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Autore: Xion92    03/08/2015    7 recensioni
Introduzione breve: se immaginate un sequel di TMM pubblicato su Shonen Jump invece che su Nakayoshi, probabilmente verrebbe fuori qualcosa di simile.
Introduzione lunga: Un'ipotetica seconda serie, in cui il tema serio di fondo è l'integralismo religioso e il nemico principale è un alieno, Flan, intenzionato a portare a termine la missione fallita nella serie precedente. E' suddivisa in tre parti:
I. In questa parte c'è il "lancio" della trama, del nemico principale, l'iniziale e provvisoria sconfitta di gran parte dei personaggi, l'approfondimento della relazione tra Ichigo e Masaya, fino alla nascita della loro figlia;
II. Questa parte serve allo sviluppo e all'approfondimento del personaggio della figlia di Ichigo, Angel, la sua crescita fisica e in parte psicologica, la sua relazione con i suoi nonni e col figlio di Flan, i suoi primi combattimenti in singolo;
III. Il "cuore" della storia. Torna il cast canon e i temi tornano ad essere quelli tipici di TMM mescolati a quelli di uno shonen di formazione: spirito di squadra, onore, crescita psicologica, combattimenti contro vari boss, potenziamenti.
Coppie presenti: Ichigo/Masaya, Retasu/Ryou.
Nota: rating modificato da giallo a arancione principalmente a causa del capitolo 78, molto crudo e violento.
Genere: Azione, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aoyama Masaya/Mark Aoyama, Ichigo Momomiya/Strawberry, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Aloha! Ed eccoci qua, domani parto, quindi speeeero di vedere le vostre bellissime recensioni entro stasera (se riuscite, mi fate piacere!). Buona lettura!

 

Capitolo 12- Scoperta


“Presto, Mew Ichigo, lancia il tuo attacco!” gridò il Cavaliere Blu saltando da un tetto diroccato all’altro. Il loro avversario era un chimero dell’aspetto di un grosso bruco, e il suo punto di forza era la rapidità: strisciava ad una velocità impressionante e la massa del suo corpo era talmente elevata da permettergli di fare delle potenti cariche.
Era un periodo in cui Flan non era a Tokyo, e perciò i due guerrieri ne approfittavano cercando di uccidere tutti i chimeri che Masha gli segnalava. Questo qui si stava rivelando particolarmente ostico, visto che era almeno da un quarto d’ora che saltavano da tutte le parti per evitare i suoi colpi, senza ancora essere riusciti a lanciare un attacco.
Il Cavaliere Blu si stava impegnando al massimo, cercando di distrarre il mostro in tutti i modi per far sì che la sua compagna potesse lanciare il suo Ribbon Strawberry Surprise, ma stranamente quel giorno era inspiegabilmente lenta. Lei, che aveva nell’agilità il suo punto di forza, stava facendo una gran fatica ad evitare i colpi del chimero, e ancora ne stava uscendo illesa solo perché il Cavaliere Blu si metteva continuamente in mezzo, parando con la spada gli attacchi del mostro e respingendoli. In un momento in cui fu abbastanza vicino a lei, riuscì a buttarle un occhio per vedere cos’avesse che non andava. La vide ansimante, col viso congestionato e gli occhi stralunati.
‘Come fa ad essere già così stanca? Stiamo combattendo da poco, e ancora non è stata colpita neppure una volta…’ si chiese, agitato.
“Mew Ichigo, sbrigati!” le urlò, per darle una svegliata. D’accordo che non stavano combattendo contro Flan ma con un semplice chimero, però era sempre una battaglia seria. Non potevano permettersi di sottovalutarlo.
Lei sembrò darsi una scossa, e puntando la sua Strawbell Bell contro il grosso bruco, gridò “Ribbon Strawberry Surprise!”
Il fascio di luce rosa che si sprigionò fece dissolvere il mostro all’istante.
I due guerrieri tornarono normali e Masaya si diresse verso la ragazza.
“Ichigo, che ti succede?”
“Come?”
“Stai combattendo malissimo.”
Lei allora si stiracchiò le dita di una mano con l’altra. “Ah, ecco, io… io non lo so…”
Masaya vide che era in difficoltà e decise di finirla lì. “Non importa, comunque abbiamo vinto. Torniamo dai tuoi, saranno preoccupati.”

Erano tutti seduti in cerchio per terra, con la pentola in mezzo e una ciotola piena per metà davanti a ciascuno di loro. Quel giorno c’era il riso coi piselli. Ciascuno di loro ne poteva mangiare ottanta grammi a testa, una quantità stranamente giusta per la situazione in cui si trovavano.
Ichigo stava chiacchierando, di buon umore come suo solito, raccontando ai suoi genitori dei chimeri che quella mattina avevano combattuto e vinto, quando, finita la sua razione, allungò istintivamente la mano verso la pentola per prendere altro cibo. Ma, quando guardò dentro, vide con grandissimo disappunto che era vuota.
“Mamma… non c’è proprio più niente da mangiare?” chiese speranzosa.
Sakura la guardò con stupore. “Ichigo, hai ancora fame? Ma questa è la quantità di riso che preparo sempre, e sai bene che ognuno può tirare giù una volta sola. Però ti è sempre bastato, mi fa strano che tu ne voglia ancora.”
Masaya, quando vide quella scena, guardò nel suo piatto, dove ancora erano rimaste poche cucchiaiate di riso.
“Ichigo, puoi mangiare il mio riso se vuoi, tanto a me non va più”, e fece per allungare la sua ciotola verso di lei. Ma Shintaro gli fermò la mano.
“No, giovanotto, mia figlia deve imparare a non fare l’ingorda e ad accontentarsi di quello che c’è. Ottanta grammi di riso sono sufficienti e le sono sempre bastati, non vedo perché adesso gliene dovrebbero servire di più.”
Così Ichigo dovette accontentarsi, anche se, a pasto finito, la fame la sentiva sempre.

Erano cosucce di poco conto, che prese singolarmente non avrebbero fatto preoccupare nessuno. Masaya invece, mano a mano che tutti questi fatti strani si accumulavano, si sentiva sempre più inquieto: erano troppe stranezze tutte insieme per poter essere ignorate. Cambiamenti di umore improvvisi, stanchezza inspiegabile, fame molto maggiore del solito…
Male non poteva stare: si vedeva che di salute Ichigo era a posto, e che quelli non erano sintomi di alcuna malattia.
Al ragazzo era venuto invece un presentimento terribile: tutti quelli non erano i sintomi di un malanno, ma potevano benissimo esserlo di qualcos’altro. Masaya si sentiva svuotare la mente ogni volta che ci pensava. Non poteva essere… Ichigo non poteva aspettare veramente un bambino. Il ragazzo, nonostante si fosse fatto molte fantasie sulla sua vita con Ichigo, non aveva mai, neanche nei suoi pensieri più nascosti, pensato a se stesso come a un padre. E perché avrebbe dovuto? Erano così giovani. Avevano solo quindici anni. C’era ancora tanto tempo. Ma era inutile stare a rimuginarci: non era ancora sicuro. Magari lui si faceva tutti questi problemi, e poi invece tutti quei sintomi erano dovuti solo al cambio di stagione.
Ichigo non sembrava aver notato nulla. Ma non poteva parlarne con lei, comunicarle le sue perplessità: aveva paura di farla cadere nella paranoia più totale. Era meglio che prima se ne accertasse da solo, e poi, in caso si fosse assicurato di avere ragione, solo allora glielo avrebbe detto.
Ma come poteva lui, un uomo, capire lo stato di una donna, se fosse in gravidanza o meno? Di solito era sempre la donna ad accorgersi prima della sua condizione. Qui invece doveva avvenire il contrario. Doveva cercare di arrivarci prima lui, per evitarle ogni preoccupazione. Ma come poteva fare?
Ragionando, lambiccandosi il cervello, al giovane venne in mente un ricordo: c’erano stati dei casi, in passato, in cui lui aveva dimostrato di possedere una buona capacità sensitiva. Certamente anche questa era una derivazione di Profondo Blu. Ma era un potere comunque debole. Non era sicuro di poterlo usare come gli pareva. Decise di fare subito una prova: cercò di percepire qualcosa dal corpo della sua ragazza in moltissimi momenti della giornata, quando le era vicino, quando si parlavano, quando lavoravano. Ma non c’era verso. Non riusciva a sentire niente.
Capì allora il motivo: lui poteva sfruttare quel potere solo concentrandosi al massimo, e solo se avesse potuto mantenere la concentrazione per un periodo di tempo molto lungo. E forse era anche meglio mantenere un contatto fisico diretto con lei.
Effettivamente, pensandoci, c’era solo un’occasione particolare in cui tutte queste condizioni potevano venire soddisfatte insieme. Non restava che aspettare quel momento.

“Andate a comprare due chili di patate, l’alcol per il fornellino e il cotone per il filtro con questa legna”, aveva detto il padre di Ichigo, spedendoli nella loro commissione settimanale.
E loro, come al solito, ne avevano approfittato. Erano nei sotterranei di un vecchio palazzo distrutto quasi fino alle fondamenta, dove erano riusciti a trovare un vecchio materasso, talmente malridotto e mangiato dalle tarme che nemmeno le bande di razziatori che vagavano sempre in giro per la città se l’erano voluto portare via. Ma per loro due andava bene lo stesso, anche se, data la sua durezza, stare lì sopra o sul pavimento non faceva poi molta differenza.
Ichigo era sdraiata supina, con la testa reclinata all’indietro e con gli occhi chiusi, completamente persa nell’amplesso che stavano consumando.
Masaya invece, per quanto cercasse di scacciare i suoi pensieri dalla mente, non riusciva a lasciarsi andare. Avevano fatto l’amore tante, tantissime volte durante quei mesi, e ogni volta il suo desiderio era stato che quel momento meraviglioso con la sua ragazza durasse in eterno. Adesso invece, per la prima volta, non vedeva l’ora di finire. L’impazienza di riuscire a scoprire la verità sui suoi sospetti lo stava divorando, e avrebbe potuto verificare la sua teoria solo una volta terminato il rapporto, cioè in quei dieci minuti di tempo in cui loro due potevano rilassarsi abbracciati, prima di rivestirsi e riprendere la strada.
Ovviamente il giovane faceva del suo meglio per tenere nascosti i suoi pensieri: ma evidentemente non ci stava riuscendo molto bene, perché a un tratto Ichigo aprì gli occhi e sollevò la testa.
“Amore, che ti succede?”
Lui, che non si aspettava quella domanda, quasi si prese un colpo. “A me? Niente. È tutto a posto.”
Lei alzò un sopracciglio, dubbiosa. “Davvero? No perché, mi sembra quasi che tu oggi sia con me solo fisicamente… hai la testa da un’altra parte? Ti preoccupa qualcosa?”
Masaya allora fece di tutto per sembrare indifferente. “No, te lo assicuro. Non c’è niente che mi preoccupa.”
Ichigo allora, rassicurata dalle sue parole, sorrise rasserenata e appoggiò di nuovo la testa sul materasso.
Il ragazzo allora decise di lasciar perdere i suoi pensieri, almeno per un po’. La sua Ichigo veniva prima di tutto: lei voleva vivere un momento meraviglioso con lui, e se lo meritava, visto la vita difficile che facevano. Quegli attimi che potevano vivere insieme erano la loro unica valvola di sfogo. E lui l’avrebbe accontentata, non l’avrebbe delusa. Perciò lasciò che la sua mente si svuotasse e che solo l’amore e la passione guidassero i suoi movimenti. Dopo un po’, finalmente vide il viso della sua amata illuminarsi ancora di più. Evidentemente lei riusciva a sentire la differenza, e se il suo ragazzo ci stava solo col corpo o anche col cuore.

Una mezz’ora dopo, i due innamorati erano distesi, nudi, su quel materasso duro, uno accanto all’altra. Entrambi ansimavano di stanchezza e soddisfazione, visto che l’amplesso che avevano consumato era durato parecchio a lungo.
Mentre la teneva abbracciata a sé, Masaya accarezzava Ichigo per tutto il corpo, per far sì che si rilassasse. La ragazza adorava il suo tocco delicato, le sue mani che, benché ormai fossero indurite dalla vita aspra e dura, riuscivano sempre a scorrere su di lei in modo così dolce e leggero. Ben presto quelle carezze fecero effetto e la giovane scivolò serenamente nel sonno, con un sorriso tranquillo e rilassato sulle labbra.
Il ragazzo tirò un gran respiro. Era il momento. Doveva farlo. Doveva provarci. Avvolse le braccia attorno alla vita della sua compagna e la tirò ancora più stretta a sé. La sentì mugolare un po’, ma per fortuna non si svegliò.
Masaya la sistemò un pochino per far sì che il ventre della giovane premesse completamente contro il suo. Respirò profondamente e socchiuse gli occhi, mettendo in moto tutta la concentrazione, tutti i poteri che Profondo Blu gli aveva involontariamente trasmesso quando l’aveva creato.

Rimase in quella posizione, con la sua ragazza strettamente abbracciata a lui, per un tempo incalcolabile. Un quarto d’ora? Una mezz’ora? Masaya non lo sapeva. Ma, dopo tutti quei minuti di concentrazione, aprì improvvisamente gli occhi.
Fece girare lo sguardo sulle pareti della stanza intorno a lui. Erano muri grigi, scrostati e ammuffiti per l’umidità, ma a lui in quel momento sembrarono bianchi di vernice appena stesa e ancora fresca. L’aria di quel sotterraneo era viziata e pesante, ma a lui sembrò pura come la brezza frizzante di montagna. Tutto improvvisamente gli sembrò stupendo, bellissimo, come se l’oscurità opprimente che li avvolgeva fosse diventata luce all’improvviso. Perché, d’un tratto, aveva sentito che non erano in due, ad essere in quella stanza claustrofobica: erano in tre. L’aveva percepito in modo molto fugace, ma ce l’aveva fatta. Era una presenza forte e chiara che veniva dal corpo della sua amata. Aveva avuto ragione: la sua ragazza, la sua Ichigo, era incinta. Aspettava un bambino. Da lui.
Nella mente del giovane cominciarono a turbinare una marea di emozioni, sentimenti, sensazioni, che non avrebbe mai neanche creduto di poter provare. Sentì il cuore cominciare a battere fortissimo, così forte da sentirselo quasi in gola, e la fronte bagnarsi di sudore. Iniziò a sentirsi soffocare in quella stanza chiusa. Aveva bisogno di una boccata d’aria.
Con la massima delicatezza, scostò Ichigo da sé e la coprì con la coperta che si portavano sempre dietro apposta, poi si alzò lentamente dal letto, si rimise i pantaloni e la camicia e, dopo aver accarezzato per un’ultima volta la sua compagna con lo sguardo, salì al piano di sopra per affacciarsi all’esterno.
Al di fuori il panorama era desolante, con edifici semi crollati, macerie che ostruivano le strade, erbacce che spuntavano ovunque, e in giro non si vedeva anima viva. Ma per Masaya tutto questo non esisteva. In quel momento, nel suo cuore non c’era spazio per alcun sentimento negativo: sentiva solo una gioia profonda, un senso di felicità come non l’aveva mai provata.
Lui fino a due anni prima non era nulla… era solo il corpo che un dispotico dio alieno aveva creato per poter manifestarsi in forma fisica. Era stato creato come un guscio vuoto, senza personalità, senza nessun sentimento all’infuori di quelli che il suo creatore gli aveva imprintato, cioè i suoi propri. Si era sempre comportato come un bravo ragazzo e uno studente modello, solo per far piacere ai suoi genitori adottivi, ma in realtà disprezzava l’intera umanità, e avrebbe voluto scappare, andarsene da quella società che detestava.
Ichigo l’aveva salvato. L’aveva reso una persona completamente diversa, gli aveva fatto provare per la prima volta dei sentimenti positivi, dei sentimenti umani, gli aveva fatto battere il cuore come mai prima gli era capitato, si era donata a lui con tutta se stessa, con tutto il suo cuore e con tutto il suo corpo, e l’amore che li legava presto avrebbe portato alla nascita di una nuova persona. Lui, che era stato creato al solo scopo di distruggere ed odiare, invece ora, per merito di lei, era riuscito a dare inizio a una nuova vita. Ancora stentava a crederci.
Era vero che entrambi avevano solo quindici anni, e che una cosa del genere, nella loro società, sarebbe stata molto mal vista. Ma ora la loro società non esisteva praticamente più. Nessuno poteva più scandalizzarsi per questo. Era un mondo diverso questo, in cui loro due a quindici anni erano già adulti, in cui le convenzioni sociali non esistevano più. Perciò non c’era nulla di cui vergognarsi o da cui nascondersi.
Il ragazzo non era riuscito a capire nulla sulla natura del bambino che la sua ragazza portava in grembo. Ancora era troppo presto. Ma per lui non importava. Non importava se fosse stato maschio o femmina, se avesse avuto i capelli rossi o neri, se avesse avuto gli occhi cioccolato come quelli di Ichigo e Sakura, grigi come quelli di Shintaro o nocciola come i suoi. Lui sentiva già di amarlo profondamente; sentiva che, insieme ad Ichigo, era la persona più importante della sua vita. E in quel momento, giurò a se stesso che lo avrebbe sempre protetto, sarebbe stato sempre con lui, lo avrebbe aiutato a crescere, gli avrebbe insegnato tutto quello che sapeva.
Si sentiva gli occhi umidi: i sentimenti che provava erano bellissimi e nobili, ma non era corretto gioire di una notizia simile da solo. Ora doveva tornare giù di sotto, svegliare la sua ragazza, darle la lieta notizia ed essere felice insieme a lei. Ed eventualmente calmarla nel caso probabile si fosse agitata troppo. Sorrise al solo pensiero: sapeva che probabilmente in un primo momento si sarebbe messa ad urlare come una pazza per lo shock, ma sapeva anche che subito dopo ne sarebbe stata tanto felice. Era una ragazza matura, la sua Ichigo: sarebbe stata una mamma fantastica, ne era sicuro.
‘Probabilmente suo padre mi ucciderà. Sicuramente mi sbatterà fuori di casa e mi toglierà anche il saluto. Ma non importa. Presto ci si abituerà’ pensò il giovane con un sorriso divertito.
Stava per voltarsi e tornare giù di sotto, quando un rumore lo bloccò. I muri della casa tremarono. Un boato sordo e lontano riecheggiò nell’aria, molti chilometri più in là, dall’altra parte della città. Sentì come l’eco di una risata malvagia, e allora capì: Flan era tornato a Tokyo dopo alcune settimane di assenza. E allora i sentimenti di Masaya cambiarono.
Tutta la felicità, la gioia, l’emozione che aveva provato fino a un attimo prima svanirono all’istante, per lasciar posto a sentimenti di tutt’altra natura: rabbia, rancore, senso di impotenza.
Il giovane sentì la vista annebbiarsi, e strinse i pugni così forte che le unghie gli si affondarono nella carne. Ora che quelle esplosioni lontane l’avevano riportato alla realtà interrompendo il suo sogno, il giovane guardò con occhi realistici il panorama attorno a sé, e si rese immediatamente conto della situazione in cui si trovava.
Lui stava per diventare padre, e in che mondo stava per portare suo figlio? Qual era lo spettacolo che lo avrebbe accolto, appena uscito dal ventre di sua madre? Nient’altro che la desolazione, il degrado, la delinquenza, in una vita fatta di sopravvivenza, senza sogni, senza progetti, senza futuro, in cui l’unico desiderio concesso era quello di sperare di arrivare al giorno successivo. Era quello il mondo in cui suo figlio si stava preparando a entrare? Lui, come padre, poteva permettere che il suo bambino crescesse in un mondo così?
E Ichigo? La vita allo stato quasi primitivo era molto dura, e lei con l’avanzare della gravidanza sarebbe stata sempre più affaticata, più stanca. Adesso che Flan era di nuovo a Tokyo, Masaya sapeva che presto la sua famiglia avrebbe dovuto spostarsi di nuovo, con la tenda, per poter trovare un posto più sicuro. Ma Ichigo non poteva fare una cosa simile, non poteva affrontare un viaggio così lungo e sfibrante, non nelle sue condizioni. Lo vedeva, lui, com’era stanca. Lei doveva stare tranquilla, riposarsi, per permettere alla gravidanza di procedere bene. Se avesse continuato così, il suo bambino sarebbe morto ancor prima di nascere. E la colpa di tutto questo era di Flan, nient’altro che sua.
Si sentiva pieno di rabbia sorda, e pieno di impotenza, nella sua impossibilità di cambiare la situazione. Ma poi guardò verso il punto in cui erano avvenute le esplosioni. Improvvisamente sentì sorgere dentro una forza, una potenza che prima non credeva di poter possedere. E per la prima volta, sentì che avrebbe potuto vincere contro di lui. Il pensiero dei suoi due amori, di Ichigo e di suo figlio, che avevano bisogno di lui, fece gonfiare il cuore del giovane di sicurezza. Poteva vincere. Ne era sicuro.
In quel momento prese la sua decisione: sarebbe uscito allo scoperto, avrebbe combattuto contro quell’alieno, lo avrebbe ucciso, e così Tokyo e il mondo sarebbero stati liberi. La vita sarebbe potuta ricominciare. E il suo bambino avrebbe potuto nascere e crescere in un mondo di pace.
Fece un gran respiro per calmarsi e tornò nel sotterraneo. Ichigo dormiva ancora, rannicchiata in posizione fetale, con i capelli sciolti e sparsi sul materasso. Masaya si fermò un attimo per contemplarla: se non se ne fosse accertato da solo, non avrebbe mai potuto sospettare che lei fosse incinta. Sembrava perfettamente normale e ancora non si era accorta di niente. Si avvicinò a lei e la scosse leggermente per la spalla. Lei si svegliò subito.
“Mmmmh… Masaya? Perché sei già in piedi e vestito?” gli chiese incuriosita.
“Ecco… avevo bisogno di prendere una boccata d’aria”, si giustificò lui. “Forza, vestiti anche tu, che dobbiamo continuare il viaggio.”
Le esplosioni erano molto lontane. Non c’era bisogno di preoccuparsi o di tornare di corsa a casa per avvisare Shintaro e Sakura. Non era quello il problema, in quel momento.

La sera, nei rispettivi sacchi a pelo, tre persone su quattro dormivano. Shintaro russava come suo solito, Sakura dormiva già profondamente, ed Ichigo, che in tutti quei mesi di vicinanza era riuscita ad abituarsi ai forti rumori emessi da suo padre, dormiva anche lei. Solo Masaya era rimasto sveglio, facendo solo finta di dormire per non insospettire nessuno.
Quando fu sicuro che tutti fossero immersi nel sonno più profondo, sgusciò lentamente dal sacco a pelo, si cambiò cercando di fare il più piano possibile e a carponi raggiunse la cerniera che chiudeva la tenda, facendo attenzione a non calpestare i piedi di Shintaro che dormiva accanto a lui. Una volta fuori, prima di chiudere la cerniera, gettò un ultimo sguardo al viso della sua amata, illuminato dalla luce della luna che filtrava dallo spiraglio per l’aerazione. Era splendida, e nel sonno sembrava così innocente.
‘Aspettami, Ichigo. Tornerò da te appena avrò finito, e allora potrò dirti tutto’ pensò Masaya, sentendo il sangue scorrergli più forte nelle vene, emozionato al pensiero della notizia che presto le avrebbe dato. Chiuse la tenda dall’esterno e, sprigionando i suoi poteri, si trasformò nel Cavaliere Blu. Il lampo di luce azzurra della trasformazione illuminò per un secondo la notte nera come la pece attorno a lui, poi fu di nuovo il buio totale.
Cercò di riportare alla mente il punto di Tokyo in cui poche ora prima erano avvenute le esplosioni e, quando ebbe identificato il posto esatto, un po’ correndo per le vie silenziose, un po’ tagliando attraverso i tetti pericolanti e le cime dei palazzi ancora in piedi, si diresse verso il luogo dove probabilmente avrebbe potuto incontrare Flan.


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Sorpresona, eh? No dai, scherzi a parte: si sapeva già da prima di leggere il prologo xD
Ma lasciamo il Cavaliere Blu a correre per Tokyo, e vediamo l'argomento della settimana: avete mai pensato, guardando un anime, qualcosa del tipo: "ehi, questa scena l'ho già vista in quell'altro anime!"?
Beh, non so se conoscete Kingdom Hearts, ma quel videogioco ha una scena che è esattamente uguale a una dell'ultima puntata di TMM. Anche la situazione è identica: il fidanzato (in KH è solo il suo migliore amico, ma vabbè) della protagonista viene posseduto da un'entità malvagia, la ragazza gli si avvicina, il ragazzo posseduto allunga il braccio e la afferra per il collo sollevandola, la ragazza mezza strozzata invoca il nome del ragazzo per farlo rinsavire, la personalità del ragazzo sembra riemergere temporaneamente e le due personalità lottano per un pochino (nel frattempo il ragazzo lascia andare la ragazza, che cade a terra), fino a quando la voce del cattivo annuncia che i ricordi originari del ragazzo sono stati cancellati. No cioè... guardate qua, fino a 1:25, e ditemi se la scena non è identica!
E anche la fine, dopo la battaglia (a 10:10), è praticamente uguale: le due entità continuano a combattere, con la ragazza che chiama il nome dell'amato. Il ragazzo, per riuscire a liberarsi, prende la propria arma e si trafigge il petto (questo rispecchia il manga, dove non è Ichigo, ma Masaya, a sconfiggere Profondo Blu, trafiggendosi con la spada. Ichigo non fa nulla di nulla), ma dopo di questo sta per morire e inizia a cadere nel vuoto. La ragazza si tuffa dietro di lui e si sacrifica per salvarlo (in TMM Ichigo bacia Masaya morendo al posto suo, in KH Aqua riesce a tirare Terra fuori dal baratro con le sue ultime forze, ma così ci resta intrappolata lei). Cioè, io mentre ci giocavo pensavo: "ma cosa mi ricorda tutto questo? TMM, porca miseria!" Non so se poi l'hanno copiato proprio o è stata solo una coincidenza.
Beeeeh... a lunedì prossimo (se tornerò viva dal campo, il che non è detto!)!
Ciao ciao! 

   
 
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