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Autore: _windowsgirls    01/08/2015    2 recensioni
Monaco, 1867.
Quando mise i piedi per terra, lasciò la gonna e si strinse le mani, camminando a passo spedito, mentre il padre la accoglieva con un braccio aperto e sua madre, composta al suo fianco, le sorrideva con un angolo della bocca. Accanto ai suoi genitori, c'era un uomo vestito di tutto punto, con un accenno di calvizia e gli occhi piccoli e rugosi. «Buongiorno, Altezza» disse con un accento diverso e strano, mentre si accovacciava in maniera buffa e affaticato per fare un inchino a Margot. Accanto a lui, c'era un ragazzo bellissimo che la ragazza si soffermò ad osservare: aveva i capelli ricci leggermente allungati e un vestito blu, con dei ricami dorati sul collo. Le fece un rapido sorriso con un angolo delle labbra, e si inchinò di fronte alla principessa senza distoglierle lo sguardo verde di dosso.
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nothing is like it used to be'
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It's not a fairytale



This is a modern fairytale, no happy endings, no wind in our sails.
                                          But i can’t imagine a life without breathless moments, breaking me down
(Selena Gomez)



Margot venne presa di peso e allontanata dal corridoio, troppo scossa, mentre la servitù si occupava di Harry e Liam. Niall prese in braccio la principessa portandola nell'infermeria, mentre le guardie partivano alla caccia del re di Scozia, scomparso.
Margot aveva gli occhi chiusi, il respiro rapido e il corpo scosso da tremiti come se avesse una convulsione. Dietro le palpebre vedeva continuamente la scena scorrerle davanti lentamente, con i dettagli che si imprimevano definitivamente nella sua memoria. Sua madre si era chiusa nella stanza con il re, trascorrendo accanto al suo corpo gli ultimi momenti, Harry veniva sollevato e trascinato in un'altra stanza inusata e Liam....
Margot continuava a piangere, in aggiunta anche per lo shock di quello che aveva fatto. Aveva ucciso una persona, l'aveva sparata a sangue freddo come Harry con suo padre; non era molto diversa da lui, aveva ucciso una persona, aveva ucciso una persona.. Niall se la strinse al petto e le accarezzò la testa con una mano, nonostante anche i suoi occhi fossero lucidi di lacrime. «Tranquilla» le ripeteva con le labbra appoggiate sulla fronte madida di sudore, sebbene Margot stesse morendo di freddo, la puzza di sangue che le arrivava alla narici impedendole di respirare.
Quando giunsero nell'infermeria il dottore le si avvicinò proprio mentre Margot se ne andava in apnea volontaria.



Quando riaprì gli occhi, aveva due tubicini nel naso e il braccio legato ad una flebo che faceva scendere in una lentezza incredibile le gocce, entrando nel braccio livido e pallido.
Le palpebre le tremolarono, e si accorse di Niall accanto a lei, con la testa che veniva retta dalla mani callose. Margot aveva un doppio dolore al cuore, come se si fosse strappato esattamente a metà, e vedere Niall e il suo dolore dipinto in volto le fece cadere un macigno addosso.
Tutto era colpa sua.
Ogni singola cosa.
Se non fosse partita, Harry non avrebbe ucciso il padre; se fosse tornata prima, Louis sarebbe stato bene e non maltrattato in una lurida celle delle segrete; se fosse stata da sola, Liam sarebbe ancora vivo; e se Liam non fosse morto, lei non avrebbe ucciso Harry...
Il battito cardiaco accelerò e la linea verde sullo schermo si mosse rapida e in movimenti ondosi molto pronunciati, facendo risuonare il ticchettio per tutta la stanza. Niall sollevò lo sguardo e si alzò dalla sedia, avvicinandosi e stringendole una mano. «Calma, calma...» sussurrava mentre l'infermiera entrava con una siringa. La mano di Margot era sudata, il cuore sul punto di scoppiarle uccidendola, e forse se fosse morta tutto si sarebbe risolto.
Guardò gli occhi di Niall mentre il respiro le usciva rapido attraverso i sondini nel naso, poi una puntura nel braccio la tranquilizzò all'istante, e l'ultima cosa che ricordò fu il blu degli occhi di Niall, arrossati di pianto, coscenti di quello che sarebbe successo più tardi.




Il giorno dopo, Margot vagava piano per i corridoi del palazzo, con gli occhi scuri cerchiati da occhiaie profonde e tracce di anestetizzante che le scorrevano ancora per le vene, rendendole difficile muoversi normalmente, come se una forza sinistra la volesse trascinare con sè sotto terra.
Zayn, Giselle e Niall - Louis era stato chiuso in infermeria per le sue condizioni disastrose - l'aiutarono ad arrivare nella stanza dei genitori in cui il padre era stato appena deposto nella bara. Si appoggiò allo stipite della porta con la fronte, cogliendo per l'ultima volta il volto del padre di una impassibilità unica, con il segno nero ben evidente da quell'angolazione. Sollevarono la parte superiore dalle bara e lo chiusero, determinando la fine di tutto. Margot aggrottò le sopracciglia mentre la madre si siedeva priva di emozione sul letto alle sue spalle, le guardie che controllavano che non arrivasse nessuno mentre i servi erano a debita distanza, sparsi per il corridoio frontale alla porta. Margot sentì i moschettoni della bara chiudersi, separandoli definitivamente, e si girò contro la porta sbattendo violentemente i pugni. Non era giusto, niente era giusto nella sua vita. Era stata solo un'idiota, e se non avesse fatto tante cose, a quell'ora non avrebbe riempito di pugni una dura parete di legno. Niall le bloccò le mani e se la strinse al petto, una mano sulla schiena, l'altra sulla testa, accarezzandogliela. «I-io..» sussurrò, ma non aveva la forza di parlare.
Era vestita di nero, l'abito lungo che le fasciava il corpo allargandosi in una gonna imponente. Sua madre aveva un vestito simile, le guardie uniformi nere e i servi con il volto coperto in segno di rispetto. Nonostante quando fosse arrivata il silenzio era l'unico rumore assordante a palazzo, in quel momento non vi era un suono, neanche uno sbuffo di alito, niente. C'era quel tipo di silenzio che ti costringe a chiuderti in te stesso, facendoti urlare dentro in un impeto di pazzia..e Margot in quei due giorni aveva urlato parecchio.
Le guardie si avvicinarono per portare sulle spalle la bara e farla passare per i corridoi del castello per l'estremo saluto, mentre le dame di compagnia delle regina reggevano Evelyne per evitare che crollasse.
Margot si mise appena dietro la bara sollevata mentre veniva fatta la processione, la mano di Niall che racchiudeva la sua in una stretta ferrea, subito dietro di lei Zayn e Giselle stretti tra loro, tutti rigorosamente in nero.
La bara venne deposta nel cimitero che si trovava sotto il palazzo, dove tutti i loro parenti e antenati erano stati seppelliti a loro volta, in quel posto freddo e deprimente. Tutti si erano profumati in discorsi di elegio per il sovrano scomparso, e con tutti quegli occhi addosso, alla fine Margot si era sentita oppressa e non era riuscita a finire il suo discorso, contenente tutto quello che avrebbe voluto dire al padre ormai lontano, il senso di colpa che non le aveva permesso di pronunciarsi adeguatamente bene, ma ormai non poteva più farci niente, tutto era crollato, come il lato di una montagna durante una valanga.
Harry venne portato in Scozia e seppellito nel suo palazzo, mentre il sovrano veniva interrogato per concorso in omicidio, esclusivamente punibile nonostante fosse il re di uno Stato. A Margot, essendo la colpevole a tutti gli effetti dell'uccisione di Harry, era stato risevato un trattamento particolare, perchè sì, il suo era stato un omicidio, ma per legittima difesa.
Nel pomeriggio venne seppellito Liam.
Il signor Payne, lo stalliere del palazzo, camminava come un fantasma, come se stesse seguendo le orme del figlio, incredulo di un tale destino.
Era stato chiesto se Liam potesse essere portato a Wolverahampton e seppellito vicino alla sua mamma, ma Margot si oppose. Non tanto perché volesse andare contro una tale richiesta, ma per assecondare quella di Liam.
La cerimonia si tenne sulla sponda del lago, in quell'angolo di paradiso in cui Liam aveva chiesto di essere seppellito quando sarebbe morto. Come poteva sapere che sarebbe scomparso così presto? Durante il funerale, la bara era stata deposta sull'erba e Margot era seduta poco più in là, mentre si rigirava un fiore tra le dita. Quando la messa finì e la bara stava per essere deposta nella buca sottoterra, Margot si avvicinò e accarezzò il mogano che avrebbe tenuto rinchiuso Liam per sempre. Appoggiò sulla bara il fiore che aveva rigirato tra le dita per tutto il funerale e si allontanò, mentre veniva calata lentamente con una corda. Quando tutto finì, una signora scortò Geoff Payne all'interno del palazzo, lasciando che abbandonasse la stalla, e mentre la folla si diradava dopo aver lasciato ghirlande intorno alla lapide grigia, Margot rimase seduta appena di fronte al cemento, con lo sguardo basso. Di fronte a lei le parole Liam James Payne capitanavano di nero la lapide grigia, alle sue spalle il lago gelido, con i cigni che erano posati sul pelo dell'acqua e le nifee che galleggiavano libere. Margot aggiustò un fiore che era caduto per terra, appoggiandolo su una corona che affiancava la lapide, e mentre sentiva la natura viva dietro di lei, prese a parlare con Liam. No, non era pazza, anche perchè Liam era effettivamente lì, ma il suo era un bisogno che doveva per forza essere soddisfatto. I suoi amici inglesi l'avevano lasciata sola, inoltrandosi verso il piccolo boschetto e superando il muro di cemento che separava la monotonia del palazzo da quel luogo paradisiaco che Liam le aveva mostrato qualche giorno prima che partisse, quando andava ancora tutto bene.
«Non posso credere che tu te ne sia andato» iniziò, con gli occhi scuri fissi sui fili d'erba sotto di lei, la gonna aperta come se fosse un fiore capovolto. «Non so nemmeno da dove cominciare a parlare, perchè sono successe troppe cose e rimettere in ordine i pezzi è difficile, immagina parlare di fronte ad una lapide fredda, l'unica cosa che rimane di te adesso.» Le lacrime ripresero a scorrerle sulle guance, ma se le asciugò con uno scatto della mano prima che cadessero per terra, e tirò su con il naso. «No, ma che dico. Non è l'unica cosa che mi è rimasta di te.» Spostò lo sguardo sul lago dietro di lei, il sole che tramontava e toccava la superficie dell'acqua con i suoi tiepidi raggi. «Mi rimangono questo posto, le parole che mi dicevi, il suono della tua voce, il tuo volto, gli abbracci, i segreti, le melodie che spesso intonavi quando ti annoiavi o solo per il passare del tempo, il tuo odore di paglia ed erba, i sorrisi che mi riservavi quando combinavamo qualcosa che avrebbe fatto innervosire Amanda, gli incontri segreti che lei ci concedeva... mi rimane la tua immagine, la memoria delle azioni e del bene che ci volevamo e a cui io prometto di aggrapparmi anche quando la mia nuova vita inizierà il suo ciclo.» Fece una pausa, respirando un grande boccata d'aria mentre il vento le faceva ondeggiare delicatamente i capelli sul mento e sugli occhi. «A mio padre non sono riuscita a dire tante cose che invece avrei voluto elencare, ma qui, di fronte a questa tua lapide, di fronte a questo muretto con il tuo nome inciso sopra..» Tirò su con il naso, le lacrime fredde bloccate sulle guance. «Io sono sola, non sento di dover dire chissà cosa perchè qualcuno mi ascolti. Sto dicendo qualsiasi cosa mi stia passando nella mente in questo momento, e ti giuro, sono così tante che non finirei più. Sei il fratello che non ho mai avuto, sei la gioia nei momenti di tristezza, sei la serenità quando nel mio cuore albergava esclusivamente l'ansia per le verifiche, la mia guida in ogni cosa, la mano pronta a risollevarmi quando fossi caduta. Chiunque io mai avrò al mio fianco, sono sicura che non riuscirà mai ad occupare il posto vuoto che mi hai lasciato nel cuore. Posto che avrei potuto evitare benissimo che si svuotasse...» Riprese a piangere, i singhiozzi che non le permettevano di parlare come un fiume in piena. «Forse a quest'ora sarei morta io, sarei stata io ad essere chiusa in una bara, e forse sarebbe stato meglio perchè, alla fine, tutto questo è colpa mia. Harry, papà, tu. Io sono la causa di tutto, e ti giuro che il senso di colpa non mi abbandonerà mai. Non ho più un fratello, un genitore, ho perso tutto nell'arco di due giorni, la mia vita è stata distrutta solo dalla mia stupidità. Se solo si potesse tornare indietro, riavvolgerei il nastro ed eviterei che accadessero tante cose, ma purtroppo la macchina del tempo ancora non è stata creata.»
Si avvicinò alla lapide, accarezzandone il cemento freddo ed indugiando sulla foto di Liam. «Non ho idea se dopo la morte ognuno di noi raggiunga un posto speciale in cui stare bene, ma io mi auguro che tu, amico mio, stia ricoprendo un posto privilegiato per quello che hai fatto, per il tuo onore. Ti sarò debitrice a vita perchè il tuo sacrificio è valsa la mia esistenza, e ti prometto che non me ne dimenticherò mai.» Si sporse e baciò la foto di Liam, sperando che potesse percepire quel tocco leggero anche nel nuovo luogo in cui da allora risiedeva. «Ti voglio un bene dell'anima, e te ne vorrò per sempre, nonostante tu non sia qui. Sai, alcuni dicono che una persona si rende conto dell'importanza dell'altra solo quando non c'è più, ma per me non è così, per niente. Tu sapevi quanto tenessi a te e quanto fosse importante la tua figura nella mia vita. Mi hai dato un'altra chance, e ti giuro che non la sprecherò mai.» Si alzò in piedi passandosi una mano sulla gonna e portandosi il ciuffo allungato dietro l'orecchio, mentre vedeva Niall fare capolino da un cespuglio lì vicino. Doveva rientrare.
«Grazie per ogni singola cosa, sappi che tu e papà mi mancherete in una maniera che non potrei mai descrivere, però di una cosa sono sicura. Ogni volta che avrò bisogno di voi, andrò nella biblioteca per sentire la presenza di mio padre, rileggendo le carte che scriveva di suo pugno; quando avrò bisogno di te, rileggerò le lettere che mi hai inviato mentre stavo a Londra, accarezzerò le parole e saprò che tu sarai lì, forse ad osservarmi dall'alto, forse ad osservarmi dal bordo della pagina oppure sotto forma di fantasma che mi vola intorno, esortandomi a capire qualsiasi cosa.» Si piegò in avanti e sfiorò per l'ultima volta quel giorno la lapide, chiudendo gli occhi e facendo una riverenza. «Addio, Liam.»
Dopodichè si allontanò, lasciandosi alle spalle il luogo che avrebbe sempre profumato di loro.




Quando rientrò a palazzo, si avviò da sola verso la biblioteca. La porta era chiusa e, quando abbassò la maniglia ed entrò nella stanza, venne avvolta dall’odore di umido e di aria consumata. Sul tavolo nel centro erano aperti grossi volumi dalle copertine rilegate e dalla scrittura spigolosa. Sfiorò la pagina con un dito, poi si andò a sedere sulla poltrona rivestita nell’angolo vicino al camino. La finestra era chiusa, i drappeggi al muro e i quadri che costeggiavano ogni parete. Si appoggiò con la testa sulla spalliera e le mani che si stringevano intorno ai braccioli. Ripensava a quando, seppur pochissime volte, suo padre si sedeva lì e le raccontava delle storie di popoli lontani e misteriosi, di mostri che potevano arrivare da un momento all’altro, ma Margot aveva imparato a sue spese che i mostri non erano altro che persone che si nascondevano dietro una maschera sorridente. Fuori il sole era tramontato, le stelle apparivano in cielo e avvolgevano il mondo con la tenebra della notte, mentre i passi della servitù scivolavano silenziosi lunghi i pavimenti di ceramica del palazzo. Margot chiuse gli occhi, inghiottendo a vuoto, la bocca priva di saliva. Era stanca di piangere, sembrava che la riserva di acqua nel suo corpo si fosse esaurita, lasciandola ancora più debole. L’effetto anestetizzante era ormai scomparso, ma Margot desiderava lo stesso dormire, con il sonno come unica via di fuga dalle sofferenze..un po’ come la morte, ma la differenza sostanziale era che poi con il sonno ti saresti svegliato e avresti vissuto gli stessi incubi, mentre con la morte si poneva fine ad ogni cosa. Appoggiò i gomiti sulle ginocchia e seppellì la testa tra le mani, le dita che le passavano tra i capelli resi crespi dall’umidità di Monaco e ancora più ondulati di prima. Rialzò di scatto il capo quando sentì delle nocche bussare sul legno della porta che aveva lasciato aperta.
Niall aveva ancora il pugno sollevato, lo sguardo fisso e la bocca stretta, immobile sotto l’arcata della porta.
«Entra» gli disse Margot, rimanendo seduta. Quando posò di nuovo gli occhi su Niall lo vide fermo a debita distanza, come se avesse paura di lei. ‘Anche io ho paura di me, ora come ora’ pensò Margot quando si levò in piedi allargandosi i lembi della gonna nera. Quando gli si avvicinò, vide Niall irrigidirsi, e allora capì anche lei.
Era tornata al castello, stava per diventare regina e c’era solo una cosa che non tornava, ma aveva troppo timore per affrontarla in quel momento.
Niall la guardava con gli occhi iniettati di sangue e le borse sotto agli occhi. Socchiuse la bocca lasciando fuggire un respiro sconsolato, e Margot gli prese le mani, stringendole nelle sue.
«Hai capito, vero, quello che succederà?» disse lui ironicamente, inghiottendo a vuoto. Ci aveva pensato tanto in quei due giorni, ogni volta che la vedeva. Non avrebbe mai voluto lasciarla, ma non si poteva continuare qualcosa che fin dal principio era andata contro ogni norma. Sarebbe stata nociva per entrambi, infierendo ancora di più sulla situazione. Margot annuì con le palpebre improvvisamente pesanti e gli occhi nuovamente umidi. Sorrise amaramente fra sé, e pensò che la vita non c’entrasse niente con tutte le favole che raccontavano, perché non ci sarebbero mai stati ‘e vissero per sempre felici e contenti’, niente di tutto quello era reale, perché la vita riservava cose brutte, quando nelle favole ogni cosa era perfetta. Quando erano a Londra, la relazione di Margot e Niall andava più o meno a gonfie vele, ma dal momento in cui lei era tornata non c’era neanche più un soffio di vento, lasciandola in balia delle onde, pronta ad affondare da un momento all’altro. E mentre si guardavano negli occhi, avevano entrambi capito di essere giunti al naufragio. Niall sciolse la presa dalle loro mani, riportandole ai fianchi. «Ho sentito sussurrare Amanda, prima, con Giselle. Diceva che ora che la regina ha abdicato, è necessaria la presenza della nuova sovrana.»
Margot annuì, abbassando lo sguardo. Niall si strinse il labbro superiore tra i denti, mortificato. «L’incoronazione si terrà domani sera.»
Alla principessa cadde il mondo sulle spalle. Solo l’indomani sera? Sentì il peso della corona sulla testa sebbene ancora non la avesse indossata, il potere dello Stato nelle mani a soli diciotto anni. Le ragazze normali erano impegnate a pianificare la loro vita a quell’età, però ovviamente Margot non rietrava nella categoria della normalità, e l’aveva capito bene durante la sua permanenza sul suolo inglese.
«E credo che sia inutile, a questo punto, cercare di rimediare altri momenti..» disse lui muovendo la mani come se fosse sotto stress. Aveva un braccialetto rosso a fasciargli il polso ossuto.
«Niall, io..» che avrebbe dovuto dire? ‘Scusa se ci siamo illusi entrambi’? No, non funzionava così, doveva essere realista e forte anche in quell’ambito. «Io ho amato stare con te e mi sono innamor-»
«No» disse lui chiudendo gli occhi e scuotendo la testa.  «Non continuare, per favore.»
«Ma è la verità» disse lei con un sussurro, i loro petti che quasi si sfioravano.
Niall si girò di scatto e le afferrò il viso tra le mani, baciandola con una foga mai provata, tutta la disperazione che si trasmetteva vicendevolmente attraverso le loro labbra unite, le lacrime che solcavano le guance di Margot per l’ennesima volta. Ma una persona avrebbe pianto finchè non avesse trovato il punto di rottura?
Quando si staccarono, Niall rimase con la fronte attaccata alla sua. «Io ti amo, e a malincuore, mi tocca ammettere che siamo stati due innamorati sventurati, però la vita ha deciso questo per noi.»
«No» disse Margot con gli occhi scuri offuscati dalle lacrime. «L’abbiamo deciso insieme, e ne eravamo consapevoli. Sapevamo che..»
Poi Niall scoppiò a ridere, ma non era una risata divertente, perché non c’era niente di bello in tutto quello, era una risata rassegnata. «Provo a fare un’esibizione decente, e tu mi rovini tutto» disse lui, poi le prese la mano. «Comunque, Margot, io ho paura solo di una cosa. Che tutto questo vada ad affievolirsi con il passare del tempo..»
Margot gli accarezzò una guancia calda e morbida, mentre lui socchiudeva gli occhi e si muoveva insieme alla mano come a volersi godere fino alla fine quegli ultimi minuti. «Non pensarlo neanche» disse lei con un filo di voce.
Niall strinse le labbra in un sorriso triste e sollevò il braccio destro, slacciandosi il braccialetto rosso dal polso. Sollevò quello della ragazza e glielo attorcigliò intorno, stringendolo di più perché il suo polso delicato era molto più piccolo. «Vedi questo braccialetto? Non te l’ho dato giusto per, così da fare una scenetta ancora più drammatica. Te lo sto donando perché non voglio che tu ti possa dimenticare di me, di noi» disse facendole un piccolo fiocchetto con le sue mani da fabbro che lavoravano duramente da quando era piccolo.
Margot se lo sfiorò con le dita, mentre le lacrime le sgorgavano di nuovo sugli zigomi. «Niall» disse sussurando continuando a passare un dito sul nastrino al polso, «io non potrò mai dimenticarti» sussurrò guardandolo negli occhi. Ed era vero, non l’avrebbe mai dimenticato. Il suo primo amore, a cui aveva dato tutta se stessa. Una principessa e un fabbro, una combinazione, una passione che per loro aveva funzionato, ma che era destinata a spegnersi. Se solo ci fosse stata una legge a loro favore, non lo avrebbe mai lasciato andare via in quel modo. No, non avrebbe mai dimenticato il ragazzo che le aveva insegnato ad amare.
Niall abbassò lo sguardo sul suo polso vuoto, poi quando fecero incontrare i loro occhi per l’ennesima volta in quella conversazione, sapevano di doversi dire addio.
Margot passò una mano sul suo braccio, partendo dal gomito e salendo sul bicipite, per poi appoggiarla sul petto muscoloso. Niall accarezzò prima il suo orecchio, poi seguì la linea della mascella fino ad arrivare sul collo, scendendo ancora sulla clavicola lasciata scoperta dal vestito nero. Quante volte l’aveva baciata, quante volte l’aveva sfiorata e quante volte l’aveva desiderata, ma aveva dato tempo al tempo, e alla fine si era ritrovato nuovamente a mani vuote. Aveva perso di nuovo la presa su di lei.
Si sporsero in avanti entrambi, facendo combaciare i loro petti e unendo le labbra, continuando a passarsi le mani addosso come a voler tastare ogni cosa per l’ultima volta, assoporando ogni istante. Quello era un bacio salato, un bacio che sicuramente nessuno dei due avrebbe dimenticato perché stava sancendo qualcosa che non era bello né piacevole. Si stavano salutando, e disperati com’erano, non avrebbero mai potuto farlo a parole. Quando le loro labbra si staccarono con uno schiocco, si sfioravano ancora  con i respiri che si fondevano tra loro e le fronti unite, non pronte per salutarsi. Ma poi i servi iniziarono a passare per il corridoio, e non avrebbero mai dovuto assistere ad una scena del genere in quei momenti. Sollevarono entrambi gli sguardi, poi Niall le prese il polso e baciò il nastrino rosso. «Mi hai fatto passare i due mesi e mezzo più belli della mia vita, principessa» disse sinceramente, poi si staccò rapidamente, facendo due passi indietro, mentre Margot si stringeva il polso con l’altra mano.
Poi Niall piegò una gamba all’indietro, un braccio dietro la schiena e l’altro piegato sullo stomaco in un inchino riservante tutto il rispetto che provava per lei.
Margot allargò i lembi della gonna con le lacrime che le scivolavano lungo le guance umide, e un piede più indietro dell’altro, abbassandosi un po’ per poi rimettersi in piedi. «Addio» disse Niall rimettendosi dritto, e Margot sussurrò un saluto che non arrivò nemmeno alle sue stesse orecchie. Poi il biondo uscì, indugiando sotto l’arcata della porta. Era in quel modo che si erano visti per la prima volta, vicino alla porta, mentre lui si toglieva il grembiule e le porgeva la mano, presentandosi come un semplice ospite che in breve si sarebbe trasformato in qualcosa di più. Niall girò un poco la testa, poi chiuse la mano intorno alla maniglia della porta e se la chiuse alle spalle, allontanandosi dalla ragazza che si lasciava cadere sul divanetto dietro di lei, seppellendo la testa nel cuscino e finendo una buona volta le lacrime.





Spazio autrice
Quando ho scritto questo capitolo, giuro di aver versato qualche lacrimuccia. E' stato molto doloroso, e mi dispiace. Ma deve andare così.
Spero che possiate continuare a leggere questa storia, e sappiate che manca solo un capitolo prima dell'epilogo. Non posso credere di essere quasi alla fine, mi dispiacerà un sacco lasciare questi personaggi di cui ho amato parlare. Ovviamente però non scompaio...eh già.
Anzi, a proposito di questo.
Chiamo a raccolta tutti i lettori di Nothing is like it used to be: passate a leggere la mia nuova storia, The match, che - tra l'altro - ho appena aggiornato, aggiungendo il secondo capitolo. Vi lascio il link http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3201763&i=1 (è il link del primo capitolo, ma ho appena messo anche il secondo.)
Buon fine settimana.
Ah, e per chiunque sia dell'Umbria: avete dei paesaggi spettacolari, anche se le città sono un po' difficili da visitare a causa di tutte le salite presenti. Per me, che vivo in pianura, è stato arduo, ma alla fine il paesaggio e la vista appagano qualsiasi fatica :)
Vi voglio bene.
A sabato prossimo.
Un bacione,
Elisa.

P.s QUANTO E' BELLA DRAG ME DOWN? Amo gli One Direction, davvero.
P.p.s SPOILEEEEER

"
Il Primo consigliere sgranò gli occhi, stringendo le labbra tra loro in un segno di disappunto, ma Margot non se ne accorse.
Passò in mezzo alla folla, i flash che già iniziavano ad abbagliarla illuminandola al suo passaggio, mentre Evelyne abbassava lo sguardo, sorridendo. Sua figlia ce l'avrebbe fatta, avrebbe fatto presa sul suo popolo."









 
  
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