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Autore: Ambaraba    01/08/2015    1 recensioni
[Constantine]
Chas era la cosa più simile a una famiglia che avesse mai avuto. Se “famiglia” significava sostegno, calore e fiducia assoluta, allora Chas era la sua famiglia. Senza quel gigante taciturno, che molto spesso si esprimeva a monosillabi quando non addirittura a grugniti, la sua vita sarebbe stata uno schifo.
(John/Chas)
Genere: Generale, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CHASTANTINE 7

    Nei giorni seguenti, John rimase un po' acciaccato e sottosopra. Avere a che fare con un demone incideva sempre un po' su di lui, fisicamente, e a volte gli restavano nausee e emicranie e fastidiose febbriciattole per giorni. Chas lo sapeva e lo lasciava riposare; ma ora si ritrovava a dover risolvere anche un altro, piccolo problema.
Sarebbe dovuto partire per raggiungere sua figlia, quella mattina. Aveva pochi fine settimana a disposizione, per vederla, e molte volte non poteva andare da lei perché era impegnato in qualche missione. Non lo faceva mai pesare a John: sapeva che la vita che avevano scelto comportava dei sacrifici, e ne pagavano il prezzo entrambi - anche se in modi diversi. E poi, molto spesso John ne usciva a pezzi, e per Chas era naturale restare ad occuparsi di lui. Dopotutto, sua figlia era sempre al sicuro: chi invece aveva più bisogno di lui era John, sempre coinvolto in pessime faccende che da cui non riusciva a tirarsi fuori se non con qualche brutta ferita. E quando tornavano al mulino, stanchi e distrutti, Chas faceva del suo meglio per rimetterlo in sesto e pensava che, dopotutto, quello che facevano rendeva il mondo un posto più sicuro anche per Geraldine.
    John stava ancora smaltendo gli effetti dell'ultimo scontro. Cercava di anestetizzare il dolore bevendo più del solito e Chas lo aveva rimproverato duramente, per questo: un paio di sere prima, si era arrabbiato con lui come non succedeva quasi mai, poi lo aveva raccolto e portato a letto. John era troppo sbronzo persino per camminare da solo, e aveva finito col vomitare lungo le scale. Quando finalmente era riuscito a farlo addormentare e a ripulire tutto, Chas aveva provveduto a svuotare ogni riserva alcolica nello scarico del bagno – tanto per evitare altre scene imbarazzanti, in futuro.
    L'esorcista non era ancora nel pieno delle sue condizioni: aveva l'aria sbattuta di qualcuno appena uscito dalla centrifuga della lavatrice, e non aveva un colorito molto sano. Però sapeva che quel giorno Chas aveva degli impegni familiari da rispettare; così, scese le scale e glielo fece presente subito. John sapeva che, se non gli avesse detto niente, neanche Chas avrebbe accennato alla faccenda: sarebbe rimasto al mulino, accanto a lui, fedele come sempre, per tenergli compagnia e accertarsi che stesse bene. Ma John non voleva che Chas rinunciasse a una cosa tanto importante a causa sua. Lo aveva già fatto centinaia di volte, e John non voleva che diventasse una routine.
    «Chas, è tardi,» disse, scendendo le scale. «Dovresti già essere per strada.»
L'altro lo salutò con un cenno. Stava preparando la colazione.
    «Lo so,» rispose. «Ma non vado, oggi. Non esiste che ti lascio da solo se non stai bene.» John gli si avvicinò, gli rivolse un sorriso sicuro.
    «Sto una favola, Chas. Smettila di preoccuparti per me e va' da tua figlia,» gli intimò. Chas aggrottò le sopracciglia.
    «Una favola? Non credo proprio,» replicò. Posò la padella per mettergli una mano sulla fronte. «Scotti ancora, idiota,» lo rimbrottò. «Non me ne vado.»
    «Chas...»
John gli prese la mano e la scostò delicatamente.
    «Posso badare a me stesso. Sono una persona adulta, nel caso non te lo ricordassi,» disse; e subito si beccò un'occhiata perplessa da parte dell'altro. L'espressione di Chas sembrava dire
Davvero? Ti metti nei guai più volte di un bambino piccolo e stupido, John. «Davvero, non voglio che resti qui. Gera è tua figlia, ha bisogno di te; e tu hai già poche occasioni per vederla, non dovresti rinunciare per-- Per colpa mia.»
    Chas abbassò lo sguardo su di lui. Sapeva che John odiava Renée tanto quanto amava Geraldine. La bambina lo chiamava
zio John e lo adorava, nonostante sua madre parlasse sempre male di lui. Chas lo difendeva sempre, nelle discussioni con la propria ex-moglie, e ogni volta finivano col litigare, compromettendo ancora di più la posizione di Chas nei confronti della figlia. Poteva vederla poche, pochissime volte al mese, ormai; quasi sempre, la prendeva e la portava a fare un giro lontano da casa, per godersi la sua compagnia senza dover aver a che fare con Renée.
    Era combattuto. Alla fine, John e Geraldine erano le due persone che amava di più al mondo – in modi diversi, ma con la stessa intensità, - e si sentiva a disagio all'idea di dover scegliere tra sua figlia e... Be',
la persona che amava.
Rimase in silenzio per un po', valutando le possibili opzioni. John gli tirò leggermente la camicia per scuoterlo un po'.
    «Vai, Chas. Sto bene, davvero. E poi Zed fa di continuo avanti e indietro--»
    «Zed ha detto che non sa quando torna,» lo interruppe Chas. «Ha detto che sta raccogliendo informazioni sulle attività di suo padre.»
    John sbuffò.
    «Come puoi essere così testardo?», gli chiese: ma era più una domanda retorica che altro.
Chas appoggiò entrambe le mani sul bordo del tavolo. In effetti, un modo per non compromettere nulla ci sarebbe stato...
    «John,» disse, voltandosi a guardarlo. «Senti... Non è che verresti con me?» chiese, goffamente. Sapeva che John non voleva interferire con quella parte della sua vita. Non voleva intromettersi nelle sue faccende di famiglia e, soprattutto, non voleva esporsi ad ulteriori frecciatine da parte di Renée. Ma Chas sapeva anche che John amava follemente Geraldine, che gli piaceva passare del tempo con lei e che gli avrebbe fatto piacere rivederla – anche se non lo avrebbe confessato neanche sotto tortura: avrebbe stonato troppo con la copertura cinica che si era costruito, negli anni.
    John sollevò un sopracciglio.
    «Me lo stai chiedendo sul serio?»
    Chas annuì.
    «Sì. Voglio dire... In questo modo, non salterò la visita a Gera e tu sarai con me, se dovessi aver bisogno di qualcosa. Sarebbe... Sarebbe ok,» rispose. «E poi scommetto che Gera sarà felice di vederti. Ti vuole bene, lo sai.» Chas attese. A quelle ultime parole, vide un mezzo sorriso affiorare sulle labbra di John, uno di quelli spontanei che a volte gli sfuggivano e non riusciva a controllare. L'altro si riprese subito, però, e si nascose di nuovo dietro un ghigno.
    «Va bene. Basta che non mi fai vedere quell'arpia di Renée,» disse, accarezzandogli distrattamente una spalla. «O giuro che le tirerò addosso qualche maledizione vudù che si ricorderà per il resto della vita.»
    Chas sorrise. Gli faceva piacere che John avesse acconsentito: si sentiva sollevato all'idea di poter vedere Geraldine senza dover stare in pensiero per John, e soprattutto gli faceva piacere l'idea di trascorrere il fine settimana assieme alle due persone che amava di più.
    «Tranquillo, non accadrà. Neanch'io ho voglia di vederla... Vado solo per Gera, lo sai,» si sentì di rassicurarlo, e John sorrise ancora.
    «Dammi un minuto. Vado a fare la borsa.»
Prima che si allontanasse, Chas lo trattenne per un braccio e lo abbracciò rapidamente. John lasciò che la presa si prolungasse, ricambiandola a sua volta.
    «Grazie,» mormorò Chas. Poi lasciò che l'altro scomparisse verso il piano superiore, spense il fornello e uscì per mettere in moto il taxi.

    Il viaggio in macchina richiese qualche ora. Chas era di ottimo umore, mentre guidava con John seduto accanto – con gli occhiali da sole calati sugli occhi, perché la luce diretta gli acuiva il mal di testa: ma questo non lo aveva detto a Chas. Ascoltarono musica di gruppuscoli punk sconosciuti e chiacchierarono, durante il tragitto. Ogni tanto, John sollevava lo sguardo e si voltava a rubare immagini di Chas: gli piaceva vederlo così sollevato e sereno, quella specie di orso premuroso al volante.
    «Come stai?» gli chiedeva, ogni tre per due. Alla terza volta, John scoppiò a ridere.             «Come stavo cinque minuti fa, Chas. Sta' tranquillo, mh?»
Quando finalmente raggiunsero casa di Gera, John si sfilò gli occhiali e si stiracchiò sul sedile. «Aspetta qui,» gli disse Chas, chiudendo lo sportello. «Arriviamo subito.»
    Un minuto dopo, lo vide uscire dalla porta con la bambina per mano. Lei corse verso la macchina non appena si accorse che c'era anche John.
L'esorcista scese –
aw, che mal di schiena, - e si chinò ad abbracciarla. Quella bambina viveva con la donna più stronza del mondo ma era riuscita a restare adorabile. Era merito del patrimonio genetico che aveva ereditato da Chas, pensò John. Da uno come lui, non poteva che venire fuori qualcosa di buono.
    «Zio John!», esclamò lei, afferrandogli la cravatta. «Che hai?» chiese, subito dopo, notando che in effetti lo zio John non aveva una bella cera.   
    Lui sorrise. «Dormo poco,
love,» la apostrofò, dandole una pacca leggera sulla testa.
Chas li guardò insieme e sorrise. Sapeva che probabilmente Renée li stava guardando e gli avrebbe fatto una ramanzina tremenda, la prossima volta che si fossero visti, per aver portato anche John: ma non gli importava. Era la cosa più bella che avesse mai visto, lui e lei insieme, e non avrebbe permesso a nessuno di rovinare quel momento.
    «Dai, andiamo,» disse Chas, posando lo zainetto rosa di Gera sul sedile posteriore.
Avevano quarantott'ore tutte per loro, e sarebbero state belle.

    John si dimenticò a poco a poco del malessere che lo aveva tormentato in quei giorni. Seguì Gera e Chas in giro per la città, e per qualche ora non pensò più a nulla. Dimenticò i demoni, i fantasmi, l'Oscurità Crescente e tutto il resto, e un po' alla volta si rilassò.
    «Me lo fai vedere ancora?» chiese Gera, quando John gli mostrò un giochetto semplice semplice di mentalismo, una cosetta da prestigiatori che però aveva sempre un certo fascino, soprattutto sui bambini. Qualche istante dopo, Chas tornò con il gelato per Gera e li trovò intenti a discutere animatamente.
    «C'è un trucco, zio, non sono mica scema,» diceva lei.
    «Forse sì, forse no. Ma se te lo dico, poi che gusto c'è?» la scherniva lui, con il suo bel sorriso da truffatore trionfante.
    «Tanto lo scopro,» lo sfidò lei, guardandolo dritto negli occhi.
    «E io dico di no,» replicò John, sollevando un angolo della bocca: e Chas ebbe l'impressione di assistere alla discussione tre
due bambini, invece che tra un adulto e una bambina. Posò il gelato di fronte a Gera, un bicchiere di caffè lungo davanti a John e un altro per sé.
    «Papà, zio John imbroglia!» Gli disse la bambina, non appena si sedette.
    «Può darsi,» ammise l'interpellato, sorridendo. Ringraziò Chas per il caffè, visto che non glielo aveva nemmeno chiesto: ma l'altro sapeva sempre cosa gli andava, senza neanche bisogno che lo dicesse.
Chas scosse la testa, guardandoli con una certa dolcezza negli occhi. Lui non se ne accorse, ma a John non sfuggì. L'esorcista pensò che era davvero una bella sensazione vederlo così sereno.
    «Non litigate, su» disse Chas, sentendosi come un baby sitter alle prese con due marmocchi difficili.
    «Lo scoprirò,» promise Gera a John, prima di aggredire il gelato.

    Le ore erano passate fin troppo in fretta. Il primo giorno insieme era volato via, e ora erano di nuovo davanti alla casa di Gera, sotto una fila di lampioni accesi a rischiarare la sera.
    «Mi dispiace che devi già andare via,» disse Gera a Chas, che la prese in braccio e la abbracciò.
    «Abbiamo anche domani, tesoro» la rassicurò, baciandola sulle guance. «Vai a riposare adesso, ok?» La bambina annuì.
«Mi accompagni?» chiese, la mano piccola chiusa attorno a quella grande e attenta di Chas, che si voltò a guardare John, confuso.
John era appoggiato all'automobile e li guardava; sorrise e gli fece un cenno col capo, come a dire che andava bene, che poteva andare, che lo avrebbe aspettato lì e non si sarebbe mosso di un millimetro.
    «Ok,» rispose Chas. Prima che si avviassero verso la porta di casa, Gera si voltò per abbracciare John, aggrappandosi alla stoffa del suo trench.
    «Ciao, zio imbroglione,» disse. John le accarezzò la testa, un po' sorpreso. Rimaneva sempre leggermente stordito di fronte a manifestazioni d'affetto incondizionato come quelle.
    «Buonanotte,
love,» le rispose, ammorbidito.
Chas non si trattenne più del necessario, soprattutto per evitare altre discussioni con Renée – la quale invece, dalla faccia che aveva, doveva averne molta voglia. Lui e John si rimisero in macchina.
    «Come ti senti?», chiese Chas, prima di accendere il motore. John si rilassò sul sedile passeggero, lo guardò.
    «Bene,» disse, annuendo. «Davvero.»
Si diressero alla pensione dove avrebbero trascorso la notte – la stessa in cui Chas era solito prendere una stanza, quando andava a trovare Gera da solo, - e davvero John si sentiva meglio, tant'è che, diversamente dal solito, si addormentò non appena toccò il cuscino.


  
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