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Autore: BlackSwan Whites    30/07/2015    3 recensioni
STORIA AD OC (ISCRIZIONI CHIUSE!)
Il mondo ha già conosciuto due grandi ere della pirateria; i sogni e le speranze di tanti uomini sono naufragati per sempre, mentre altri sono riusciti a realizzare le loro ambizioni.
Nella terza grande era della pirateria, spinta da una volontà d'acciaio, una ragazza decide di imbarcarsi per solcare i mari assieme ad altri che, come lei, hanno un sogno e degli ideali che difenderanno a costo della vita. E voi, siete pronti a seguirla?
Una ciurma, tante persone, ma una sola, grande avventura.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UNA GRANDE AVVENTURA



Capitolo 6: L'Isola del Vento

 

Il mattino la Blue Stormrider attraccò al porto dell’isola Kaze, quella stessa isola che era apparsa all’orizzonte la sera prima. Già mentre si avvicinavano alla terraferma, i membri della ciurma avevano avuto modo di farsi un’idea delle sue caratteristiche generali grazie alle informazioni di cui era in possesso Greta a riguardo.
-Quest’isola è chiamata anche Isola del Vento- aveva spiegato la navigatrice. -La sua posizione, appena oltre l’Hurricane Point, fa sì che questa terra goda dell’influsso delle tempeste di quel tratto di mare in maniera molto attenuata, ma costante. In pratica- aggiunse, cogliendo gli sguardi perplessi di compagni e compagne, che non avevano afferrato pienamente cosa la ragazza intendesse, -su quest’isola c’è sempre vento. A volte è più intenso, a volte meno, ma l’aria non si ferma mai-
Come a confermare le sue parole, una delicata raffica le scompigliò i capelli multicolori. Man mano che la costa si approssimava, inoltre, l’equipaggio poté osservare meglio coi propri occhi la fisionomia dell’isola. Il profilo appariva vagamente arrotondato: persino le scogliere limitrofe alla riva, anziché conservare il classico aspetto aguzzo e tagliente, sembravano come ammorbidite, e in particolare le rocce erano piene di buchi e piccole cavità, simili a tante ammaccature. Ciò avveniva, precisò Greta, a causa dell’azione erosiva del vento che, carico di salsedine, le lavorava costantemente, levigandole e modellandole con la stessa esperienza e dedizione di un artigiano che si dedica ai suoi manufatti.
-Che tristezza, però, non c’è nemmeno un albero…- esordì Mirage; abituata alle foreste innevate dell’isola su cui era nata e cresciuta, la piattezza di quel panorama la atterriva un poco. -Dubito che piante di grande taglia potrebbero sopravvivere a lungo, qui- disse Rey. -Con tutto questo vento si sradicherebbero dopo poche settimane-
-Rey, hai proprio centrato il punto- si complimentò la navigatrice; era una rarità sentirla aprir bocca non per denigrare, bensì per dire qualcosa di carino nei confronti di un compagno, ma dopo gli avvenimenti del giorno precedente aveva appunto rivalutato ampiamente il valore del vicecapitano e degli altri maschi dell’equipaggio.
-Gli alberi alti qui non avrebbero vita facile; quelli che c’erano sono caduti da tempo sotto la pressione continua dell’aria, e gli isolani evitano di rimpiazzarli con altri perché farebbero la stessa fine. I vegetali qui sono perlopiù erbe ed arbusti, e comunque piante che possano piegarsi con facilità senza spezzarsi-
Cominciavano a intravedersi difatti macchie di vegetazione tipicamente marittima, il cui profumo aromatico era sparso dalla brezza. Le note delicate della salvia si mescolavano con quelle più decise del rosmarino e quelle intense dei mirti. Keyra sorrise: quella era una vera e propria dispensa naturale, c’era tutto l’occorrente per insaporire i suoi piatti in mille modi diversi per molto tempo. Una volta a terra, non appena avesse avuto un attimo libero sarebbe andata a rifornirsi di erbe aromatiche.
-E quelle invece cosa sono?- domandò Ellesmere, indicando delle sagome longilinee che andavano delineandosi sulle colline più lontane. -Pale eoliche, credo- rispose Mark, strizzando un poco gli occhi per vedere meglio. -Beh, sarebbe un peccato se tutto questo vento andasse sprecato- considerò poi, con un sorriso. -Infatti, Mark, qui quasi tutta l’energia è proprio di derivazione eolica- tornò a parlare Greta. -Senza contare, ovviamente, l’utilizzo di mulini a vento e altri generi di turbine-
-Questo posto è una forza unica!- esclamò Iris. Il capitano era corso sulla prua della nave e aveva spalancato le braccia come a volare, affidandosi alla spinta contraria dell’aria per non cadere, mentre Kahir si divertiva in evoluzioni aeree.
L’atmosfera ventosa aveva riportato alla mente di entrambi i lontani tempi felici della loro infanzia, a Hiwa. Anche lì, infatti, i venti spiravano con molta costanza; per Iris, le brezze che li carezzavano ora avevano il sapore nostalgico di giornate di sole, di turbinii di piume multicolori e, soprattutto, della sua famiglia.
La famiglia in senso di legami di sangue, ovviamente. Ora i suoi parenti, se così potevano definirsi, erano un eterogeneo gruppo di ragazzi e ragazze, chi più strambo, chi meno, ma tutti ugualmente simpatici e, soprattutto, in grado di farla sentire a proprio agio tra loro nonostante li conoscesse da nemmeno un mese.
E, ancora più importante, ognuno di loro provava la sua stessa sensazione nei confronti degli altri compagni, un sentimento di comunione e, anche, di affetto, nonostante la scorza sotto cui si nascondevano alcuni.
Il dolce profumo delle ginestre fiorite, che ricoprivano i promontori sovrastanti le scogliere come tante pennellate gialle, investì la Blue Stormrider, deliziando l’equipaggio e accompagnandolo mentre entrava nel porto.

 

Il porto sorgeva un poco discosto dal paese, perciò, per giungervi, una volta attraccata la ciurma dovette imboccare una lunga strada polverosa che saliva verso le colline, lasciando la costa alle proprie spalle ed inoltrandosi nell’entroterra.
Man mano che avanzavano, poterono nuovamente confermare le caratteristiche dell’’isola che avevano già notato in precedenza: assenza di alberi, fatta eccezione per qualche ginepro dal tronco legnoso e numerosi oleandri dai fiori bianchi panna e rosa acceso (che non superavano in ogni caso i due metri e mezzo d’altezza) e la costante brezza, che andava intensificandosi man mano che ascendevano, giungendo alla cima esposta del colle.
Da lì, il panorama era incantevole: mentre il mare blu, variegato da bianche increspature di schiuma, rimaneva dietro di sé, davanti ai propri occhi si apriva una grande vallata verde, circondata da colline sulle quali svettavano le turbine eoliche che avevano visto dalla nave, le cui pale ruotavano con pigra costanza.
Al centro della valle, invece, circondata dai campi coltivati, sorgeva la cittadina verso la quale si stavano dirigendo.
L’ aspetto dall’alto era molto regolare ed ordinato. C’erano file e file di casette squadrate, dal tetto quasi piatto, ognuna distribuita su un singolo piano e dotata di un piccolo giardino recintato, punteggiato di colore dagli stessi oleandri selvatici che crescevano nelle zone incolte. Naoaki apprezzava molto quella disposizione razionale: l’organizzazione precisa delle abitazioni gli ricordava una enorme scacchiera. Chiunque avesse progettato quelle costruzioni doveva essere uno scacchista incallito come lui, oppure uno stratega nato.
Oltre quei quartieri, si poteva distinguere il centro cittadino, nel quale i palazzi si sviluppavano un po’ più in verticale ed avevano un aspetto più antico e decorato.
Proseguendo ancora c’era una struttura più bassa, simile ad un capannone o ad una fabbrica di qualche genere, se non fosse stato per l’assenza di ciminiere. A fianco di tale edificio si estendeva un lago abbastanza ampio e, come tradiva il colore delle acque a metà tra il turchino e lo smeraldo, anche abbastanza profondo.
Proprio nella zona centrale del paese si stava svolgendo una sorta di fiera, come suggeriva la presenza di tendoni bianchi a punta allestiti per le vie. -Ehi, cosa sono tutte quelle macchie in cielo?- domandò Diana, scrutando da dietro le lenti degli occhiali con il suo sguardo allenato di vedetta.
Effettivamente, osservando meglio, in un campo poco distante dalla festa, gremito di gente, si potevano notare, sia a terra che ad altezze diverse in aria, numerose forme colorate; tuttavia, la distanza impediva di definire di cosa effettivamente si trattasse.
-Mah, non saprei… magari potrebbero essere degli ufo, voi che dite?- disse ironicamente Kaith, beccandosi un’occhiataccia da parte della ragazza. -Spiritoso, il capelli a spillo…- sibilò tra i denti.
-Invece di sparare idiozie, avviciniamoci e guardiamo- propose Alex gelidamente, fulminando entrambi con lo sguardo. Sopportava a fatica i battibecchi che si scatenavano ogni due per tre tra Diana e Kaith, o Diana e Greta, o Kaith e Greta, o addirittura tra tutti e tre contemporaneamente.
La irritava profondamente quando le persone usavano l’ironia per prendere di mira gli altri e farli innervosire, ridendo alle loro spalle. La irritava profondamente la gente che si divertiva. Anzi, la irritava profondamente la gente e basta.
Fosse stato per lei, sulla nave avrebbe volentieri dormito sul ponte piuttosto che condividere la camera con le altre, ma la prospettiva di lasciare le sue cose (e, soprattutto, i suoi soldi) incustodite, anche in mezzo a gente conosciuta e di cui si fidava, la infastidiva molto di più della convivenza forzata.
In ogni caso, appena poteva, si ritirava in disparte, riordinando i suoi appunti sui Re del Mare, e allora nessuno la disturbava. Almeno, ognuno rispettava i suoi spazi. Era già una cosa positiva.

 

Procedendo verso il paese, la ciurma ebbe modo di scoprire il motivo di tanto fermento. Mentre percorrevano il tratto finale della strada, che conduceva direttamente nella piazza centrale, un gruppo di bambini urlanti corse loro incontro, trascinando dietro di sé nastri multicolori che svolazzavano per via del vento. -Si direbbe che ci sia qualche genere di festa- osservò Rey, scansando uno dei piccoli ridenti che era quasi andato a sbattere contro di lui nella foga del gioco con i suoi amici.
Iris si avvicinò al gruppetto con un sorriso dolce. -Ciao,- esordì, -siamo dei marinai di passaggio. Potete indicarci un posto in città dove fare rifornimento di provviste prima di partire?-
Il bambino le puntò gli occhi addosso, mentre imitato dai compagni faceva scorrere lo sguardo anche sugli altri membri della ciurma, decidendo se dare confidenza o meno a quegli stranieri. Non lo biasimava certo: l’aspetto di alcuni di loro, come Rey, Kaith e Mark, con le loro cicatrici impresse sul volto, o Alex, con le sue zanne di serpente che sporgevano dal labbro, o ancora Naoaki e Greta e i loro tatuaggi, forse non era dei più rassicuranti.
Da ultimo, il ragazzino si soffermò su Kahir, che se ne stava comodamente posato sulla spalla del capitano; il falco piantò imperterrito gli occhi gialli nei suoi un po’ intimoriti, come se si trattasse di una sfida. Si poteva quasi pensare di leggere sul suo becco un sorriso beffardo, soddisfatto di esercitare quell’influsso.
-Tranquillo, non morde mica- lo rassicurò la mora, guardando storto l’animale. -Smettila di fare lo scontroso, Kahir, mi fai fare la figura della maleducata- lo apostrofò. Lui pigolò un poco risentito, arruffandosi le piume azzurre delle ali con orgoglio, ma comunque distolse lo sguardo.
Al sentire di non essere più sotto l’esame di quelle sfere gialle ed ipnotiche, il piccolo si rilassò. -Allora, puoi aiutarci?- lo incoraggiò Mirage, che nel frattempo si era coperta la testa con il cappuccio del mantello per camuffare le orecchie di tigre.
-Certo!- rispose lui, distendendosi in un sorriso che si trasmise immediatamente anche a tutto il gruppo dei suoi amichetti. -Giù in città c’è un bazar ben fornito dove potrete trovare un po’ di tutto; molto spesso gli equipaggi delle navi che passano di qui si fermano a farci un giro per acquisti vari-
-Oggi poi è un giorno speciale!- aggiunse un altro bambino, più piccolo del primo, facendosi avanti con gli occhi illuminati dalla gioia. -Come mai?- chiese Ellesmere incuriosita. -C’è la festa degli aquiloni- spiegò un altro ancora. -Non si parla di altro da giorni, ormai! È un grande evento che viene organizzato una volta all’anno per festeggiare la fine della stagione degli uragani-
-Stagione degli uragani? In che senso?- si intromise Greta, avida di ottenere informazioni in più rispetto a quelle già in suo possesso su quella terra.
-Vedete,- cominciò a parlare l’ultimo dei bambini, quello che appariva il più grandicello, -su quest’isola il vento c’è sempre, non è una novità per ogni navigatore che la visita. In genere è una brezza simile a quella di oggi, ma c’è un periodo della durata di un mese durante il quale essa si intensifica di molto e, in particolare, si scatenano violente tempeste praticamente ogni giorno. Piogge pesanti e, soprattutto, i tornado-
Al sentir nominare le trombe d’aria, il più piccolo sgranò gli occhi, venendo inspiegabilmente assalito da un tremito incontrollabile. Sembrava sul punto di cadere a terra e sentirsi male. Il compagno che gli era accanto, il primo che aveva parlato ad Iris, gli strinse le spalle in un abbraccio affettuoso per calmarlo. Probabilmente i due erano fratelli, infatti avevano i capelli dello stesso inusuale colore, un rosso particolarmente scuro, quasi tendente al viola-bordeaux.
-Sì, i tornado- riprese l’altro ragazzino, come se nulla fosse accaduto. -In ogni caso, non abbiamo da preoccuparci. La gente di qui ormai ha imparato a convivere con questa minaccia. Ogni casa è costruita su un piano solo in modo da limitare i danni nel caso in cui venisse colpita e, soprattutto, ha una cantina sotterranea dove possiamo rifugiarci in caso di pericolo. Ciò non toglie- aggiunse, facendosi un poco più serio, -che a volte la violenza dei fenomeni è inaudita e causa distruzioni importanti. Gli unici edifici che hanno sempre retto inspiegabilmente a tutte le tempeste che hanno fronteggiato sono quelli del centro, il che è strano, siccome sono anche i più antichi! Eh, una volta sì che sapevano come costruire bene- sospirò.
-Comunque, la stagione degli uragani si è appena conclusa e, terminate le riparazioni ai danni, per festeggiare organizziamo sempre una grande fiera in cui, oltre a commerciare vari prodotti, mettiamo anche in mostra gli aquiloni che noi bambini e ragazzi costruiamo con i materiali che troviamo in giro dopo le tempeste-
-Stupendo!- esclamò Iris. -Allora andiamo subito a farci un giro!- Il suo entusiasmo era paragonabile a quello degli isolani; non ci metteva molto a farsi contagiare, come al solito.
Alex, al contrario, sbuffò sonoramente. Una festa. Dunque i suoi timori si concretizzavano. Già il notare tutte quelle macchie variopinte da lontano le aveva ferito gli occhi (detestava anche i colori che non fossero il nero), ma avere la conferma che sarebbero andati in contro ad una allegra e spensierata celebrazione paesana la rendeva oltremodo nervosa. Avrebbe cercato di mantenere la calma e trattenersi dal fare una strage. Forse.

 

Seguendo il gruppetto di bambini, che nel frattempo avevano ricominciato a rincorrersi sventolando i nastri, la ciurma giunse finalmente in città.
Effettivamente, mano a mano che si approssimavano, poterono constatare che il cielo era ricolmo di aquiloni di ogni forma e colore. C’erano quelli classici a forma di rombo, con lunghe code di tutti i colori dell’iride, ma anche altri che per la loro complessità potevano quasi apparire delle statue fluttuanti nell’aria, per poi finire con un altro tipo, tondeggiante e gonfio, simile a un paracadute e con due o più cavi, che alcuni ragazzi intorno ai vent’anni si divertivano a pilotare in complicate evoluzioni.
-Vedo che vi divertite molto- disse Iris al maggiore dei due fratelli dai capelli rossi, che nel frattempo si era presentato loro come Shia. -Che fanno quelli?- gli domandò poi incuriosita, indicando i giovani.
-Oh, quelli sono aquiloni particolari, come hai notato- le rispose il piccolo, che nonostante l’incertezza iniziale ormai li aveva presi in simpatia, Kahir compreso. -Sono molto più manovrabili rispetto agli aquiloni classici- spiegò con entusiasmo. -Pensa che da un po’ di tempo a questa parte alcuni hanno iniziato a prendere vele di quel tipo particolarmente grandi e farsi trainare con dei carrelli o con delle tavole sul lago; lo considerano una sorta di sport, credo-
-Che forza!- esclamò il capitano con gli occhi che scintillavano. -Capirai che divertimento, farsi trascinare da un aquilone…- la sminuì Diana, scettica come sempre davanti alle idee un po’ strane. Ellesmere, dal canto suo, era affascinata. Doveva essere una sensazione fenomenale, come volare, galleggiare nell’acqua grazie alla spinta dell’aria… Per i possessori di un frutto del diavolo, che non avevano più la prima di queste capacità, poteva essere un’alternativa interessante.
-Saremmo persi se non ci fosse il vento- commentò uno dei bambini. -Già, è vero. Sapete- continuò Shia, che aveva preso gusto a parlare, -oltre a farci divertire, lo usiamo anche per ricavare energia pulita. Ogni giorno nel laboratorio vicino al lago i ricercatori studiano modi per sfruttarne al meglio la potenza e convertirla con il minor spreco possibile. Il mio fratellone, che lavora con loro, sta addirittura cercando un modo di imprigionare la forza di un tornado!-
-Smettila, Shia, Shiro è solo un visionario- lo schernì il più grande del gruppo -e a parte tante belle parole non combinerà mai niente di buono-. L’altro gonfiò le guance risentito. -Sei solo invidioso perché il mio fratellone è una persona intelligente, a differenza del tuo, che si è arruolato in Marina perché a scuola non sapeva combinare niente!-
Mentre i due continuavano a battibeccare (Shia sembrava avere una stima assoluta nei confronti del fratello maggiore, che stando alle sue parole doveva avere circa vent’anni), entrarono in città. Qui decisero di dividersi per fare un giro alle bancarelle della fiera che più interessavano ad ognuno, per poi ritrovarsi al momento di ripartire nello spiazzo degli aquiloni.
Ellesmere, Greta e Mirage si diressero subito verso alcune bancarelle che vendevano alcuni curiosi oggetti, semplici gioielli e statuette fatte con le pietre della spiaggia e del fondo del lago. Mark si avviò verso un banco che esponeva alcune erbe curative e prodotti medicinali naturali, ma invertì la sua direzione di marcia non appena due ragazze giovani e abbastanza ben piazzate lo oltrepassarono; dopo averci parlato un poco (pareva gradissero le sue moine da donnaiolo, da come ridacchiavano), concordarono di andare a bere qualcosa assieme, allontanandosi a braccetto a tre.
Rey, Kaith e Alex si piazzarono davanti ad uno stand che esibiva numerosi tipi di coltelli decorati, e la ragazza iniziò una strenua battaglia di contrattazione col venditore per accaparrarsene uno particolarmente bello, dal manico in legno scuro finemente intagliato e con la lama variegata di nero e bianco. Naoaki li osservava con distacco: non amava le armi da taglio, erano fatte per lo scontro corpo a corpo, in cui lui non era particolarmente ferrato. Se ci fosse stato un espositore di pistole si sarebbe entusiasmato un po’ di più, ma da una fiera di paese non ci si poteva aspettare granché in materia, ovviamente.
Iris e Keyra erano rimaste invece assieme a Shia, che nel frattempo aveva congedato il gruppo di amichetti. Era ancora rosso in viso per via della discussione con l’altro ragazzino riguardo suo fratello e teneva gli occhi bassi, con un’espressione ostinata.
-Vuoi molto bene a Shiro, vero?- gli domandò Iris. Capiva bene come si sentiva: anche lei si infervorava se qualcuno per caso scherniva Aisha, a maggior ragione che sua sorella era più piccola di lei. Il bambino alzò lo sguardo. -Lui è in gamba e sono sicuro che le sue idee avranno successo, una volta che le avrà perfezionate!-
-Non ne ho dubbi- disse Keyra dolcemente. Quel piccolo le faceva una tenerezza immensa, e le ricordava tanto i suoi amici di prima dell’arrivo della Marina. Ciò le fece tornare alla mente un piccolo gioco che aveva creato per divertirsi assieme a loro e pensò che sarebbe potuto piacere anche a lui. -Ehi, vuoi vedere una cosa interessante?- chiese, sempre sorridendo. Lui annuì, guardandola incuriosito.
Keyra stese i palmi, concentrandosi per richiamare i suoi poteri, poi evocò su ciascuno di essi un piccolo turbine, in tutto e per tutto simile a una tromba d’aria in miniatura. Shia la guardò a bocca aperta. -Hai mangiato un frutto del diavolo?- la interrogò stupefatto. -Più o meno…- disse lei con un sorrisino storto.
-Dammi la mano- gli disse poi. Lui tese tremante la manina e lei vi depose uno dei due tornadi, che continuò a ruotare imperterrito. Dopo un attimo di incertezza, lo stupore del bambino si trasformò in euforia. -Sto tenendo in mano un tornado!- esclamò esaltato.
Le ragazze scoppiarono a ridere, osservando lui che si divertiva con quel gioco alternativo. Aveva infatti scoperto che, infilando un dito al centro, la colonna d’aria si spezzava in due, per poi riformarsi non appena lo toglieva.
Dopo un po’, il turbine si esaurì, ma l’entusiasmo di Shia non diminuì affatto, anzi. -Lo sai che questo potrebbe aiutare tantissimo Shiro? Oh, devo assolutamente presentarvi a lui! Andiamo, vi porto a casa mia, così ve lo faccio conoscere!-
Era talmente raggiante che non seppero rifiutare. Inoltre, anche loro erano curiose di vedere questo Shiro tanto nominato e, magari, il laboratorio in cui lavorava, sarebbe stata un’esperienza indubbiamente interessante, perciò si avviarono alle spalle del loro piccolo amico.

 

Diana si aggirava tra le bancarelle, senza prestarvi tuttavia particolare attenzione. C’era qualcosa che la inquietava, un presentimento, un ricordo affiorato ascoltando le discussioni dei ragazzini.
…il mio fratellone è una persona intelligente, a differenza del tuo, che si è arruolato in Marina perché a scuola non sapeva combinare niente!
Effettivamente c’era una somiglianza notevole… Non tanto nei capelli, di un verde molto più cupo, quanto negli occhi, di un particolare blu venato di pagliuzze dorate. Un colore decisamente particolare. Possibile che quel ragazzetto, il maggiore del gruppetto di amici, fosse veramente il fratello di…
No, probabilmente era solo la sua immaginazione che le giocava un brutto tiro. Però…
“Sai, Dia, conosciuto un tipo strano durante un viaggio. Uno che ha più o meno la nostra età, eppure fa già il ricercatore. Mi pare di aver capito che studi i tornado o qualcosa del genere…”
Doveva vederci chiaro. E in fretta. Perché, se i suoi sospetti erano fondati, allora era il caso che si sbrigassero ad andarsene da quell’isola, perché potevano essere in serio pericolo.
Era così assorta nei suoi pensieri che non si accorse di essere sulla traiettoria di camminata di un’altra persona finché non andò a sbatterci contro. -Guarda dove vai, la prossima volta!- gli urlò contro, piuttosto seccata.
Una volta alzato lo sguardo, però, si pentì quasi di essere stata così sgarbata. Di fronte a lei c’era un ragazzo ventenne, dal fisico asciutto ma atletico, i cui occhi azzurro scuro erano in magnifico contrasto con i capelli rosso cupo, che spuntavano da sotto un berretto grigio antracite con visiera. -Scusa, mi ero distratto- rispose lui con voce dolce e pacata, portandosi una mano alla testa e sfoderando un sorriso disarmante.
A Diana mancò un battito. -Ehm… beh, ecco… in realtà anche io non stavo guardando dove andavo…- balbettò confusamente, mentre una voce nella sua testa le gridava qualcosa tipo: “Diana, smettila di fare la cogliona!” (anche il suo subconscio era particolarmente fine nell’esprimersi). E che diamine, lui le era andato addosso e adesso era lei stessa a sentirsi in colpa?
Il motivo di quelle scuse sconnesse con cui se ne era uscita era lampante. Infatti, sebbene la mora non fosse il tipo da interessarsi ai ragazzi (giudicava l’amore la principale causa di ogni debolezza, per la precisione), doveva ammettere che quel tipo era decisamente attraente, e i suoi modi gentili erano altrettanto pericolosamente piacevoli.
Lui le sventolò delicatamente una mano davanti alla faccia, vedendola così imbambolata. -Ehi, tutto a posto?- le domandò, un poco preoccupato di averle seriamente causato dei danni. -Sì, sì- si affrettò a replicare lei, spostando lo sguardo da un’altra parte.
-Meno male- disse lui, regalandole un altro sorriso smagliante che la fece sciogliere letteralmente. Stava cercando qualcosa, qualsiasi cosa da dirgli per poter prolungare un poco quella “chiacchierata”, quando una voce maschile richiamò l’attenzione del giovane.
-Ehi, Shiro, che stai facendo? Non andavamo di fretta? Avevi detto che…- ma la frase rimase in sospeso non appena Diana si voltò a guardare l’interlocutore. E la vedetta, incontrando il viso di chi aveva parlato, rimase interdetta. Oh, no.
Si girò e cominciò ad allontanarsi il più speditamente possibile, sperando che lui non l’avesse notata; aveva avuto l’accortezza di distogliere subito gli occhi nel momento stesso in cui aveva visto quel lampo blu e dorato sul quale stava riflettendo prima del piccolo incidente con Shiro (i capelli parlavano chiaro, era lui il fratello di Shia).
Dovevano andarsene. Subito.
Se la Marina arrivava a mobilitare un membro di un reparto segreto, c’era sotto qualcosa di grosso, e in qualche modo sospettava avesse a che fare con la ricerca che si svolgeva nei laboratori di Kaze. E lei non voleva andarci di mezzo, né intendeva coinvolgere Iris o qualche altro membro della ciurma.
Aveva già intravisto la bancarella a cui si erano fermate prima le altre ragazze, quando un lieve tocco sulla spalla la fece voltare di scatto, solo per venire colpita da un violento pugno in faccia, completamente inaspettato, che la spedì a terra. Nell’impatto con le dure mattonelle, avvertì qualcosa sfuggirle da sotto il colletto della camicia, ma prima di realizzare cosa fosse un nuovo colpo, stavolta al collo, la raggiunse.
Prima di perdere i sensi, sentì qualcuno che le afferrava i polsi, trascinandola in un vicolo laterale, lontano dalla folla che, ignara, continuava a fare acquisti.

 

-Mamma, sono a casa!- esclamò Shia, spalancando la porta di una delle casette squadrate che avevano osservato dalla cima della collina. -Permesso…- esordì Keyra, prima di mettere un piede nell’uscio (Iris invece aveva subito seguito il piccolo nella sua abitazione).
-Ciao, Shia- gli rispose la madre, una donna che doveva avere sui quarantacinque anni, anche se ne dimostrava molti meno per via del fisico scarno e minuto; anche lei, come i figli (il più piccolo era rincasato prima del fratello, quando si erano separati dal resto del gruppo), portava una chioma di capelli rosso bordeaux che le ricadeva morbidamente sulle spalle.
-Loro chi sono?- domandò poi, squadrando le due ragazze che accompagnavano il figlio con fare bonario e leggermente rassegnato. Evidentemente non doveva essere la prima volta che portava gente sconosciuta a casa.
-Sono delle esperte di tornado che passavano per caso sull’isola- disse lui raggiante. -Esperte… non esageriamo, è più una sorta di hobby- fece Iris, strizzando l’occhio al suo “mentore” in segno di complicità. Keyra, invece, arrossì violentemente al sentirsi dare dell’“esperta di tornado” solo per via dei suoi poteri. -Volevo presentarle a Shiro, magari possono aiutarlo nella sua ricerca. A proposito, lui è a casa?-
-No, è uscito per andare al laboratorio una mezz’oretta fa- rispose la donna scuotendo il capo. -Va beh, vorrà dire che lo raggiungeremo lì- replicò lui, scrollando le spalle. Poi aggiunse, rivolto al fratellino: -Shin, tu vieni con noi?-
Il piccolo lo guardò negli occhi, poi scosse vivacemente la testa. -No, quel posto mi fa paura. A volte si sentono rumori strani, e poi se qualche macchina di quelle si rompe e si scatena una tempesta dentro il laboratorio…-
-Sei sempre il solito fifone, lo sai che è tutto tranquillo e sicuro!- lo canzonò il maggiore, tornando ad avviarsi verso l’uscio. -Allora noi andiamo, mamma!- diede di nuovo voce alla genitrice.
-Fai attenzione! E voi due tenetelo d’occhio, si caccia sempre nei guai- aggiunse, strizzando l’occhio a Keyra e Iris. -Non si preoccupi, signora, è in buone mani!- replicò Iris con il sorriso a trentadue denti della tipica persona che predica bene e razzola male, dato che lei per prima conosceva la sua tendenza naturale a creare contrattempi vari.
Appena usciti, richiamò Kahir con un fischio. Il falco, che era rimasto fuori, le si posò sul braccio come al solito. -Avvisa gli altri che andiamo al laboratorio; prova a farti capire, se no cerca Diana e fai portare il messaggio a lei-
Il pennuto annuì, poi con un battito d’ali deciso si rialzò in volo, dirigendosi verso il centro della città alla ricerca della vedetta. Aveva infatti ben poca voglia di sforzarsi per farsi comprendere dalla ciurma, dunque avrebbe gentilmente scaricato il peso del messaggio da consegnare per poi andarsene a fare un giro per conto suo, godendosi le correnti ascensionali.
In poco tempo arrivò alla fiera, cominciando a volare in circolo sopra i tendoni per cercare la ragazza. Tuttavia, dopo aver sorvolato numerose volte tutta l’area senza risultati, cominciò a rassegnarsi a dover scendere per “parlare” direttamente con tutti gli altri (che aveva già individuato).
Mentre continuava la perlustrazione rifletté un poco sulla situazione. Agli occhi del falco parve un strano che Diana non fosse a rapporto; di solito si manteneva disponibile e facilmente rintracciabile proprio per la sua funzione di intermediario. In un primo momento, comunque, non diede troppo peso alla cosa. Forse, si disse, anche lei aveva avuto bisogno di andare a “sgranchirsi le ali”. Avrebbe dovuto proseguire inutilmente la sua ricerca per altri venti minuti prima di realizzare che la sua amica era scomparsa nel nulla.

 

-Ce l’ho fatta!- esclamò Alex trionfante, brandendo il nuovo coltello con orgoglio. Dopo una lunga discussione, infatti, il venditore gliel’aveva ceduto ad un prezzo palesemente disonesto (sbilanciato a favore della studiosa, ovviamente).
-Non mi sorprende, visto che verso la fine hai anche minacciato di morte quel pover’uomo…- commentò Kaith, alzando un sopracciglio leggermente contrariato. -Se lo meritava- lo congelò la mora, mentre lui continuava a scuotere la testa. -200 berry per questa bellezza sarebbe stata una spesa irragionevole, sono stata costretta a contrattare-
I due continuarono a discutere per un bel pezzo, mentre seguiti da Rey, Greta, Ellesmere e Mirage si avviavano verso l’area della fiera adibita alla ristorazione per mettere qualcosa sotto i denti. Quando furono abbastanza vicini, notarono che intorno al bancone allestito per l’occasione c’era un capannello di gente che rideva divertita. Il gruppo si avvicinò per capire cosa stesse succedendo, ma non fu necessario fare grandi sforzi, poiché un ragazzo, visibilmente alticcio (come denotavano le marcate striature rosse sulle sue guance) balzò di colpo sull’asse, quasi rovesciandolo.
Ci misero poco a riconoscere che quel ragazzo era Mark. -Ciao, ragazzi! Venite a bere qualcosa anche voi, dai!- gridò lui non appena li vide, barcollando leggermente e stringendo in mano un boccale di birra mezzo pieno. -Mark, scendi di lì, ti farai del male!- esclamò Ellesmere, preoccupata principalmente che il medico attirasse troppo l’attenzione su di sé. Ci fosse stato qualche Marine nei paraggi avrebbero potuto passare dei guai, dato che erano praticamente tutti dei ricercati. -Appunto, Esmer, lasciamo che si faccia del male, sarà divertente!- ghignò Greta, allettata dall’idea; la sua espressione non fece altro che inquietare maggiormente la rossa.
Gli occhi verdi del moro, annacquati dall’alcool, si posarono sulla ragazza. -Oh, Ellesmere, tesoro, sei così dolce a preoccuparti per me… Vieni, balliamo un po’ assieme- biascicò, tendendole una mano. Poi, alzando la testa per farsi sentire da tutti, urlò: -Anzi, balliamo tutti! FACCIAMO FESTA, GENTE!- e scoppiando a ridere cominciò a muoversi, improvvisando i passi di una danza frenetica al ritmo di una musica che risuonava solo nelle sue orecchie. Dopo pochi movimenti, però, chiuse gli occhi, cadendo dal bancone. Quando lo raccolsero, si accorsero che russava profondamente.
-Oh, idiota di un deficiente- sbottò Alex, che aveva già sollevato un braccio per colpire; se non fosse svenuto per conto suo, ci avrebbe pensato lei a stenderlo. Era proprio quella caciara che voleva evitare, e la felicità procuratale dall’ottimo affare appena concluso col venditore di coltelli si era già cancellata dalla sua mente.
Mentre Rey si caricava il compagno esanime in spalla, Mirage si avvicinò al bancone, dove la folla si stava lentamente sparpagliando, tornando ai propri uffici. -Mi dispiace, il nostro amico non intendeva causare problemi- si scusò con il gestore del bar. Quello alzò le spalle, chiudendo gli occhi con espressione rassegnata. -Tranquilla, ho visto di molto peggio rispetto ad un ragazzo ubriaco negli anni-
-Per curiosità… quante birre si è scolato, prima di ridursi così?- domandò Greta, accennando col capo al medico, che dormiva beatamente. -A dire il vero, credo avesse bevuto solo quel mezzo boccale che gli avete visto in mano- rispose il barista. -COSA?!- La navigatrice era scioccata, così come gli altri membri della ciurma. -Solo quello?- mormorò Ellesmere, sgranando gli occhi. Kaith si intromise nella conversazione con una risatina. -Ecco un soggetto che non regge l’alcool- commentò divertito.
Uno stridio concitato sopra le loro teste richiamò l’attenzione al cielo. -Ehi, è Kahir. Tutto a posto, amico?- gli chiese Mirage, che era sempre molto empatica nei confronti degli animali. Il falco dondolò la testa un po’ di lato. -Così così?- provò ad interpretare Greta. Un pigolio affermativo uscì dalla gola del volatile; poi iniziò a svolazzare in complicati ghirigori in aria.
-Cosa vuoi dirci, Kahir?- gli domandò Rey, che non comprendeva cosa intendesse comunicargli il compagno alato, ma intuiva che qualcosa lo rendeva inquieto. -È successo qualcosa a Iris?- gli chiese. L’altro scosse il capo. -Keyra?- Un altro segno negativo. Poi, come colto da un’illuminazione improvvisa, scese a terra e si mise a tracciare dei segni con la zampa.
Il vicecapitano lo lasciò fare, poi si avvicinò a leggere una volta che ebbe terminato. Nella polvere erano incise tre forme simili a persone stilizzate, delle quali una più piccola, una con una specie di cappello da cuoco in testa e una con qualcosa posato sul braccio. Una freccia partiva dal gruppetto e si dirigeva verso una forma squadrata, vicina a una macchia indistinta e piena di ondine.
Ci vollero un po’ di sforzi e tentativi, ma alla fine riuscì a decifrare il messaggio: il bambino che avevano conosciuto in mattinata, Keyra (la cuoca di bordo) e Iris (il suo “trespolo” preferito) si erano diretti al laboratorio vicino al lago. Una volta capito il primo messaggio, il falco lo cancellò con una zampa e ne tracciò uno nuovo. La sua intelligenza e abilità nel disegno, nonostante fosse un animale, era ammirevole.
Stavolta sulla terra c’era una sola forma di persona, che portava una katana appesa al fianco. -Diana?- domandò il moro. Un cenno affermativo, dopodiché Kahir continuò a scrivere. Una freccia, poi un punto interrogativo. -Diana… dov’è?- Il falco stridette, come a ripetergli la domanda.
-Ragazze, qualcuna di voi ha visto Diana per caso?- chiese il giovane alle compagne. -Ehi, grazie di avermi calcolato!- protestò Kaith. -Taci, tu- sbottò Alex risentita. -Quindi, fammi capire, il nostro capitano e la cuoca se ne sono andate a fare una allegra scampagnata al lago, mentre la vedetta ha deciso di far perdere le sue tracce?- Sbuffò, spostandosi il ciuffo dagli occhiali.
-No, non l’ha deciso- disse una voce alle sue spalle. Tutti i membri della ciurma si voltarono, trovandosi faccia a faccia con Naoaki. Trasalirono non appena realizzarono che il cecchino non era con loro, un attimo prima, né lo era stato durante il tragitto dal banco dei coltelli. Doveva essersi allontanato senza farsi notare, ed era riapparso altrettanto silenziosamente.
Comunque, non era quello il problema principale. Dalla mano chiusa a pugno del giovane pendeva una collana con un piccolo pendente d’argento raffigurante il simbolo della Marina e un piccolo zaffiro di forma sferica. -E quello sarebbe?- chiese Greta con indifferenza. -Se vai in giro a rubare gioielli ai marine non vedo che cosa debba centrare con la nostra persona mancante-
-Non è un gioiello qualsiasi, è il ciondolo di quella che tu hai definito la “nostra persona mancante”- ribatté con freddezza il cecchino. -E per la cronaca, Diana non ha deciso di andarsene. È stata catturata. E se non ci sbrighiamo a raggiungere quel laboratorio, tra non molto Iris e Keyra faranno la stessa fine-

 

 

 
Angolo dell'autrice

Rieccomi, per la vostra gioia! -ma anche no -.-"-
Stavolta sono abbastanza puntuale, dai, fine luglio si era detto e fine luglio è stato. Tra l'altro sono particolarmente soddisfatta di questo capitolo, non solo perché sono stata puntuale con la scrittura, ma anche perché... boh, sinceramente non lo so neanch'io ;)
Si tratta infatti di un misto tra descrizioni di paesaggi ameni dall'aspetto mediterraneo mixato con una città a rischio tornado (le cantine rifugio le ho prese dall'America), chiacchierate sugli aquiloni (lo "sport" menzionato ovviamente è il kitesurf... non ho potuto resistere e non inserirlo, è troppo figo e divertente XD) e citazioni (la frase che Kaith dice scherzosamente riguardo a come il povero Mark regge l'alcool è presa da "Ritorno al futuro- parte III", la scena era troppo simile :D). Mi sembra però di aver inserito anche una bella dose di suspance e misteri... chi è il tizio che Diana pare conoscere (e che peraltro, vi anticipo, originariamente quando ho creato lei non esisteva nemmeno)? Perché l'hanno rapita? Come fa Naoaki a sparire e riapparire come se nulla fosse? -perché ti dimentichi di inserirlo, genio?- No, Coscienza, non me lo sono dimenticata, nel prossimo capitolo sapremo dove è stato -uffa, speravo di averti colto in fallo...- Aspetta e spera, tu sei il mio subconscio, so sempre come fregarti :D Ah, se non si fosse capito, i nomi di Shin, Shia e Shiro non sono stati scelti a caso; essendo fratelli e molto simili tra loro, ho scelto anche nomi che si assomigliassero di proposito. E infine, la cosa più originale di tutte, il nome dell'isola... Kaze infatti, stando al traduttore, dovrebbe significare vento (sì, viva l'originalità, lo so, non vogliatemi male)
Beh, non posso fare altro che ringraziarvi tutti come sempre e darvi appuntamento a settembre con il prossimo capitolo (per fine agosto non penso di riuscire a metterlo perché dovrei essere via *incrocia le dita*). Si cominceranno a chiarire un po' di cose... dopodiché penso inizieranno le mazzate! ;)
Un bacione a tutti,

Swan

  
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