Crossover
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Autore: Odinforce    02/08/2015    5 recensioni
In un luogo devastato e dominato dal silenzio, Nul, un essere dagli enormi poteri si diverte a giocare con i mondi esterni per suo diletto. Da mondi lontani sono giunti gli eroi più valorosi, pronti a sfidare le loro nemesi che hanno già sconfitto in passato. I vincitori torneranno al loro mondo, siano i buoni o i malvagi. Saranno disposti ad obbedire alla volontà di Nul?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 13

 

Per i Valorosi non fu affatto difficile raggiungere il luogo suggerito da Eric Draven. Il Cimitero dei Mondi, lo aveva chiamato: una zona in cui giacevano i resti delle precedenti battaglie infuriate in quel mondo assurdo. Gli otto compagni lo avevano raggiunto all’alba del giorno successivo, dopo una breve marcia; tuttavia non potevano assolutamente immaginare cosa avrebbero visto con i loro occhi.

Il Cimitero non era al di fuori della città, ma all’interno di essa. Era come se un gran numero di isolati fosse stato trasformato in una gigantesca discarica, ricolma di oggetti e rovine di ogni sorta che si ammucchiavano tra le strade e gli edifici. Era così grande che i Valorosi non riuscivano a vederne la fine, tanto era sconfinato. Quei cumuli di rovine erano decisamente alti, facendoli assomigliare a dune gigantesche.

I Valorosi vagarono per un po’ all’interno del Cimitero dei Mondi in assoluto silenzio, cercando di farsi largo tra quei cumuli di rovine. Aguzzando la vista, gli otto compagni scoprirono che si trattava in gran parte di oggetti e cianfrusaglie di varia natura, da quelli di uso comune a vere e proprie armi. C’erano spade, fucili e pistole, ma anche libri, bastoni, e veicoli... inutili resti di coloro che avevano lottato ed erano morti tra quelle strade.

« Diosanto » commentò Lara, il cui sguardo carico di sgomento si spostava da una direzione all’altra. « Quante rovine... quanti resti! Possibile che ci siano state così tante battaglie?   

Nessuno trovò il coraggio per rispondere in alcun modo, nemmeno per sdrammatizzare. Non potevano nemmeno immaginare, infatti, quanti fossero morti su quelle stesse strade.

Cercando di non pensarci, ognuno di loro si concentrò sulle varie cianfrusaglie sparse in giro. Hellboy si trovò ad osservare quella che sembrava un’automobile abbandonata, dotata di strani congegni lungo tutta la carrozzeria.

« Uhm, una DeLorean » commentò, a metà tra il nostalgico e la sorpresa. « Erano anni che non ne vedevo una... ma come diavolo l’hanno conciata? »

Lara, invece, stava esaminando per pura deformazione professionale quella che sembrava una maschera di legno verde.

« Interessante... Undicesimo secolo, di fattura vichinga; probabilmente una raffigurazione del dio Loki. Chissà perché si trova qui... »

Gli altri compagni facevano altrettanto, ma senza perdersi in chiacchiere. Nel frattempo continuarono ad avanzare con cautela, restando in guardia e facendo attenzione a dove mettevano i piedi; lo spazio su cui camminavano era infatti molto accidentato.

« Muoio di fame » borbottò Po, guardandosi intorno con aria rassegnata.

« Anche io » aggiunse Harry, mentre nel suo campo visivo appariva un furgone con su scritto “Pizza Planet”. « Anche se è presto, non mi dispiacerebbe affatto una buona pizza da mettere sotto i denti. »

« Cos’è una pizza? »

« Silenzio! » ordinò Jake, interrompendoli. Il guerriero Na’vi aveva afferrato il suo arco, puntandolo in avanti. « Sento qualcosa... anzi, qualcuno. »

Gli altri Valorosi imitarono subito il loro leader, scattando in posizione di guardia. Restarono fermi sul posto, aspettando un ordine di Jake; nel frattempo cominciarono a sentire ciò che lo aveva allarmato. Voci e rumori: era come se qualcuno si muovesse tra le rovine senza badare a non farsi notare. Gli otto compagni si appostarono dietro il furgone del Pizza Planet, cercando di individuare l’intruso; in cima al cumulo oltre il furgone si muoveva una piccola figura nera, camminando con tutt’e quattro le esili membra pallide. Camminava piano con la testa in avanti e sembrava fiutasse l’aria. Immobili come sassi, accucciati dietro il furgone, i Valorosi lo osservavano attraverso i finestrini rotti. Lo udivano annusare, e di tanto in tanto un aspro sibilo simile a un’imprecazione. Udivano il gracchiare e il fischiare della sua voce.

« Cauto, tesoro mio! Con calma, senza fretta... dove ssei, dove ssei, tessoro mio? È mio, lo è e lo voglio. Ladri, sporchi piccoli ladri... ce l’hanno tolto, rubato. Ma lo troveremo... il mio tessoro! »

I Valorosi restarono ad osservare la strana creatura che parlava da sola: aveva un aspetto umanoide, molto magro, con una grossa testa pelata e le orecchie a punta; a parte un piccolo perizoma che indossava per coprire le parti basse, era nudo. Aveva grandi occhi pallidi con i quali scrutava dappertutto, in cerca del suo misterioso “tesoro”.

« Assomiglia a un elfo domestico » bisbigliò Harry, ma qualcosa gli disse che non era la risposta giusta. Nessuno dei suoi compagni, infatti, riusciva a riconoscere quell’essere; ma tutti condividevano lo stesso, brutto presentimento nei suoi riguardi.

« Dubito che quel tipo sia Nul » disse Ed.

« Silenzio! » ordinò Jake di nuovo. « È troppo vicino, potrebbe sentirci. »

Infatti la creatura si era improvvisamente fermata, e dondolava il testone dappertutto come per ascoltare.

« Laggiù, tesoro! » esclamò. « Laggiù... sporchi piccoli ladri, vi nascondete? Vi troveremo... è mio, tessoro... è mio! »

Era fatta. Ormai i Valorosi non avevano altra scelta che uscire allo scoperto. Jake agì per primo e balzò da dietro il furgone, puntando subito l’arco contro la creatura. Sora, Harry, Lara, Ed, Po, Luke ed Hellboy lo seguirono a ruota, le armi in pugno. Ora ce l’avevano sotto tiro, quello strano essere non più grande di un bambino, apparentemente inerme.

« Ooooh... non sono piccoli, tesoro mio! Sono grossi, sono tanti... sporchi, grossi grossissimi ladri! »

« Non siamo ladri! » protestò Sora.

« E bugiardi » continuò la creatura. « Ce l’hanno loro, oh sì. Ce l’hanno tolto, rubato... gollum, gollum! »

« Non sappiamo nemmeno di cosa parli, “Gollum” » dichiarò Jake, l’arco teso.

« Forse possiamo aiutarti » intervenne Harry. « Che cosa hai perduto? »

« Non ce lo chiedere, non sono affari tuoi! » sbottò Gollum.

Inutile, quel tipo era proprio fuori di testa. Non c’era modo di ragionare con lui, per quanto si ostinava a parlare da solo. I Valorosi si scambiarono un’occhiata esterrefatta mentre Gollum si guardava intorno con aria maligna.

« Oh, ssi credono tanto furbi » borbottava tra sé. « Vero, tesoro mio? Loro mentono... loro ingannano... vogliono aiutarci? Essere amici? Non amici... bugiardi! Falsi! Il mio tessoro... lo rivoglio! Argh! »

Senza pensarci due volte, Gollum avanzò contro i Valorosi, mostrando loro l’espressione più orribile che avessero mai visto su un volto umano: era contorto dalla rabbia e dalla follia, per nulla interessato alle numerose armi puntate contro di lui. Sora, il più vicino, si preparò a reagire, ma Luke si fece avanti all’improvviso, disarmato.

« Non abbiamo quello che stai cercando » dichiarò, facendo un piccolo cenno con la mano. « Faresti meglio a continuare a cercare più avanti. »

Gollum si fermò, calmandosi subito.

« Oh, ma loro non hanno il tessoro » disse. « Oh no... meglio continuare a cercarlo, più avanti. Sì, tessoro... più avanti, molto più avanti. »

E Gollum voltò loro le spalle senza degnarli più di uno sguardo.

Luke si sentì osservato. I suoi compagni, infatti, gli rivolgevano tutti lo stesso sguardo stupefatto.

« Come hai fatto? » chiese Sora.

« La Forza » spiegò lui, rilassato. « Mi permette di controllare le menti più deboli... un piccolo trucco mentale delle arti Jedi. Ho pensato che non fosse il caso di prendercela contro quella creatura, così ho pensato di farlo allontanare con le sue gambe. »

« Meglio così » commentò Harry, rinfoderando la bacchetta. « Faceva una gran pena, a guardarlo bene... chissà cosa stava cercando? »

« Un anello » continuò Luke. « Ho visto nella sua mente quando ci ha aggrediti, e tra i suoi ricordi era ben chiara l’immagine di cosa stava cercando: un oggetto malefico che dona grande potere a chi lo possiede. Quel disgraziato, però, è stato letteralmente consumato da quell’anello... ridotto a un gracile individuo con la mente spezzata, con nessun altro interesse al mondo. »

Il maestro Jedi vide molti suoi compagni restare senza fiato. Hellboy non era tra questi.

« Allora avremmo dovuto ucciderlo » disse serio. « Se trova quell’anello, potrebbero essere guai seri, per noi. »

« Dubito che lo troverà facilmente, in questo mucchio di macerie » sostenne Ed. « E noi abbiamo ben altro a cui pensare, no? Dobbiamo trovare Nul. »

I compagni annuirono. Quel Gollum non era altro che una breve parentesi nella loro missione, che potevano benissimo ignorare. Perciò proseguirono, senza indugiare ulteriormente.

I Valorosi continuarono a farsi largo tra le rovine, senza una direzione precisa. Era sempre più difficile restare compatti, a causa del terreno troppo accidentato, a tal punto che gli otto compagni furono costretti a un certo punto a separarsi per breve tempo. Non appena fu superata l’ennesima duna di rovine, si ricongiunsero senza difficoltà.

« Aspettate » disse Harry a un certo punto.

Qualcosa aveva attirato la sua attenzione. Jake si voltò a guardare nel punto indicato dal ragazzo, ma non vide nulla di allarmante. Il paesaggio restava quello di sempre, deserto e silenzioso.

Ma agli occhi di Harry, ciò che stava guardando era molto importante: una torre di pietra antica, spezzata e rovinata come il tutto il resto. Un buco enorme si era aperto lungo una parete, facendo rovesciare tutto ciò che aveva all’interno sopra il cumulo di oggetti e macerie; il ragazzo sembrò riconoscere qualcosa tra quegli oggetti, e iniziò a correre in quella direzione.

« Harry, aspetta! » gridò Sora, ma non ebbe altra scelta che seguirlo. Lo stesso fecero gli altri compagni, e poco dopo erano tutti ai piedi della torre spezzata.

Harry era in ginocchio, di fronte a quello sfacelo. Aveva raccolto qualcosa dal terreno: un vecchio cappello a punta, sporco e rattoppato, che giaceva in mezzo a una gran quantità di strumenti d’argento ridotti in frantumi. Il giovane mago respirava forte, evidenziando una forte incredulità nei confronti di ciò che stava vedendo e toccando.

« Tutto bene, amico? » chiese Po preoccupato.

Harry non rispose subito.

« Questo posto... » mormorò, sempre più sconvolto. « Non posso sbagliarmi... questo posto proviene dal mio mondo. Da Hogwarts. »

« Cosa? »

« Questa torre è... è come un pezzo della mia scuola! È l’ufficio del Preside: questi strumenti, i ritratti... il Cappello Parlante... » e indicò il cappello tra le sue mani « me li ricordo bene, appartenevano a Hogwarts! »

Jake fu sul punto di chiedergli se ne fosse sicuro, ma si trattenne. Era più che evidente dalla voce e da quegli occhi pietrificati per l’orrore. Harry Potter stava osservando ciò che restava del suo mondo, gettato come immondizia in cima a un cumulo di rovine. Guardandosi bene intorno si rese conto che ogni oggetto nei paraggi apparteneva a Hogwarts: ora riconosceva statue e ritratti, libri di incantesimi, i banchi della scuola... e molte bacchette spezzate.

Per i Valorosi tutto questo non aveva senso, nonostante ne avessero passate di tutti i colori negli ultimi due giorni. Avevano già saputo che quel mondo conteneva pezzi degli innumerevoli mondi esistenti, come nel caso di Burton Castle... ma la vista delle rovine di Hogwarts in quel luogo arricchiva la situazione con una nuova dose di orrore. Per Harry, il fatto che l’ufficio del Preside della sua scuola giacesse frantumato davanti ai suoi occhi non lasciava presagire nulla di buono nei confronti del suo mondo... e se fosse stato distrutto? Se lui solo, l’eroe che aveva liberato il popolo dei maghi dalla tirannia di Voldemort, si fosse salvato da un’improvvisa e sconosciuta catastrofe? Perché non ricordava nulla?

E se tutti quanti provenivano da mondi già distrutti?

In quel momento aveva un’unica idea in mente, o meglio un unico nome: Nul. Era certo che ci fosse il suo zampino dietro tutto ciò. Harry doveva trovarlo assolutamente, se voleva tornare a casa... ammesso che esistesse ancora.

« Andiamo » ordinò agli altri, rimettendosi in piedi. Non lasciò la presa sul Cappello Parlante, che decise infatti di portarlo con sé. Forse quel vecchio pezzo di stoffa ammuffita poteva ancora tornargli utile.

Non appena i Valorosi scesero dalla duna, lasciandosi alle spalle le rovine di Hogwarts, udirono qualcosa di nuovo. All’inizio il suono era molto debole; man mano che si avvicinavano, tuttavia, riuscirono a capire cosa fosse: sembrava una vecchia canzone degli anni ’60.

 

Put on your Sunday clothes there's lots of world out there
Get out the brilliantine and dime cigars
We're gonna find adventure in the evening air
Girls in white, in a perfumed night
Where the lights are bright as the stars...

 

« E ora che succede? » esclamò Harry, visibilmente esasperato.

« Spero non siano di nuovo gli zombi » aggiunse Po.

« Se è così, hanno un pessimo gusto in fatto di musica » disse Hellboy, restando in guardia. « Questa canzone è tutt’altro che cupa... sarebbe perfetta per un musical, invece. »

I Valorosi concordarono con l’idea, ma non mollarono la presa dalle loro armi. Per quanto ne sapevano, poteva essere solo un’altra trappola del nemico. Avanzarono piano verso la musica, che si faceva sempre più forte: sembrava trasmessa da una vecchia radio, ma non riuscivano a trovarla in mezzo a tante rovine.

Poco più avanti, il mistero fu svelato. La cosa da cui proveniva la musica era viva e si muoveva tranquillamente tra le rovine, trafficando con gli oggetti. Ai più esperti del gruppo bastò un’occhiata per capire che si trattava di un piccolo robot: alto a malapena un metro, aveva l’aspetto di una grossa scatola metallica dotata di cingoli, e di un visore a forma di binocolo. Doveva essere dotato anche di una radio, poiché continuava a trasmettere la canzone che i Valorosi avevano sentito prima.

 

Put on your Sunday clothes we're gonna ride through town
In one of those new horse drawn open cars
We'll see the shows at Delmonico
And we'll close the town in a whirl
And we won't come home until we've kissed a girl!

 

I Valorosi restarono a guardarlo, decisamente sorpresi. Il piccolo robot era troppo intento a gironzolare qua e là tra i rifiuti per badare ai nuovi arrivati. Raccoglieva mucchi di rifiuti per poi compattarli in cubi; ogni tanto, però, trovava qualche oggetto che sembrava piacergli, per poi riporlo in un contenitore che portava sulla schiena. Difficile dire a quale scopo facesse tutto questo: forse il robot eseguiva degli ordini, o forse era guasto.

Il robot, resosi conto della loro presenza, si voltò a guardarli. I Valorosi restarono immobili, pronti a reagire alla minima minaccia; mantennero la posizione mentre quel piccolo automa si avvicinava verso di loro, interrompendo la musica. Sora era il più vicino, e fu il primo a capire che non c’era nulla da temere da lui; pochi attimi dopo, infatti, il robot aveva allungato un arto verso il giovane, in un gesto che non poteva essere frainteso da nessuno tra i presenti.

Il robot voleva stringergli la mano.

«WAAALLEE. »

Sora lo guardò stupito, come tutti i suoi compagni. Non capì subito la parola pronunciata dal robot, ma uno sguardo più attento rivelò la verità: alla base della piastra metallica frontale c’era una scritta, in parte rovinata dal tempo ma ancora leggibile.

Wall-E.

Senza dubbio doveva essere il suo nome.

« Ehm... Sora » disse infine il ragazzo, stringendo la mano a Wall-E. Il piccolo robot fece un suono simile a una risatina.

« È incredibile » commentò Lara, colpita. « Sembra in grado di provare emozioni... come una persona. »

Wall-E guardò i Valorosi, uno dopo l’altro, come se fosse in cerca di qualcosa.

« EEEVAA? »

« Come? » fece Sora, sempre più perplesso.

« EEEVAAAA! »

« Scusa, non riusciamo a capirti » intervenne Harry.

Wall-E fece un altro suono, simile a un « oh! » di comprensione. Si guardò dunque intorno, individuando con lo sguardo una grossa roccia nelle vicinanze. Dal suo visore partì un sottile raggio laser che incise la pietra, ricavando qualcosa che i Valorosi potessero comprendere. Quando il robot ebbe finito, gli otto compagni videro una sorta di disegno infantile e delle parole: rappresentava Wall-E in compagnia di un altro robot, di forma ovale. I due si tenevano per mano, all’interno di un cuore. Sotto l’immagine, Wall-E aveva scritto:

 

Wall-E + Eve

 

Nel frattempo, Wall-E aveva riacceso la musica, facendo partire un’altra canzone, più dolce e romantica della precedente. 

 

…when time runs out

That it only take a moment

To be loved a whole life long.

 

I Valorosi erano sempre più stupiti. Quel piccolo robot non avrebbe potuto spiegarsi meglio su ciò che voleva. Oltre ad essere gentile, Wall-E era anche innamorato, di quel robot che aveva disegnato sulla roccia.

« Stai cercando Eve? » domandò Sora, comprensivo.

Wall-E annuì.

« Capisco. Be’, mi dispiace, non l’abbiamo vista. Ma se dovessimo trovarla, te lo faremo sapere, d’accordo? »

« EEEVA! EEEEVA! »

Il robot batté gli arti, tutto contento.

Il gruppo proseguì, lasciandosi alle spalle quel buffo robottino che nel frattempo riprendeva il suo compito.

« Cavolo » commentò Po malinconico, lanciando un’ultima occhiata a Wall-E prima che sparisse tra i rifiuti. « Sarà una buona idea lasciarlo in un posto del genere? »

« È un robot, sa badare a se stesso » dichiarò Jake indifferente. « Quello che fa non ci riguarda affatto... ma spero che riesca a trovare la sua fidanzatina, ovunque sia finita. »

« Bah » borbottò Ed. « Ormai è chiaro che in questo posto può capitare di tutto. Rovine e personaggi venuti da mondi lontani... invidio Sora per come riesce a stare così rilassato. »

« Hah, ci sono abituato » rispose il custode del Keyblade. « Ho passato l’ultimo anno a viaggiare tra i mondi, per me ormai è come pane quotidiano. Ho viaggiato finché non ho trovato un modo per tornare a casa mia. Volete sapere il mio segreto? Sorridere sempre... me l’hanno insegnato un paio di amici che vivevano di ottimismo. Vedrete, troveremo una soluzione per tirarci fuori da questo guaio. »

E Sora si voltò a guardare i suoi compagni, mostrando loro un pollice alzato e il suo sorriso più largo. Se c’era una cosa in cui era bravo, era proprio questa: infondere l’ottimismo tra gli amici, per quanto fosse critica la situazione. La sua onestà, il suo buon cuore, lo aveva sempre guidato attraverso i momenti più difficili; gli aveva permesso di aiutare amici e perfetti sconosciuti in molte occasioni... per questo non aveva detto di no a Wall-E. Sora era sempre pronto a dare una mano a chi ne aveva bisogno.

E i Valorosi sorrisero, dal primo all’ultimo... anche Harry, che aveva ben più di un motivo per preoccuparsi dopo aver visto le macerie della sua scuola in quel luogo di caos. Finché avessero avuto fiato in gola e la forza per colpire duro, non avrebbero perso la speranza.

E proseguirono, in cerca del vero nemico.

   
 
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