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Autore: Soe Mame    01/08/2015    1 recensioni
Se solo non avessi seguito lui...
Se solo non mi fossi ostinata a voler oltrepassare quella porta...
Se solo fossi tornata indietro quando ne ho avuta l'occasione...
...
... nah.
Genere: Demenziale, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Miku Hatsune | Coppie: Kaito/Meiko, Len/Rin
Note: Nonsense | Avvertimenti: Incest, Incompiuta
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Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

~
In profondità, in profondità, in mezzo alla nebbia,
rieccheggia una voce accattivante
~



Avanzò tra gli alberi.
Fremeva, come se non aspettasse altro che trovare qualcosa.
"Anche se trovare qualcosa in un bosco, di notte..." si guardò intorno, senza fermarsi: non che fosse la prima volta che passeggiava tra gli alberi alla luce della luna - con tutte le volte che era fuggita dai compiti o da interrogazioni previste per il giorno dopo - ma era senz'altro la prima volta che vagava in un posto sconosciuto.
O meglio, a lei sembrava sconosciuto, a vederlo così. Quel pomeriggio, l'aveva comunque percorso.
Non riusciva a fermarsi.
Le sembrava quasi di essere chiamata da qualcuno, di sentire come una voce sussurrarle all'orecchio: - Vieni, vieni, nel più profondo di questa foresta... - accelerò il passo: - Forza, forza, ti avvicinerai solo se sarai veloce... - e chi era lei per dire di no?: - Vieni, vieni, allora sarà divertente... -
Ormai stava correndo. Ma non cambiò mai direzione. Almeno, a lei non sembrò di aver cambiato direzione.
Si era spostata giusto quando si era trovata di fronte un grosso tronco, o un sasso, o un impedimento fisico che l'aveva costretta a fare il giro.
Stava cominciando ad ansimare.
"Quanto diamine sto correndo?"
Tic Tac Tic Tac
Riuscì a non cadere per puro miracolo, quando un piede finì contro una radice sporgente. Radici sporgenti, sempre loro.
Quante povere fanciulle o persone in fuga erano cadute per colpa di una radice sporgente?
O il ramo in faccia.
Quando se ne ricordò, Miku abbassò la testa, giusto per evitare che qualche ramo si piegasse da solo e decidesse di schiaffeggiarla con le sue foglie.
Se non altro, correre le faceva scaricare tutta quella tensione.
C'era qualcosa, lo sapeva.
E voleva trovarlo.
Nondimeno, là intorno doveva esserci un altro coniglietto.
"Ah!" si bloccò tra due alberi, le mani contro i tronchi: una radura, con una casetta al centro.
Una casetta nera, che quasi si mimetizzava nella notte, non fosse stato per le lanterne accese, fiammelle sospese nel buio.
Si avvicinò, il cuore che batteva forte: una casetta di quelle da fotografia, stretta, il portico rialzato con parapetto, e le colonnine ai lati della porta, e le scalette con corrimano davanti all'entrata.
Quattro finestre illuminate sulla facciata principale, una casetta a due piani.
Sgranò gli occhi. Alzò la testa: c'era un comignolo, seminascosto nel buio.
"Cosa..." avanzò, fino a raggiungere il cancello di legno nero alto abbastanza da sfiorarle i fianchi. Intorno alla radura, una staccionata nera.
"Questo posto..." entrò, era ovviamente aperto. Lo sguardo andò subito ad un lato della casetta.
Un orticello.
Le zucche arancioni risaltavano in quel buio.
"O tutti i coniglietti hanno lo stesso gusto, o..." salì le scalette, agitata: "Ma... non può essere casa sua. Non era ridotta molto bene..." l'immagine della finestra riparata da Kiyoteru le apparve nella mente: "Però... loro sono così rapidi nell'aggiustare le cose..." chiuse la mano, appoggiò le nocche alla porta: "Non può essere... la sua casa era bianca... e questa è nera, non è un'illusione ottica..." trasse un profondo respiro.
Alzò la mano.
La porta si aprì.
"Cos-" sbattè le palpebre.
- Eri davvero tu. - le labbra di Len si curvarono in un sorriso strano: - Fai parecchio rumore, sai? -
- Eh? - "Cosa sta succedendo?": - Non ho fatto rumore! -
- Oh, sì che ne hai fatto. - Len si spostò, aprì un braccio verso l'interno: - Entra pure. Spero tu abbia imparato a non mangiare le mie cose. -
- S-sì... - abbassò la mano, piano, senza staccare gli occhi dall'altro.
Pantaloni lunghi, neri, e una camicia bianca con le maniche arrotolate, aperta per i primi bottoni.
Sembrava in qualche modo più adulto. Non di troppo. Rimaneva un adorabile shota.
Più che altro: - ... dove sono le tue orecchie...? - era piuttosto difficile non notare la mancanza di quelle due grosse cose bianche.
- Retrattili. - si limitò a rispondere Len: - Vuoi entrare o speri di mettere radici e diventare tutt'uno con questa casa? -
Miku si affrettò ad entrare, lo sentì ridacchiare mentre chiudeva la porta.
Si guardò intorno: - E' nera! - fece qualche passo avanti: - E' completamente nera! Oggi era bianca! Ne sono sicura! -
- Sì. - Len la superò, diretto verso la cucina, il tono noncurante: - Di giorno è bianca, di notte è nera. Non vedo cosa ci sia di così strano. -
- Uhm... - lo seguì, le mani in grembo: - Hai ragione... - si sentiva inquieta.
Non aveva paura. Era terribilmente incuriosita, ma in un modo diverso da prima; eppure, ritrovarsi in quella casa, con quella persona, le faceva provare una strana sensazione.
Con Len che era shota ma non usamimi, che sorrideva in modo quasi sinistro.
Abbassò lo sguardo. Ritrovò improvvisamente un punto di riferimento, in quel momento di spaesamento semi-totale: dai pantaloni scuri usciva la codina batuffolosa.
"Quella non deve essere retrattile."
Sentì un sospiro, un sospiro esasperato, per la precisione.
Alzò gli occhi e incontrò lo sguardo contrariato di Len: - Pervertita. -
"Ugh." - Stavo guardando la codina! -
- La codina. Certo. -
- Posso toccarla? -
- Ovviamente no. -
- Non puoi invitare una ragazza in casa tua, in piena notte, e poi non farle toccare la tua codina! -
- Sei una creatura orrendamente impura. -
- Mi hai fatto entrare per offendermi? -
- Sei tu ad essere venuta qui. - il tono di Len era rimasto pacato, lo sguardo e il sorriso immutati: - E sei stata tu ad accettare l'invito ad entrare. -
"..." mise le braccia conserte: - Comunque, io stavo andando dalla Lepre Marzolina. -
- Contatti profondi con questa Lepre Marzolina, eh? -
Erano arrivati in cucina. Quando Miku notò un pentolino sul fornello, il suo senso di straniamento aumentò: "Stava cucinando? Si cucina, in questa casa?" ci riflettè: "O forse solo di notte?".
- Perché? - chiese, rimanendo in piedi vicino ad una sedia.
- Non sai neppure che è uno dei miei nomi. -
- Ah... - strinse i pugni.
- Mi chiamano Bianconiglio, o Lepre Marzolina. Ma il mio nome è Len. -
"Parla come Luka..." deglutì: "O forse è una formula locale...?"
Seguì l'altro con lo sguardo: era andato al pentolino e stava girando qualcosa al suo interno con... un bastoncino di cannella?
- Non rischia di sciogliersi? - non riuscì a frenare la voce.
Quando Len la guardò, si affrettò a dire: - Non sto cercando di cambiare discorso ma, sul serio, quello non rischia di sciogliersi? -
- Tanto meglio. - tornò a girare: - Insaporisce. -
- Cos'è? -
- Ne vuoi? -
- Prima dimmi cos'è. -
- Arriva in casa d'altri e si mette a dare ordini. - Len alzò le spalle: - Maleducata. -
"Non riusciamo proprio a venirci incontro, eh...?" trasse un profondo respiro: - Volevo incontrare la Lepre Marzolina, ma non avevo idea che fossi tu. Se l'avessi saputo, probabilmente sarei andata dal Cappellaio. -
Notò le braccia di Len tremare, per un istante. Un brivido.
- E' una dichiarazione d'odio, questa? - una risata. Non sembrava affatto divertito, però.
- No. - pensò di avvicinarsi, ma rimase dov'era: - Soltanto, in questa casa ho combinato un guaio dopo l'altro. E, anche ora, non facciamo che punzecchiarci. Semplicemente, non credo riusciremo ad andare d'accordo. -
"Ma non è necessario che io vada d'accordo con te per stritolarti in un abbraccio.".
Silenzio.
Poi Len si voltò a guardarla, piano. Il suo sorriso era normale. Un sorriso naturale.
"... aspetta, mi sta sorridendo. Mi sta sorridendo. A me. CHE PUCCIO!"
- Sei strana. - disse, infine: - Mi ricorderesti il tuo nome? -
- ... non ricordo neppure se te l'ho detto. -
- A maggior ragione potresti ricordarmelo. -
- Michelyne Alice Lydia Fairsound. O solo Michelyne. O solo Miku. Per- -
- Miku. Miku va bene. -
Lei annuì. Aveva sentito il cuore farsi leggero, quando l'aveva detto: "E' così adorabile...".
- Finiamo per imbatterci spesso l'un l'altra... - tornò a girare qualsiasi cosa ci fosse nel pentolino: - Sarebbe davvero scomodo non andare d'accordo, non ti pare? -
- Mi pare. - annuì.
- Potremmo stabilire una tregua. -
- Potremmo, sì. - "Stiamo davvero facendo pace?" cercò di non sbrillucciare, né di lanciarglisi addosso. Era comunque vicino ad un fornello acceso.
Neanche volesse contraddirla, Len si allontanò; aprì delle ante in alto, prese qualcosa e andò a metterlo nel pentolino.
- ... cos'è? - si azzardò a chiedere, di nuovo.
Len la guardò.
Il suo sguardo era decisamente strano.
- Spezia calda e amara... - si avvicinò. A lei: - La darò solo a te, adesso. -
- ... ah? - fece un passo indietro: - Cannella e spezia amara? Ma cosa stai cucinando? -
- Boh. - alzò le spalle: - Sto mettendo cose a caso. Voglio vedere cosa esce. -
- ... non ti farò da cavia per i tuoi esperimenti culinari. - "Era a questo che puntava...?"
Len ridacchiò. Poi le accarezzò una guancia.
"... cosa...?" seguì le sue dita con lo sguardo, incapace di muoversi.
Erano davvero calde.
- Sei da sola. - non era una domanda.
- ... ci sei tu. - rispose comunque.
- Già. - si era fatto più vicino?: - Sono qui. E sto sorridendo. -
- ... è un brutto segno? -
Le dita erano scese al collo, insieme al loro calore.
Era piacevole.
Anche se era sicurissima che la cosa sarebbe stata molto più scenografica se lui le avesse messo le dita sotto il mento e le avesse alzato il viso.
Il problema stava nel fatto che lui a malapena le arrivava al naso e già qualsiasi cosa stesse facendo perdeva svariato pathos in partenza.
- Ti sembra un brutto segno? - non si era mai accorta di quanto fosse bella la voce di Len. Sarebbe stata ad ascoltarla per ore.
Anche i suoi occhi. Azzurri, ipnotici.
Sembrava davvero simile a Luka, per alcuni aspetti.
Però...
- ... se vuoi, mi siedo. - guardò i piedi del poverino. Stava sulle punte.
- ... dannazione. - Len si voltò - e Miku evitò per un pelo la piccola coda di capelli biondi: - Se solo fossi più alto, caz- dannazione. -
- Sssssono sicura che crescerai. - cercò di sorridere: - E diventerai un bellissimo Gnocco Usamimi! - "Ma comunque Shota.".
Uno sbuffo: - Ma ora non posso! -
- Possiamo riprovare, se vuoi... -
- Tanto l'atmosfera è andata a quel paese. - Len sventolò una mano: - E questo coso sta iniziando a bruciarsi. - afferrò il pentolino.
Non era davvero pratico di cucina.
O meglio, forse non aveva mai messo piede in cucina, né aveva mai avuto a che fare con oggetti di metallo.
Perché aveva afferrato il pentolino. Non il manico.
L'urlo e il botto che ne seguirono furono talmente ovvi che Miku neppure si spaventò.
Accorse comunque, passando intorno al tavolo per evitare il sinistro liquido arancione cupo finito sul pavimento.
- Tutto bene? - spense il fornello, guardò Len.
Era rimasto bloccato, le mani ancora all'altezza delle spalle. Schizzi arancioni macchiavano la camicia bianca.
- Mettile sotto l'acqua fredda, presto! - gli afferrò un polso e lo trascinò fino al lavello, aprì l'acqua e vi mise la mano sotto: - Anche l'altra! -
Len obbedì, senza dire una parola.
- ... è colpa tua. -
- Cosa? - la voce era uscita più alta del dovuto, ma non le importava.
- ... non posso fare il figo mentre sto cucinando. Io non so cucinare. -
- ... oh. - giunse le mani: - ... avresti potuto spegnere il fornello appena tornato in cucina. -
- Non sarebbe stata la stessa cosa. -
- Potevi bruciarti anche i vestiti, ora. - sospirò: - Prima si spegne il fornello, poi si prende il pentolino dal manico. Non devi mai toccare un metallo subito dopo che è rimasto a contatto col fuoco! -
- Mi sono pure macchiato. - schioccò la lingua: - Sarebbe stata un'occasione perfetta! -
- Per cosa? -
- E' così stereotipato... -
- Ma cosa? -
- Sarebbe persino potuto funzionare! -
- Cosa? -
- Devo cambiarmi la camicia. -
- Beh, sì, anche se confesso che dà un certo tocco artistico... -
- E tu verrai con me. -
- ... eh? -.

- Cerca di capirmi: non posso lasciarti da sola, libera di fare ciò che vuoi, mentre io mi cambio la camicia. -
- Hai così poca fiducia in me? - arrossì al ricordo. Non sapeva perché quella cosa la imbarazzasse a tal punto, ma tant'era.
- Al contrario, nutro assoluta fiducia nella tua essenza di fangirl shotacon. -
- Non sono una shotacon! -
- Col cambio di camicia avrei potuto farci una bella scena ad alta tensione sessuale, ma temo che ora venga male. -
- Temo che tu tema bene. In ogni caso... - irrigidì le braccia, cercò di separarle: - Era proprio necessario legarmi i polsi? -
- La parte più pericolosa del tuo corpo è la zona delle tue mani. -
- Dietro la schiena? -
- Se devi legare i polsi davanti, tanto vale non li leghi affatto. -
- E, per curiosità... -
- Sì? -
- Anche la benda era così necessaria? -
- Miku. - la voce di Len si era fatta paziente: - Devo tenerti d'occhio mentre mi cambio. Quindi è ovvio che debba renderti inoffensiva. -
- Hai stretto parecchio... - rinunciò a cercare di liberarsi: finché stava tranquilla, le corde non le facevano male.
- Te l'ho detto: ho grande fiducia nella tua essenza di fangirl shotacon. -
- Non sono una shotacon! -
- Uff, crisi d'identità. -
- Non- -
- Andiamo. - qualcosa di caldo sulla schiena.
Miku camminò, un passetto per volta. Non era un luogo sconosciuto, ma...
- Non aver paura. - un sussurro, vicino: - Ti guiderò io. -
"..." non riusciva a togliersi dalla testa l'idea che Len ne avrebbe approfittato per farla schiantare da qualche parte.
Giusto per non mostrarsi troppo insicura, aumentò l'ampiezza della falcata di tre millimetri.
Una porta che si apriva.
Qualcosa sotto il piede: "Il... tappeto...?"
- Attenta a dove metti i piedi. - quel tono gentile, la mano sulla schiena: - Abbandonati a me, ora. -
- ... Len... -
- Sì? -
- Non funziona, davvero. -
- ... parlavo del camminare, Miku. -
"Certo, certo." proseguì, finché l'altra mano di Len si posò sul suo braccio, fermandola.
Sentì la mano scendere dalla schiena all'altro braccio, farla girare, e poi sedere su qualcosa di morbido.
- Resta lì. - lo disse in modo pacato.
"E'... il baldacchino...?" provò a tastare: sembravano effettivamente coperte. Incredibilmente morbide.
Assurdamente morbide.
No, davvero, aveva una gran voglia di buttarcisi.
"Ma, del resto, perché non farlo?" si lasciò ricadere all'indietro - e avrebbe volentieri aperto le braccia, ma corde con forza maggiore glielo impedivano.
Il rumore di un armadio che si apriva, un fruscìo.
- In tutto ciò... - esordì Len: - ... tu non dovresti essere a dormire, a quest'ora? -
- Ho dormito prima. - provò a rotolare, ma le braccia minacciavano di farle male, qualora ci fosse riuscita.
- Quindi hai pensato di venire a far visita alla Lepre Marzolina perché...? - sembrava onestamente curioso.
- Volevo andare da qualche parte. Lo Stregatto mi ha detto che nei dintorni c'erano una Lepre Marzolina e un Cappellaio, quindi... -
- E tu hai scelto la Lepre. -
- Sì. -
- Forse hai ragione. Non sei una shotacon. -
- Ecco. Finalmente l'hai capito. - poteva dirsi soddisfatta.
- Sei una usacon. -
- No. - ci pensò: - Beh, forse. - "E nekocon. Anche se non sapevo di esserlo fino a qualche ora fa!".
- E cosa pensavi di fare alla povera Lepre? - la voce di Len si era avvicinata. Magari si era avvicinato anche lui.
- Volevo vederla! - non vide perché nasconderlo: - Volevo sapere se fosse puccia come te! -
- Ma sono io. -
- Quindi è puccia come te. -
Sentì le coperte appesantirsi, accanto a lei.
Il cuore sussultò quando si rese conto che Len le si era seduto vicino.
- Ti sei cambiato? - "Vorrei essere liberata."
- Forse. - un accenno di risata.
- Liberami. -
- Non ci penso neppure. -
"..." - Allora mi libererò da sola. - "Magari, se sfrego contro le coperte, riesco a togliermi almeno la benda..."
- Non ci riuscirai. -
Per tutta risposta, Miku tirò indietro la testa, poi la riportò avanti. Le parve di vedere uno scorcio di luce, in basso a sinistra.
Ritirò la testa indietro, più indietro che potè.
Qualcosa di caldo sulla benda, sugli occhi. Una mano.
- Ahi, ahi, che bambina cattiva! - un soffio nell'orecchio: - Se la benda venisse via, dovrei accecarti? -
- Sei tu il bambino cattivo! - scosse la testa, cercando di liberarsi di quella mano: - Non si legano gli ospiti! E non li si benda neppure! -
- Ma sei tu che hai accettato di entrare qui. Non ti ho costretta. - un sospiro: - ... e sei sempre stata tu ad accettare di farti legare e bendare. -
- Mi sembrava una cosa ragionevole! -
- Oh, ma lo è. - troppo caldo.
Un peso vicino al suo orecchio.
Miku trasalì.
Era sopra di lei. L'aveva bloccata.
Più di quanto non fosse bloccata di suo.
"Perché quando incontro lo Shota Usamimi finisco sempre in qualche guaio assurdo...?" trasse un profondo respiro: "Devi calmarti. Devi pensare ad un modo per andartene. E liberarti, magari." deglutì, il cuore conficcato nella gola, pulsava con così tanta violenza per liberarsi e tornare nel petto, forse: "Prima andartene. Poi pensa a liberarti.".
- Ora... - caldo contro il petto, quelli che riconobbe come capelli le solleticavano il collo: - ... dammelo. -
- ... cosa? - spalancò gli occhi, cercò di vedere una qualsiasi cosa oltre quella benda nera, oltre quella mano ormai solo appoggiata. Niente.
- Lo sai. - la voce gentile, pacata, vicina: - Su, dammelo. -
- Non so di cosa tu stia parlando. - irrigidì le spalle, diede uno strattone. Un dolore acuto ai polsi, strinse i denti.
Una risata leggera: - Possiamo stare qui quanto vuoi, Miku. Ma finirà tutto prima, se me lo darai. -
- Tu dimmi cosa e io vedrò se posso. - un altro strattone. Un dolore ancora più forte: "No, così non funziona..."
Sobbalzò quando sentì quella risata. Non era affatto leggera, non era affatto divertita: - Vedrai? Se puoi? - riprese fiato: - Perché parli come se potessi scegliere, Miku? -
"..." inspirò: "... devo andarmene.".
- Allontanati. - ringraziò la propria voce di essere rimasta ferma. Era sicura sarebbe uscita spezzata.
Non aveva paura.
Era solo agitata. Terribilmente agitata. Si sentiva mancare l'aria, doveva fare respiri più profondi, più spesso. Il non potersi muovere e il non poter vedere la facevano sentire spaesata, inerme. Cominciava a sentire un po' freddo.
Ma non aveva paura.
- Dammelo. -
- Allontanati. -
- Su, dammelo. -
- No. - forse era l'unico modo per interrompere quello scambio di frasi senza fine.
- Dammelo. -
O forse no: - Len, sul serio, non ho la più pallida idea di cosa tu stia dicendo. Se solo mi spiegassi, allora potrei darti quello che vuoi! -
- Non avrebbe senso spiegartelo. - aveva smesso di sorridere?: - Dammelo e basta. -
- Sei un coniglietto cafone e stupido! - tanto valeva, ormai: - Che ne è stato della nostra tregua? -
- Non ho mai messo un limite di tempo. -
- Appunto. Potremmo essere in piena tregua anche ora! -
- Oppure no. -
- Ah! Smettila di comportarti così! - piegò la testa di scatto, l'occhio destro fu colpito dalla luce.
E incontrò le iridi arancioni di Len.
- ... ah... - le braccia tremarono: - Cosa...? - le braccia, le spalle. Il cuore.
Len sorrideva.
E la guardava: - Perché hai quello sguardo? - la mano andò a scostare la benda dall'altro occhio. Ora vedeva bene i suoi, di occhi.
- Il tuo corpo sta tremando. - sorrideva, un sorriso sinistro, spietato.
- Vuoi che ti porti un po' di latte caldo? - una risata, il sangue le si gelò nelle vene: - Ma temo farei solo disastri. -
- Len... - anche le labbra tremavano: - Tu... -
- Dammelo. - coprì del tutto la luce: - Dammelo, Miku, dammelo. -
- ... - strinse i denti: - Io... - inspirò.
E lo colpì allo stomaco con una ginocchiata.
- AH! -
Len ricadde di lato, piegato, le mani alla pancia, la bocca spalancata in un urlo di dolore.
- Ne riparleremo quando ti sarà passata la voglia di darti all'horror! - scattò in piedi, la testa alta per evitare che la benda le ricadesse sugli occhi.
Corse alla porta aperta della camera, si lanciò verso l'entrata.
- MI-MIKU! -
Il cuore sussultò. Accelerò: - STAMMI LONTANO! - arrivò all'ingresso: - ALMENO FINCHE' NON SARAI TORNATO NORMALE! - diede una spallata alla porta.
Niente.
Si voltò: ancora nessuno in vista.
Se lui l'avesse raggiunta...
Colpì la porta con un calcio.
Niente.
- TORNA QUI! -
- NON HO INTENZIONE DI FARLO! -
Un'altra spallata.
Niente.
Stava cominciando a sentire troppo freddo.
Eppure, aveva le mani sudate.
Gli occhi erano umidi. Il cuore stava impazzendo.
Siamo tutti pazzi, qui.
- Luka! -
Niente.
Un rumore alle sue spalle.
Si voltò.
Len era sulla soglia della camera, ancora piegato in due, una mano allo stomaco. La guardava, con i suoi occhi arancioni.
E la guardava molto male.
- APRITIAPRITIAPRITI! - Miku si schiantò contro la porta, la colpì con un ginocchio, con la gamba, anche con la testa: "NoNoNoNoNo Perché non perché non ti apri no non devi devi devi apriti apriti ti prego io non-"
Sgranò gli occhi.
Si girò, si mise in punta di piedi; afferrò la maniglia con le mani e la abbassò.
La porta si aprì.
Tornò a guardare Len: - Dicevamo? -
- Stavi fuggendo in preda al panico. - mugugnò lui, la voce soffocata.
- Non ero in preda al panico. -
- MIKU! -
- AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAARGH! -
E scappò nel bosco notturno.

Non aveva mai studiato a fondo biologia, ma sapeva benissimo quanto i conigli e le lepri fossero eccezionali corridori.
Se non altro, quello che si era lasciato alle spalle doveva essere rallentato dalla botta.
"Devo tornare a casa di Gumi!" tirò indietro la testa, per ricacciare la benda sulla fronte: "Devo solo fare la strada al contrario! Semplice, no? No?".
Una fitta al fianco.
Si fermò, la bocca spalancata a prendere quanta più aria possibile. Faticava persino a tenere gli occhi aperti. Tirò su col naso.
"Spero sia la strada giusta..." deglutì, ma le parve di non aver mandato giù niente che non fosse aria: - Lu-Luka... -
Non sapeva cosa aspettarsi, dicendo il suo nome. Forse che lei apparisse. Chissà se la stava spiando. "Se è vero quanto ha detto, allora dovrebbe sapere che sono in difficoltà..." si appoggiò ad un tronco: "... certo, perché dovrebbe venire a salvarmi?" alzò la testa, verso le fronde: "Però, l'ha detto lei. Se ora mi succedesse qualcosa, lei non potrebbe più divertirsi. Mi ha pure dato l'invito perché potessi andare dalla Regina." chiuse gli occhi, non smise di prendere aria: "Devo tornare a casa di Gumi... devo solo fare la strada al contrario... sì... è questo quello che devo fare..." annuì, piano.
- Dormi... -
Il vento, o forse un sussurro.
- Fai un bel sogno. -
Ma le foglie rimanevano immobili.
- In un dolce sogno, dimenticherai tutta l'amarezza. -
Tic Tac Tic Tac
- Chi è...? - riuscì ad articolare una frase. Il respiro era rallentato. Riaprì gli occhi, si guardò intorno. Solo alberi.
- Va bene, di tanto in tanto, annegare in fantasie ipnotiche. -
- Chi sei? - tese le orecchie: era vicino. Quel sussurro era vicino.
- Indossalo ancora... -
- Eh? - guardò a destra, a sinistra, ma c'erano solo le ombre degli alberi: - Cosa stai dicendo? E poi io non ho sonno! -
- Quel tuo adorabile faccino, indossalo ancora. -
- Chi diamine...? - anche la sua voce era diventata un sussurro. Un sussurro soffocato e spezzato.
Faceva troppo freddo, in quel bosco.
- Ehi... - una folata di vento sul viso: - ... me lo dai? - una risata.
- ... - schiuse le labbra.
E fuggì gridando.

"COSA STA SUCCEDENDO?" urlava nella sua testa.
E correva, neppure lei sapeva ormai dove. Non sapeva neppure se avesse mai cambiato direzione, se stesse andando verso casa di Gumi, se stesse finendo dritta nel giardino con la margherita omicida, o se stesse per cadere nel lago di panna.
Lasciò la spalla contro un tronco, boccheggiò: - Luka... - gemette: - Gumi... Kiyoteru... Kaito... qualcuno... qualcuno venga qui ad aiutarmi... - strinse i denti: - Quando arriva l'alba...? - tirò su col naso: - Quando arriva l'alba...? -
Sgranò gli occhi.
Scosse la testa, si rialzò: - Non è il momento di mettersi a piangere! - inspirò: - Non risolverai niente, così! - riprese a camminare, conficcò i talloni nel terreno: - Se dovessero riapparire... - deglutì: - Se dovessero riapparire, dirai di sì. Poi se la vedranno loro. -
Sempre che non stessero parlando della sua anima o del suo conto in banca. O che non stessero unendo le due cose costringendola ad un testamento verbale.
- "Loro"... - mormorò. Parlava. Il suono della sua voce spezzava quel silenzio irreale, la faceva sentire meno sola: - Quella di prima... quella di prima non era la voce di Len. - ci ripensò, un brivido freddo lungo la schiena: - Era... la voce di una ragazza...? -
Non aveva mai sentito quella voce, prima di allora: - Cosa vuole da me una persona che non ho mai neppure visto...? -.
Continuò a camminare, il respiro era tornato normale. Avrebbe davvero voluto levarsi almeno la benda dalla fronte - continuava a minacciare di ricaderle sugli occhi.
Poi, qualcosa colpì le sue orecchie.
- ... musica...? - si voltò. Niente. Si guardò ai lati. Niente: - ... viene da davanti...? - avanzò, piano, come se temesse di fare troppo rumore.
Era un ritmo allegro, che si faceva man mano più forte.
- Sì, deve essere qui davanti... - una luce. Il cuore sussultò. Accelerò il passo.
- Forse... - sussurrò: - ... forse sono arrivata a casa di qualcun altro... magari del Cappellaio? - si bloccò: - ... non sarà come... - inspirò: - ... no, non può essere. Non si può arrivare al livello dello Shota Usamimi. - riprese a camminare.
E lì, tra gli alberi, un cancello alto, alto, alto almeno cinque metri.
Tra gli alberi. Letteralmente. Gli alberi erano i paletti della staccionata, alta "solo" due o tre metri, il cancello aveva i suoi cardini nei tronchi.
Miku proseguì, incapace di staccare gli occhi dagli alberi. Si fermò solo quando si rese conto di essere arrivata al cancello.
- C'è musica, è illuminato... - guardò le numerose lanterne lungo il recinto: - ... deve esserci qualcuno, in casa. -.
Avrebbe volentieri bussato ma, al momento, non ne era in grado. Quindi, bussò con un piede - anche se era sicura di essere apparsa estremamente rozza.
- Scusatemi! - esclamò, a voce più alta che potè: - Non sto prendendo a calci il vostro cancello, sto bussando! C'è nessuno? -
La musica s'interruppe di colpo.
"... mi hanno sentita o...?" certo, far finta di nulla proprio in quel momento non sarebbe stato molto losco, da parte degli inquilini.
- Ci sono io! -
Un tuffo al cuore.
La voce femminile di prima.
E, dall'altro lato del cancello, era apparsa una ragazza.
Una ragazza bionda, con dei grandi occhi azzurri.
- ... Len...? - somigliava a Len in una maniera impressionante. Era solo poco più bassa, e aveva le guance appena più rotonde.
Una risata leggera - troppo simile a quella del Bianconiglio: - No. Io sono Rin. - un grande sorriso: - Ma mi chiamano anche Cappellaio. -
- La Lepre Marzolina e il Cappellaio... - mormorò Miku: - ... volevi mandarmi da loro, Luka...? -
- Vuoi entrare. - quella di Rin non era una domanda. Aveva già messo le mani ai battenti.
- Come fai ad esserne così sicura...? - non voleva sviluppare una fobia verso gli inviti ad entrare, quindi era meglio fare le cose con cautela.
- Non avresti bussato, altrimenti. -
- Anche tu hai ragione... -
- No che non ho ragione! -
- Eh? -
Rin agitò un indice, lo sguardo serio: - Non darmi ragione solo per gentilezza o stupidità! Avresti benissimo potuto bussare per farmi un dispetto, per verificare la consistenza del cancello, per fare rumore, perché ti annoiavi, per sperimentare la tua forza, per temprare le tue nocche, per- -
- Ho bussato perché mi sarebbe piaciuto entrare. - si affrettò a dire, prima di essere travolta da un lungo elenco: - Però... -
- Sì? -
- ... se accetterò il tuo invito ad entrare, tu mi farai cose strane? -
- Dipende qual è il tuo concetto di "cose strane". - alzò le spalle.
- Ehm, tipo... - si girò, a mostrare i polsi legati.
Rin si portò una mano al mento, pensierosa: - Uhm, bondage, eh? -
- E tentativi di terrorizzarmi. - aggiunse Miku, tornando a guardarla: - A proposito, eri tu prima? -
C'era un cancello, tra di loro. Nel caso Rin l'avesse attaccata, avrebbe comunque avuto un po' di vantaggio.
- Prima? -
- Sai, quel "me lo dai?". -
- Oh, sì, ero io. - sorrise, un sorriso a trentadue denti: - Ma ora non ne ho più voglia. -
Cercò di non mostrare troppa inquietudine: - ... come faccio a fidarmi? -
- Puoi farlo, come puoi non farlo. - sventolò le mani, come a scacciare quelle parole.
"... d'accordo, proviamo ad entrare." annuì: - Posso entrare? -
- Ma certo! - e il cancello si aprì.
Miku entrò, il passo lento, cauto.
Quando sentì il cancello richiudersi alle sue spalle, si voltò a guardare Rin.
E Rin guardò lei.

- ... uhm, Rin... - cominciava a sentirsi un po' a disagio, dopo cinque interi minuti passati a fissarsi senza dire una parola.
- Sì? - lei, d'altro canto, non dava segno di imbarazzo o noia.
- Potresti liberarmi? -
- Potrei, e credo lo farò. -
- Ti ringrazio. -
Rin la raggiunse, e iniziò ad armeggiare con le corde: - Che nodi! - esclamò: - Un esperto del bondage! -
- La Lepre Marzolina. - sospirò Miku: - Forse lo conosci. -
Una risatina: - Sì che lo conosco! Ma... - si fermò, si sporse oltre la sua spalla: - ... tu sei andata da lui ora? Di notte? -
- Ehm, sì...? -
Rin scoppiò a ridere - e quasi le partì un timpano, visto quanto era vicina al suo orecchio.
- E allora ti lamenti che ti abbia legata e bendata e abbia giocato un po' a terrorizzarti? -
- Giocato? - "Che razza di giochi fanno, qui?"
- E' la Lepre Marzolina. - spiegò Rin, il tono paziente: - A Marzo impazzisce. -
- Spiega la schizofrenia, ma non i suoi dubbi tentativi di sedurmi. - sbattè le palpebre: - E poi siamo a Maggio. -
- Marzo, Maggio, non cambia poi molto. - i polsi tornarono a percepire sangue scorrere al loro interno, e lei stessa si sentì in qualche modo più rilassata: - E' comunque primavera, ed è il periodo in cui gli animali vanno in calore. -
- ... -
Decise di non approfondire.
- Anche se i conigli sono praticamente sempre- -
- Ma che bella casetta! - Miku si tolse la benda e corse in avanti: quel posto era diverso da tutte le altre case.
La casetta c'era, sì: piccola, lontana - o forse piccola perché lontana -, con un piano solo e il tetto che sembrava di paglia.
Da lì fino quasi a raggiungere il cancello, una lunghissima tavola rettangolare, con una tovaglia rosata. Tutto intorno, sedie dallo schienale elaborato, intagli accurati, ciascuna con un cuscino di colore diverso. In fondo, verso la casetta, a capotavola, un'enorme poltrona rosata, dalle rifiniture rosse.
Si avvicinò: piattini, tazzine, cucchiaini, teiere, bricchi del latte, biscotti, tanti biscotti, e dolcetti, tanti dolcetti, e forchettine, e coltellini, e panini di burro, e barattoli di marmellata.
Non c'era nulla, su quel tavolo, che non sembrasse stracostoso.
Ceramica, cristallo, posate che di solito sarebbero destinate alla sola esposizione, cuscini di seta.
L'unica pecca di tutto quello sfoggio di lusso era il fatto che la stragrande maggioranza delle tazzine fosse sporca e circondata di briciole e posate usate.
- Vuoi sederti? -
Miku si voltò verso Rin e annuì.
Già che c'era, si soffermò a guardarla per bene: come Len, anche lei le arrivava a malapena al naso.
Se non si contava il colossale cappello viola.
La tesa le superava ampiamente entrambe le spalle, di almeno dieci centimetri ciascuna; il cilindro non si sarebbe stupita di saperlo più di sessanta centimetri.
Come se non bastasse, attorno era legato un nastro bianco dalle strisce rosse, e un enorme fiocco bianco a lato, delle roselline sul nodo.
Si chiese seriamente come facesse a tenerlo in testa. Sia di peso che di equilibrio. Soprattutto di equilibrio.
Un enorme fiocco era anche attorno al collo, rosso; e un corpetto viola con le code davanti, e una camicia bianca con le maniche lunghe, le spalline a sbuffo; le scarpette viola, le calze bianche a righe rosa.
E una colossale gonna rosa a palloncino, forse persino più larga della tesa del cappello.
Se non altro, era solo dietro che le arrivava alle caviglie, lasciando la parte davanti scoperta fino a metà coscia. Almeno poteva camminare. E permettere di camminare a chi le stava intorno.
E la gonna era morbida. Il cappello no. Rimaneva la parte più pericolosa. Forse era per quello che la chiamavano "Cappellaio".
Alla sua risposta, Rin rise: - Non c'è posto! -
- ... cosa? -
- Non c'è posto! Non c'è posto! - cantilenò la ragazza, per poi trotterellare verso la poltrona.
Miku la seguì: - Come sarebbe a dire "non c'è posto"? - indicò la tavola: - Qui ci starebbe almeno un centinaio di persone! -
- Siediti, siediti! - Rin si era fermata dietro la sedia alla destra della poltrona, l'aveva tirata indietro.
"Cosa-" - Ma hai appena detto- -
- Avanti, siediti e iniziamo! -
Di fronte a tutto quell'entusiasmo, Miku non potè far altro che assecondare la richiesta di Rin e sedersi. Era stata persino galante, spostandole la sedia e rimettendogliela sotto all'istante.
Di suo, Rin letteralmente si lanciò sulla poltrona - e quella, per il contraccolpo, indietreggiò di almeno venti centimetri.
- Ti va un po' di the? - riportò la poltrona davanti al tavolo e si allungò per prendere la teiera più distante.
- Oh, grazie, volentieri. - abbassò lo sguardo e trattenne un sospiro di sollievo nel constatare come, almeno, l'avesse fatta sedere su un posto pulito.
- Se bevi con allegria... - trillò Rin, versandole il the da cinquanta centimetri di distanza dalla tazzina: - ... il mondo ballerà con te! -
- Per stasera ho ballato abbastanza. - iniziò a preoccuparsi quando vide il the raggiungere il bordo: - Ehm, può bastare, grazie. -
- Ti va un po' di the? -
"Oh, no." - Ne ho già preso, grazie. - sforzò un sorriso e portò il the alle labbra. Aveva un ottimo profumo. Era senz'altro un the di qualità, di quelli che i ricchi si facevano importare da chissà quale paese esotico.
Ne bevve un sorso.
- Che strano sapore... - mormorò: sapeva di the al gelsomino, ma aromatizzato al limone e all'arancia, con un retrogusto di vaniglia e un vago odore di rose. Contro ogni aspettativa, non era cattivo. Era solo strano.
Alzò lo sguardo.
Rin la stava fissando, una mano a sorreggere il viso.
"...?"
- Se ti abitui al sapore normale, allora tutto diventerà noioso. -
- Oh. - tornò a guardare il the: - Non sto dicendo che è cattivo, è solo che non ho mai assaggiato una cosa così- -
- Le cose comuni sono cooooooosì monotone! - anche Rin si versò il the, sempre tenendo la teiera ben lontana dalla tazzina.
- Mi sembra un pensiero condiviso da molti, in questo posto. - Miku non riuscì a non sospirarlo.
- Tutti quelli che lo capiscono iniziano ad impazzire! - scoppiò a ridere, lanciò la teiera alle sue spalle, il the che ne uscì creò un arco perfetto prima di schiantarsi nell'erba, assieme al rumore di ceramica infranta.
Miku rimase immobile.
"... aiuto." trasse un profondo respiro, portò la mano al grembiule. L'invito. E il cono: "Kaito ha detto che solo i cibi dell'ingresso e a casa di Len fanno cambiare statura..." forse avrebbe dovuto pensarci prima di bere il the, ma tant'era. Non erano previste complicazioni. Non di quel tipo, almeno.
- Ehi, ehi! - Rin tornò a guardarla, l'espressione interessata incorniciata dalle mani: - Qual è il tuo nome? -
- Michelyne Alice Lydia Fairsound. - decise di ridurre la presentazione: - Ma tutti mi chiamano Miku. -
- Tutti fanno bene. - annuì Rin, con fare sapiente: - Pensa se qualcuno dovesse avvisarti di un gradino! "Michelyne Alice Lydia Fairsound, attenta al gradino!" e invece tu sei già caduta e ti sei pure sbucciata un ginocchio. -
- O magari non mi sono fatta niente... -
- Oppure hai anche sbattuto sul gradino, quindi ti sei sbucciata un ginocchio e ti è pure venuto un livido sulla gamba. -
- Vivi qui da sola? - la prima cosa che le fosse venuta in mente, tutto pur di impedirle di proseguire e arrivare ad uno scenario in cui lei era morta tra atroci sofferenze e aveva dato il via all'Apocalisse.
L'espressione di Rin si fece triste. Miku si sentì all'istante una persona orribile. Così, perché sì.
- Sono qui da sola. - sussurrò l'altra, lo sguardo andò al suo the - felicemente traboccato e finito sul piattino: - Da tanto. Tanto. Che giorno è oggi? -
- Ehm... eh... - cercò di ricordare: - Uh... quattro, credo...? - ci ripensò: - Anzi, credo che oggi sia il cinque... -
A quelle parole, Rin armeggiò con il fiocco rosso attorno al collo e ne riuscì con una collana, con un ciondolo. Guardando bene, Miku si accorse che era a forma di chiave di violino.
- Ecco. - disse la ragazza, lo sguardo serio al ciondolo: - Lei sì che mi dà soddisfazioni. Mica come te! - si sfilò la collana e la fece cadere nel the: - Ma guarda tu... - tornò a guardare Miku: - Io gli faccio fare pure l'idromassaggio nel the e lui non mi dice niente! Davvero maleducato, vero? -
- Indubbiamente. - si affrettò ad annuire: - Mi chiedo perché continui a vezzeggiarlo così. -
- La tua è senz'altro un'ottima domanda. - recuperò la collana, prese un altro piattino e vi adagiò il ciondolo. Dopo, prese un coltellino e un panetto di burro. Un istante dopo, il ciondolo era ricoperto di burro: - Guarda, guarda! Gli faccio pure la maschera di bellezza e lui si rifiuta di dirmi che giorno è! -
- Stai dando fin troppo a qualcosa di così poco collaborativo. - un biscotto al cioccolato finì nella sua visuale e, un istante dopo, non c'era più: - Soprattutto se si tratta di una cosa così semplice come dire il giorno e l'ora! -
- Semplice? - Rin inarcò un sopracciglio, il coltellino pieno di burro a mezz'aria: - Per te che stai fuori, senz'altro. Ma per me è difficile sapere che giorno è. -
- E allora come fai a sapere che siamo a Marzo o a Maggio? -
- Perché la Lepre Marzolina impazzisce! - il suo viso s'illuminò, come se avesse detto una cosa meravigliosa: - E le sento, le persone. Quelle che fuggono perché la Lepre le sta inseguendo con un falcetto o cerca di propinare loro del cibo cucinato da lui. E giù di risate! Risate! Risate! - e si mise a ridere sul serio.
Miku si sarebbe anche messa volentieri a ridere, che ridere era una bella cosa, il problema stava nel fatto che, fino a mezz'ora prima, la Lepre Marzolina si stesse divertendo con lei.
Se non altro, lei non aveva visto falcetti. Non ne aveva visti. Magari ne aveva pure, ma lei non li aveva visti e stava benissimo così.
- E cooooooomunque... - riprese Rin, come se nulla fosse: - ... il mio cruccio è solo il giorno! L'ora la so benissimo! -
- Oh. - non ci aveva pensato: - Per la posizione del sole, giusto? -
- Perché qui sono sempre le cinque del pomeriiiiiiiggio! - Rin prese un barattolo di marmellata e lo versò per metà sopra il ciondolo già sotterrato dal burro: - E' l'ora del the! E' l'ora del the! - alzò le braccia, come se stesse festeggiando: - Scaliamo i posti! -
Miku non se lo fece ripetere e si spostò sulla sedia alla sua destra - premurandosi di trascinare con sè il piattino dei biscotti al cioccolato. Rin si sedette dove prima era seduta lei.
- The! - i suoi occhi azzurri s'illuminarono: - Amo il the! Grazie, Miku! - prese la tazza da cui aveva bevuto e trangugiò tutto in pochi sorsi.
"..." sentì le guance troppo calde: "... devo considerarlo un bacio indiretto...?".
- Ehi, ehi, Miku! -
- Sì? -
- Sai perché un corvo somiglia ad uno scrittoio? -
Miku sbattè le palpebre: - Ehm, penso di no... -
- Intendi che pensi di non poter dire la risposta? - Rin piegò appena la testa di lato, lo sguardo incuriosito.
- Direi di sì... -
- Tu dici sempre quello che pensi? -
- Beh, sì. Perlomeno... - ci riflettè: - ... penso quel che dico. La si può considerare la stessa cosa, no? -
- Si potrebbe. - annuì il Cappellaio, sapiente: - Dunque tu vedi quello che mangi. -
- A meno che non si stia giocando... -
- E quindi mangi quello che vedi. -
- Eh? -
- E respiri mentre dormi. -
- Ci mancherebbe! -
- E allora dormi mentre respiri. -
- Non proprio... -
- Sei davvero strana, Miku. - Rin rise, una mano a coprire la bocca.
"... dovrei dirlo io di te." sospirò: "Anzi, di praticamente tutti, qui." e un altro biscotto scomparve.
- Ehi, ehi, Miku! -
- Sì? -
- Tu non sei del Paese dello Specchio, vero? -
Il cuore sussultò. Solo quando si rilassò un poco si accorse di aver anche sgranato gli occhi: - No, vengo da fuori. Da oltre la porticina. - precisò.
Rin sorrise. Non c'era alcuna traccia di malizia, o di dubbio: era un sorriso sincero.
"... è adorabile!" si trattenne dall'abbracciarla. Anzi, perché trattenersi? La abbracciò, forte, affondando in quell'intenso profumo di the ed evitando il grosso cappello per chissà quale miracolo.
Era davvero esile, Rin. Sembrava una grossa bambolina.
- Sai, Rin... - si scostò, lei ridacchiava: - ... anche tu mi dai delle belle soddisfazioni! -
"Non come un certo coniglietto che ti somiglia."
Il Cappellaio battè le mani un paio di volte: - Quindi, sei qui perché qualcuno ti ha invitata? -
"Ora posso rispondere senza paura!" - Sì. - annuì: - Mi ha invitata lo Stregatto. -
- Oh! - Rin sgranò gli occhi colmi di stupore: - Non c'è da meravigliarsi che tu sia da sola. Mi dispiace. - le fece pat pat sulla testa e Miku si sentì improvvisamente un po' meno sicura di sè.
Se non altro, la validità dell'invito sembrava confermata.
- Da quanto sei qui? -
- Sono arrivata ieri mattina. -
- Che era il quattro. -
- Che era il quattro. -
- E oggi è cinque. -
- Oggi è cinque. -
Rin annuì, come se stesse memorizzando tutte quelle informazioni. Dopo due interi minuti di silenzio - e un piattino perfettamente ripulito -, la voce del Cappellaio spezzò di nuovo il silenzio: - Ehi, ehi, Miku! -
- Sì? -
- Cosa farai domani? -
- Voglio andare a trovare la Regina. -
Rin sbattè le palpebre. Le sbattè di nuovo. Schiuse le labbra.
Ed esplose in una risata che rimbombò per tutto il giardino.
Miku si ritrasse, i timpani che dolevano, le mani che cercavano invano di coprire le orecchie.
Senza dubbio Rin aveva una voce estremamente potente.
- Povera Miku, povera Miku! - si versò dell'altro the, recuperando una teiera talmente lontana da costringerla ad allungarsi sul tavolo per prenderla: - Miku va dalla Regina! -
- Com'è? - si affrettò a chiedere: "Gumi non mi ha voluto dire niente, magari Rin..."
La suddetta tornò spalmata sul tavolo, per poi girarsi supina. Il cappello le scivolò sulla tovaglia, scoprendo il resto dei capelli biondi.
- Miku. -
- Sì? - la guardò con attenzione: sembrava seria.
- ... ma tu non sai veramente niente. -
- Eh? -
Rin si rialzò, seduta sul tavolo - e Miku sperò molto che quello non si ribaltasse: - Ma, del resto, ti ha invitata lo Stregatto. E' ovvio che non ti abbia detto niente. - sospirò: - Davvero crudele da parte sua farti una sorpresa del genere. -
- Che vuoi dire? -
- Allora non sai neppure dove sei. -
- Sono... nel Paese dello Specchio. - rispose Miku, incerta: "Sì, sono nel Paese dello Specchio, ma da come l'ha detto..."
- Informazione utilissima. - Rin ridacchiò: - Pensa se fossi in pericolo e dovessero venire a salvarti. "Ehi, ehi, sono nel Paese dello Specchio!", "Sì, ma dove?", "Ah, boh, Paese dello Specchio. Arrangiatevi, ciao!". - la sua risata aumentò d'intensità e stavolta Miku non potè non darle ragione.
"Quindi..." capì: "... il Paese dello Specchio è una regione, se non proprio una nazione?".
- Non posso permettere che Miku vada in giro a parlare come un pollo! -
- Un pollo...? -
Rin scivolò a terra, riprese il cappello e se lo rimise: - Quindi, ora ti farò una luuuuuuuunga spiegazione su tutto! Ma proprio tutto tutto! -
Miku era sicura di essersi illuminata: "Un mega-inforigurgito magari risolutivo! Ho dovuto aspettare tanto ma, alla fine, è arrivato!" ci pensò: "... forse è per questo che Luka mi ha mandata qui?" ci ripensò: "... e perché non me l'ha fatto lei?".
- Ehi, ehi, Miku! -
- Sì? -
- Ti va un po' di the? -
"..." - No, grazie, sono a posto così. -
- Il Paese dello Specchio è diviso in sette Paesi. -
Miku si fece attenta: - E non vi confondete? -
- No! - Rin alzò le spalle: - Si chiamano Paese del Rosso, Paese dell'Arancione, Paese del Giallo, Paese del Verde, Paese dell'Azzurro, Paese dell'Indaco e Paese del Viola. -
- Come i colori dell'arcobaleno! - li riconobbe - e si sentì all'istante coltissima.
- Tieni. -
Un foglio di carta, apparso da chissà dove. Miku lo prese e lo guardò.



- Questo è il Paese dello Specchio. -
Miku sbattè le palpebre: - Ma... ma... - alzò lo sguardo verso Rin, davanti a lei: - Ora dovresti farmi una descrizione accurata, inserendo le informazioni nella narrazione, cercando di essere più chiara possibile, in modo che le tue parole assumano nella mia mente una forma il più precisa possibile! D'accordo che un'immagine vale più di mille parole, ma non puoi liquidare una descrizione con un'immagine! -
- Eccerto, adesso mi devo pure mettere lì con il goniometro a vedere di quanti gradi è l'angolo di ciascun regno. - Rin sbuffò, portò le mani ai fianchi, sopra l'immensa gonna: - E poi, non ho intenzione di appoggiare una materia tanto discriminatoria come la geometria! -
- Discriminatoria...? - "D'accordo, non piace neppure a me, ma perché...?"
- Pensaci! - Rin si sedette accanto a lei, sulla sua sedia, costringendola sul bordo: - Come si chiama l'angolo di novanta gradi? -
"Oh, no. Non ora. Non un'interrogazione di geometria a sorpresa!" - ... raggio? -
- Esatto, retto! -
Sia che Rin si fosse lesa i timpani da sola con la sua risata sia che avesse fatto finta di aver capito male sia che avesse davvero capito male, Miku ne fu felice. Almeno, per le due finali. Si sarebbe dispiaciuta, per la prima. Ma, dato che fino a quel momento l'aveva sempre sentita benissimo, fu abbastanza sicura di poter escludere la prima ipotesi.
- E quello di centottanta? -
- ... piastrato? -
- Piatto, esattamente! - il suo sguardo si assottigliò: - E... come si chiama quello di trecentosessanta? -
- ... girino? -
- Angolo giro, a volerlo dire per intero. - mise le braccia conserte: - E... quello di duecentosettanta? -
Miku deglutì. Era la domanda decisiva: - ... succo di negi. -
- Esatto! - Rin saltò su, lei quasi cadde dalla sedia: - Non ce l'ha! La geometria non ha dato il nome all'angolo di duecentosettanta gradi! -
- Ah, sì? - aveva studiato così tanto la geometria da non sapere neppure cosa fosse esattamente un angolo, quindi si sentiva molto partecipe della questione.
- Sì! - il Cappellaio prese un biscotto al burro e lo mangiò con rabbia, come se fosse colpa sua: - E io mi rifiuto di associarmi ad una materia tanto crudele e discriminatoria! -
- Fai benissimo. - Miku annuì: - Dovremmo dissociarci tutti dalla geometria. -
- E anche dall'algebra. E' sua complice. -
- Indubbiamente. -
Decise arbitrariamente che Rin, escludendo i suoi curiosi scatti, poteva rientrare a pieno titolo nel gruppo delle "brave persone".
- Dato che sei un'ospite, ti farò scegliere. - un dito apparve sullo spicchio giallo: - Posso partire dal Paese più bellissimo e importantissimo o andare in ordine di arcobaleno. -
Dato che era alquanto evidente il suo desiderio di iniziare dal Paese del Giallo, Miku decise: - Dal Paese più bellissimo e importantissimo. -
- Dicevamo del Paese del Giallo. - Rin intrecciò le dita: - Il Paese del Giallo è la capitale del Paese dello Specchio. Guardalo, guardalo! -
Miku tornò a guardare il foglio.
- E' il più grande di tutti, ha un posizione perfettamente centrale ed è il capo assoluto. E' lì che si trova il Palazzo della Regina, proprio nel vertice dell'angolo. -
Rialzò la testa: - Quindi noi siamo nel Paese del Giallo? -
- Ti sembra il Paese del Giallo, questo? - il Cappellaio aprì le braccia: - Siamo circondati da alberi! -
- Aaaallora siamo nel Paese del Verde...? -
- Esattamente! - Rin ridacchiò: - Al confine con il Paese del Giallo e non lontano dal Palazzo della Regina, per la precisione. Siamo proprio vicino alla riga. -
"Non mi stupirebbe sapere che ci sono veramente le righe nere. Magari delle frontiere. Tipo Frontiera della Linea Nera.".
- Il Paese del Giallo è un posto bellissimo. - un sorriso: - C'è sempre il sole, e il caldo. Anche in inverno. Però non è caldo afoso, è un caldo piacevole. E il panorama è meraviglioso. Soprattutto se lo guardi dall'alto. Ci sono le montagne, le colline, le pianure... e tanti fiori, e le casette sono così carine... E fanno dei dolcetti buonissimi, i migliori di tutto il Paese dello Specchio! - aveva le guance rosse, gli occhi che le brillavano.
Miku non riuscì a non sorridere: - ... ti piace molto. -
- Amo il Paese del Giallo. -
Di colpo, il suo sguardo fu velato da qualcosa: - ... avrei voluto accorgermene prima. -
Il suo sorriso si fece amaro.
- ... Rin? -
Rimase immobile.
Il Cappellaio sembrava quasi una persona diversa.
Aveva distolto lo sguardo, l'aveva portato alla tavola, ma forse non la stava davvero guardando. Continuava a sorridere. Ma sembrava più volesse piangere.
- ... Rin? - provò, di nuovo.
Stavolta, lei la sentì, tornò a guardarla.
E sorrise, come se non fosse successo niente: - La Regina è il capo assoluto! - riprese: - Nessuno può opporsi agli ordini della Regina! -
"Avevo intuito..."
- Però, la Regina non si può sempre guardare alle spalle, quindi c'è il Paese del Viola. - lo indicò: - Vedi? E' proprio all'ombra del Paese del Giallo! Serve per evitare che qualcuno attacchi la Regina alle spalle! -
- Oh... - sbattè le palpebre: - E perché il Palazzo non è stato costruito al centro del Paese del Giallo, piuttosto che ad un estremo? -
- Il Paese del Viola fa capo ad un Duca. - forse non l'aveva sentita, o forse aveva fatto finta di non sentirla, e Miku non ne fu felice: - Il Duca deve rispondere agli ordini della Regina. -
- Mi sembra giusto. -
- Tuttavia, qualche anno fa, il Duca del Paese del Viola diede un po' di problemi, quindi abbiamo dovuto prendere provvedimenti. -
- ... problemi? - "Duca problematico...?"
- Ormai è passato. - Rin alzò le spalle: - Anche se si notava già da prima che il Duca non fosse molto affidabile. Ha persino rinominato il suo Paese, chiamandolo "Venomania". -
Miku trasalì: "E' davvero Gakupo Kamui!"
- Ma nessuno lo chiama così, a parte lui e gli abitanti del Paese del Viola. Quindi, ti consiglio di chiamarlo "Paese del Viola" e basta. -
- Sì. - annuì: - Ma non credo che un solo cambio di nome possa etichettare qualcuno come "poco affidabile"... -
- L'improvviso malfunzionamento delle comunicazioni e conseguente casuale non arrivo degli ordini della Regina nonché presunte comunicazioni da parte del Duca andate misteriosamente perse hanno fatto sorgere qualche dubbio. -
- Su, magari erano davvero solo le poste... - ricordò quanto le aveva detto Gumi: - Si sa che le notizie viaggiano molto lentamente! -
- Il tentativo di rapimento della Regina ha fatto sorgere ancora più dubbi. -
- ... uhm. -
- Così come il curioso spopolamento dei Paesi vicini. -
- Eh? -
- Poi, beh, anche il fatto che nel Paese del Viola circolasse tutt'altra moneta, con gran gioia dei cambiavalute, direi, e avessero messo una barriera di bombe al confine col Paese del Giallo sono stati curiosi avvenimenti. -
- Magari era solo la vostra immaginazione. -
- Probabile. - Rin annuì: - Ma abbiamo comunque preso provvedimenti. Sai, per precauzione. -
- Quindi ora è tutto tornato alla normalità! -
- Intendi se le comunicazioni fanno ancora schifo, se ci sono ancora le bombe e se hanno tutt'altra valuta? -
- Sì. -
- Sì. -
Miku rimase interdetta: - Ehm... "sì" nel senso che...? -
- Sì, le comunicazioni fanno ancora schifo, ci sono ancora le bombe e hanno tutt'ora un'altra valuta. -
"... e allora cosa dovrebbero aver risolto...?"
- Il Paese del Verde, dove siamo noi... - Rin continuò, ignorando la sua palese perplessità: - ... non ha niente di interessante. Ci sono alberi. E verdura. Tanta verdura. E' il posto migliore dove coltivare. -
- Spiega tutti quegli orti... - mormorò Miku.
- Il Paese dell'Azzurro è il nostro villaggio vacanze! - il Cappellaio s'illuminò: - C'è mare, tanto mare! Su tutta la costa! E le spiagge, e tanti gelati! C'è sempre un tempo perfetto per fare il bagno, anche di notte! -
- Oh... - tornò a guardare il foglio: - Deve essere un Paese molto ricco... per il turismo, dico. -
- Sì! Dà un sacco di entrate al Paese del Giallo! -
- ... -
- Del resto, il Paese del Giallo dà un sacco di clientela al Paese dell'Azzurro! -
- ... clientela del Paese del Giallo che paga nel Paese dell'Azzurro. -
- Sì! -
- E il Paese dell'Azzurro poi dà un certo tot del guadagno al Paese del Giallo. -
- Sì! Circa l'ottanta per cento! -
- ... - decise di non commentare una tale genialata: - E questo? - chiese, invece, indicando la striscia tra Azzurro e Viola.
- Oh, quello è il Paese dell'Indaco. - il tono di Rin si era fatto esitante: - Non sappiamo esattamente a cosa serva. Non credo abbia neppure degli abitanti. Sta lì. -
- E perché non ci fate qualcosa? -
- Il Paese dell'Azzurro non lo vuole... - l'altra sospirò: - ... non c'è neppure una strisciolina di mare, un lago, un fiume, una pozzanghera. Niente! Però... - scoccò un'occhiata allo spicchio viola: - ... c'è il Paese del Viola che sarebbe molto interessato ad averlo. Per espandere il proprio territorio. Abbiamo avuto i nostri legittimi dubbi quando abbiamo notato svariate bandierine viola con su scritto "Proprietà del Paese del Viola, formalmente Venomania" piantate un po' ovunque. -
"Gakupo Kamui è una persona estremamente losca.".
- Quindi, dato che le bandierine non sono valide come prova d'acquisto, lasciamo che il Paese dell'Indaco rimanga il Paese dell'Indaco, pur di non darlo al Paese del Viola. - Rin si versò del the, stavolta a distanza sensata, non fosse che stava versando da due teiere: - Qualunque sia la sua utilità. -
- Capisco... -
- Ehi, ehi, Miku! -
- Sì? -
- Ti va un po' di the? -
- No, grazie. -
Per tutta risposta, Rin lanciò via la tazzina - che ovviamente s'infranse a terra - e bevve dal beccuccio di una teiera, l'altra ancora a mezz'aria.
Giusto per fare qualcosa, Miku tornò a guardare il foglio. Indicò i due spicchi restanti: - E questi? -
- Il Paese del Rosso e il Paese dell'Arancione. - impilò le teiere una sopra l'altra: - Fa un caldo assurdo, là. - e quella sopra ruzzolò sulla tavola, rotolando per qualche centimetro prima di sbattere contro un piatto di bignè.
Già che l'aveva notato, Miku si premurò di metterci mano.
- Il Paese dell'Arancione è un posticino tranquillo. - il Cappellaio prese un biscotto al burro e lo intinse in un bricco del latte: - La zona di Rossovetro, in particolare, è molto graziosa. -
"Rossovetro..." finì di smangiucchiare il terzo bignè. Erano buoni. Pieni di crema.
- E' al confine con il Paese del Rosso. Vacci, se ti capita! -
- Volentieri! - "Magari potrebbe accompagnarmi Gumi. Sarebbe carino vedere casa sua!".
- Il Paese del Rosso è un deserto. - estrasse il biscotto dal latte e si scolò il contenuto del bricco: - Vuoi un biscotto? - glielo porse.
Miku scosse la testa: - Sono impegnata con i bignè. -
- Ti capisco. - intinse il biscotto in un barattolo di marmellata scura - e quello, ovviamente, si ruppe. Così, Rin recuperò un coltello e si mangiò il biscotto molle zuppo di latte e marmellata.
Non disse altro.
La spiegazione doveva essere finita.
- Ti ringrazio molto per avermi spiegato. - Miku posò il foglio sul tavolino: - Ora mi è tutto più chiaro. Soltanto... -
- Sì? -
- ... cosa c'entra questo con la Regina? -
- Questo questo, dici? - una risata, alta ma non spaccatimpani: - Niente! Non c'entra niente! Niente niente! -
"..." sospirò: - Potresti narrarmi della Regina, allora? -
- La Regina... - Rin si portò il coltello alle labbra, pensierosa: - La Regina... la Regina è pazza! - e stavolta ci fu, la risata spaccatimpani.
Miku vide il Cappellaio scattare in piedi, liberarsi di posata e marmellata e lanciarsi di nuovo sulla poltrona: - La Regina è pazza! La Regina è pazza! - urlò, tra le risate: - Tutti odiano la Regina! Tutti odiano la Regina! Perché la Regina è pazza! Pazza! -
- La odiano...? - si alzò, titubante: - ... l'unica che mi è parso la trovasse antipatica è Gumi... -
- Ehi, ehi, Miku! -
- Sì? - sapeva benissimo cosa stava per chiederle.
- Ti va un po' di the? - ecco.
- No. - sospirò: - Vorrei sapere della Regina. -
- Cosa vuoi sapere della Regina? - Rin portò i talloni sul sedile, si lasciò andare contro lo schienale.
- ... com'è. - rispose Miku, semplicemente.
- E' pazza! - quegli occhi azzurri sgranati: - E' pazza! Completamente pazza! Per questo l'hanno cacciata! Per questo volevano ucciderla! -
- Cosa? - si portò le mani in grembo, incredula: - Spiegami, ti prego. Cos'è successo alla Regina? Chi è? Cosa ha fatto? Da quando sono qui, nessuno ne ha mai parlato male! -
- La tua Regina non è la nostra Regina! - Rin scoppiò a ridere, battè le mani: - Però anche lei è pazza! Perché la Regina è pazza! -
- Parlami della mia Regina. - un passo avanti: - E della vostra. Parlami di tutte e due. Tutto quello che è successo. Voglio sapere. -
Sentiva di doverlo chiedere così. Sentiva di star facendo la cosa giusta.
Il cuore era impazzito.
Per l'aspettativa, per la curiosità.
- Non posso parlarti della nostra Regina senza parlarti della tua. O meglio... - piegò la testa di lato: - ... non posso parlarti della tua Regina senza parlarti della nostra. E' colpa sua, in fondo. - sbattè le palpebre, le labbra schiuse: - No, non è colpa sua. - raddrizzò la testa: - Ma è colpa sua. -
- Parlamene. - giunse le mani.
- Oppure è colpa del Re. -
"Il Re?" almeno era una parola in più.
- Il Re non è pazzo. - riflettè Rin. Poi, un'altra risata.
Miku trasalì.
Delle lacrime.
E non lacrime di risate.
- No. Il tuo Re non è pazzo. - singhiozzava, tra una risata e l'altra, una mano a cercare di coprirsi la bocca, senza successo: - Il nostro Re è pazzo! Pazzo! E' più pazzo di me! -
- Di te? - un tuffo al cuore.
- Eravamo una cosa sola, per questo siamo nati con la stessa pazzia! - gli occhi azzurri erano spalancati: - Però, la nostra Regina era la Regina. Quindi lo sapevano tutti. Il nostro Re non era il Re. Quindi non lo sapeva nessuno. Anche se poi l'hanno scoperto. - rise: - L'hanno saputo tutti! Tutti! Tutti hanno saputo che la Regina è pazza! Che il Re è la Regina! Che quindi il Re è pazzo! -
- Non capisco. - il modo più cauto possibile per dire che non stava seriamente capendo un-
Rin si fermò.
La guardò, come se la vedesse per la prima volta.
Riportò le gambe giù.
Mise le mani sui braccioli.
- Ti racconterò la storia della Regina del Paese del Giallo. -
"Finalmente!" Miku annuì e si sedette sulla sedia più vicina, davanti al Cappellaio: - Prima che tu lo chieda... - l'anticipò: - No, non voglio del the. -
- Oh. - Rin alzò le spalle.
Sembrava non avesse aperto bocca fino a quel momento.
La guardò negli occhi, e iniziò a narrare: - Tanto, tanto tempo fa, in un certo posto, c'era un regno disumano. Dalla sua sommità, comandava una regina di quattordici anni. -.






Note:
* "In profondità, in profondità, in mezzo alla nebbia, rieccheggia una voce accattivante": Trick and Treat [ Traduzione ]
In realtà, un po' tutto il capitolo è uno pseudo-song-chapter di Trick and Treat, quindi... U.U
* "Spezia calda e amara / La darò solo a te, adesso": Spice [ Traduzione ]
* "Sei da sola / Sono qui. E sto sorridendo.": Pseudocitazione a Messiah or Desire [ Traduzione (inglese) ]
(Per quanto il video mi provochi ilarità e il testo quasi altrettanto, ti sconsiglio altamente di vederlo/leggerlo se hai meno di 15/16 anni.)
* Alcuni dialoghi di Rin e Miku sono presi dalla parte del Cappellaio in Alice in Musicland [ Traduzione ]
* Il falcetto di Len è un riferimento al video di Aiyoku no Prisoner / Prisoner of Love and Desire.
* "Tanto, tanto tempo fa, in un certo posto, c'era un regno disumano. Dalla sua sommità, comandava una regina di quattordici anni": Aku no Musume / Daughter of Evil [ Traduzione ]




Complimenti, Miku! Hai incontrato i Kagamine molto in vena di giocare con te! *O*
(Te l'avevo detto che non saresti stata affatto allegra. Ma guarda il lato positivo: non è Halloween.)

Questo capitolo sarebbe dovuto essere un tutt'uno con il precedente; tuttavia, Len&Rin si sono voluti prendere TUTTO lo spazio e sono stata costretta a fare un capitolo su di loro.
... il primo di.
Perché il prossimo capitolo e quello ancora dopo - sì, dovevano essere uno anche loro. - non avranno Miku come personaggio principale.
Non si starà neppure nel presente, se è per questo.
Non- oh, avete capito. U.U

Parlando delle due adorabili creaturine: ebbene sì, la Lepre Marzolina e il Cappellaio sono proprio loro due *O*/
... beh, il Cappellaio si sapeva già da Alice in Musicland. E l'altro... U.U

A proposito: Len è uscito più psycho di quanto pensassi.
Di nuovo.
Mi è stato fatto notare come il mio headcanon su di lui sia piuttosto curioso.


Rin, invece, ha fatto un gran miscuglio di citazioni dalla canzone di cui sopra e dal libro di Alice - prendendo frasi sia del suo corrispettivo originale che della Lepre.
Non c'entra niente ma mi andava di dirlo: di Alice, io vidi prima il film Disney *eoni fa* e poi mi informai sul libro *sempre eoni fa*.
Rimasi turbata (?) dal fatto che il "Leprotto Bisestile" fosse in realtà la "Lepre Marzolina". °A°


Ah, ho inserito un'immagine e nel regolamento di EFP c'è scritto che si può, rimanendo entro determinate misure.
Spero si possano inserire anche immagini all'interno della narrazione vera e propria - non ho trovato niente a riguardo. Se così non fosse, ditemelo e la leverò!

Dal prossimo capitolo, i toni cambiano un po'.
E immagino abbiate intuito il perché.

Spero che questo capitolo vi sia stato di gradimento ^^ A Miku no.
Se ci sono critiche da farmi o consigli da darmi, dite pure ^^
  
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