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Autore: innominetuo    02/08/2015    13 recensioni
Joe Yabuki ritorna sui suoi passi, dopo un anno di dolore e di rimpianto. La morte di Tooru Rikishi lo ha segnato profondamente. Ma il ring lo sta aspettando ormai da tempo.
E non solo il ring.
…Se le cose fossero andate in un modo un po’ diverso, rispetto alla versione ufficiale?
Storia di pugilato, di amore, di onore: può essere letta e compresa anche se non si conosce il fandom e quindi considerata alla stregua di un'originale.
°°°°§*§°°°°
Questi personaggi non mi appartengono: dichiaro di aver redatto la seguente long fic nel rispetto dei diritti di autore e della proprietà intellettuale, senza scopo di lucro alcuno, in onore ad Asao Takamori ed a Tetsuya Chiba.
Si dichiara che tutte le immagini quivi presenti sono mero frutto di ricerca su Google e che quindi non debba intendersi il compimento di nessuna violazione del copyright.
Si dichiara, altresì, che qualsivoglia riferimento a nomi/cognomi, fatti e luoghi, laddove corrispondenti a realtà, sono puro frutto del Caso.
LCS innominetuo
Genere: Drammatico, Romantico, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Bianche Ceneri'
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BANNER-MIO-PER-L-UNICO-DOMANI


Shiraki Boxing Club, a mezzodì, nell’ufficio della presidenza.

“Uhm. Non mi pare un granché, ad essere sincera…” disse Yoko, dopo aver visto i filmati con molta attenzione.

“Ottimo: è proprio questo che volevo sentirLe dire, Miss Shiraki!”
 
Dopo aver posato sul tavolino la coppa di brandy invecchiato, Harry omaggiò Yoko di un sorrisetto malizioso. La giovane lo scrutò per qualche secondo: di certo, Harry Robert non era un uomo che si guardasse malvolentieri… il classico wasp* biondissimo, dal fisico alto ed atletico, dai vivaci occhi verdi e dai lineamenti spiccatamente virili, che costituiva un gaikokujin** che a Tokyo aveva già fatto voltare più di una testa femminile, non appena arrivato…

“Ora le mostro degli altri filmati, miss, di incontri NON ufficiali…” aggiunse, un po’ sornione.

“Non mi piace molto quel ‘non’, Mr. Robert” replicò Yoko, secca. “Se c’è una cosa che aborro sono gli incontri di boxe clandestini. Non si scherza con la salute dei pugili, e in quel tipo di match è consentito di tutto e di più… e solo per dello sporco denaro!” si innervosì Yoko.

“Si calmi, La prego… Carlos è cresciuto in una favela del Venezuela, dove le parole ‘legge’ e ‘regola’ non esistono! Però così potrà vedere le vere potenzialità del ragazzo…”. Dopo aver armeggiato con alcune pellicole, procedette alla trasmissione di nuovi filmati. Man mano che le immagini scorrevano, l’espressione di Yoko diveniva sempre più meravigliata.

“Ma…ha un gancio sinistro spaventoso! Un’arma impropria!” proruppe, sgranando gli occhi su un Robert assai divertito.

“Esatto.”

“Solo che non capisco… perché Lei non vuole far conoscere al mondo le vere capacità di Rivera? Tutto quanto mi sa quasi di recita…”. Yoko, alla fine dell’ultimo filmato, si servì di un po’ di tè bianco, il suo preferito.

“Uhm. Se passassimo dal ‘lei’ al ‘tu’? credo che per fare affari insieme sarebbe più semplice un tono più informale… o no?” propose l’uomo, bypassando abilmente la domanda di Yoko e sorridendole suadente.

“Vedremo. Ora però gradirei una risposta, la più sincera possibile.”

“Carlos Rivera in Venezuela è chiamato ‘il Re senza corona’, proprio perché pur essendo fortissimo non riesce ancora ad emergere. Si incontra quasi sempre con pugili bravi, sì, ma non eccezionali. Lui è un autentico fuoriclasse e meriterebbe di scalare la classifica, sino al campionato mondiale… dovrebbe incontrarsi direttamente con José Mendoza per disputargli il titolo!” si infervorò Harry, con genuino entusiasmo, cosa che colpì molto Yoko. Ma chi l’aveva detto che gli anglosassoni sarebbero tutti dei tipi freddi e monocordi? “Il fatto è che se mostrassimo al mondo tutte le potenzialità di Carlos, i club si rifiuterebbero di contrattare gli incontri con lui, impedendogli così di salire di grado. Per questo abbiamo stabilito di fargli fare la parte del brocco sino al terzo o quarto round, usando le sue doti di buon incassatore, e di vincere gli incontri con colpi… ‘fortunati’. Così inganniamo i club e Carlos può continuare a combattere, senza che nessuno si tiri indietro!”

Yoko stava per replicare quando sentì un leggero bussare alla porta. Era solo il suo segretario, il quale annunciò che “Yabuki-san chiedeva di essere ricevuto”. Yoko impallidì, cosa che non sfuggì al suo ospite il quale, premuroso, le si sedette accanto “Miss Shiraki, quel signore per caso la infastidisce? Vuole che me ne occupi io? Il Suo pallore mi spaventa…”

“N-no… nessun problema… è un vecchio amico” mormorò, per poi riuscire a rivolgersi al segretario con un tono più fermo “Sakamoto, per favore, fai accomodare il signor Yabuki nella sala piccola e digli che arrivo subito. Nel frattempo offrigli un caffè. Grazie.”

Yoko abbassò lo sguardo, non volendolo incrociare, almeno per qualche istante, con quello assai indagatore di Harry.

°°°°°°

Joe guardava, incuriosito, delle litografie inglesi dell’Ottocento appese alle pareti del salottino rappresentanti delle scene di pugilato.

L’inglese lo masticava assai poco, dato che in orfanotrofio non era stato propriamente un secchione amante dello studio, per cui riuscì solo a fatica a capire le scritte didascaliche dei quadri. Da qualche minuto, Yoko lo fissava, ritta sulla soglia. Era arrivata silenziosamente.

“Joe…” si decise, infine, a sussurrare. Entrò e chiuse la porta dietro di sé.

Il ragazzo si volse a guardarla. Era quasi come se volesse studiarla, profondamente ed a lungo. Poi, a suo solito, cercò di mascherare il suo turbamento - dato che era turbato, eccome. “Ehi, ciao. Hai visto che forti questi quadri? Certo che sono buffi questi pugili, tutti impettiti e con quei baffoni…!” celiò, imitandone le pose old style. Senza rispondergli, Yoko si sedette composta sul canapè, alzando il capo a scrutarlo. Joe non poté resistere a quegli occhi così belli e malinconici. Senza indugio alcuno, la raggiunse sul divanetto, sedendosi accanto a lei. “Come stai?” le chiese in tono sommesso. “Ieri sera ti ho cercata a casa, ma mi hanno detto che eri fuori… forse non volevi vedermi? Beh… lo posso capire. Sono stato un vero maleducato con te.” Yoko rimase colpita dalle sue parole… l’aveva cercata e già dopo poche ore dal loro ultimo incontro! Dopo i baci che si erano scambiati, Joe non era riuscito a starle lontano ed ora pure!

“Davvero mi hai cercata? Non lo sapevo, perché ho lasciato la casa dei nonni, proprio ieri sera” gli spiegò, cercando di tenere ferma la voce, illuminandosi tutta.

“Capisco... spero che non sia a causa mia…”

“Non devi preoccuparti. Semplicemente, ora sono una donna adulta e voglio vivere per conto mio: era da un po’ che ci stavo pensando.”

Joe annuì; poi incrociò le mani su cui appoggiò il mento, con i gomiti sulle ginocchia, sospirando ed assumendo un’espressione molto compunta. Non era facile per lui gestire quel tipo di situazione. “Yoko, io ci ho riflettuto a lungo. Su di noi, intendo. E resto dell’idea che sarebbe meglio lasciare le cose come stanno: non potrebbe funzionare… Lo capisci, vero?”

“No.”

“Non fare così…”

“Sei venuto qui solo per respingermi? Potevi risparmiarti la fatica!” gli sibilò.

“Non rendermi le cose difficili, Yoko. Non so come gestire tutto questo… ma volevo accertarmi che tu stessi bene…”

“Che cosa non sai gestire, Joe? Il desiderio che provi per me?” al che Yoko lo afferrò per le spalle, scuotendolo leggermente, cosa che lo lasciò interdetto a dir poco. “Tu mi vuoi, io lo so! Tu mi vuoi, esattamente come io voglio te! È così semplice, amarsi e stare insieme… così naturale. Perché dobbiamo farci del male? Dimmi perché…” gli disse, mentre le lacrime le scorrevano, limpide, sul bel viso.

Joe non resistette più: sfilatosi il berretto dal capo con un gesto stizzoso, piombò come un falco su quelle labbra morbide. Strinse forte a sé il corpo delicato della giovane, per sentirne il tepore contro il suo petto. Possedette la bocca di Yoko con passione, con disperazione, spingendola contro lo schienale del divano. Non pago, le percorse con le labbra la mascella ed il collo sottile, facendola sospirare, annusando ed assaporando quella pelle meravigliosa. Si staccò un momento per contemplare la ragazza tra le sue braccia: era così bella, con le labbra socchiuse e tremanti, le guance rosse e gli occhi chiusi… Il suo seno palpitante lo attirava come una dolcissima calamita. Mentre con una mano le cingeva ancora la vita, con l’altra le slacciò alcuni bottoncini della camicetta di seta dal colletto alla coreana, scollandola fino al delicato incavo dei seni, che sfiorò lievemente con le dita, come se fosse la cosa più preziosa che avesse mai visto in vita sua… devotamente, si chinò per posarvi un bacio lieve, aspirando il profumo soave che emanava dal suo seno… era come ubriaco…. Si sentì accarezzare i capelli da una mano leggera…

“Maledizione!” masticò tra i denti, riscuotendosi dall’incantesimo e staccandosi bruscamente da lei. Si cacciò in testa il berretto e si rimise in piedi, serrando la mascella sino a diventare livido. “Non è per questo che sono venuto a trovarti, Yoko! Tu ed io siamo distanti anni luce, lo vuoi capire o no? Soprattutto per te sarebbe un disastro, li avresti tutti contro! Non voglio essere la causa della tua rovina… hai già sofferto troppo per colpa mia!”

“Ma… cosa stai dicendo… Joe? Perché avrei sofferto a causa tua?” gli chiese Yoko alzandosi in piedi a sua volta per meglio fronteggiarlo. Gli occhi le si riempirono di lacrime, di nuovo.

“Non lo comprendi? Devo per forza dirtelo, eh, Yoko?” al che la afferrò per i polsi traendola a sé “Non dimenticherò mai il tuo sguardo vacuo di quella sera… di quella maledetta sera! Eri accasciata contro la parete… ripiegata su te stessa... e Tooru, Tooru…”

Yoko scosse la testa, chiudendo gli occhi. Basta, non voleva sentire altro. Divincolò i polsi, liberandoli dalla stretta di Joe. In silenzio, gli voltò le spalle, per uscire dalla stanza.

Joe se ne rimase a fissare la porta da cui era appena uscita Yoko, incapace di muovere un solo muscolo.

§§§§§§§

Ritornò alla palestra, sebbene non sapesse neppure lui come. Per tutto il tragitto Joe non fece altro che pensare e ripensare a Yoko, al suo profumo di donna, alle sue lacrime. Era furioso con se stesso ed un po’ pure con lei. Non voleva ammettere che di fronte a quella ragazza non riusciva più a mantenere il controllo delle sue emozioni: sin dal loro primo incontro di oltre un paio di anni prima, Yoko aveva saputo toccare in lui alcune corde. La ammirava per la sua forte personalità, anche se a volte ne era pure un po’ irritato, dato che da uomo giapponese qual era preferiva nelle donne un atteggiamento più elusivo e dimesso. Era attratto dalla sua innegabile bellezza, come può esserlo una falena dalla luce di una candela. Era sedotto dalla sua dolcezza, dal calore che solo lei sapeva infondere in ogni più piccolo gesto.

Senza quasi rispondere alle domande di Danpei, il quale lo rimbrottava per non essersi allenato nelle ore più fresche del mattino, “andandosene a bighellonare chissà dove, con Tiger che non aspettava altro che sbranarselo sul ring”, Joe si cambiò e comincio a tempestare di pugni il vecchio sacco. Colpiva e colpiva sempre allo stesso punto, come un martello pneumatico. Alla fine, il sacco cedette: si aprì uno squarcio da dove uscì tutta la sabbia, come una vescica che esplode.

“Joooooooeeee!! Che cavolo combini, guarda che casino! Ora mi tocca ricucirlo!! E non puoi neppure chiedere a Nishi di farti da sparring partner: oggi al negozio si è ferito alla mano e per qualche giorno non potrà allenarsi! Adesso mi tocca farti io da sparring partner, con tutto quello che ho da fare per organizzarti i prossimi incontri! Accidenti, dovevo uscire!” urlò, posando bastone e cappello sul tavolo con malagrazia. Mentre Joe gli brontolava le sue scuse, grattandosi la testa col guantone, Nishi osservava tutta la scena in silenzio, scuotendo il capo, sconsolato. Danpei e Joe erano, insieme, come l’esca e l’acciarino: se erano presenti nella stessa stanza, prima o poi, scoccava la scintilla.

Cosa che accadde, di lì a poco.

Sentirono bussare.

“È permesso? Buongiorno, come va?” Con un sorrisetto untuoso si fece avanti Eizo Nakajima, presidente dell’omonimo club.

“Nakajima-san… buongiorno a lei.” Danpei si inchinò, aggrottando la fronte “A cosa dobbiamo il piacere della visita?”

“Carissimo Tange! Volevo solo farvi un saluto ed un invito… mi farebbe piacere invitare te ed il tuo ragazzo alla mia palestra, per fare un po’ di allenamento con i miei pugili… che cosa ne pensa?”

“È fuori discussione. Joe e Nishi si allenano solo ed esclusivamente qui. Ma grazie per la proposta.”

“Quanto la fai lunga. Io intendo andarci, invece. Grazie, Nakajima. Mi dia il tempo di cambiarmi e sono da Lei.”

“Joe” Danpei lo spintonò da parte “Che cavolo tieni in quella zucca? Aria fritta? Non mi convince tutta questa improvvisa gentilezza… quella non è gente da essere gentile senza un motivo… lo capisci?”

“Chissenefrega. Io voglio andare ad allenarmi là. Così tu potrai uscire a fare le tue cose, come hai detto poco fa.”

“Neanche per sogno! Verrò con te… non ci vai da solo in mezzo a quei lupi!”

“Ti piace proprio farmi da balia, eh? E va bene, vieni pure tu, basta che la pianti di rompere!”

°°°°°°

Alla fine, era proprio come aveva sospettato Danpei.

Il “cortese invito” non era altro che l’occasione per poter spiare le tattiche pugilistiche di Yabuki durante l’allenamento con gli sparring partner messigli a disposizione. Joe, naturalmente, aveva subito mangiato la foglia, sentendosi spiato da occhi curiosi oltreché ripreso da una telecamera: infatti, il ragazzo si era accorto sin dal primo momento del gruppetto di persone appostate su un piano rialzato, simili ad avvoltoi che studiano, affamati, la preda. Più si sentiva osservato, più ci andava pesante con i malcapitati che incrociavano i guantoni con lui, corredando i pugni con parole irose.

“Ma che cos’hai in quelle braccia? Purea di mele?”  “Sentite, non è che avreste qualche maschio da darmi in allenamento, invece di queste ballerine in tutù?” “E tu saresti un pugile? Siam messi male...”

Il povero Danpei non sapeva più cosa dire per stemperare gli animi e per scusarsi del comportamento di Joe: quel benedetto ragazzo lo faceva ammattire! Naturalmente non si limitò a prendersela con gli sparring partner: alla fine si rivolse con piglio strafottente agli spioni, schernendoli. La sua ira non ebbe più limiti, infatti, quando scorse tra loro pure Tiger Ozaki, contro cui avrebbe avuto il suo prossimo incontro.

“Ma guarda un po’ chi c’è… onoratissimo di vederti, campione. Invece di startene lassù a spiarmi da quel vigliacco che sei, perché non scendi qua sotto e non ti batti con me, da uomo a uomo?”

A fatica Nakajima e l’allenatore riuscirono a trattenere Ozaki, che portarono via quasi di peso, per scongiurare, lì e subito, il pericolo di uno scontro diretto con Joe. Quest’ultimo, furioso per il fatto di non poter risolvere la faccenda direttamente sul muso di Tiger, pensò bene di insultare tutti gli altri pugili presenti. “Massì, vecchio, andiamocene pure noi… scommetto che delle liceali sarebbero delle sparring partner migliori di questi rammolliti. Abbiamo solo perso del tempo in questa topaia pretenziosa” disse a voce alta e ben chiara.

La reazione non si fece attendere. Nel giro di pochi minuti si scatenò una rissa spaventosa: la palestra venne praticamente distrutta. Invece di boxare correttamente, Joe si azzuffò come ai vecchi tempi delle sue scorribande per le strade, senza lesinare, oltre ai pugni, pure morsi, spintoni e calci. Ci andò di mezzo, però, pure il povero Danpei. Dopo qualche ora, tutti e due, macilenti ed in pessimo stato, furono di ritorno a casa, tra le esclamazioni disperate del povero Nishi, che dovette trascorrere la sera a medicarli e rattopparli alla bell’e meglio…

§§§§§§

Korakuen Hall, una sera di qualche giorno dopo…

Il palazzetto dello sport era gremito di gente: quella sera si sarebbe disputato un incontro molto interessante tra due stelle nascenti dei pesi medi.

A suo solito, Yoko era accomodata in prima fila, in compagnia del suo immancabile assistente personale. Harry Robert aveva già fatto di ritorno negli States, per programmare il viaggio di Carlos Rivera in Giappone. Dopo il loro ultimo intenso incontro allo Shiraki Boxing Club, né lei stessa né Joe avevano fatto il primo passo, per rivedersi. Si erano studiatamente evitati a vicenda. Yoko era ancora ferita e scombussolata. Ma se intendeva, per il momento, stare alla larga da Joe come uomo, non voleva farlo nei confronti di Joe come pugile. Per questo motivo, era, come sempre, accorsa a vederlo boxare. All’annuncio dello speaker, arrivarono prima Tiger Ozaki e poi Joe Yabuki, ambedue scortati dai rispettivi mister e secondi. Il tifo per i due pugili divenne molto acceso ed entusiasta: sia Joe che Tiger erano due beniamini indiscussi, con fan molto accaniti. Joe salutò il pubblico, pur senza perdere di vista una certa figura femminile seduta compostamente. Le scoccò uno sguardo profondo e bruciante, alla stregua di un richiamo... Yoko, in tutta risposta, abbassò gli occhi. Non ce la faceva a guardarlo in viso. Non ancora. Joe ci rimase molto male: pur essendo felice di saperla vicina a lui, capì che sarebbe stato poco semplice ristabilire un contatto. Si ripromise che l’indomani stesso avrebbe fatto il possibile per parlarle… Ora però aveva altro di cui occuparsi, per cui si concentrò su quel dannato spione.

“Vecchio, ci do dentro subito, sbatto giù quell’idiota e torniamo a casa. Ah, a proposito: lo champagne lo voglio bello fresco, eh!"

“Piantala, scemo, e stai concentrato: attaccalo con decisione ma stai attento ai suoi montanti, che sono belli pesanti… tieni il fianco protetto, mi raccomando!”

Scoccò il gong della prima ripresa. Joe non indugiò a studiare Tiger: desiderava finirla in pochi minuti. Soprattutto, il ragazzo non aveva digerito i trucchetti adoperati dal suo avversario, appena qualche giorno prima: se c’era una cosa che lo faceva imbestialire erano le scorrettezze. Avanzò quindi con decisione con un abile gioco di gambe, facendo spostare Tiger dal centro del ring. Joe preferiva la distanza breve dall’avversario, anche perché essendo di statura media non godeva di arti particolarmente lunghi rispetto ad altri pugili di più alta statura. Tiger era un po’ più alto di lui, per cui Joe ritenne di godere delle sue abilità innate di in-fighter***, agendo a distanza ravvicinata: sospingendo Tiger contro le corde, eseguì una combinazione di diretti e di jab da manuale, destabilizzando l’equilibrio del suo avversario, il quale si vedeva piovere addosso una raffica di pugni a grande velocità, che pareva non finire mai. Naturalmente Joe non teneva la bocca chiusa…

“Allora, campione? Dimmi a cosa ti è servito spiarmi!”

Non esitò pure a colpirlo alle tempie, ma in modo molto blando: cosa che non sfuggì all’occhio attento di Tange e neppure dell’allenatore di Tiger. Uno sguardo esperto in pugilato memorizza la forza e l’impatto del singolo pugno, uno alla volta, cosa che la gente profana non è in grado di fare. Anche Yoko notò qualcosa di strano, nel suo Joe. Una bizzarra esitazione, un mancato affondo… che le apparivano a tratti, sebbene surclassati dall’innegabile potenza di montanti al busto e di jab al mento inferti a Tiger. Danpei e Nishi rimasero a bocca aperta quando videro lo scoccare di un poderoso diretto destro alla tempia di Tiger, arrestato una frazione di secondo prima di essere soppiantato da un montante sinistro al fegato. Tiger cadde riverso. L’arbitro cominciò la conta. All’ottavo, però, Ozaki riuscì a rialzarsi, seppur a fatica. Joe stava per attaccarlo di nuovo, scocciato di rivederlo in piedi, ma scoccò la fine del primo round.

“Ehi, vecchio, hai visto? Si è salvato solo per un pelo, accidenti al suo brutto muso! Ma alla prossima ripresa lo mando a nanna!”

“Fossi in te non ne sarei così sicuro… è lì che se la ride con il suo secondo…”

Con suo disappunto, Joe lo vide sghignazzare al suo angolo. “Vabbè è un povero idiota… lascialo ridere!”

“Il fatto è che se ride è perché sa come contrastarti, Joe. C’è un problema nel tuo modo di attaccare… possibile che tu non te ne renda conto?”

“Si può sapere di che cavolo parli, eh? Nishi, tu ne sai qualcosa dei deliri del vecchio?”

“Joe… tu fatichi a colpire alle tempie… Danpei ha ragione. E Tiger lo sa.”

“Prima hai arrestato il diretto alla tempia, per poi colpirlo al fegato col sinistro. Hai capito, adesso? Tu hai paura di fargli del male, per questo sei bloccato! Joe… non hai dimenticato che fu il tuo gancio alla testa ad uccidere Tooru Rikishi …”

“Ma piantatela, tutti e due, di dire queste stronzate! Avrei un blocco? Io?”

In quel mentre scoccò la seconda ripresa. Innervositosi per le parole appena udite, Joe pensò bene di replicare la tecnica usata al primo round. Solo che stavolta si sentiva come demotivato. Le sue combinazioni di jab e di diretti, seppur corrette, non furono potenti grazie alla velocità. Si sentiva come “legato” negli allunghi. Tiger, sornione, si limitò ad abbassare la guardia per proteggersi fegato e stomaco, dato che i colpi sferrati alla parte superiore del busto ed al corpo non erano molto incisivi e che bastavano le sue pur scarse doti da incassatore. Tiger, a differenza di Joe, era uno stilista bell’e rifinito, dato che era solito risparmiare i colpi, sferrandoli soprattutto a grande distanza (grazie alle lunghe braccia, essendo piuttosto alto per essere un giapponese) e sfinendo gli avversari con il gioco di gambe. Incassò i pochi e fiacchi colpi ricevuti in alto, sghignazzando, cosa che fece infuriare Joe.

“Mi prendi per il culo, brutto stronzo? Ora vedi!”

Joe, non sapendo di fare violenza a se stesso, fece partire il suo poderoso gancio all’altezza degli occhi di Tiger. Eppure… eppure fu come se una mano invisibile gli avesse bloccato il guantone… La mano di Tooru, forse? Con uno splendido uppercut al mento, Tiger stese Joe. Questi era sconvolto. Più che per il dolore alla mascella ed al mento, che quasi gli mozzava il respiro, egli si sentiva paralizzato dallo stupore.

“No… non è possibile… non può finire così…”

Nel frattempo, Yoko decise di non voler continuare a vedere uno spettacolo così penoso.

“Sakamoto-san, vorrei che mi prenotassi, per favore, il primo volo per Los Angeles. Voglio partire subito.”

“Shiraki-sama, non appena finisce l’incontro correrò in agenzia…”

“No. Adesso. Non intendo rimanere un minuto di più.”

“Non intendo rimanere un minuto di più a vederti così, Joe.”

Al settimo Joe si rimise in piedi e venne salvato dal gong. Lo stesso miserando scenario si ripeté nei round successivi… fin quando, al sesto, una candida spugna non venne gettata sul ring.

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Spigolature:

*Acronimo dell'espressione “White Anglo-Saxon Protestant”.

**Gaikokujin (外国人): termine che vuol dire "persona di una terra esterna (al Giappone)", cioè straniera. È un termine più gentile rispetto al più noto gaijin (外人), dalla connotazione velatamente razzista… Fonte Wikipedia

°°°°°

L’angolo del boxeur
***Il nostro Joe, solo andando avanti nella carriera svilupperà pure qualche dote da stilista (di cui abbiamo già parlato), imparando ad essere un po’ più strategico. In realtà, egli combina soprattutto le tecniche da incontrista (ovvero, Joe usa la propria difesa per schivare il colpo e per restituirlo contestualmente), apprese in riformatorio per battersi contro Tooru Rikishi, con la sua innata natura di “picchiatore” (in-fighter, appunto), dato che è un pugile dall'aggressione continua, che travolge l’avversario con intense combinazioni di ganci e di uppercut. Un buon in-fighter necessita di buone doti di incassatore, perché questa tecnica lo espone ad essere colpito da serie di jab e diretti prima di riuscire ad entrare nella guardia dell'altro pugile. Di solito gli in-fighter, come Joe, non sono altissimi di statura e sopperiscono al loro scarso allungo degli arti con le distanze ravvicinate (pensiamo a Mike Tyson, che non arriva ai 180 cm).

Et voilà!

Ora vi propino pure un pistolotto chilometrico sulle tecniche di difesa adatte al tipo di pugno avversario: quando la sera non riuscite ad addormentarvi, invece di contare le pecore, ecco che ci pensa innominetuo vostra a propinarvi una lettura bella soporifera! Buona dorm… eh, buona lettura!

Come difendersi da un gancio?

Quando l’avversario cerca di colpire con un gancio nell’area del mento, bisogna alzare le braccia in modo da pararlo, e poi rispondere con un bel diretto al viso, senza esitazione!

Come difendersi da un montante?

Da questa tecnica di boxe ci si difende spostando verso il basso l’attacco dell’avversario con il braccio, intercettandoglielo: la cosa positiva è che non è facile sferrare l'huppercut con molta velocità, quindi si può precederlo e "bloccarlo". In questo modo l’altro pugile si troverà a guardia scoperta, e lo si potrà attaccare facilmente. Per difendersi da un montante è anche possibile spostare l’intero corpo all’indietro, in modo da evitare la traiettoria del pugno. Questa tecnica di difesa è possibile solo se il fighter è molto agile e reattivo, con ottimi rilfessi.

Come difendersi da un diretto?

Quando l’avversario cerca di colpire con un diretto sinistro, lo si può schivare, per poi colpirlo con un montante sinistro all’altezza delle costole. Quando l’avversario vuole colpire con un diretto destro lo si schiva e lo si colpisce con un diretto sinistro al torace o allo stomaco. Insomma: bisogna colpire in modo speculare: sembra facile a dirsi ma non lo è!

Come difendersi da un jab?

Ci sono vari modi. Si può:

• deviare la traiettoria del jab con un pugno. Per esempio, se il jab avversario è il sinistro, allora si usa un destro, spostando il jab verso l’interno dell’area di scontro per far perdere l’equilibrio all’avversario, rendendolo così più vulnerabile;

• deviare la traiettoria del jab in arrivo verso il basso con il braccio opposto;

• schivare il jab, piegandosi verso il basso e colpendo l’avversario con un montante allo stomaco (o un gancio al fegato, che è meglio: il fegato è molto delicato ed è assai arduo riprendersi da un colpo lì);

• abbassarsi a tal punto da lasciare il jab sopra la propria testa di alcuni centimetri. In questo modo l’avversario, non centrando alcun bersaglio, perderà l’equilibrio e sarà molto più vulnerabile (spesso Joe usa questa tecnica, anche grazie al fatto che non è altissimo!);

• schivare il jab inclinando il busto all’indietro, in modo da trovarsi il pugno proprio di fronte senza però esserne colpiti. Con la gamba portata dietro avanzare e colpire lo stomaco dell’avversario in modo da bloccare il suo avanzamento. Molto più in generale, oltre alle tecniche specifiche per il tipo di pugno, ricordo la tecnica chiamata in francese décalage (spostamento, ndr.), che consiste nel collocare il corpo fuori dall'asse di attacco dell'avversario con l'aiuto di un movimento laterale.

C’est tout. À la prochaine fois!

i.
  
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