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Autore: Sachiko_    25/01/2009    2 recensioni
Frerard... "E poi lo vidi, appoggiato al muro dell'entrata mentre fumava una sigaretta dall'odore speziato.La sua faccia rassomigliava a quella di un angelo, no forse di un diavolo ed era bianchissima, perfettamente levigata. I tratti erano leggeri ed il suo volto infondeva serenità. I capelli neri ebano si appoggiavano dolcemente sulla fronte rilassata e rendevano la sua pelle ancora più bianca." Buona lettura e...siate clementi!!!
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The Fairest Rose

 

Chapter 17

 

..Pregherò in silenzio, sempre in silenzio. Per noi non esiste la luce, solo le tenebre. Mia crudele tomba, mia rosa nera. Le mie ferite sono infette. Il tuo fantasma continua a torturarmi…

 

Era un labirinto dal quale non volevo trovare una via d’uscita. Le enormi pareti sulle quali sbocciavano rose sembravano soffocarmi e a tratti capaci di provare sentimenti ed emozioni sempre contrastanti. A volte credevo mi odiassero e volessero distruggermi, certe volte sembravano adorarmi o semplicemente non si curavano del mio passaggio. Il terreno era soffice e diverse foglie secche rendevano il sentiero facilmente percorribile da piedi umani. Ero scalzo. Una nebbia leggera rendeva impossibile la visione del cielo sopra la mia testa. Solo il grido di alcune cornacchie mi riconducevano alla vita mortale. Cosa stavo inseguendo? Alcuni petali mi facevano da guida lungo l’infinito labirinto senza fine. Gli enormi arbusti erano irti di spine che rendevano vermiglio il mo braccio destro. Non provavo dolore. Volevo solo raggiungere la meta. Il centro del labirinto. Alcune grida sommesse, o sorrisi, mi fecero rabbrividire. Mi guardai le mani bianchissime, come di un morto. Erano davvero le mie mani? Quando pensai di essermi irrimediabilmente perso vidi una figura a pochi passi da me. i capelli lunghi e di un rosso vivo le scendevano fino in terra. Il suo vestito di broccato nero non lasciava intravedere la sua carne nuda. Ma era bellissima. Provai a parlarle. Dalla mia bocca non uscirono parole. Neanche una. Lei  però sembrò udirmi e si girò lentamente. Molto lentamente. Mi guardò. Lo sguardo malizioso si tinse di un sorriso maligno appena accennato. I suoi occhi erano neri. La sua pelle innaturalmente eburnea.

 

 

Mi svegliai di soprassalto. Mi guardai affannosamente intorno e riconobbi la mia stanza. La mia chitarra, i miei libri, il mio mondo. Ero sudato e tremavo di paura. Era sicuramente stato un brutto incubo, ma il cuore mi batteva forte e non potevo arrestarlo. Rimasi prono sul letto nella tipica posizione da dormiente ad ascoltare il mattino che finalmente mi stava accarezzando con i primi raggi del mattino riscaldandomi dolcemente. Percepii una presenza vicino a me. pensai subito a mia madre. Subito cercai di ricordarmi come ero riuscito a trascinarmi fin qui in quelle condizioni. Davvero non me lo ricordavo. Mentre cercavo di rammentare. Sentii la presenza togliere dalla custodia la mia fender, quella che avevo comprato con i soldi guadagnati la scorsa estate sudando come non mai per recuperare le palle da tennis. Poi si sedette sul letto e incominciò a suonare una dolce melodia.

“..Hand in mine into your icy blues and then i sad to you we could take to the highway…”

Era la mia canzone. E Gee me la stava dedicando. Mi girai a guardarlo. Il suo viso era concentrato sugli accordi da suonare, ma sembrava felice di poter cantare. I capelli spettinati gli ricadevano irregolarmente sulle gote leggermente arrossate e i gli occhi verdi erano leggermente arrossati ma terribilmente vivaci e lucidi. Si girò verso la mia direzione.

“ Scusa non volevo svegliarti come stai?”

Aveva smesso di suonare e sembrava meno rilassato. Era molto preoccupato. Cosa ho fatto per meritarti? Pensavo.

“ Tutto bene grazie”

 Mi stirai energicamente. Una fitta al torace mi fece subito rabbrividire e ritornai sotto le coperte per non fargli vedere la mia smorfia di dolore. Delicatamente allora Gee mise sulla scrivania lì di fianco la chitarra e scostò maldestramente la coperte che mi coprivano perfino i capelli e si infilò nel mio letto. Quante volte avevo sognato questo momento? Il momento di stringerlo fortemente tra e mie braccia e sussurrargli quanto è importante per me? ormai non tenevo più il conto. Ma ancora una volta fu lui ad aggirarmi un braccio lungo la vita ed accarezzarmi ogni zona del mio corpo che doleva. Al passaggio delle sue mani ogni dolore scomparve ed accrebbe la mia eccitazione ed il mio amore verso di lui.

“ chi ti ha fatto questo?” gemette quasi con un filo di rabbia che tentò di reprimere.

“ Non lo so non li ho visto in faccia”

“ Merda”

Cosa pensava di fare? Non osai immaginarmelo. In quel momento tutto quello che mi bastava era averlo al mio fianco. Vicino a me. per sempre se era possibile. Lo guardai dal basso. Il suo mento era contratto in modo innaturale. Era furibondo ma rimaneva calmo e lucido allo steso tempo. Gli bacia il collo delicatamente. Il labbro era da una parte spezzato. Ma continuai a baciarlo perché era realmente l’unica cosa che desideravo. Il suo sguardo si addolcì e mi baciò di rimando.

 

 

A scuola le cose peggiorarono. Le mie situazioni erano pessime e dovevo sembrare uno straccio. Ma se tutti si preoccupavano per me, c’era invece un gruppo di ragazzi, probabilmente di due anni più grandi che non nascondevano la loro felicità nel vedermi più morto che vivo. Cercai di non farci caso. Se anche erano stati loro a picchiarmi io cosa potevo fare? Proprio niente. Non sembravano dello stesso parere Bob e Ray, ma soprattutto Gee sembrava volergli saltare addosso da un momento all’altro.

Le lezioni terminarono velocemente quel giorno e senza indugi mi diressi verso i parcheggio della scuola dove avevo appuntamento con Gee che si era offerto di riaccompagnarmi a scuola. Arrivai nei pressi dove la sua macchina era parcheggiata ma di lui nessuna traccia. Probabilmente stava parlando con qualche professore. La cosa non mi innervosì. Mi appoggia alla portiera della macchina e cercai disperatamente una sigaretta. Fu allora che sentii delle voci.

“ beh ancora qui? La lezione di ieri non ti è bastata?”

Mi girai. In quell’istante scoprii che i miei presentimenti erano fondati. Dei ragazzi che frequentavano la mia stessa suola e che incrociavo ogni giorno in corridoio mi avevano picchiato barbaramente. E ancora non ne conoscevo il motivo. Erano in quattro. Ben piazzati. Uno teneva una spranga in mano. Ma dove l’avevano presa? Volevano uccidermi? Ero terrorizzato. Avevo paura di morire. E cosa ci sarebbe stato scritto sulla mia lapide? Ucciso da quattro teppisti che non avevano niente da fare R.I.P., che tristezza. Attorniarono la macchina dove ero appoggiato e incominciarono a distruggerla senza sosta.

“Ma che fate?” urlai impotente…

 

 

 

 

 

 

 

LA dreamer: Grazie per i complimenti troppo gentile!!^^ spero continuerai a leggere la storia!!!

_omfg_: Eh già Frank è stato picchiato…come sono crudele!!!! ^^

kiroandstrifyforever: è vero il capitolo precedente era abbastanza dolcioso...devo smetterla di mangiare zucchero!!!^^

 

 

  
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