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Autore: carmen16    26/07/2015    0 recensioni
E se Bella ricoprisse il ruolo del vampiro e Edward fosse il fragile umano? e se dovessero incontrarsi nel momento più sbagliato che il destino dovesse scegliere? se dovessero anche risultare nemici?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Isabella Swan | Coppie: Alice/Jasper, Bella/Edward
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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Questo è il secondo capitolo, arrivato in anticipo perché ho avuto più tempo. Ho deciso di dare spazio a Carmen e a Edward, poi si torna a Bella tranne per altri flashback in modo che spieghino la storia. E' la mia prima fiction in assoluto e sono ancora molto inesperta, soprattutto per l'impaginazione. Di questo mi scuso. Ad ogni modo spero che vi piaccia questo nuovo capitolo e che riceva più commenti. Ringrazio molto chi mi ha commentato, spero di incuriosirti sempre di più. Per la pubblicazione intendo farla una volta a settimana, cercando di essere il più puntuale possibile, però se capita di poter scrivere di più ne pubblicherò di più, anche due capitoli a settimana. Buonanotte a tutti e buona lettura. Voglio sapere cosa ne pensate. ~POV CARMEN

Le piaceva la pioggia. Adorava assistere ai temporali. Ognuno era diverso dall'altro. Adorava la sensazione del freddo e del vento che le penetrava nella pelle, che la faceva sentire viva e parte integrante di quel meraviglioso fenomeno atmosferico. L'elettricità che correva nell'aria portava in vita ogni cosa, persino gli alberi che normalmente restano fermi con i loro rami alzati, come fervidi religiosi che osannano i loro dei e la vita. I colori erano più brillanti e ricchi di sfumature mentre l'acqua puliva tutto e cancellava il vecchio mondo per dargli una nuova identità. Per questo si sedeva spesso vicino alla sua finestra preferita, la più grande, occupante la maggior parte della parete e lunga dal pavimento al soffitto, per osservare. Per lei era la stessa gioia che scartare un regalo. Non era mai come se lo aspettava, ed ogni volta che accadeva, piuttosto spesso nel paese più piovoso d'America, era incredibile come sconvolgesse tutto. Le sembrava di stare a guardare una pellicola, un film che si attende con ansia per il quale si annullerebbe qualsiasi impegno per la serata e ci si siederebbe un quarto d'ora prima dell'inizio preparando i pop corn. Non se lo sapeva spiegare perchè la entusiasmava tanto. Le sembrava che in quel momento qualcosa di profondo collegasse lei a tutto il resto del mondo, di essere lei stessa la tempesta, di abbattersi con violenza contro gli alberi senza spezzarli.  Anche lei si sentiva pulita dopo, sebbene sapesse che per quanto strofinasse la pelle  e scappasse lontano non avrebbe cancellato le cicatrici sui polsi, nè il dolore degli insulti gratutiti e delle umiliazioni che aveva ricevuto. Era nata e cresciuta in quel paese così assolato, caldo e allegro, Jacksonville. I cittadini erano tutti cortesi e gentili e tutte le mattine quando aveva solo cinque anni, la padrona di un bar le offriva sempre la colazione, categoricamente: cappuccino con due bustine di zucchero (non le piacevano i cibi o bevande amare), e una briosche, in cambio di un sorriso. Era stanca di fingere che andasse tutto bene sorridendo, falsamente per lo più, che ciò che accadeva a casa non la riguardasse e non la condizionasse, come invece faceva. Però era affezionata alla signorina Hale, Rosalie Hale. Era una ragazza piuttosto giovane per possedere quel locale, che era fra i più conosciuti di tutto il paese. Alta, bellissima, dalle forme sinuose, e molti la desideravano. La tipica bionda mozzafiato, dagli occhi cangiati a seconda del tempo, azzurri con il sole e grigi nei giorni di pioggia, ma dal portamento e modi eleganti. Non sorrideva molto spesso però, tranne quando lei varcava la porta del bar, e allora non poteva far altro che ricambiare quel sorriso affettuoso e sincero che le rivolgeva, sentendo un pò di pace dalle nubi che si portava dentro. Doveva a lei la voglia di vivere che aveva acquisito e la forza per andare avanti, in ogni circostanza. Non le importava quali fossero stati gli impedimenti e gli ostacoli che le si sarebbero frapposti nel suo cammino, lei ce l'avrebbe fatta, perchè lo voleva. Aveva degli obiettivi: crescere, imparare più cose possibili e diplomarsi così da poter andare nella facoltà di psicologia, e li avrebbe raggiunti. Se ne sarebbe andata da quel paese e non vi sarebbe tornata per molti anni. Adesso, più di dieci anni dopo, guardando ancora il temporale, stava pensando che sarebbe dovuta tornare in quel posto, anche solo per ritrovare la sua amata Rosalie e ringraziarla per averla aiutata, dirle di ciò che era diventata per aiutare gli altri ad uscire dalle loro sofferenze, così come aveva fatto lei. Desiderava tornarci anche per sconfiggere la sua ultima paura: gli occhi inferociti del padre, che da bambina forse per un gioco di luce o per la sua fantasia eccitata per la paura aveva visto rossi, orribili. Ad un tratto balzò sulla sedia dove era seduta, spaventata e perplessa al suono del campanello. Erano le nove di sera passate e lei non aspettava visite. Chi poteva essere? Aprì la porta e vedendo chi c'era dall'altro lato della soglia fu scaraventata violentemente nel passato.

FLASHBACK

Era il suo primo giorno alla facoltà di psicologia ed era euforica più che mai. Era ciò che aveva sognato fin da quando era bambina: studiare e cercare di capire il più possibile i meccanismi di quella macchina perfetta che era il corpo e la mente umana, e come essa comandava il corpo, quali pensieri potevano sorgervi e nascondersi al suo interno, quali intenzioni, quali emozioni che si potevano osservare dai gesti compiuti inconsapevolmente dal corpo, il linguaggio che poteva usare, diverso da persona a persona e di come certi particolari, anche minimi, potevano essere importanti per comprendere il passato di qualcuno, le sue abitudini e le sue azioni. Avrebbe cercato di spiegarsi (perdonare sarebbe stato impossibile) il comportamento di suo padre e la vuota indifferenza di sua madre. Sembrava un guscio vuoto, un automa. Puliva casa, era silenziosa, raramente parlava, la aiutava a vestirsi finchè non era cresciuta abbastanza per farlo da sola, ma per il resto non faceva nient'altro. Si lasciava vivere, anche di fronte al marito che picchiava la figlia non faceva una piega, la sua espressione rimaneva impassibile, chiusa nei suoi pensieri. Carmen non l'aveva mai vista bere o drogarsi, per quanto ne sapeva, anche fisicamente sua madre era in perfetta salute, lucida e consapevole, ma come estraniata dal mondo. Presente fisicamente ma lei chissà in quale realtà era. Tante volte si era chiesta quale trauma avesse vissuto la madre per comportarsi in quel modo. Aveva provato anche a scuoterla una volta dalla sua trance, ma quello che aveva ottenuto era stato uno schiaffo mentre l'aveva afferrata per le braccia. Quasi ne era contenta perchè almeno nel volto di sua madre aveva letto una qualche sia emozione; aveva reagito. Ma subito dopo era tornata a chiudersi nel suo mondo. Provava molta pena per la madre, sebbene sentisse anche della rabbia nei suoi confronti per la sua totale indifferenza anche di fronte ad un'ingiustizia che vedeva coinvolta sua figlia... Non doveva pensarci ora, si era trasferita due settimane prima ad Oxford e non avrebbe permesso a niente e a nessuno di strapparla da quel luogo che si era guadagnata con lo studio e impegno. Varcata la soglia, raggiunse direttamente l'aula magna, ormai per tutte le visite guidate che aveva fatto e le visite al sito internet dell'edificio, conosceva tutta la pianta dello stabile a memoria. La sua prima lezione era psicologia dello sviluppo tenuta curiosamente da due insegnante, certi Renee e Charlie Swan, probabilmente sposati dato che entrambi avevano lo stesso cognome. Era bello pensare che una coppia di insegnanti, per di più sposati, insegnasse la stessa materia. Chissà se discutevano su come valutare gli alunni o sui metodi migliori per trasmettere la conoscenza. Non provavano nessuna rivalità? Lei sarebbe impazzita se avesse dovuto badare a dividere la vita professionale da quella privata, o quanto meno confusa cercando di non confonderle. Si immaginava una coppia anziana. Chissà se erano felici insieme. Anche lei però avrebbe voluto una storia d'amore del genere. Magari si erano conosciuti all'università. Fu smentita nelle sue fantasticherie quando, oltrepassata l'entrata dell'aula, affianco alla scrivania c'era una giovane coppia, potevano avere entrambi treant'anni o poco più, ma già a prima vista sembravano l'uno l'opposto del'altra. Lui era tranquillamente seduto sulla sedia, vestito formalmente anche se un pò trascurato, con la cravatta slacciata e i bottoni della camicia sbottonati. Non parlava molto ma sembrava molto attento a quello che diceva quella che doveva essere la moglie, concentrato mentre le sorrideva. Sembrava un pò burbero d'aspetto e austero, ma quando guardava la moglie e la sua espressione si scioglieva, sembrava un pezzo di pane ricoperto di miele. La donna invece era più energica, irrequieta, gesticolava molto mentre parlava e scrutava tutto ciò che la circondava, molto giovanile e dall'aria simpatica. Timidamente Carmen fece altri due passi verso di loro e notando che l'aula fosse ancora vuota, sorridendo si schiarì la voce e accennò ad un saluto:
- Buongiorno, signore e signora Swan-
Entrambi si voltarono contemporaneamente e sorrisero cordiali.
-Buongiorno signorina, immagino che sia un'alunna- disse la donna.
- Forse non sei stata informata in tempo della decisione di posticipare di mezz'ora la lezione oggi per cause di forza maggiore- rispose ironico l'uomo al suo fianco indicando con l'indice il soffitto (gente ai piani alti) - ci dispiace che tu sia dovuta lo stesso venire prima, ma se vuoi per farci perdonare potremmo berci un caffè insieme, se vuoi, per far passare prima questa mezz'ora. Che ne dici cara?- disse rivolto alla moglie.
- Ma certo amore. Mi piace conoscere i miei studenti, anche al di fuori dell'ambiente scolastico. Noi professori non siamo perfetti e interegerrimi come amiamo farci passare, e anche noi siamo passati dal loro lato quando eravamo più giovani- rispose ridendo.
Carmen notò con piacere che era una coppia davvero gioviale. Decise allora di accettare, e a parte un imbarazzo iniziale, soprattutto da parte sua, notando un libro che la sua futura professoressa portava nella borsa, e che lei conosceva, iniziò a commentarlo e così ebbe iniziò una lunga conoscenza che man mano si approfondì sempre di più fino a diventare profondo affetto e stima. Questo rapporto non influiva nell'ambito scolastico, dove erano formali e equi, senonchè quando capitava che Carmen si ammalasse arrivavano a casa sua di soppiatto mentre dormiva e le portavano brodo caldo e gli appunti delle lezioni, per poi stare con lei fino a sera inoltrata. Certe volte si chiedeva se per lei, erano stati più amici o genitori, cosa che suonava strana dal momento che non erano molto più anziani di lei. Dopo il giorno della laurea, che aveva trascorso in loro compagnia, si erano tenuti in contatto fino a pochi mesi prima quando non erano giunte più notizie da loro. Sebbene ci fossero i cellulari non ne amavano molto l'utilizzo e preferivano di gran lunga il classico servizio postale, anche se decisamente più lento e impegnativo dell'invio di un semplice sms. Ma era l'abitudine di andare ad aprire la cassetta delle lettere tutte le mattine per controllare se era arrivata una risposta, la gioia di leggere le loro parole e godere della loro calligrafia, poterle conservare tutte, assieme al calore che donavano, cosa che non accadeva allo stesso modo con i messaggi.

FINE FLASHBACK

Guardò la coppia davanti al suo uscio, fradicia di pioggia, pallidi e dall'espressione impaurita sui loro volti ne dedusse che non era una visita di piacere. Ciò che attirò di più la sua attenzione fu un fagottino fra le braccia della donna. Senza aspettare che dicessero nulla, dopo un momento trascorso in totale shock e sorpresa, li fece entrare, chiudendo ermeticamente la porta, lontano da qualsiasi cosa che li spaventasse. Appena si volse li strinse come se ne andasse della sua vita per un minuto buono e continuando a chiamarli per nome, agitata per il loro timore che gli leggeva negli occhi e felice per  averli visti. Dopo un pò si accorse di un suono strano, che all'inizio non riuscì ad identificare perchè totalmente estraneo a ciò che stava accadendo in quel momento, che staccandosi da loro basita si rese conto che si trattavano di gorgoglii e gorgheggi. Guardando Reneè, per stemperare l'atmosfera disse:
- Reneè, ti sei accorta che il fagotto che hai fra le braccia sta facendo rumore...- nel frattempo si era creato un rigonfiamento dal lato del braccio che stringeva la donna - e si muove!!!-.
Entrambi risero di gusto, rilassandosi per un pò. Fu Charlie che le rispose ancora sorridendo - si, lo sappiamo, si tratta della nostra mascotte. La nuova arrivata di casa Swan. - e prendendo dalle braccia della moglie l'involto lo scoprì rivelando un dolcissimo visino rosa, con delle piccole labbra rosse che alla vista del padre sorrisero, contornati da degli occhi cioccolato incantevoli.
- Ti presento Isabella Swan. La nostra Bella.- E la bambina fece uno strano verso di giubilo, quasi di apprezzamento, come a conferma. Carmen, basta leggere libri fantasiosi, si disse.
Reneè le disse - Abbiamo una lunga storia da raccontarti, ma per ascoltarla dovrai ricordarti di essere molto aperta mentalmente. Ti conviene sederti e alla fine vorremmo chiederti un favore non poco indifferente.-
Carmen persa nello sguardo di quella bambina così luminoso e affascinante, rispose - ma certo, qualsiasi cosa per voi. Innanzitutto dovrete cambiarvi che sembrate dei pulcini annegati e mentre lo fate posso salutare questa bambina? La sento come se fosse una mia parente-.
Charlie allungò le braccia verso di lei con la bambina e le mostrò la posizione da assumere con le braccia perchè la bambina fosse comoda, e le spuntò un sorriso sincero, ancora più aperto. Da vicino era ancora più bella. Avrebbe voluto proteggerla da ogni cosa, chiunque le si parasse davanti per farle del male. Anche un fiore che la infastidisse troppo. Provò un forte sentimento che sentiva la stava legando a quel peso leggero che era una persona.
- E' bellissima complimenti. Non poteva esserci nome più azzeccato. Da questa parte allora, vi darò un cambio di vestiti-.

POV EDWARD

Per lui le giornate iniziavano troppo presto, alle cinque del mattino, e terminavano troppo tardi, a mezzanotte passata. Precisamente, prima e dopo che i suoi genitori avessero smesso di litigare per la loro famiglia. Era stato un tormento ascoltare i loro tremendi "diverbi" che terminavano sempre con qualcosa che veniva lanciato contro il muro e poi rotto. Aveva cercato di sostituire la maggior parte degli oggetti in casa, per evitare che venissero inevitabilmente ogni volta scagliati contro il cemento o il pavimento, ma qualche cosa gli sfuggiva sempre, o ne compravano di nuove per cui il rumore di vetri rotti lo perseguitava. A volte gli sembrava di sentirlo nel dormiveglia anche quando era impossibile che fosse così, da solo, chiuso in biblioteca. Aveva perso il conto delle ore di sonno che gli mancavano per sentrsi totalmente riposato. Non si ricordava nemmeno quale fosse stata l'ultima volta che aveva dormito un sonno tranquillo e indisturbato per tutta la notte. Ed il risultato era visibile sul suo viso, sotto ai suoi occhi arrossati e stanchi. L'estate era stato un lungo susseguirsi di grida sin dal mattino quando apriva gli occhi, che non terminava mai, aggiunto al caldo insopportabile e al dover restare sempre a casa per aiutare il padre e la madre, che non perdevano occasione per prendersela con lui o sfogare la loro rabbia perenne. Da dimenticare. Con l'inizio della scuola, le cose erano migliorate, ma le notti restavano quasi in bianco per lo più. Fortunatamente, era un buon studente, anche se sincermente non comprendeva come. Sebbene trascorresse pomeriggi interi in biblioteca, con il naso infilato in mezzo ai libri, sia per lettura che per studio, si distreva spesso a causa della sua stanchezza e dell'emicrania, ormai diventata parte di lui da quando non dormiva più come avrebbe dovuto. Lo salvava il piacere per l'apprendere cose nuove e l'attenzione in classe, anche se matenuta con gran fatica. Le ragazze poi non lo aiutavano in questo. Gli giravano continuamente intorno e cercavano di provarci con lui e irretirlo in ogni modo possibile ed immaginabile. Alcune superavano i limiti della sfacciataggine e dell'esplicità diretta, come una certa Jessica Stanley. Lo irritava, sin da quando l'aveva vista la prima volta, due anni prima, e d'allora non demordeva, mettendo seriamente alla prova la sua pazienza. Per fortuna o per sfortuna, a seconda dei punti di vista, era stato dotato di un bell'aspetto che non passava inosservato a nessuno. Per lui era fonte di complimenti e di occhiate ammirate e maliziose, ma anche di invidia e prese in giro. Una volta dei ragazzi più grandi della sua stessa scuola lo avevano incastrato in un vicolo ceco e l'avevano pestato a sangue. Ma lui non pianse, nè gridò. In un certo modo sentiva di meritarseli quei pugni per ciò che permetteva che accadesse in casa tutti i giorni, e non voleva dare alcuna soddisfazione a quei ragazzi che non sapvano far altro che ricorrere alla violenza per esprimere i loro peggiori sentimenti e pensieri. D'allora si era dato all'anonimato, per quanto possibile e aveva rifiutato anche piutosto sgarbatamente qualsiasi dichiarazione, perchè non voleva coinvolgere una sua ipotetica fidanzata nella sua situazione ed inoltre a tutte loro interessava solo per il suo aspetto e perchè era conosciuto come figlio di una famiglia ricca, non di più. Quella mattina per l'ennesima volta si era alzato più presto del necessario, con il respiro affannoso, da un sogno colmo di grida e imprecazioni, di vetri rotti e colore rosso d'appertutto. Amava dipingere nel tempo libero, oltre alla lettura, ma non usava mai il rosso. Lo odiava.
Dopo essersi lavato e vestito, uscì di casa notando lo spesso strato di ghiaccio che ricopriva ogni cosa, in particolare la strada e il marciapiede dove avrebbe dovuto camminare lui. Prendendo un respiro profondo, cercando di rarre forza per iniziare una nuova giornata, iniziò con attenzione a percorrere il tragitto che lo conduceva a scuola. Lo stesso da tre anni, scommetteva che poteva farlo ad occhi chiusi. Quel giorno sembrava più lungo del solito, forse perchè prestava più attenzione e perchè di solito ci andava in macchina. Con quel ghiaccio preferiva tenere la Volvo, e se stesso, al sicuro. Quando giunse finalmente a scuola, vicino all'entrata, scorse una ragazza vicino ad una moto notevole, che osservava malinconica i ragazzi che le sfilavano di fronte per entrare e iniziare le lezioni. Quell'espressione era insolita per una ragazza come loro. Cosa rimpangeva di quelle persone? Per essere in quel parcheggio anche lei doveva essere una studentessa, nuova probabilmente, dato che non l'aveva notata mai prima. Lui era spesso distratto , perso nei suoi doveri e cose da fare, ma se avesse visto prima una ragazza del genere se ne sarebbe di certo ricordato. Era bellissima nella sua semplicità. Era mora con dei riflessi ramati nei capelli ed occhi color cioccolato intensi, una carnagione piuttosto pallida e molto snella sebbene avesse delle curve da capogiro.... Da ragazzo non poteva che fare un apprezzamento su quelle gambe; sebbene non fosse altissima, erano davvero lunghe. Dal momento che sembrava non accorgersi di lui dietro di lei, potè osservare bene il suo profilo di lato. Era bella davvero. Nel suo essere assorta era immobile in un modo quasi innaturale. Stava per passarle accanto quando del ghiaccio sul terreno a cui non aveva prestato attenzione lo fece cadere rovinosamente a terra; ma prima che potesse scontrarsi contro il pavimento due mani lo sollevarono e lo aiutarono ad alzarsi, rimettendosi in equilibrio. Alzando gli occhi rimase incatenato a quelli della sua salvatrice. L'aveva osservata fino ad un attimo prima ma aversela di fronte, con gli occhi puntati nel suo caldo marrone cioccolato era tutt'altra cosa. Notò una sfumatura di oro luminoso fra di essi, accecante. Chi era quella ragazza così bella e così fuori dall'ordinario? qualcosa in lei era diverso. Prima che potesse rigraziarla, suonò l'ultima campana e lei, facendo un debole sorriso e alzando una mano per salutarlo se ne andò via, lasciandolo lì, in mezzo al viale che conduceva alla scuola. Che stupido.
   
 
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