17
“T’amo
come si
amano certe cose oscure,
segretamente,
tra l’ombra e l’anima”
[Pablo
Neruda, XVII
Sonetto]
-
Devo dire che è stato molto
divertente – ammise Anna. – Sei sicura di aver
sistemato la nave, vero? Voglio
dire... Barbanera non la ritroverà tanto facilmente.
-
No, Anna. La nave è stata imprigionata da
qualche parte. Non potrà mai
ritrovarla. A meno che qualcuno non sciolga l’incantesimo.
– rispose Elsa,
osservando il porto di Arendelle dai bastioni del palazzo.
Il
gorgo magico che si era aperto
non appena Elsa aveva pronunciato l’incantesimo aveva
afferrato la nave,
trascinandola con sé in una danza frenetica. Era un gorgo
maestoso,
inquietante, bello come potevano esserlo solo certe cose terribili, un
cerchio
perfetto avvolto da una luminosa luce verde e azzurra, che si tingeva
di nero
nel punto in cui sembrava tuffarsi in un abisso senza fondo. Dal luogo
in cui
si trovavano, erano riusciti a vedere la Jolly Roger che spariva pian
piano,
diventando sempre più
piccola ai loro
occhi. Barbanera e i suoi uomini l’avevano abbandonata quando
si erano resi
conto che non potevano fare nulla contro quella magia.
-
Un pirata senza nave non ha molto
da fare se non darsela a gambe. – aveva commentato Kristoff,
quando il gorgo si
era richiuso e il mare era tornato ad essere una distesa piatta e
tranquilla.
Un
vero peccato che non fossero
riusciti ad imprigionare anche Barbanera. Anna si era immaginata Black
Sam che
assisteva a quello spettacolo. Certamente avrebbe riso. Avrebbe riso
lui e
anche Koral, il nostromo. Nonché Aires a bordo della sua Demone Nero.
-
E nessuno scioglierà
quell’incantesimo – concluse Anna.
-
Io non lo farò di certo. –
rispose Elsa.
Era
sera. Tra le nuvole che
coprivano il cielo si intravedevano le stelle. Arendelle era
silenziosa. Solo alcune
luci brillavano qui e là.
Anche
i camminamenti del palazzo
erano silenziosi, a dire il vero. Una delle guardie si era addormentata
con la
schiena contro una delle torrette. Anna l’aveva scosso poco
prima, inducendolo
a svegliarsi e il soldato si era profuso in scuse, ma non aveva
recepito il
messaggio, evidentemente.
-
Continuo a pensare che dovremmo
prendere delle altre guardie. Perché per quanto siano
carini, si addormentano
troppo facilmente. – commentò Anna, lanciando
un’occhiata alla guardia
dormiente. L’elmo gli era cascato sugli occhi. - E hanno il
sonno pesante! Se
sparassero delle cannonate contro il palazzo non le sentirebbero!
-
Forse hai ragione – rispose Elsa,
prendendola per mano. – Ma non avrebbero il tempo di sparare
cannonate.
Congelerei i cannoni ben prima. E fortunatamente non tutte le guardie
dormono.
-
E ci sono le spie.
Elsa
sollevò un sopracciglio. - Una
regina deve avere qualche spia.
Anna
le sorrise. Mentre camminavano
in silenzio, osservò la sorella. Il suo viso, ogni tanto
illuminato dalle
fiaccole, sembrava marmo cesellato, non freddo, ma assolutamente
delicato, con
i lineamenti armonici. Le labbra parevano più rosse per via
del pallore lunare
che la sua pelle aveva assunto al buio.
Anna
si sorprese ad ammirare quei
tratti come se non l’avesse mai fatto prima. Come se
ciò che era accaduto tra
di loro in quella cella nei sotterranei del castello della Strega
Bianca
l’avesse cambiata in qualche modo. Come se quel sentimento
che condividevano
l’avesse resa ancora più bella.
-
Cosa c’è? – domandò Elsa,
fermandosi.
Non
rispose, ma si lasciò andare
contro di lei, tra le sue braccia, che la strinsero subito mentre lei
posava il
volto sul suo collo.
Elsa
sospirò, appoggiando il naso
fra i suoi capelli.
-
Possiamo restare così per sempre?
– domandò Anna. Poi si corresse in fretta.
– Cioè, non... non proprio per
sempre, ecco. Magari per un po’.
-
Oh, Anna... se fosse per sempre,
penso che non potrei mai chiedere di più. Eppure non sarebbe
giusto. Né
tantomeno saggio.
-
E a me piacciono troppo le
follie.
-
Questa è ben più di una follia. –
Elsa si scostò da lei e le posò le dita sulle
labbra. Gli occhi ora possedevano
l’azzurro intenso di un cielo tempestoso.
Anna
le cinse la vita con un
braccio. Si sentiva la testa leggera e aveva l’impressione
che le gambe non la
reggessero più. Elsa si chinò un po’ in
avanti e nel buio le loro bocche si
incontrarono prima che una delle due potesse ripensarci. Ad Anna
sfuggì un
ansito. Chiuse gli occhi. Serrò le palpebre, concentrandosi
solo sulle labbra
di Elsa, sulla sua pelle sotto le dita.
La
regina credeva di soffocare, di
essere trascinata nell’inesistenza. Era incapace di pensare.
Tuttavia, dopo un
lasso di tempo che le sembrò lungo ma anche fin troppo
breve, si scostò,
raddrizzandosi e umettandosi le labbra, ricercando il sapore di Anna.
Sua
sorella era diventata tutta rossa e respirava con affanno.
-
Non so... non so bene che cosa
c’è oltre la follia – disse Anna, con la
voce roca. – O meglio sì... credo di
saperlo, ormai. Tutto ciò
è oltre la
follia, l’hai detto tu. Ma può esserci
qualcos’altro ancora...
-
Forse qualche sortilegio. Se questo
lo fosse dovrei chiedere che ce ne liberino.
Non
capì se quella di Elsa fosse
una domanda. Anna incominciò a ridacchiare senza riuscire a
trattenersi. – So
come ci si sente quando si è colpiti da un incantesimo ed
è ovvio che questo
non lo è. Hai dimenticato la polvere elfica?
Anche
lei tornò a sorridere. - Non
potrei mai.
-
Già, nemmeno io. Non mi dimentico
né della polvere elfica né tantomeno di quel
folletto. Ancor di meno mi
dimenticherò di Oberon. E di Titania. Ma soprattutto di
Oberon, visto che non
faceva altro che ronzarti intorno! – Anna roteò
gli occhi, stizzita.
-
Questo te lo puoi anche
dimenticare – osservò Elsa, prendendola di nuovo
tra le braccia, ma con
dolcezza, come se temesse di romperla.
-
Non ci riesco – Scosse il capo. –
È impossibile. Sarà che non ho mai visto nessuno
guardarti in quel modo e con
tanta insistenza. Tantomeno un elfo. O forse... beh, forse
l’ho visto, ma non
ci ho fatto molto caso. O non erano così sfacciati come lui!
E comunque non è
piacevole. Fortuna che non lo rivedremo e se lo rivedremo mi
ricorderò di non
perderlo di vista. Metterò un guinzaglio al suo folletto se
lo porterà con sé.
Non ci sono altri matrimoni in programma, vero? E...
Avrebbe
voluto fermare quel fiume
in piena baciandola ancora, ma si trattenne.
-
E se penso al fatto che un giorno
potrebbero presentarsi dei pretendenti pronti a chiedere la tua mano...
Elsa
rise. – Non credo che
succederà tanto presto, Anna.
Immaginava
che, se anche ci fossero
stati dei pretendenti, il suo potere li avrebbe intimiditi abbastanza
da non
provarci neppure. Ed Elsa non desiderava alcun pretendente.
-
Oh, ma sono sicura che prima o
poi succederà. Alla regine succede sempre. Magari troverai
qualcuno che ti
piace. E io lo odierò, chiunque sia. Li odierò
tutti.
Pensava
fosse davvero adorabile. La
sua sorellina.
Il
suo unico vero amore. La sua
famiglia.
Non
riusciva nemmeno a figurarsi un
momento nel futuro in cui avrebbe amato qualcuno più di
quanto amava Anna.
-
Magari troverai qualcuno di tuo
gradimento tra i miei... pretendenti – commentò
Elsa.
-
Ne dubito. A meno che... a meno
che non sia perfetto, ecco! – Si morse il labbro e
alzò gli occhi al cielo. –
D’accordo, magari non perfetto, perché nessuno lo
è. Diciamo... alla tua
altezza, sì. A meno che non sia alla tua altezza. Allora
potrei evitare di
odiarlo.
-
Bene.
-
Avrei potuto accettare Emma, per
esempio. – Lo disse come se fosse solo un frase casuale.
Elsa
aggrottò la fronte. – Credevo
ti desse fastidio.
-
Infatti. Ma lei è... alla tua
altezza. La accetterei perché so che ti proteggerebbe, come
farebbe un
cavaliere con la sua regina.
-
Anna...
-
È vero, lo farebbe, ne sono
convinta.
-
Emma è solo una mia amica, te
l’ho già detto. – Elsa
sollevò lo sguardo per qualche istante, pensierosa.
Chiedendosi che cosa stesse facendo Emma in quel momento, dove fosse,
se stesse
bene. Immaginandosi gli occhi verdazzurri corrucciati, impegnati a
scrutare
qualcosa o qualcuno con attenzione, per decifrarlo. Ricordandosi del
modo in
cui l’avevano guardata, quegli occhi verdazzurri, durante il
loro primo,
turbolento incontro in mezzo al ghiaccio...
“Chi
sei tu?”
“Il
mio nome è Elsa!”
“Okay,
Elsa. Va tutto bene. Sono Emma”.
...A
come l’avevano guardata quando
Elsa era arrivata in quella casa e l’aveva convinta ad
accettarsi per ciò che
era. Non c’era mai stato il sospetto, negli occhi di Emma.
Non c’era mai stata
la paura verso il suo potere freddo e difficile da controllare, nemmeno
quando
Elsa aveva rischiato di ucciderla imprigionandola nella grotta. Non ce
l’aveva
mai avuta con lei. L’aveva sempre aiutata. Emma
l’aveva capita fin da subito. Si erano
capite fin da subito.
-
Però lo farebbe – continuò Anna.
– Ricordati che sono brava a giudicare le persone.
-
Sì, diciamo che sei diventata
brava... recentemente. Non lo eri quando hai sposato Hans. –
le ricordò Elsa,
accigliandosi.
-
Perché ero più ingenua.
-
Certo. E il giorno dopo hai
incontrato Kristoff.
Anna
sospirò. – Dimmi una cosa, tu
e lui vi siete messi d’accordo, vero? Kristoff mi ha detto la
stessa cosa.
-
Qualche volta la pensiamo allo
stesso modo. So che sembra strano, ma è così. E
in ogni caso, per quanto
riguarda Emma... lei appartiene a qualcun altro.
“Non
vi limitate a provare sentimenti sconcertanti per una donna sposata.
Per una
donna sposata, aggiungerei, con un uomo che avete definito amico. Un
uomo che
si fida di voi”.
Ci
aveva pensato fino allo
sfinimento.
Kristoff
non dovrebbe fidarsi di me. Lui non lo sa e non lo saprà
mai. Ma non dovrebbe
fidarsi di me. Io non merito affatto la sua fiducia.
Aveva
girato la testa, quasi senza
accorgersene, sfuggendo agli occhi di Anna. Ma la sorella le
posò una mano sul
viso, costringendola a voltarsi di nuovo.
-
Sei infelice? – le domandò, a
bruciapelo, Anna.
-
Cosa?
-
Voglio saperlo davvero. Al mio
matrimonio hai detto che eri felice per me. E tu lo sai che non posso
essere
felice se tu non lo sei.
Elsa
aveva le labbra così vicine a
quella di Anna che sarebbe bastato un minimo movimento per incontrarle
un’altra
volta. Posò gli occhi su di esse, guardandole schiudersi.
– Io... non sono
infelice, Anna. La mia felicità dipende anche dalla tua e so
che con Kristoff
sei felice. Lui ti ama ed io sono contenta che sia così.
-
Ma?
-
Non devo più toccarti. Lui non è
solo tuo marito. È mio amico. Non dovrei più
farlo.
Anna
non disse niente. Anche lei ci
aveva pensato fino alla nausea. E per quanto sapesse che Elsa aveva
ragione,
che non avrebbe più dovuto permetterle, né
permettersi, di toccarla in quel
modo... sapeva anche che non poteva prometterglielo.
“Sareste
costrette a nascondere ciò che provate per sempre! E prima o
poi...
commettereste un errore irreparabile. Non si possono soffocare i
sentimenti,
Anna”.
Anna
aprì la bocca per parlare, ma alla
fine non disse niente. Si strinse di nuovo a lei ed Elsa
l’abbracciò stretta.
“Se
tenete il vostro cuore, questi sentimenti vi accompagneranno per molto
tempo.
Forse per sempre. Pensate di poterlo nascondere per sempre,
Elsa?”.
Ho
scelta?, si
chiese Elsa.
“Credete
di esserne capace? Scommetto di no. Nessuno ne è
capace”.
Eppure
doveva esserlo. Amava Anna
in un modo che non era affatto lecito. L’amava profondamente,
più di quanto avrebbe dovuto
fare una sorella. Ed era consapevole che, se le avesse chiesto di
seguirla, in
quel momento non sarebbe stata in grado di resisterle.
“Volevo
farlo quando ti ho vista in abito da sposa. E anche dopo. Non sono
più riuscita
a smettere di guardarti...”
“Se
volevi farlo da quando mi hai visto in abito da sposa, allora non
smettere”.
-
Anna... – cominciò Elsa,
sottovoce. Ma s’interruppe.
-
Sì. Cosa?
-
Io... credo... – rispose lei,
sopraffatta dallo stupore. – Volevo soltanto dire il tuo nome.
***
Angolo
autrice:
Ebbene,
ormai siamo alla fine.
Manca soltanto l’epilogo. Sigh.
La
poesia di Neruda citata
all’inizio del capitolo:
Non
t’amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t’amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l’ombra e l’anima.
T’amo
come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.
T’amo
senza sapere come, né quando, né da dove,
t’amo direttamente senza problemi né orgoglio:
così ti amo perché non so amare altrimenti
che
così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.