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Autore: Love_My_Spotless_Mind    27/07/2015    0 recensioni
[The Lover ( https://en.wikipedia.org/wiki/The_Lover_(TV_series) )]
Appartamento 709, JoonJae è alla ricerca di un nuovo coinquilino ma non sa che questa coabitazione potrebbe cambiare la sua vita.
(JoonJae X Takuya)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era seriamente arrivato il momento di iniziare a cercare un lavoro come si deve, JoonJae non poteva continuare a poltrire sul divano come se nulla fosse, i ventitré anni erano passati, adesso che si trovava faccia a faccia con i ventiquattro capiva di dover iniziare a costruirsi qualcosa di concreto. In quella mattina aveva un colloquio con un negozio di cd, non aveva un curriculum da presentare, semplicemente avrebbe detto il suo nome senza poter aggiungere molto altro. Aveva infilato l’unico completo elegante che avesse nell’armadio e fu sorpreso nell’apprendere che gli stesse ancora bene, infatti risaliva ai tempi del diploma. Abbinò una camicia bianca, non era abituato a quel tipo di vestiario, non si sentiva molto a proprio agio ma confidava nel fatto che potesse servirgli per apparire più credibile nelle vesti di lavoratore. Quando entrò in salotto per potersi specchiare, Takuya era seduto sul divano e guardava la tv.

-Dove vai così elegante? – domandò sorpreso nel vedere l’amico in un abbigliamento che non fosse composto da tuta e felpa.

-Ho un colloquio di lavoro oggi. – annunciò JoonJae senza credere troppo alle proprie parole, non gli era mai capitato di pronunciare una frase simile.

-Ma che meraviglia! – sorrise Takuya voltandosi verso il ragazzo che era intento nell’allacciarsi la cravatta, senza riuscirci sul serio. Non avendo mai avuto un lavoro non era nemmeno un esperto di nodi alla cravatta, persino quando era a scuola evitava sempre di indossarla con la divisa.

-Ah, JoonJae, fa fare a me. – Takuya si alzò in piedi, andando di fronte al ragazzo. Lui, invece, con le cravatte era bravissimo, gli era sempre piaciuto essere perfettamente in ordine, soprattutto nelle occasioni importanti. Si fece più vicino, sistemando i due capi della cravatta, muovendosi con estrema attenzione, per un’occasione tanto speciale voleva che venisse bene.
I capelli di Takuya quella mattina brillavano più del solito, il suo biondo era caldo, ricco di sfumature, i suoi capelli odoravano sempre ci shampoo come se fossero stati appena lavati. JoonJae respirò quel profumo così delicato, il suo sguardo andò a cadere sulle labbra del ragazzo, perfettamente allineate. Sentì la schiena attraversata da brividi, provò ad alzare lo sguardo per controllarsi, non voleva lasciar trasparire alcuna emozione dal suo viso. Takuya lo guardò, con i suoi occhi scuri ed intensi, che sapevano comunicargli chissà quante sensazioni, significati che le parole non sapevano trasmettere in egual modo.
JoonJae aveva istintivamente trattenuto il respiro, sentendo di non riuscire a resistere a stargli così vicino. Takuya fu il primo ad allontanarsi, una volta che il nodo fu completato, ma questa volta fu JoonJae a trattenerlo, afferrandolo per il polso e spingendolo contro la parete. I due continuarono a guardarsi, negli occhi di Takuya ora era distinguibile un certo timore.

-JoonJae… che scherzo è questo? – domandò con un filo di voce mentre JoonJae non riusciva a pensare ad altro che al desiderio che provava di baciarlo, forse ispirato da quella brezza primaverile che filtrava dalla finestra, o da quella nuova luce attraverso cui ora osservava il ragazzo. Le sue labbra vennero scosse da un tremito, come se avesse voluto pronunciare qualcosa, ma non riuscì a dire niente, restò in silenzio, con quell’espressione scossa sul volto.
JoonJae si divise, dicendo che rischiava di far tardi al colloquio e non avrebbe fatto proprio una bella impressione in quel caso. Takuya restò con la schiena contro la parete, scivolò fino a terra, chiudendo gli occhi e prendendo un respiro profondo. Quel modo di scherzare non gli era piaciuto, strinse le labbra sentendosi quasi preso in giro, ma non disse nulla, si prese solamente qualche momento per respirare a fondo.

Il treno era affollato, pieno di persone che si recavano a scuola o a lavoro, JoonJae non riusciva quasi a muoversi compresso tra quella folla. Continuava a pensare a quelle labbra, al volto di Takuya, al fremito che lo aveva scosso. Chissà se davvero avrebbe voluto dire qualcosa, JoonJae non riusciva a spiegarlo, però il suo modo di agire era stato stupido.
Era giù di corda, abbandonò il programma della giornata e si fermò ad una stazione prima di quella dove si trovava il negozio di dischi in cui avrebbe dovuto fare il colloquio. Si fermò in un bar, ordinò un caffè nero e quando gli venne portato il bicchiere iniziò a berlo a grossi sorsi, realizzando solamente in seguito che così si sarebbe sentito ancora più agitato.
Quando fece ritorno a casa Takuya stava preparando il pranzo ed era ancora in pigiama. Aveva i capelli leggermente spettinati ed il solito sorriso tranquillo sul volto.

-Bentornato JoonJae! Com’è andato il colloquio? – gli domandò con voce squillante, mentre sistemava nel piatto quello che aveva preparato.

-Non so, hanno detto che mi faranno sapere. –

-Vedrai che ti prenderanno! Soprattutto vestito così nessuno ti lascerebbe sfuggire. –
 



Era sera tarda e Takuya aveva sparso i libri dell’università sul pavimento del salotto, osservando con aria sconsolata quelle pagine fitte di parole complesse e di ideogrammi che non aveva mai visto in vita propria. Iniziava a sentire la voglia di arrendersi, la faccenda si stava facendo troppo complicata, iniziava a pensare di non possedere le capacità necessarie per poter prendere quella laurea. Forse si era lasciato trascinare da sogni impossibili, non ci sarebbe mai riuscito a diventare un giudice. Che cosa avrebbe dovuto aspettarsi? Non era semplice come aveva ipotizzato, non bastava un po’ di buona volontà e di impegno, si aveva bisogno di qualcosa in più che probabilmente lui non avrebbe mai avuto. Si massaggiò le tempie sentendo la stanchezza pervadergli tutto il corpo. La stanchezza mentale è qualcosa che immobilizza completamente, non basta stendersi per sentirsi un po’ meglio, nessun rimedio funziona.
Se avesse rimandato ancora la laurea i suoi genitori avrebbero sicuramente avuto da ridire, non poteva pensare di andarsene in giro per il mondo come voleva senza realizzare nulla, il loro ragionamento era anche giusto. Però pensare di abbandonare il suo desiderio lo rendeva ancora più triste, lo faceva sentire sconfitto, come se tutte le certezze che aveva avuto fino ad allora crollassero improvvisamente. Era sempre stato uno dei ragazzi con i voti più alti della classe, era sempre stato sicuro di poter riuscire, in qualsiasi cosa avesse realmente desiderato, ora era talmente stanco da non esserne più così certo.
JoonJae entrò in quel momento nel salotto, con indosso i pantaloncini della tuta ed una canottiera, la pelle ed i capelli ancora leggermente umidi per via della doccia appena conclusa. Restò colpito dalla quantità di libri lasciati a terra e si avvicinò a Takuya, inginocchiato di fronte ad essi. Aveva gli occhi lucidi, sembrava essere sul punto di non riuscire più a trattenere le lacrime e JoonJae non riusciva ad immaginarsi quale potesse mai essere la ragione.

-JoonJae… - borbottò il ragazzo biondo abbassando lo sguardo, tentando di trattenersi, sarebbe stato infantile iniziare a piangere così. – JoonJae, ti senti mai come se fossi tornato ad essere un bambino? Un bambino stupido che non fa altro che piangere. –
JoonJae non credeva che avrebbe mai sentito qualcosa del genere da Takuya, così sicuro di sé, pronto a dare in ogni momento dimostrazione della sua forza di volontà. Dargli una pacca sulla spalla e dirgli “non c’è ragione di sentirsi così” non sarebbe servito proprio a nulla, c’era bisogno di rallegrarlo in qualche altro modo.

-Sai, Takuya, so che ai bambini il gelato faccia tornare in fretta di buon umore. Penso che possa funzionare anche in questo caso, andiamo? –
In fondo alla strada vi era una gelateria non troppo conosciuta e neanche troppo frequentata, infatti il gelato aveva un gusto realmente orrendo, somigliava molto più ad acqua colorata che ad altro. Però appena Takuya ricevette il suo cono a gusti che si ipotizzava fossero cioccolato  e pistacchio, tornò istantaneamente a sorridere. JoonJae scelse fragola e menta, li trovò davvero ripugnanti però vedere Takuya così allegro fece sentire bene anche lui, come se non avesse mai desiderato niente di più importante se non vederlo sorridere così. Sentiva di aver fatto la cosa giusta, sensazione che non gli capitava spesso di provare ma che ora lo faceva sentire estremamente gratificato, come se tutto acquistasse un senso, improvvisamente.
Non aveva mai amato qualcuno, era una sensazione del tutto nuova che non credeva di poter conoscere a ventiquattro anni, quando ormai credeva di essere al corrente di tutto. Sentiva di star scivolando sempre più a fondo, di amare ogni giorno in maniera diversa, sempre più intensamente. Era una caduta inesorabile, che lo trascinava verso una galassia di emozioni sconosciute, che aveva semplicemente potuto immaginare per tutta la sua esistenza, senza mai provarle sul serio. Lo amava senza aspettarsi chissà che, per il momento bastava questo, era già difficile convivere con quell’amore, non sarebbe proprio riuscito a figurarsi di più anche perché sapeva fosse impossibile. Visse nell’illusione di poter tenere nascosto il suo sentimento in eterno, di poter continuare quella convivenza giorno dopo giorno senza mai dover pensare alla parola “addio”. Peccato che tali illusioni, però, andarono ad infrangersi poco dopo, facendo comprendere a JoonJae che anche l’amore più profondo e sincero ha il suo prezzo e non vi è la possibilità di ricevere sconti.
JoonJae era seduto sul divano, Takuya era di fronte allo specchio, posizionato sulla parete tra la cucina ed il salotto, e stava provando alcune felpe semplicemente adagiandosele contro il corpo, decidendo quali gli stessero ancora bene e quali fossero assolutamente da buttar via. Il campanello squillò ed il viso di Takuya si illuminò, era convinto che fosse arrivato il corriere che gli avrebbe consegnato gli ultimi acquisti fatti su internet. Ma appena aprì la porta si trovò di fronte una ragazza sconosciuta che appena lo vide iniziò a gridare, spingendolo oltre, pretendendo di entrare.

-Chi diavolo sei? Dov’è JoonJae? – sentendo quella voce il ragazzo seduto sul divano si sentì rabbrividire, si alzò in piedi, non riusciva nemmeno a pensare, quando si trovò la sua ragazza di fronte. Indossava dei jeans sgualciti, una maglia che le lasciava scoperto il ventre, non doveva essere andata all’università in quella giornata, altrimenti non si sarebbe mai presentata vestita in quel modo.

-Devo entrare in casa tua con la forza per vederti? – continuò a gridare, il viso adirato come non l’aveva mai visto.

-Sujin, andiamo a parlare fuori. – cercò di dire lui, con espressione tranquilla, per quanto gli riuscisse.

-No, parliamo qui! JoonJae, brutto stronzo che non sei altro, perché non rispondi alle mie telefonate, non visualizzi i miei messaggi? Ti stai sentendo con un’altra, eh? Sei un bastardo! Con quante ragazze ti frequenti? Devi dirmelo! –
Mentre continuava a gridare, lo spinse, colpì con i pugni contro il suo petto, dimostrando tutta l’ira che aveva accumulato in quei giorni in cui era stata completamente ignorata, in cui si era sentita come se non valesse assolutamente niente.
Takuya era rimasto all’ingresso, quella scena lo aveva lasciato perplesso, non riusciva nemmeno a reagire, non sapeva che cosa fare, non si era mai trovato di fronte ad un litigio così efferato. Però decise che doveva fare qualcosa, non poteva restare a guardare come se nulla fosse.

-JoonJae non si sta frequentando con nessun altro, è sempre stato qui a casa. – provò a dire Takuya, avvicinandosi ai due, mentre JoonJae cercava di bloccare i polsi di lei poiché iniziava a fargli male.

-E questo qui chi diavolo è? Eh, JoonJae? Adesso te la fai pure con i maschi? –

Quella frase colpì JoonJae come se si fosse trattato di un forte pugno allo stomaco, per brevi istanti non riuscì a respirare, il suo sguardo semplicemente si spostò verso l’espressione di Takuya, era irritato, sorpreso, non riusciva a spiccicare parola. Perché lo stava trattando così? Come si permetteva?

-Sono soltanto il suo coinquilino. Aiuto JoonJae con l’affitto, nulla di più. JoonJae non ha fatto niente, davvero, non ha nessun’altra ragazza. –
A quel punto Sujin si divise dal suo ragazzo, continuando a guardare stranita quel tipo che non aveva mai visto e di cui non aveva nemmeno mai sentito parlare. I capelli le cadevano spettinati sul viso, mettendo in risalto le labbra sottili e gli zigomi dai tratti fin troppo delineati. Takuya si chiedeva perché JoonJae avesse scelto proprio una ragazza come lei, che si era espressa in maniera così volgare, che aveva intrapreso quella scenata senza senso. Mentre tutti quei pensieri attraversavano la sua mente lo sguardo di lei lo fulminava, era vittima di un odio di cui non riusciva a comprendere l’origine, di cui non percepiva il senso.

-Non lo sai che nel nostro paese è molto maleducato ficcare il naso nelle faccende altrui? Nessuna guida turistica te l’ha insegnato? Nemmeno quel santo di JoonJae te ne ha mai parlato? –
Questo era troppo da sopportare, impossibile lasciar correre. JoonJae tirò la ragazza per il braccio, lo fece talmente forte da farla rabbrividire, negli occhi le sorse del timore.

-Adesso la smetti. Ti presenti a casa mia ed insulti chi ti pare? Smettila, non te lo permetto. –

-Non importa JoonJae, la tua ragazza ha ragione, vado nella mia stanza, vi lascio parlare tranquilli. –

Quando Takuya si fu allontanato scomparendo nel corridoio buio JoonJae sentì un brivido percorrergli il corpo, come se avesse l’improvviso bisogno di vomitare. Voleva chiedere scusa a Takuya, voleva cancellare quel brutto momento, non sapeva che cosa fare. Iniziò a piangere, inaspettatamente, in una maniera talmente sofferta da lasciare anche la ragazza di stucco.

-JoonJae, voglio la verità. – balbettò a quel punto lei, rivolgendo lo sguardo verso quel ragazzo che si accorse di non aver mai conosciuto sul serio.

-Sono… innamorato di un’altra persona. – provò a spiegare allora lui, non riusciva nemmeno a riconoscere la propria voce tanto era scosso, non aveva mai pianto di fronte a qualcuno, si sentiva indifeso, messo ingiustamente a nudo. – Si tratta di una storia impossibile, non potremo mai uscire insieme, non potrò mai confessarglielo. Però sono innamorato. –
A quel punto lei avrebbe potuto utilizzare qualsiasi appellativo negativo, avrebbe voluto farlo ma comprese che fosse inutile, si aspettava come il discorso sarebbe continuato e già si preparava a quella frase, stringendo i denti, odiando tutto quanto.

-Lasciamoci, la nostra non è mai stata una vera relazione. –


Qualcun altro aveva udito quel discorso, qualcuno che ne aveva recepito il significato più profondo ed ora non riusciva a smettere di tremare. Seduto sul suo letto, in quella stanza che avevano arredato insieme, le cui pareti parlavano della loro convivenza, si sentì completamente perduto. Udì i singhiozzi di JoonJae, rimasto solo in salotto, finalmente libero di sfogare quello che aveva dentro e che per la prima volta aveva riportato a galla, in maniera tanto violenta che ora lo faceva stare così male.
Era rimasto immobile, con il cuscino contro la pancia, la mente completamente svuotata e la gola in fiamme poiché non era nemmeno capace di piangere, non riusciva a far nulla, nemmeno a provare pena per se stesso, quando la porta della sua stanza si aprì e JoonJae con gli occhi arrossati lo guardò, restando per lunghissimi istanti in silenzio.

-Scusa per prima, Takuya. –  sussurrò, scusandosi per qualcosa che non aveva fatto lui, poiché del resto non c’era modo di chiedere perdono.

-JoonJae, vorrei restare da solo. –
La porta si chiuse, lentamente, dopo una breve esitazione. Adesso erano definitivamente divisi, forse per sempre irraggiungibili.
  
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