"Ora devo andare tra poco aprono le visite in ospedale, se ti interessa io sto là fino alle sette, fino alle otto chiunque può entrare. È stato un piacere conoscerti e grazie per avermi detto la verità" e se ne va lasciandomi solo e confuso.
Guardo il soffitto rivivendo e pensando a quello che German mi ha detto, Violetta lo ha sempre descritto come iperprotettivo è chiuso sopratutto nei confronti delle persone che sua figlia frequenta: 'e allora perché non mi ha cacciato fuori di casa urlandomi di allontanarmi da sua figli?'. Sono le sei e mezza di sera, tra mezz'ora la sua stanza sarà libera e vorrei poter entrare nella sua stanza e tenerle la mano dicendole tutte quelle cose che deve sentirsi. Giro lo sguardo verso il telefono che ha appena segnalato l'arrivo di un messaggio e leggo: "Vai da lei idiota" - il mio migliore amico non molla e continua a dirmi di andarci ma ho paura che una volta vista in quelle condizioni non la lascerei più andare e non posso. Non rispondo limitandomi a togliere il messaggio sul blocco schermo e resto a fissare la nostra foto per qualche minuto. Sta sorridendo mentre le lascio un bacio sul collo. Mi alzo in piedi infilandomi il telefono in tasca e prendo le chiavi della mia macchina per andare anche se insicuro.
Ho sempre odiato gli ospedali, non c'è un motivo per questo ma li non li ho mai tollerato, saranno le pareti chiare e tristi o il fatto che ogni persona che incontri in questi corridoi sia distrutta. Quando ero un bambino ero esattamente come ora, mi piaceva il pericolo, mi lanciavo dai rami e mi facevo male ma nonostante questo mi rifiutavo di andare in ospedale. Sono nato con questo odio verso gli ospedali e credo che ci morirò. "Violetta Castillo" dico all'infermiera che mi chiede chi cerco, annuisce e guarda su uno schedario "il padre ha detto che forse sarebbe venuto qualcuno, stanza 121 in fondo al corridoio" lascio perdere la parte in cui dice che mi aspettavano e mi dirigo verso la stanza. Non credo di aver mai avuto così paura, vorrei scappare come sempre ma non lo faccio perché è più forte di me. Mi blocco sull'uscio della porta e la persona che vedo non è la mia splendida ragazza ma una che ci assomiglia. È pallida e i suoi occhi da cerbiatta sono chiusi, ho paura di avvicinarmi ma lo faccio lentamente alzando le mani per appoggiarle sulla sua. Sono fredde e bianche, ha la bocca semi aperta e molti fili sono collegati al suo corpo. Uno schermo segna il ritmo in cui il suo cuore batte, lascio un bacio sul palmo della mano e la guardo in silenzio - "tu devi essere leon" mi giro di scatto guardando l'infermiera davanti a me - "sì sono io" sussurro, "è la prima volta che ti vedo ma devi essere importante per lei?" ma questa donna cosa vuole da me? che ne sa? "ehm e da cosa lo deduce?" indica lo schermo e dice "il suo cuore ha aumentato la velocità forse può sentirti o forse no ma sono sicura che sa che sei qui o almeno il suo cuore ti sente" e con questa frase lascia la stanza. Mi giro verso di lei spostando lo sguardo dal suo viso allo schermo. Mi siedo sulla sedia continuando a tenerle la mano e inizio a parlarle "hei piccola, scusa se non sono venuto ma ho avuto una guerra interiore e la parte che mi diceva di starti lontano vinceva sempre" sussurro sorridendo continuando a guardarla. "sai che quando ti sveglierai io ti eviterò amore mio, lo hai sempre saputo che quando le cose si fanno pericolose per te io me ne vado lasciandoti sola, ma questa volta devi lasciarmelo fare" nella stanza si sentono solo i rumori dei macchinari e la mia voce, nient'altro. "Ma ti giuro amore che non mi pento di nulla o quasi, non mi pento di essermi innamorato di te, non mi pento di averti baciata forse avrei voluto solo farlo di più, non mi pento di aver fatto l'amore la prima volta con te, mi pento solo di averti lasciata sola su quella macchina" ed è arrivato il momento di lasciare che una lacrima esca dai miei occhi, poggio la fronte sulla sua mano e mi alzo in piedi pronto ad andarmene. Mi avvicino al suo viso e le lascio un bacio sulle labbra sussurrando "ti amo e questo non cambierà mai"
Esco dall'ospedale di corsa e appena esco delle gocce bagnano il mio viso, infilo le mani nella tasca del giubbotto e guardo in alto, si dice che solo le persone tristi amino la pioggia, ed è così. La pioggia bagna i miei sentimenti, bagna ogni errore, ogni rimpianto pulendoci. Non ho mai guardato la pioggia e non ho mai pensato di non correre sotto la pioggia, mai avrei pensato di finire così, sotto la pioggia sperando in essa, sperando che pulisca me stesso da questo inferno che si sta dimostrando la mia vita. Non potevo mettermi a piangere, ma il cielo sì, lo faceva per me perché io non avevo più la forza di farlo né il coraggio. Sono partito pensando che la felicità sia stata solo creata per manipolare le persone, sono arrivato a trovarla nella ragazza del muretto e sono finito a cercare un attimo di pace e felicità nella pioggia.
“La pioggia scendeva ininterrottamente quella notte, e lei si sentiva immancabilmente a casa, perché quel ticchettio costante le portava attimi di pace.”