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Autore: _Vi___    02/08/2015    3 recensioni
NOspoiler!LaMutazione || Spoiler!LaRivelazione || FinaleAlternativo||
"«L’ho conosciuto la prima settimana. Era… il primo non immune da mandare nel labirinto. La ricerca era appena iniziata, il virus aveva cominciato a diffondersi in fretta. Siamo stati insieme tutto il tempo in cui è stato in isolamento qui… il tempo di sottoporlo ai test e le analisi di cui avevamo bisogno per avere i dati che ci servivano e poi l’abbiamo chiuso in fretta e furia nel labirinto» concluse con tono di voce che straripava di amarezza. [...]
«Ho passato anni senza potergli parlare. Senza poterlo toccare…» riprese improvvisamente a raccontargli «siamo confinati in quest’angolo d’inferno da talmente tanto tempo… e lui… è come se non ci fosse più» [...]
«Ogni tanto torno nella sala di controllo solo per poterlo guardare per quei pochi minuti al giorno, e allora mi ricordo che lui c’è ancora ed è lì, ad aspettarmi; a ricordarmi a cosa serve a tutto questo»."
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Un piccolo assaggio della mia storia, nella speranza di riempire un po' il vuoto che questa saga mi ha lasciato al posto del cuore.
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STORIA IN FASE DI BETAGGIO. CAPITOLI CORRETTI: CAPITOLO 1
Genere: Angst, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minho, Newt, Thomas
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
Capitoli:
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6.Buonanotte

 


«Cos’è che ricorderesti, esattamente?» rispose Thomas a Gally, cercando di tastare il terreno prima di decidere quale risposta rifilargli. «Thomas Moore. Il tuo nome per intero è questo, non è vero?»gli rispose, guardandolo dritto negli occhi, come sfidandolo a dire il contrario.
«Non so quale sia, il mio nome completo» cercò di liquidarlo in fretta il giovane. «Io non ricordo nulla».
Thomas non se l’aspettava. Sapeva bene chi fosse Gally. Lui e Newt – Alexander. Si chiama Alexander, Thomas. Si corresse mentalmente - erano i due non immuni del labirinto. Ma non era previsto che quel ragazzo ricordasse alcun che del suo passato. Thomas si ritrovò a chiedersi che cosa fosse andato storto; ricordava che era stato Aris, il dottore che gli era stato assegnato per i colloqui preparativi. Teresa si era impuntata affinché lo facesse Aris. Perché a quel tempo Thomas ancora non sapeva del gruppo segreto, ma Aris sì. Aris avrebbe potuto manomettere l’Ostruzione.
Il castano si ritrovò, di punto in bianco, a realizzare quanto l’intero progetto – progetto in cui il minimo errore avrebbe fallato i dati della ricerca – fosse stato compromesso fin dall’inizio.  Col senno di poi, realizzò Thomas con grande sconforto, tutto quell’esperimento non era stato altro che uno spreco di risorse finanziare e di vite umane.
«Lo so che ti ricordi, pive; e farai bene a dirmi tutto quello che voglio sapere, oppure lo dirò agli altri Intendenti» lo minacciò il biondo. «Ti ritroverai esiliato nel labirinto entro questa sera, stanne certo».
Thomas avrebbe voluto prenderlo a pugni e urlargli che avrebbe potuto lasciarlo a vivere nel Labirinto per il resto della sua vita, perché tanto non gli sarebbe successo nulla di male.  La parte bastarda di sé avrebbe voluto che Gally lo facesse, solo per poter avere la soddisfazione di guardare che faccia di sploff avrebbe fatto il giorno dopo, quando sarebbe rientrato vivo e vegeto nella Radura.
Tuttavia, Thomas sapeva bene di avere un compito da portare a termine e dal quale dipendevano troppe cose, troppe persone, troppe vite.
Prima o poi avrebbe comunque dovuto vuotare il sacco con qualcuno.
Fu allora, con un sospiro colmo di rassegnazione, che si decise a dirgli la verità. «D’accordo» gli concesse, incrociando le braccia al petto. «Anche io… ricordo delle cose» ammise. «Ti dirò tutto quello che vuoi sapere, ma prima ho bisogno che tu mi racconti quello che ricordi; mi renderai la cosa più facile, in questo modo» il giovane esitò, poi aggiunse: «forse è un bene. Tutto questo, intendo. Mi sarà d’aiuto quando dovrò dirlo a tutti gli altri…».
Gally strabuzzò gli occhi, preso in contropiede. «Dirlo agli altri? Quanto sai, esattamente?»
Thomas scosse la testa. «Prima ho bisogno che tu mi dica quello che sai tu, poi ti dirò tutto. Te lo giuro».
Gally annuì, anche se poco convinto. «D’accordo» gli concesse, per poi prendersi il tempo necessario per riordinare le idee. «Non ricordo niente della mia vita passata, ma ho in mente dei nomi; costantemente. Uno di questi, è il tuo» gli confidò. Thomas non lo interruppe; con un gesto della mano gli fece cenno di continuare. «Mi ricordo di te. Di Aris Petrou; Teresa Lloyd e Brenda Cox» Gally sputò fuori i loro nomi come acido che gli stesse corrodendo la bocca. «Per tutti questi anni, sono stati solo dei nomi, dentro la mia testa. Ma appena ti ho visto, ho subito associato uno di loro alla tua faccia» gli confessò.
«Perché non mi hai denunciato subito agli Intendenti, quando hai realizzato di conoscermi?» gli domandò il più giovane, incuriosito.
Gally fece una smorfia. «Non chiedermi perché, ma so di potermi fidare di queste persone; so di potermi fidare di te». Diavolo, che cosa avevano combinato con la testa di quel povero ragazzo?
«E allora perché non mi hai parlato subito, non appena sono arrivato qui?»
«Questa è una buona domanda, Fagio. Sai, chiunque ci abbia rubato la memoria è in grado di manipolarci il cervello, su questo non c’è alcun dubbio; quindi ho pensato: e se i Creatori avessero fatto in modo di farmeli ricordare, questi nomi? In modo che mi fidassi di voi, per ingannarmi e farmi del male? E se tutti voi foste i Creatori stessi? Ma sono troppo curioso per rimanermene zitto ancora, senza riuscire a vederci chiaro» Gally lo guardò negli occhi, un’espressione di paura malcelata ad incupirgli lo sguardo. «Perché siamo chiusi qui dentro, Thomas? Perché ci fanno questo?».
Il giovane sospirò. «Cosa ti ricordi di noi esattamente
Gally si strinse nelle spalle. «Solo che fate parte dei buoni, tutti voi. E poi c’è lei.»
«Lei?»
Il biondo annuì. «È buffo» gli confidò Gally. «Ho il suo nome impresso a fuoco nella mente. Non ho idea di quale sia il suo aspetto, o di che voce abbia. Prima che arrivassi tu, non ero nemmeno sicuro che esisteste. Nessuno di voi. Siete stati come dei fantasmi, nella mia mente» prese un profondo respiro, poi lo guardò dritto negli occhi. «Eppure, io la amo». Il ragazzo più grande si alzò dalla sedia, incrociando le braccia al petto. «Da anni non faccio che amare una persona che non conosco e che esiste solo nella mia testa. E non riesco a pensare a nient’altro. A nessun altro. Questo è tutto quello che ricordo, Thomas.» la voce del biondo calcò sull’ultima parola. «Hai idea di come questo mi faccia sembrare un pazzo ai miei stessi occhi? Hai idea di quanto sia frustrante, una cosa del genere? Ti rendi conto di come tutto questo mi stia rovinando la vita?» Thomas sentiva il malcelato tono d’accusa, insito nella sua voce. «Non ne hai la minima idea, vero?» continuò, senza aspettare una risposta dal castano. «Quindi se sai qualcosa, parla; dimmelo. Voglio saperlo, o impazzirò».
Thomas alla fine cedette. Lo invitò a sedersi, per poi accomodarsi proprio di fronte a lui. Il giovane appoggiò i gomiti sul bancone, intrecciando le dita tra loro. «Promettimi che ascolterai ogni cosa che ti dirò, fino in fondo. Poi potrai decidere cosa fare, se denunciarmi agli Intendenti oppure aiutarmi. Comunque vada, si farà a modo nostro; è bene che tu lo sappia».
«A modo vostro?»
Thomas annuì «Sì, a modo nostro. Perché il nostro è l’unico modo. Specialmente per quelli come te».
A Gally cominciava a venire il mal di testa. «Il vostro è l’unico modo per fare che cosa, esattamente? E che intendi per “quelli come me”?»
«Già ci sei arrivato, Gally: siamo noi, i Creatori». Il biondo era visibilmente scosso da quella confessione. Thomas era certo che stesse per saltargli addosso e riempirlo di pugni da un momento all’altro. Tuttavia, sembrò trattenersi, troppo smanioso di conoscere tutta la verità, e rimase in silenzio, con le mani strette a pugno sotto il tavolo.
Allora Thomas gli raccontò di ogni cosa. Dell’Eruzione, della C.A.T.T.I.V.O., degli studi sulla Cura, che era il motivo per cui tutti loro erano stati portati in quel posto, e di come i gruppi di ricerca non avevano mai veramente avuto la possibilità di trovarne una che funzionasse. Di Minho e Brenda, che erano stati mandati nei due Labirinti, dopo il fallimento del loro team. Di come lui fosse uno dei non immuni al virus, che facevano parte del progetto. Di quando loro, i giovani prodigi della medicina, si erano ribellati ai governi, creando un gruppo alternativo di ricerca e di come il loro studio clandestino avesse invece dato tutti i risultati sperati. Di come gli altri scienziati, mentre loro erano seduti comodamente a quel tavolo a parlare, stessero ultimando i preparativi per la loro fuga.
«Tra un paio di mesi dovremmo essere pronti ad andarcene. Quando la Scatola arriverà, tra qualche giorno, arriveranno anche i dispositivi di cui ho bisogno per potervi restituire la memoria» lo informò il più piccolo «dovrò dire la verità, a tutti loro. Vi porterò in salvo, Gally. Ma ho bisogno che per il momento tu non mi tradisca. Lo farai? Mi aiuterai?»
«Ho altra scelta?» sospirò il biondo «Thomas... Perché sono l’unico che ricorda qualcosa?».
A Thomas sfuggì un sorriso «I non immuni di questo labirinto sono stati mandati qui non solo per essere studiati, ma anche per essere isolati dal mondo esterno e protetti dalla malattia» gli spiegò. Fu inevitabile, per lui, pensare al suo Alexander in quel momento. «Anche Newt è un non immune. Stavamo insieme prima di tutto questo; ho fatto in modo che fosse chiuso qua dentro nel più breve tempo possibile… Quando sono arrivato e l’ho visto tra le braccia di Alby, mi si è spezzato il cuore. Lasciarlo andare ha avuto un prezzo. Probabilmente, chi ha deciso di non toglierti quei pezzi di ricordi, l’ha fatto anche per questo: non voleva lasciarti andare».  Thomas gli sorrise. «Sai qual è il tuo vero nome? Vuoi saperlo?»
Gally annuì, impaziente, guardandolo con gli occhi spalancati dall’incredulità. «Ti chiami Theodore. E tutto quello che Teresa ha fatto, l’ha fatto per te»,
«Come fai a sapere che stavo parlando di Teresa?»
Thomas gli sorrise, ancora. «Io so, Gally. La conosco, è mia amica. E posso garantirti che lei ti ama allo stesso modo in cui tu senti di amare lei. Mentre io passavo le notti a guardare Newt, lei le passava sulla sedia vicino alla mia, a guardare te.». Thomas gli strinse forte una spalla, come a volergli dare conforto.
«Non ricordo nulla di quello che mi hai detto. È come se tu mi avessi appena raccontato una favola dell’orrore; non è ancora abbastanza reale, per me. Però ti credo; e ti aiuterò» Gally protese il la mano verso l’altro, il quale la afferrò immediatamente, sorridendogli. Poi lo lasciò da solo, lasciandogli lo spazio di cui aveva bisogno per riflettere su tutto quello che gli aveva raccontato.


 
***
 
 
 
Minho correva nel labirinto insieme a Ben, come faceva ogni giorno ormai da mesi. I due svoltarono l’ultimo angolo e percorsero in fretta l’ultimo corridoio angusto, tornando nuovamente nella radura. Ad aspettarli c’era Alby, che si era premurato di portar loro delle borracce con dell’acqua fresca, proprio all’ingresso che conduceva all’ala nord del labirinto. Lo ringraziò con un sorriso tirato, prima di tornare a correre verso i bagni, seguito a ruota dal compagno Velocista..
Quel ragazzo gli piaceva. E non solo perché provava un odio viscerale per un certo biondino di loro conoscenza. No, non era soltanto per quello: Ben era un tipo chiacchierone al punto giusto, la sua compagnia era gradevole e sapeva rendersi simpatico quasi a tutti.
Erano stati messi insieme, a formare una squadra di Velocisti, circa un mese dopo il suo arrivo nella Radura ed erano diventati subito grandi amici. Forse anche Minho, pur non essendosi mai mostrato eccessivamente ostile a Newt, gli era entrato in simpatia fin da subito per lo stesso motivo.
Quando Minho gli aveva chiesto perché il ragazzino gli stesse tanto antipatico, Ben gli aveva dato una risposta che mai e poi mai si era aspettato; Ben gli aveva confessato di avere una cotta per Alby fin dai primi giorni in cui era arrivato nella Radura; Newt non gli aveva fatto nulla, concretamente, ma nella sua testa era come se quel pive glielo avesse portato via. Gli aveva raccontato che, da quando i due si erano messi insieme, Alby non aveva occhi che per Newt; ma non perché quei due si amassero o qualcosa del genere. Ben odiava il loro rapporto: Alby era troppo protettivo, troppo attento. Come se il minore avesse potuto rompersi da un momento all’altro.
Ma quello che più gli faceva rabbia, era il fatto che fosse palese che non si amassero. Lui avrebbe potuto dare ad Alby tutto quello che quel moccioso viziato non sarebbe stato in grado di dargli.
Alla fine, Ben gli aveva chiesto il perché lui, invece, lo odiasse tanto. E dopo giorni passati a pensare se fosse il caso di esser sincero, con lui, Minho aveva deciso di dirgli la verità. Su tutto.
Lo aveva fatto fermare, in mezzo al labirinto –perché tanto non c’era nulla da cercare, tra quelle mura – ed erano rimasti tutto il resto del pomeriggio a parlare. Ben non l’aveva presa bene, all’inizio; non gli aveva parlato per tutto il resto della giornata; improvvisamente i pettegolezzi su Newt erano passati in secondo piano.  Gli aveva detto che avrebbe denunciato il tutto agli Intendenti.
Il giorno dopo, però, era tornato con lui nel labirinto e, a metà strada, si era gettato a terra, incrociando le mani dietro la testa.

“E vedi di starmi vicino, col tuo chip miracoloso. Non voglio diventare il pranzo di un Dolente!” gli aveva semplicemente detto, ghignando.


Ben ci aveva ripensato.

Quando Thomas era arrivato nel labirinto e Minho aveva dato dei pezzi di sploff sia a lui che al giovane Intendente degli agricoltori, Ben gli aveva chiesto sottovoce, mentre si dirigevano alle docce, se il fagiolino appena arrivato fosse il suo Thomas, quello di cui gli aveva parlato.

«Eri così preoccupato per il suo ritardo e invece eccolo qui! Sei felice, adesso?» gli aveva chiesto, con ingenuità.
Minho aveva fatto una smorfia. «Non sarà il mio Thomas ancora per molto» gli aveva risposto con tono tombale. «Non li hai visti? La sirena dell’arrivo della Scatola è suonata – quanto sarà? – nemmeno un’ora fa. E guardali, già ridacchiano tra loro come due sposini» la tristezza gli incupì la voce.


E Minho non aveva avuto torto. Con tutta sincerità, quella prima sera in cui Thomas era finalmente arrivato e lo aveva scopato, piegato contro l’albero del bosco, Minho ci aveva sperato. Aveva pensato che, magari, Thomas avesse sentito la sua mancanza e che ne avesse sofferto quanto bastava per capire che di lui gli importava abbastanza da non lasciarselo alle spalle tanto presto.
Ma non era stato così. Le voci nella radura giravano e quando Chuck gli aveva detto, senza il minimo tatto, di aver beccato Thomas e Newt avvinghiati nella cucina, intenti a divorarsi la bocca l’un l’altro, a Minho si era spezzato il cuore, letteralmente.
Il moro non ci aveva mai pensato prima – o forse, semplicemente, non aveva mai voluto pensarci prima – ma era arrivato a tenere a Thomas più di quanto aveva previsto.
Ricordava la sera in cui, mortificato e depresso per i suoi fallimenti accademici, lo aveva spinto a fare sesso con lui. Quello non aveva significato nulla, per lui, era stato quello che era stato: del sesso consolatorio, uno sfogo. Niente di più e niente di meno. Ma poi, man mano che i giorni passavano, era diventato sempre più bello. Non il sesso in sé, il sesso era sempre sesso: piacevole e appagante quanto bastava; era stato il farlo con Thomas a rendere tutto diverso.
Alla fine, dopo quattordici lunghi mesi senza di lui, quando finalmente lo aveva riavuto in quel senso, Minho si era ritrovato a chiedersi come avesse fatto a rimanere senza di lui tutto quel tempo.
Ci pensava spesso, costantemente, da quando il castano era tornato. Minho passava intere ore a pensare a quanto sarebbe stato bello essere abbracciato da Thomas, nel modo in cui Thomas abbracciava Newt.
A come sarebbe stato se Thomas gli avesse parlato, come parlava a Newt.
Newt. Newt. Newt.
Come non odiarlo? Paradossalmente, quel ragazzino aveva avuto tutto, dalla vita, date le circostanze: non sapeva che un virus mortale avrebbe potuto friggergli il cervello da un momento all’altro, che era stato fortunato, addirittura, ad esser segregato lì dentro; che c’erano delle persone, all’esterno, ad aver rischiato soldi, carriera e la loro stessa vita, per metterlo al sicuro e che continuavano a dedicare tutto il loro tempo ed energie per salvarlo. E poi, tra tutti, lui aveva Thomas. E giusto perché la vita non è per niente sadica e perversa,
 
Newt nemmeno si rendeva conto della fortuna che aveva avuto. Non lo ricordava nemmeno.
E questo gli dava da pensare: cos’era che Thomas amava ancora di quel Newt? E cosa aveva trovato Newt, in Thomas, data la perdita di memoria?


Il moro, ultimamente, si arrovellava su certi pensieri. Non riusciva a darsi pace.
Quando Thomas aveva cominciato ad aspettarlo, all’entrata delle porte, in attesa che tornasse dal Labirinto, Minho non aveva potuto fare a meno di lanciargli uno sguardo sofferente e tradito e poi scappare via. Ogni sera, Thomas lo implorava di parlare, di spiegargli; ma Minho non aveva voluto sentire una parola. Sapeva già cosa volesse dirgli il castano: lo avrebbe riempito di parole e scuse di circostanza, avrebbe cercato di ferirlo il meno possibile, perché Thomas non era una persona cattiva. Forse avrebbe anche cercato di consolarlo.
Ma lui sapeva benissimo che il sunto di tutte quelle parole vuote, sarebbe stato uno e uno solo: lui non era abbastanza. Lui non era Newt.
E ciò che più lo straziava, era che Thomas avesse sempre messo in chiaro la cosa, fin dall’inizio. Non lo aveva mai illuso, non gli aveva mai nascosto che per lui, ci sarebbe stato sempre e solo un unico grande amore.
E quell’amore, non era lui.


 
***
 
 
 
Era arrivata l’ora di cena, quando Thomas finalmente si sedette a uno dei tavoli all’aperto, disposti ordinatamente sul lato occidentale della cucina; Newt era seduto ad un tavolo insieme a Chuck e all’arrivo di Thomas, il biondo lasciò che il maggiore gli passasse una mano tra i capelli, mentre poggiava dolcemente le labbra sulle sue, in un bacio innocente.
«Bleah! Che schifo!» strillò il ragazzino di fronte a loro «andate a sbaciucchiarvi da un’altra parte!» li sgridò, mentre faceva finta di vomitare e mimava il gesto di ficcarsi due dita giù per la gola.
I due ragazzi di fronte a lui ridacchiarono.
«Ehy, Pive» esclamò Gally, mentre si sedeva vicino a Chuck, seguito da altri due ragazzi. «Loro sono Zart e Winston, medicali anche loro» Gally glieli presentò, indicando prima un ragazzo alto e robusto dai capelli biondo platino e poi l’altro, un po’ più basso dal fisico esile e la pelle scura.
Si salutarono tutti, sorridendo e passarono la serata tra chiacchiere frivole e risate.
Anche Thomas rideva alle battute di Winston, ma di tanto in tanto, non poteva far e a meno di notare Minho che, seduto dall’altra parte della mensa improvvisata della Radura vicino a Ben, il suo compagno Velocista, ogni tanto alzava lo sguardo verso di lui, senza riuscire a celare il proprio risentimento, come avrebbe voluto. Quando a loro si unì anche Alby, a Thomas sfuggì un sospiro; sembrava che tutto il fan club di coloro che odiavano Thomas e Newt si fosse dato appuntamento a un singolo tavolo.
«Ehi» Newt lo chiamò, ad un certo punto. «Qualcosa non va?» gli chiese, accarezzandogli un braccio. Thomas distolse lo sguardo da quei tre, per posarli in quelli del biondino, che gli sedeva di fianco. Sorrise. «È tutto a posto, sono solo stanco» gli disse. «Andiamo a dormire?».
«Certo, “dormire”. Adesso è così che lo chiamano!» li prese in giro Winston, dall’altra parte del tavolo.
I due chiamati in causa ebbero la decenza di arrossire, mentre gli altri, compreso Newt, sbottarono a ridere l’attimo dopo. «Sei invidioso, Winston?»
Alla frecciatina del giovane, seguì un breve battibecco scherzoso a cui Thomas e Chuck non parteciparono.
Chuck era evidentemente imbarazzato e a disagio per quei discorsi – alla fine il ragazzino aveva solo tredici anni, più o meno.
Thomas si limitò a starsene zitto, per il semplice fatto che non era quello, ciò a cui aveva pensato prima, mentre chiedeva a Newt di andare a dormire.
Insomma, lui intendeva solo andare a dormire.
Alla fine, anche quella piccola battaglia a suon di battutine scomode finì con, inutile dirlo, un Winston bonariamente umiliato dal biondo.
Il maggiore si ritrovò a chiedersi da quando il suo Newt avesse anche assunto quella parlantina da vipera. Thomas decise che non gli dispiaceva. Anzi, la cosa gli piaceva e anche tanto.
«Da quando tu e Gally siete così amici?» gli chiese Newt con casualità, mentre salivano le scale della tana, diretti alla camera del più piccolo. «Abbiamo chiacchierato un po’ questo pomeriggio; all’inizio non mi aveva fatto una bella impressione, ma tutto sommato il pive non è male». E da quando lui aveva cominciato a parlare come un raduraio?
«Mh. Ok…»
Thomas ghignò. «Sei geloso?» lo punzecchiò, entrando nella piccola cameretta.
«Ne ho motivo?»
Thomas pensò a Minho e probabilmente la risposta giusta sarebbe stata “forse sì”. «No, non ce l’hai…» gli rispose invece, chiudendo la porta dietro di sé e baciandolo dolcemente.
«Bene» Newt parlò sulle sue labbra, chiudendo definitivamente il discorso.
Gli avvolse la vita con le braccia, stringendolo a sé e indietreggiando fino al letto, fin quando non sentì il bordo del materasso consunto sbattere contro i polpacci. Lasciò che Thomas lo spingesse a distendersi sulle coperte e aprì le gambe per fargli spazio, prendendogli il volto tra le mani e tornando a poggiare delicatamente le labbra sulle sue. Thomas si reggeva sugli avambracci, per non pesargli addosso; si limitò ad approfondire il bacio, leccando il labbro inferiore del biondo, che schiuse le labbra l’attimo dopo, lasciandogli via libera. 
Newt mugolò soddisfatto. «È da oggi che aspettavo questo momento» gli sussurrò a fior di labbra. Poi, sorprendendo non poco il maggiore, Newt gli afferrò le spalle facendolo ruotare e finire disteso sotto di lui. Il biondo, gli si sedette sfacciatamente sul cavallo dei pantaloni, facendo entrare in contatto le loro intimità che, seppur divise dalla stoffa dei vestiti che avevano addosso, erano ben sveglie e bisognose di essere soddisfatte.
La luce che entrava nella stanza non era molta, a causa della poca luce artificiale che entrava dalla piccola finestrella in alto, ma Thomas riuscì a scorgere chiaramente la figura di Newt nella penombra, mentre si sbarazzava della maglia che indossava. Cercando di fare in fretta, lo imitò. I due rimasero a guardarsi per un attimo, la luce appena sufficiente a scorgere i contorni del corpo dell’altro; e Thomas, in quel momento, avrebbe dato qualsiasi cosa per poter vedere più chiaramente il corpo seminudo di Newt, per vedere come era diventato, dopo tutti quegli anni. Allungò le mani ad accarezzargli i fianchi, sentendo la morbidità di una muscolatura appena accennata sotto i polpastrelli. Newt rabbrividì a quel tocco e si sporse nuovamente per baciarlo.
«Sei bellissimo» Thomas glielo sussurrò all’orecchio, mentre faceva scorrere le mani lungo il petto del biondo, lentamente, quasi con riverenza.
Come risposta, Newt lo afferrò per la vita con una mano e si sfregò contro di lui. «Non mi hai nemmeno toccato e sono già duro» gli ansimò a pochi centimetri dalle labbra, con la voce resa roca dall’eccitazione.
Ma nel momento in cui sentì Newt arrivare con la mano al primo bottone dei suoi pantaloni, Thomas gli bloccò il polso. «Forse… » ingoiò a vuoto, nel vano tentativo di tener a bada l’eccitazione. «Forse è meglio non correre troppo, non credi?» disse gentilmente al più piccolo, cercando di non ferirlo, anche se, da quel poco che poteva scorgere dell’espressione dell’altro, probabilmente non era uscito vittorioso nel suo intento.
«Oh… » Newt allontanò di scatto la mano dal bordo dei suoi pantaloni. «Non vuoi…?» gli chiese, con voce colma di delusione.
Thomas scosse la testa. «Voglio. Dio, Newt, non hai idea di quanto lo voglia. Di quanto ti voglio».
E da quanto tempo ti voglio. Aggiunse mentalmente. «È solo che non voglio rovinare tutto così in fretta, adesso. Voglio che sia speciale…» e pregò che Newt accettasse le poche motivazioni che poteva permettersi di dargli. Perché quella era la verità: non che non avesse pensato anche a quello, tra le tante cose che avrebbe potuto fare con il suo ragazzo, quando l’avrebbe rivisto. Tuttavia aveva mille e più motivi, per non arrivare fino in fondo, con Newt, ma poteva metterlo al corrente di ben pochi di essi, al momento; in primis, Newt non sapeva davvero chi fosse Thomas. Newt non sapeva nemmeno chi fosse se stesso. E Thomas non voleva arrivare a far sesso con lui, non prima che il biondo venisse a sapere la verità su di lui. Cristo, ogni singola cellula del suo corpo smaniava per possederlo, in quel momento e su quel letto, di farlo di nuovo suo, una volta per tutte; ma Thomas non poteva approfittarsi di lui a quel modo. Magari Newt non l’avrebbe odiato, una volta saputa la verità e tanto meno l’avrebbe fatto più tardi, una volta recuperata la memoria. Ma sarebbe stato Thomas ad odiarsi. E a dirla tutta, c’era una piccola parte di Thomas a desiderare che Newt facesse l’amore con lui dopo aver riacquistato la memoria; soltanto dopo aver ricordato cosa significassero l’uno per l’altro, non un minuto prima. Non era sicuro di sapere come quell’ultimo capriccio lo facesse sentire, in verità, ma non poteva far a meno di pensarci, ogni tanto.
Newt, seppur visibilmente deluso, cedette. «D’accordo…» acconsentì, staccandosi da Thomas e sdraiandosi di lato, nella sua piccola porzione di letto. Si rannicchiò in posizione quasi fetale, dando le spalle al maggiore.
Thomas sentì il pesò di un macigno al posto dello stomaco. «Newt...» lo chiamò con voce quasi implorante, sistemandosi anche lui di lato e carezzando il fianco del minore. «Non fare così…».
Il ragazzo non si sottrasse al suo tocco, ma continuò a dargli le spalle. «No, hai… hai ragione. Scusami, ho corso troppo».
«Ti sei offeso». Decretò Thomas. Non era una domanda.
«No, va tutto bene». Newt si morse un labbrò con i denti. Sì, si era offeso. Si sentiva rifiutato, per la prima volta in vita sua, ed era una sensazione orribile. Il fatto era che lui non pensava che a Thomas da giorni, ormai. Fin da prima che il castano gli rubasse quel casto bacio nel silenzio della cucina; e da quel bacio, non c’era stato giorno in cui non avesse fantasticato su lui e Thomas che si baciavano in luoghi più appartati, in modi tutt’altro che casti. Non pensava ad altro che a Thomas che entrava dentro di lui, stringendolo, con possessione. A Thomas che gemeva, con gli occhi chiusi e la bocca dischiusa mentre chiamava il suo nome, in preda al piacere che gli avrebbe dato.
Newt, in un modo del tutto irrazionale, che non riusciva a spiegarsi, era finito a tenere a quel ragazzo come mai aveva tenuto a nessun altro. La cosa lo terrorizzava e lo lasciava spaesato come mai gli era successo prima. Era quello l’amore? Newt evitava di soffermarsi su quel pensiero, perché quando la sola idea lo sfiorava, sentiva girargli la testa.
Ed ora che finalmente era lì con Thomas tutto per sé, lui non aveva voluto.
La cosa lo faceva star male oltre ogni concezione; avrebbe voluto battere i piedi a terra e urlargli che lui invece lo voleva e tanto, anche. Ma Newt non era un bambino e di certo non poteva costringerlo a far qualcosa che non volesse fare.
Eppure, non poté fare a meno di chiedersi il perché.
Perché Thomas lo aveva fermato in quel modo? Perché voleva fare con calma? Cosa avrebbero dovuto aspettare? Cosa c’era d’aspettare, nella vita che erano stati costretti a condurre?
Fisicamente, lo volevano entrambi, Newt l’aveva sentito quanto l’altro lo volesse, quando gli si era strusciato addosso.
Forse Thomas aveva la forza di fermarsi, ma Newt stava andando decisamente fuori di testa in quel momento. Avvertiva la presenza dell’altro dietro di sé, mentre gli accarezzava delicatamente un fianco, ma ben attento a non toccarlo con nessun’altra parte del corpo, per quanto lo spazio angusto del letto glielo permettesse. E quel semplice tocco, lo mandava su di giri in maniera quasi dolorosa.
Newt mosse lentamente la mano, cercando di non farsi notare dall’altro, arrivando ad appoggiarla a coppa sulla sua erezione, ancora costretta nei pantaloni; si strofinò il pene ancora duro e caldo attraverso la stoffa, chiudendo gli occhi e serrando le labbra, cercando di non farsi sfuggire il minimo rumore. Tuttavia, capì presto che non sarebbe riuscito a soddisfarsi a quel modo, non con Thomas ancora sveglio dietro di lui e costretto a cercare di non far casino.
Alla fine si arrese. «Vado in bagno» decretò, facendo per alzarsi. Si sentì afferrare per il braccio.
«Fallo qui» la voce di Thomas arrivò forte e chiara alle sue orecchie, che nemmeno per un attimo ebbe il dubbio di aver sentito male. Si girò verso il maggiore, guardandolo titubante, indeciso sul da farsi.
«Avanti, Newt» continuò Thomas, mentre lo tirava di nuovo a stendersi sul letto. Newt era rivolto di nuovo verso il muro e gli dava le spalle. Thomas avvicinò il volto al suo, quanto bastava perché potesse sentirlo mentre a bassa voce gli parlava all’orecchio.  «Toccati, insieme a me…» gli sussurrò, lasciandogli un fugace bacio dietro la nuca. Newt non si mosse; preferì rimanere ad ascoltare il rumore inconfondibile di una cerniera che veniva aperta e della stoffa che veniva abbassata. Thomas teneva la testa appoggiata sulla sua spalla e Newt lo sentiva masturbarsi  lentamente dietro di lui. «Toccati Newt…» gli disse ancora. E quella volta, Newt obbedì. Si slacciò anche lui i pantaloni e infilò una mano nei boxer, scoprendosi ancora duro e bisognoso d’attenzioni. Si afferrò il pene, senza stringere troppo e godendosi la bellissima frizione generata dai movimenti lenti e costanti della propria mano. Tirò gentilmente la pelle verso il basso, finendo di abbassare completamente il prepuzio e scoprire la punta arrossata e ipersensibile. Gemette per il piacere, quando ci passò sopra il pollice, stimolandola con movimenti rotatori.
In quel momento, sentì Thomas gemergli altrettanto sonoramente nell’orecchio. «Così, Newt…»
«Dio…» gemette ancora, mentre si girava in fretta verso il maggiore. Lo guardò dritto negli occhi, cominciando a velocizzare i movimenti del polso «Voglio… ah… voglio vederti mentre vieni…»
E in quel momento, Thomas perse completamente la testa. «Oh, fanculo!» disse a voce più alta, sfilandosi la mano da in mezzo alle gambe. Afferrò il polso di Newt, impedendogli di darsi ancora piacere e sistemandogli velocemente i boxer, che tornarono a comprimergli l’erezione.
Newt non ebbe il tempo di realizzare cosa stesse facendo, che Thomas gli afferrò una gamba da dietro il ginocchio e se la portò sul fianco, facendo in modo che il più giovane gli si spalmasse addosso e sfregandoglisi contro senza alcun pudore, dimentico della reticenza di poco prima.
Lo attirò ancora a sé, per coinvolgerlo in un bacio possessivo, sensuale e al contempo pieno d’urgenza;
Thomas diede una prima, timida spinta, facendo sì che le loro erezioni sfregassero l’una contro l’altra.
Gemettero entrambi. «Fa- Fallo ancora» gli ordinò Newt. Chiuse gli occhi, gli circondo il collo con le braccia e si inarcò, gettando la testa all’indietro sul cuscino e stringendo ancor di più Thomas contro di sé, anche se la poca forza che aveva nella sua gamba difettosa non gli permetteva di sentirselo addosso come avrebbe voluto. «Dio, Tommy. Voglio sentirti tutto…» lo implorò. Thomas non si lasciò pregare: lo spinse a sdraiarsi completamente sul letto e in un attimo gli fu sopra. Portò le gambe di Newt ad incrociarsi dietro il suo sedere e tornò a strusciarsi contro il più piccolo, con affondi secchi e sempre più veloci.
Dio, e non si stavano nemmeno davvero toccando. Pensò, mentre il piacere rischiava di fargli girare la testa. Quanto tempo aveva aspettato tutto quello? E, in un certo senso, era la prima volta che faceva cose simili, con Newt.
La prima volta che avevano fatto l’amore, era stato il più giovane a convincerlo. Insomma, lui aveva diciassette anni e l’altro soltanto tredici maledetti anni. A quell’età i bambini dovrebbero giocare ai videogiochi con il loro amichetto del cuore, non pensare a perdere la verginità con un ragazzo quasi maggiorenne. Ma il biondo l’aveva più volte implorato, aveva pianto e aveva tenuto il muso, facendogli venire i sensi di colpa, dicendogli che forse quella sarebbe stata l’unica volta nella sua vita in cui si sarebbe innamorato e avrebbe potuto far l’amore con qualcuno; che magari, alla fine, si sarebbe beccato il virus e sarebbe morto, senza aver mai vissuto a pieno la sua vita. Inutile dire, però, che non aveva mostrato altrettanta intraprendenza e sicurezza quando dalle parole si era passati ai fatti. Thomas aveva avuto a che fare con un bambino, piccolo e fragile, sia nella mente che nel corpo e aveva dovuto prendersi cura di lui e farlo sentire a suo agio, nei limiti del possibile.
Anche le volte che c’erano state, dopo la prima, non erano state molto diverse. Più volte Thomas gli aveva chiesto se voleva che si fermasse e lui testardo stringeva i denti e scuoteva la testa da una parte all’altra, sopportando, mentre Thomas lo baciava e gli sussurrava che presto sarebbe diventato bellissimo, che gli sarebbe piaciuto. E Thomas a volte si ritrovava a chiedersi cosa diavolo stesse facendo, che diavolo gli era saltato in mente, di immischiarsi in un casino del genere. La risposta gli veniva immediata e ovvia, ogni volta: semplicemente, lui lo amava. 
Il ragazzo che aveva ritrovato, invece, aveva perso l’innocenza e l’inesperienza che Thomas ricordava – e Thomas cercava anche di non pensare a con chi il ragazzino avesse fatto pratica nel frattempo-. Nonostante tutto, il castano era eccitato e entusiasta all’inverosimile, per questo cambiamento.
«Sto per…» Newt continuava ad ansimare, ormai senza controllo, sotto di lui.
«Vieni, Newt» gli rispose Thomas, gemendo ad ogni parola.
Newt si aggrappò alle spalle di Thomas, alla ricerca di un bacio che arrivò immediatamente. Aprì la bocca, lasciando che la lingua dell’altro gli scivolasse tra le labbra e gemette per l’ultima volta, venendo nei propri boxer.
Thomas sentì il rilascio del biondo bagnargli la stoffa e continuò a spingere, con l’intento di amplificare al massimo il piacere dell’altro. Finalmente venne anche lui, gemendogli direttamente nell’orecchio e abbandonandoglisi addosso.
Newt sciolse le gambe, riappoggiandole sul letto e accarezzandogli la schiena con premura. «Sei fantastico» gli disse, baciandolo, questa volta senza alcuna fretta o urgenza.
Thomas sorrise nel bacio «Non pensare nemmeno per un momento, che io non ti voglia. D’accordo?» Newt sorrise e tornò a baciarlo. Il biondo tremava, per la felicità. C’era qualcosa che, in quel momento, avrebbe voluto dire al maggiore. Sentiva questo strano calore, nel petto e non sapeva spiegarsi il perché. Anzi, a dirla tutta lo sapeva benissimo di cosa si trattava e si concesse di farsi invadere da quei sentimenti, per quella sera. Tuttavia, lasciò certi pensieri per sé. Fu per questo motivo che, quando si staccò dal bacio, l’unica cosa fece fu annuire.
Gli diede un ultimo bacio, per poi lasciare che Thomas si spostasse sul suo lato del letto. Newt appoggiò la propria fronte a quella dell’altro e chiuse gli occhi.
«Buonanotte, Thomas»

Buonanotte, Alex. «Buonanotte, Newt».






Arriverà il giorno in cui la smetterò di scrivere scene romantiche semi-porno e mi deciderò a scrivere la benedetta scena che ci farà fare un bel passo avanti nella trama, lo giuro. XD
Vabbé, dai. Questa scena Newtmas non è messa proprio a caso. Forse ancora non si percepisce, ma Thomas sta dando per scontate troppe cose, che poi più tardi capirete meglio e vi saranno chiare, limpide come il sole.
Ma comunque! Thomas non vuole far l’amore con Newt! Che ne pensate delle sue motivazioni?

a. Le motivazioni reggono.
b. Le motivazioni reggono in parte.
c. Ma fottesega, riproducetevi come se non ci fosse un domani senza farvi seghe mentali!

LOL

Ma andando avanti: chi se lo aspettava, che Gally fosse Theodore? :D (Vi ricordate vero? Se ne parla al capitolo 3! Disonore su di voi, sulla vostra famiglia e sulla vostra mucca, in caso contrario u.u). Poverino, comunque ç_ç Avete capito cosa ha fatto Teresa? Gli ha manomesso la memoria, in modo che pur non ricordando nulla, si ricordasse di lei e dei pochi di cui si sarebbe potuto fidare. Povero il mio Gally, in astinenza da una vita. *si offre volontaria per lenire le sue sofferenze * X°°D

E infine, il nostro povero Minho ç_ç Ma non temete, non farà il passivo depresso per sempre! ;)
Sono in arrivo grandi cose, terrbili, MA GRANDI! (semicit. ? )

Vabbé, basta. La mia capacità di essere seria è andata.

Passiamo alle comunicazioni importanti. Dunque, ho trovato lavoro, fino a fine agosto e lavoro 8 ore al giorno: dalle 9 alle 17. Ogni giorno sono a casa per le 18, più o meno e dopo otto ore di lavoro sono troppo stanca per scrivere. Mi ci metto un paio d’ore, la sera, ma poi crollo che nemmeno la bella addormentata quando si è punta con l’arcolaio XD
Quindi, gli unici giorni in cui riesco a scrivere sono il sabato e la domenica. Quindi ecco, abbiate pazienza per questo mese, perché non sarò in grado di postare ogni 3-4 giorni as usual, ma postero un capitolo a settimana/10  giorni. * sospirone *

Ad ogni modo, vi ricordo la pagina FB dedicata alla FF! CLICCA QUI

E anche il gruppo dei Newtmas Shipper Italiani che ho sentito la necessità di aprire perché, SENTITE CHE VERGOGNA: non ne esisteva uno italiano, prima!!! Male malissimo. Mi sono sentita in dovere di spargere il verbo v.v CLICCA QUI

Ok, penso di aver finito. Sicuramente ho dimenticato qualcosa, come sempre. Ma pazienza.

P.S.: me lo lasciate un commentino? ç^ç



Davvero un grande grazie a:

i_l_a_r_i_a_ 
GRACE_WHITE 



Per aver commentato lo scorso capitolo!!! Grazie ragazze, perché le vostre parole mi spronano a continuare questa storia, che amo perché per me è un po’ uno “How it should have ended” che sto condividendo con voi! <3



Un grande grazie ancora a

GRACE_WHITE 
i_l_a_r_i_a_ 
nerorchidea
Yumaforever12Kelly
yuki007
LoveFandom22
Writeforyourself
Miss_Felton
 
 
per aver messo la mia storia tra le preferite!


E un altro grazie a


LoveFandom22
Dragonite 
Drarry_Hufflepuff 
Melepatia_2571 
Viola95 
Lemony
Kikabrescia
Miss_Felton
pickle_
Viola95
writeforyourself
 
 
Per aver messo la mia storia tra le seguite!
 



 
 
 
   
 
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