089. Ultimate Weapon
Arma finale
"Le
armi sono strumenti di sventura, non sono strumenti del nobile. Questi le usa
solo se non ha nessun’altra alternativa, e considera superiori la calma e
l’indifferenza." Lao Tzu
Riza Hawkeye ricordava perfettamente il suo ultimo
giorno in accademia: la parata, il discorso del generale Hakuro, l'alta
uniforme in perfetto ordine, le risate, il primo bicchiere di vino della sua
vita, gli arti tesi che si erano rilassati quando era stato ordinato il
"riposo", i volti degli ufficiali alcuni annoiati altri realmente
interessati. Ma ciò che Riza ricordava meglio era il giuramento. La solennità
del momento in cui s'impegnava a compiere il proprio dovere di soldato.
"Giuro
solennemente e sinceramente di essere fedele a Sua Eccellenza il Comandante
Supremo King Bradley e ai suoi successori, e di difendere con onore e onestà
Sua Eccellenza e i suoi successori da tutti i nemici al prezzo della mia stessa
vita. Osserverò e obbedirò a tutti gli ordini che Sua Eccellenza, i suoi
successori, i generali e gli ufficiali mi daranno".
Parole pesanti come piombo. Altrettanto tossiche,
a lungo andare. Ma all'epoca il cadetto Hawkeye era giovane, con ben poca
esperienza di vita e le parole del giuramento suonavano alle sue orecchie come
la promessa di un futuro migliore.
Tutto era stato affrettato perché ad Est, ad
Ishbar c'era impellente bisogno di truppe fresche. Il suo sergente le aveva stretto
la mano sorridendole mesto. Lei aveva letto pietà nei suoi occhi e proprio non
riusciva a capire come, perché.
Non aveva dovuto attendere a lungo per conoscere
il motivo di tanta amarezza in un uomo che aveva soppresso la sua umanità per
tutta la durata dell'addestramento. Durante i festeggiamenti le si era
avvicinato un ufficiale, un maggiore secondo le mostrine sulle spalle. Riza era
scattata sull'attenti. Con un gesto stanco della mano il superiore l'aveva
invitata a rilassarsi.
«Hawkeye, giusto?».
«Sì, Signore».
«Mi è giunta voce che tu sia il miglior cadetto
dell'accademia». Il maggiore s'interruppe per dare l'opportunità a Riza di
controbattere, ma lei rimase in silenzio. «Particolarmente portata per le armi
da fuoco, mi dicono». Riza annuì.
L'uomo recuperò dalla tasca interna della giacca
dell'alta uniforme una busta. «Questo è il tuo ordine di reclutamento, cadetto
Hawkeye. Sei stata stazionata ad Ishbar per servire come cecchino. Parti tra
due giorni».
Riza aveva accettato la busta che le veniva porta
dall'ufficiale e si era messa nuovamente sull'attenti per salutare. «Grazie,
Signore».
Dopo quel momento tutto diventava un po' confuso,
complice probabilmente il vino che non aveva mai bevuto prima, tanto che era
difficile mettere in ordine perfetto gli eventi fino alla fine della giornata
quando si era ritirata in camerata e aveva allungato la busta a Rebecca perché
leggesse il contenuto.
Anche il momento in cui due giorni dopo le avevano
affidato il suo fucile e la pistola di ordinanza agli approvvigionamenti era
marchiato nel suo cervello. Aveva sentito tutto il peso dell'arma caricata
sulla spalla.
Ripensava a tutto questo Riza Hawkeye mentre
nell'ufficio era impegnata a impacchettare tutta la sua roba. Lo faceva con
l'amaro bloccato in gola, in attesa della dolcezza, della serenità che sapeva sarebbe
arrivata presto. Chiuse la scatola con le ultime cose e la sigillò con il
nastro adesivo. Restava solo un'ultima cosa da fare.
Riza aprì il primo cassetto della sua scrivania e
recuperò la sua pistola, la stessa che non aveva mancato un solo giorno al suo
fianco in tutti quegli anni.
Lasciò lo scatolone sulla scrivania e scese
nell'armeria tenendo l'arma in mano con sicurezza. Le sue dita sapevano come
stringere il calcio della pistola, come adattarsi, come aggrapparcisi. Posò
l'arma sul bancone per firmare i documenti di restituzione. Vergò la firma con
cura, in modo che il suo nome fosse ben leggibile. Infine scaricò l'arma con
gesti che si erano sedimentati nella parte più oscura della sua memoria.
Joe l'aveva osservata senza dire una parola per
tutto il tempo, ipnotizzato da una tale naturalezza. Solo quando Riza alzò lo
sguardo per sorridergli e consegnarli l'arma l'uomo ebbe coraggio di dire
«Sentiremo la tua mancanza, Riza. Abbi
cura di te» e le porse la mano per stringerla con le dita forti di chi è
abituato a maneggiare armi.
Riza non sapeva bene cosa dire. Ricambiò la stretta
«Stammi bene anche tu» e s'incamminò fuori dal quel luogo quasi più familiare della
sua stessa casa.
Era fatta. Aveva consegnato la sua pistola. La pistola
che aveva usato contro Lust, che aveva lasciato ad Edward la notte nel bosco, che
aveva portato con sé il Giorno della Promessa per puntarla contro Roy. Aveva lasciato
un pezzo di sé in quell'armeria. Ma andava fatto. Un nuovo capitolo della sua vita
stava per iniziare. In un certo senso avrebbe continuato a far parte dell'esercito,
ma, se era fortunata, non avrebbe mai più sparato un solo colpo. I ruoli tra lei
e Roy si sarebbero invertiti il giorno dopo, quando avrebbe pronunciato un giuramento
diverso, ma ugualmente solenne: "Io Riza
accolgo te Roy come mio sposo".
Ultimate in inglese è finale, nel senso di ultimo in un'eumerazione. Perciò ho pensato a Riza che riconsegna la sua pistola. Ha senso? Riguardo a questo la citazione iniziale c'entra poco, ma mi piace molto perché secondo me descrive la vera personalità di Riza.