Nei
giorni seguenti, John rimase un po' acciaccato e sottosopra. Avere a
che fare con un demone incideva sempre un po' su di lui, fisicamente,
e a volte gli restavano nausee e emicranie e fastidiose
febbriciattole per giorni. Chas lo sapeva e lo lasciava riposare; ma
ora si ritrovava a dover risolvere anche un altro, piccolo problema.
Sarebbe
dovuto partire per raggiungere sua figlia, quella mattina. Aveva
pochi fine settimana a disposizione, per vederla, e molte volte non
poteva andare da lei perché
era impegnato in qualche missione. Non lo faceva mai pesare a John:
sapeva che la vita che avevano scelto comportava dei sacrifici, e ne
pagavano il prezzo entrambi - anche se in modi diversi. E poi, molto
spesso John ne usciva a pezzi, e per Chas era naturale restare ad
occuparsi di lui. Dopotutto, sua figlia era sempre al sicuro: chi
invece aveva più bisogno di lui era John, sempre coinvolto in
pessime faccende che da cui non riusciva a tirarsi fuori se non con
qualche brutta ferita. E quando tornavano al mulino, stanchi e
distrutti, Chas faceva del suo meglio per rimetterlo in sesto e
pensava che, dopotutto, quello che facevano rendeva il mondo un posto
più sicuro anche per Geraldine.
John
stava ancora smaltendo gli effetti dell'ultimo scontro. Cercava di
anestetizzare il dolore bevendo più del solito e Chas lo aveva
rimproverato duramente, per questo: un paio di sere prima, si era
arrabbiato con lui come non succedeva quasi mai, poi lo aveva
raccolto e portato a letto. John era troppo sbronzo persino per
camminare da solo, e aveva finito col vomitare lungo le scale. Quando
finalmente era riuscito a farlo addormentare e a ripulire tutto, Chas
aveva provveduto a svuotare ogni riserva alcolica nello scarico
del bagno – tanto per evitare altre scene imbarazzanti, in futuro.
L'esorcista
non era ancora nel pieno delle sue condizioni: aveva l'aria sbattuta
di qualcuno appena uscito dalla centrifuga della lavatrice, e non
aveva un colorito molto sano. Però sapeva che quel giorno Chas aveva
degli impegni familiari da rispettare; così, scese le scale e glielo
fece presente subito. John sapeva che, se non gli avesse detto
niente, neanche Chas avrebbe accennato alla faccenda: sarebbe rimasto
al mulino, accanto a lui, fedele come sempre, per tenergli compagnia
e accertarsi che stesse bene. Ma John non voleva che Chas
rinunciasse a una cosa tanto importante a causa sua. Lo aveva già
fatto centinaia di volte, e John non voleva che diventasse una
routine.
«Chas,
è tardi,» disse, scendendo le scale. «Dovresti già essere per
strada.»
L'altro
lo salutò con un cenno. Stava preparando la colazione.
«Lo
so,» rispose. «Ma non vado, oggi. Non esiste che ti lascio da solo
se non stai bene.» John gli si avvicinò, gli rivolse un sorriso
sicuro.
«Sto
una favola, Chas. Smettila di preoccuparti per me e va' da tua
figlia,» gli intimò. Chas aggrottò le sopracciglia.
«Una
favola? Non credo proprio,» replicò. Posò la padella per mettergli
una mano sulla fronte. «Scotti ancora, idiota,» lo rimbrottò. «Non
me ne vado.»
«Chas...»
John
gli prese la mano e la scostò delicatamente.
«Posso
badare a me stesso. Sono una persona adulta, nel caso non te lo
ricordassi,» disse; e subito si beccò un'occhiata perplessa da
parte dell'altro. L'espressione di Chas sembrava dire Davvero?
Ti metti nei guai più volte di un bambino piccolo e stupido, John.
«Davvero, non voglio che
resti qui. Gera è tua figlia, ha bisogno di te; e tu hai già poche
occasioni per vederla, non dovresti rinunciare per-- Per colpa mia.»
Chas
abbassò lo sguardo su di lui. Sapeva che John odiava Renée tanto
quanto amava Geraldine. La bambina lo chiamava zio
John e
lo adorava, nonostante sua madre parlasse sempre male di lui. Chas lo
difendeva sempre, nelle discussioni con la propria ex-moglie, e ogni
volta finivano col litigare, compromettendo ancora di più la
posizione di Chas nei confronti della figlia. Poteva vederla poche,
pochissime volte al mese, ormai; quasi sempre, la prendeva e la
portava a fare un giro lontano da casa, per godersi la sua compagnia
senza dover aver a che fare con Renée.
Era
combattuto. Alla fine, John e Geraldine erano le due persone che
amava di più al mondo – in modi diversi, ma con la stessa
intensità, - e si sentiva a disagio all'idea di dover scegliere tra
sua figlia e... Be', la
persona che amava.
Rimase
in silenzio per un po', valutando le possibili opzioni. John gli tirò
leggermente la camicia per scuoterlo un po'.
«Vai,
Chas. Sto bene, davvero. E poi Zed fa di continuo avanti e
indietro--»
«Zed
ha detto che non sa quando torna,» lo interruppe Chas. «Ha detto
che sta raccogliendo informazioni sulle attività di suo padre.»
John
sbuffò.
«Come
puoi essere così testardo?», gli chiese: ma era più una domanda
retorica che altro.
Chas
appoggiò entrambe le mani sul bordo del tavolo. In effetti, un modo
per non compromettere nulla ci sarebbe stato...
«John,»
disse, voltandosi a guardarlo. «Senti... Non è che verresti con
me?» chiese, goffamente. Sapeva che John non voleva interferire con
quella parte della sua vita. Non voleva intromettersi nelle sue
faccende di famiglia e, soprattutto, non voleva esporsi ad ulteriori
frecciatine da parte di Renée. Ma Chas sapeva anche che John amava
follemente Geraldine, che gli piaceva passare del tempo con lei e che
gli avrebbe fatto piacere rivederla – anche se non lo avrebbe
confessato neanche sotto tortura: avrebbe stonato troppo con la
copertura cinica che si era costruito, negli anni.
John
sollevò un sopracciglio.
«Me
lo stai chiedendo sul serio?»
Chas
annuì.
«Sì.
Voglio dire... In questo modo, non salterò la visita a Gera e tu
sarai con me, se dovessi aver bisogno di qualcosa. Sarebbe... Sarebbe
ok,» rispose. «E poi scommetto che Gera sarà felice di vederti. Ti
vuole bene, lo sai.» Chas attese. A quelle ultime parole, vide un
mezzo sorriso affiorare sulle labbra di John, uno di quelli spontanei
che a volte gli sfuggivano e non riusciva a controllare. L'altro si
riprese subito, però, e si nascose di nuovo dietro un ghigno.
«Va
bene. Basta che non mi fai vedere quell'arpia di Renée,» disse,
accarezzandogli distrattamente una spalla. «O giuro che le tirerò
addosso qualche maledizione vudù che si ricorderà per il resto
della vita.»
Chas
sorrise. Gli faceva piacere che John avesse acconsentito: si sentiva
sollevato all'idea di poter vedere Geraldine senza dover stare in
pensiero per John, e soprattutto gli faceva piacere l'idea di
trascorrere il fine settimana assieme alle due persone che amava di
più.
«Tranquillo,
non accadrà. Neanch'io ho voglia di vederla... Vado solo per Gera,
lo sai,» si sentì di rassicurarlo, e John sorrise ancora.
«Dammi
un minuto. Vado a fare la borsa.»
Prima
che si allontanasse, Chas lo trattenne per un braccio e lo abbracciò
rapidamente. John lasciò che la presa si prolungasse, ricambiandola
a sua volta.
«Grazie,»
mormorò Chas. Poi lasciò che l'altro scomparisse verso il piano
superiore, spense il fornello e uscì per mettere in moto il taxi.
Il
viaggio in macchina richiese qualche ora. Chas era di ottimo umore,
mentre guidava con John seduto accanto – con gli occhiali da sole
calati sugli occhi, perché la luce diretta gli acuiva il mal di
testa: ma questo non lo aveva detto a Chas. Ascoltarono musica di
gruppuscoli punk sconosciuti e chiacchierarono, durante il tragitto.
Ogni tanto, John sollevava lo sguardo e si voltava a rubare immagini
di Chas: gli piaceva vederlo così sollevato e sereno, quella specie
di orso premuroso al volante.
«Come
stai?» gli chiedeva, ogni tre per due. Alla terza volta, John
scoppiò a ridere.
«Come stavo cinque minuti fa, Chas. Sta'
tranquillo, mh?»
Quando
finalmente raggiunsero casa di Gera, John si sfilò gli occhiali e si
stiracchiò sul sedile. «Aspetta qui,» gli disse Chas, chiudendo
lo sportello. «Arriviamo subito.»
Un
minuto dopo, lo vide uscire dalla porta con la bambina per mano. Lei
corse verso la macchina non appena si accorse che c'era anche John.
L'esorcista
scese – aw, che mal di
schiena, - e
si chinò ad abbracciarla. Quella bambina viveva con la donna più
stronza del mondo ma era riuscita a restare adorabile. Era merito del
patrimonio genetico che aveva ereditato da Chas, pensò John. Da uno
come lui, non poteva che venire fuori qualcosa di buono.
«Zio
John!», esclamò lei, afferrandogli la cravatta. «Che hai?»
chiese, subito dopo, notando che in effetti lo zio John non aveva una
bella cera.
Lui
sorrise. «Dormo poco, love,»
la apostrofò, dandole una pacca leggera sulla testa.
Chas
li guardò insieme e sorrise. Sapeva che probabilmente Renée li
stava guardando e gli avrebbe fatto una ramanzina tremenda, la
prossima volta che si fossero visti, per aver portato anche John: ma
non gli importava. Era la cosa più bella che avesse mai visto, lui e
lei insieme, e non avrebbe permesso a nessuno di rovinare quel
momento.
«Dai,
andiamo,» disse Chas, posando lo zainetto rosa di Gera sul sedile
posteriore.
Avevano
quarantott'ore tutte per loro, e sarebbero state belle.
John
si dimenticò a poco a poco del malessere che lo aveva tormentato in
quei giorni. Seguì Gera e Chas in giro per la città, e per qualche
ora non pensò più a nulla. Dimenticò i demoni, i fantasmi,
l'Oscurità Crescente e tutto il resto, e un po' alla volta si
rilassò.
«Me
lo fai vedere ancora?» chiese Gera, quando John gli mostrò un
giochetto semplice semplice di mentalismo, una cosetta da
prestigiatori che però aveva sempre un certo fascino, soprattutto
sui bambini. Qualche istante dopo, Chas tornò con il gelato per Gera
e li trovò intenti a discutere animatamente.
«C'è
un trucco, zio, non sono mica scema,» diceva lei.
«Forse
sì, forse no. Ma se te lo dico, poi che gusto c'è?» la scherniva
lui, con il suo bel sorriso da truffatore trionfante.
«Tanto
lo scopro,» lo sfidò lei, guardandolo dritto negli occhi.
«E
io dico di no,» replicò John, sollevando un angolo della bocca: e
Chas ebbe l'impressione di assistere alla discussione tre due
bambini,
invece che tra un adulto e una bambina. Posò il gelato di fronte a
Gera, un bicchiere di caffè lungo davanti a John e un altro per sé.
«Papà,
zio John imbroglia!» Gli disse la bambina, non appena si sedette.
«Può
darsi,» ammise l'interpellato, sorridendo. Ringraziò Chas per il
caffè, visto che non glielo aveva nemmeno chiesto: ma l'altro sapeva
sempre cosa gli andava, senza neanche bisogno che lo dicesse.
Chas
scosse la testa, guardandoli con una certa dolcezza negli occhi. Lui
non se ne accorse, ma a John non sfuggì. L'esorcista pensò che era
davvero una bella sensazione vederlo così sereno.
«Non
litigate, su» disse Chas, sentendosi come un baby sitter alle prese
con due marmocchi difficili.
«Lo
scoprirò,» promise Gera a John, prima di aggredire il gelato.
Le
ore erano passate fin troppo in fretta. Il primo giorno insieme era
volato via, e ora erano di nuovo davanti alla casa di Gera, sotto una
fila di lampioni accesi a rischiarare la sera.
«Mi
dispiace che devi già andare via,» disse Gera a Chas, che la prese
in braccio e la abbracciò.
«Abbiamo
anche domani, tesoro» la rassicurò, baciandola sulle guance. «Vai
a riposare adesso, ok?» La bambina annuì.
«Mi
accompagni?» chiese, la mano piccola chiusa attorno a quella grande
e attenta di Chas, che si voltò a guardare John, confuso.
John
era appoggiato all'automobile e li guardava; sorrise e gli fece un
cenno col capo, come a dire che andava bene, che poteva andare, che lo avrebbe aspettato
lì e non si sarebbe mosso di un millimetro.
«Ok,»
rispose Chas. Prima che si avviassero verso la porta di casa, Gera si
voltò per abbracciare John, aggrappandosi alla stoffa del suo
trench.
«Ciao,
zio imbroglione,» disse. John le accarezzò la testa, un po'
sorpreso. Rimaneva sempre leggermente stordito di fronte a
manifestazioni d'affetto incondizionato come quelle.
«Buonanotte,
love,»
le rispose, ammorbidito.
Chas
non si trattenne più del necessario, soprattutto per evitare altre
discussioni con Renée – la quale invece, dalla faccia che aveva,
doveva averne molta voglia. Lui e John si rimisero in macchina.
«Come
ti senti?», chiese Chas, prima di accendere il motore. John si
rilassò sul sedile passeggero, lo guardò.
«Bene,»
disse, annuendo. «Davvero.»
Si
diressero alla pensione dove avrebbero trascorso la notte – la
stessa in cui Chas era solito prendere una stanza, quando andava a
trovare Gera da solo, - e davvero John si sentiva meglio, tant'è
che, diversamente dal solito, si addormentò non appena toccò il
cuscino.