensiero fisso in testa. Mancava davvero poco al termine dell’orario di visita, e nell’ospedale ormai regnava il silenzio più assoluto, si rese conto perciò che doveva essere davvero tardi quella sera ed Emma lo aspettava affinché mangiassero insieme, come promesso. Soprattutto lui che andava avanti sorseggiando rum per quanto ne sapeva la salvatrice.
Killian si alzò definitivamente dal suo posto diretto alla porta scrollandosi di dosso quella sensazione di essere osservato, questo non prima di salutarla però.
‘Ehi piccola, io vado via ora, ma domani sarò di nuovo qui, non ti lascio. Ora che ti ho ritrovata farò sempre di tutto per tenerti accanto a me. Non mi arrenderò perché io ho bisogno di te, ricordalo sempre.’ E le diede un bacio leggero sulla fronte, in modo delicato poi la guardò per l’ultima volta prima di darle le spalle e dirigersi verso l’uscita.
‘… anche io ho bisogno di te.’ Biascicò una voce flebile riempiendo la stanza pochi secondi dopo.
Killian in tutta risposta si pietrificò incapace di reagire. Possibile che fosse lei? Lei davvero? O le allucinazioni di un tempo stavano tornando, in preda a quella stanchezza e mancanza ormai distinta?
Si voltò piano verso lo stesso punto di prima per avvalorare la sua tesi: Stava impazzendo, probabilmente. Ecco a cosa portavano tutte le ore di sonno perse e uno stomaco perennemente vuoto, forse doveva filare dritto e raggiungere Emma prima di degenerare completamente. Ma quando si voltò definitivamente due occhi verde smeraldo lo puntavano, e la sua bocca si piegò in quello che doveva essere un sorriso, ma da quella prospettiva pareva solo un pallido ghigno di chi non ha più forze neppure per tentare in una ghigno decente.
Il pirata in un balzo fu da lei, di nuovo.
‘Esm! Tu sei sveglia… io…’ gli si formò un nodo alla gola e l’abbracciò forte perdendosi nei suoi capelli corvini. La fanciulla d’altro canto era ancora un po’ intontita e si limitò ad accennargli un ghigno senza davvero ricambiare l’abbraccio.
‘Killian, mi sei mancato.’ La sua voce non era che un debole soffio.
Killian alzò il capo nel guardarla più attentamente, ancora incredulo. ‘Mi sei mancata anche tu.’ Dichiarò con l’emozione che gli velava gli occhi.
In tutto questo il Dottor Whale e altri infermieri cominciarono ad entrare per constatare la situazione mentre il pirata non osava toglierle gli occhi di dosso così da accertarsi che non fosse solo una sua proiezione quella scena e che Esmeralda fosse davvero lì, con gli occhi aperti.
Un telefono, improvvisamente, in quel trambusto di gioia e sconcerto iniziò a squillare.
Era quello del pirata. Killian lo prese senza dargli troppe attenzioni, e lo portò all’orecchio.
‘Hook, si può sapere dove sei finito? Sono qui da Granny ad aspettarti da un po’.’
‘Swan…’ prese fiato. ‘Esmeralda si è svegliata.’ Annunciò.
   
 
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