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Autore: Manto    01/08/2015    7 recensioni
"Lui si chinò verso di me, e io indietreggiai.
Le sue mani erano ancora sporche del sangue di mio padre.
Con quelle mani, mi prese il volto, me lo alzò.
Lo fissai, il gigante che chiamavano Aiace, cercando di apparire coraggiosa.
Vidi i suoi occhi cangianti, ne rimasi rapita.
La mia sete di vendetta, i miei impulsi suicidi si sfaldarono, sotto la forza di qualcosa che ancora non potevo capire."
Frigia, al tempo della grande Guerra di Troia.
Da una parte la giovane Tecmessa, principessa di un regno ridotto in cenere, prigioniera di un terribile nemico venuto dal Grande Mare; dall'altra, Aiace Telamonio, campione dell'esercito greco con la sofferenza nel nome, dall'aspetto di un gigante e dal coraggio di un leone.
Un solo sguardo, e una forza più grande della guerra stessa giocherà con i loro destini, portandoli all'immortalità.
Ispirato alla bellissima tragedia "Aiace" di Sofocle, il personale omaggio a una delle coppie più belle, e purtroppo poco conosciute, della mitologia greca.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Immortali'
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XIV – Epilogo: L'Eterno Abbraccio




Dolce vento, ora conosci la nostra storia.
Dolce vento, quanto la porterai lontano? Perché so che queste parole valicheranno ogni distanza e tempo.
Lo so, l'ho appreso, come ho appreso molte altre cose. So come il nostro bambino divenne re, un re con il mare sussurrante negli occhi e l'animo fermo e stabile come la roccia.
So come Tealissa venne sacrificata da Otreo per la mia salvezza e il mio cuore, per poi divenire compagna della Grande Dea.
So come Diomede e Athanassa vennero separati, e come lei non rimase sola a lungo sulla desolata spiaggia di Ilio, a fissare le onde mai uguali con il dono del suo re, il più meraviglioso, che cresceva nel suo ventre.

E io... io tra le mani stringo ancora il fiore scarlatto nato dal tuo sangue, che porta sui petali quelle due parole: Ai, Ai, in ricordo di te. Il sogno è divenuto realtà, e il piccolo fiore non è mai appassito, come non è mai finito il mio amore.
Ora so chi mi salvò dall'amara prigionia che mi sarebbe toccata se fossi rimasta al campo: Lei, che qui chiamano Cibele o Rea, non apparve mai a me, ma io riconobbi la sua mano amorevole, che mi portò qui dove le mie speranze si rifugiavano: Salamina, la tua profumata dimora.
Salamina, l'isola tanto sognata, mi accolse tra i suoi fiori e nel suo mare e mi protesse come una madre. Io avrei potuto regnarvi, la sua Natura stessa si inchinava a me quando passavo, ma non lo feci; io agognavo la calma, non il potere. Io volevo solo te.
Nel suo grembo ho vissuto in solitudine con i miei pensieri, ascoltando la tua voce che Lei mi portava e rispondendoti come potevo, osservando dal mio rifugio le vite dei miei amati.
Ma ora, ora è tempo di andare. Da giorni Tealissa mi compare di nuovo in sogno, mandata dalla mia Dea, e nei miei sogni non fa che sorridere: tra poco ritornerò da te.
Sì, anche per noi ultimi è tempo di andare, di lasciare questa vita.
Ma non dobbiamo temere: un altro ci seguirà, raccoglierà i nostri pensieri e le storie da noi mai raccontate; qualcuno ci ricorderà, ci innalzerà o denigrerà, ci darà giustizia o ce la toglierà. Qualcuno, che forse deve ancora nascere, ci farà vivere di nuovo.
Un vento nuovo si alza intorno a me, e le tenebre mi avvolgono: inizi il mio ultimo viaggio.

Queste tenebre potrebbero portarmi via il sorriso, ma non lo faranno: oscurità ben più nere io ho sconfitto da tempo.
La Dimora di Ade ha molti ambienti, molte grida la popolano: io non vedo, non sento niente se non la voce di chi mi attende.
Le anime in attesa di passare nei luoghi eterni sono molte, e mentre prendo il mio posto sento che il mio corpo sta cambiando, che io sto ritornando ad essere la splendida principessa che tu hai conosciuto.
“Bambina mia”, odo in lontananza la voce dei miei genitori, a cui si aggiungono quella di Tealissa, quella di Makros e di tutti coloro che ho amato e da cui sono stata amata.
Infine la tua, rotta dal pianto, spezza le altre: “Per sempre con te”, dici.
“Per sempre con te”, ti rispondo.
Ora sono davanti al cupo traghettatore, al quale porgo i due oboli che una mano pietosa ha posto sul mio capo; salgo sulla sua barca, e ti sono sempre più vicina.
“Per sempre con te”, ripeto mentre già intravedo le luci dei Campi Elisi. Ancora qualche istante ci separa, ma i Tre Giudici [1] non indugiano con me, mi permettono di varcare la porta e penetrare nei Luoghi Felici.
Chiudo gli occhi, e ti sento mentre ti avvicini. Le nostre braccia si stringono in un abbraccio che non verrà mai sciolto, e in un bacio il nostro esilio ha fine.
Noi siamo i Figli del Sole: le Tenebre ci avvolgeranno, ma noi sempre risplenderemo.





NOTE

[1] I Tre Giudici sono Radamanto, Eaco e Minosse: essi giudicavano le anime per poi destinarle ai vari luoghi del regno (Tartaro, Prato degli Asfodeli o Campi Elisi).


ANGOLO DELL'AUTRICE

Di solito i ringraziamenti li faccio sempre alla fine.
Quindi, grazie per aver letto, grazie a chi mi ha sempre seguito e grazie a tutti quelli che, in qualunque modo, vorranno lasciare un segno del loro passaggio.
Grazie a chi mi ha sostenuto, grazie a chi mi ha ispirato e alla quale è dedicata questa storia: tu sai chi sei, mia dolce Tecmessa.
Grazie a coloro che ho avuto l'onore di chiamare nonni, i miei personali Filemone/Bauci e Socrate/Santippe, per la vita che passano o hanno passato al mio fianco.


Manto
   
 
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