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Autore: Veni Vidi Jackie    03/08/2015    1 recensioni
Matilde, amica (o qualcosa di più?) da più di un anno di Jack, ha da tempo dimostrato con lui atteggiamenti aggressivi. Quando lei troverà l'amore in Frank, Jack verrà prima relegato in secondo piano e poi abbandonato dalla ragazza. Ormai libero, la fine del "regime tirannico" di Matilde dovrebbe farlo stare meglio, ma la gelosia lo dilanierà e ben presto lo farà arrivare sull'orlo della pazzia.
In questa situazione, saranno personaggi assai strani a farlo tornare su di morale!
Genere: Comico, Commedia, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono già due giorni che trascorro lasciando fare i miei compiti ai miei nuovi amici, finalmente si rivelano utili a qualcosa. Non abbiamo più parlato dell'argomento della volta scorsa e per ora è passato in secondo piano.

Ho imparato che di notte escono di casa e ritornano la mattina successiva, come se sapessero gli orari in cui resto da solo. Non so dove vadano a dormire e non credo mi interessi più di tanto. So che è brutto da dire, ma mi sono molto utili perché mi distolgono dal pensiero di Matilde. Anche perché, in fondo, non penso siano in grado aiutarmi sul serio. Il mio dolore è troppo forte per poterlo cancellare.

Oggi decido che ho voglia di tornare a giocare a tennis: non ci gioco da quando Matilde mi ha abbandonato come un cane sull'autostrada. Io non abbandonerei mai un cane, il miglior amico dell'uomo. Quindi, perché Matilde dovrebbe abbandonare me, che sono il suo migliore amico? Prendo le mie racchette e la mia borsa, sistemandovi dentro una bottiglia d'acqua, un polsino e un asciugamano. Quanto mi era mancato prepararmi la borsa! E' un rituale che ho sempre amato, perché mi prepara mentalmente alla partita. Ho però un problema: mi manca uno sfidante. Tom e Roy hanno esplicitamente detto che non vogliono giocare finché non sarò tornato “normale”, quindi non ha senso neanche chiamarli. Quindi, a chi chiedere?

- Veniamo noi! - esclama Tacito, prendendo in mano una mia racchetta ed impugnandola al contrario.

- Non se ne parla – affermo con decisione, afferrandola. Alessandro Magno, che fino a quel momento era rimasto in disparte, avanza verso di me ed estrae la sua spada:

- Sfidami e ti sconfiggerò come ho fatto con Dario di Persia -

- Ragazzi, non siete ancora pronti per giocare a tennis. Fidatevi, non fa per voi -

- Neppure tu sei pronto per superare Matilde, eppure lo dici continuamente a te stesso – dice Seneca, cogliendomi alla sprovvista. All'improvviso mi sento “nudo”, perché mi rendo conto che sanno molto di più di quanto immaginassi. Inoltre, non ha tutti i torti. So bene di stare male per Matilde, ma non faccio che ripetermi il contrario. D'accordo. Li accontenterò, ma si rivelerà un grande errore.

- Come volete – mi arrendo – ma non potete venire vestiti...così. - Gli indico le loro le toghe e i sandali. Corro in camera, prendo dei completini e delle scarpe e poi torno da loro.

- Sono questi i vestiti che dovrete indossare. - Getto le magliette e i pantaloncini sul divano, in modo che possano vederli. Cominciano subito a toccarli, ad esaminarli. Le loro espressioni non promettono bene, come immaginavo. Li lascio andare in bagno dove possono cambiarsi. Quando tornano da me camminano a gambe divaricate, come bambini che si sono fatti la pipì addosso.

- Noi dovremmo giocare con questi “cosi”? - chiede aspramente Cicerone. Io annuisco felice: finalmente è l'ora di divertirsi. Dopo qualche minuto sembrano abituarsi ai nuovi indumenti, anche se con molta fatica. Prendo il mio borsone e scendo le scale, seguito da tutti gli altri. Sento Tacito gridare felice: “Evviva! Un po' di spazio per l'otium!” e Catullo “Lo sport non può che fare del bene!”. Prendo le chiavi della mia auto e la apro, sistemandovi dentro tutta la mia roba. Salgo, mentre gli altri osservano il veicolo perplessi.

- Dunque, cosa vi prende? - chiedo, già intuendo cosa sta succedendo.

- Cos'è...quella? - domanda Cicerone, indicando l'auto con timore

- Oh, questa? Niente, ci farà solo arrivare prima. -

Per qualche secondo nessuno di loro si muove, poi Alessandro borbotta qualcosa e apre lo sportello posteriore. Con grande meraviglia di tutti gli altri, si siede dentro e richiude lo sportello.

- Noi Macedoni non abbiamo paura di nulla. Di nulla! Capito? - mi grida da dietro

- Okay, capo. Voi Macedoni non avete paura di nulla – gli rispondo ironico. A quel punto anche gli altri uomini, forse rassicurati dal gesto del loro compagno, si avvicinano con timidi passi all'auto. Alessandro gli apre lo sportello e li fa sedere, mentre Cicerone si accomoda accanto a me. Li guardo nello specchietto retrovisore: sono terrorizzati a morte, lo leggo nei loro occhi.

Quando accendo il motore sento un “ohh” provenire da dietro, mentre loro guardano in basso per capire l'origine di quel rumore. Rido sotto i baffi, immaginando le risate che mi farò in questa giornata. Inserisco la prima e finalmente partiamo.

- Ci muoviamo! Oh, Santo Cielo! Ci muoviamo! - esclama Tacito guardando fuori dal finestrino.

- Vai più piano! Più piano! Sei un disgraziato! - urla Catullo, reggendosi al sedile ed alla portiera.

- Ma se sono fermo ad un semaforo...- controbatto. Spero che questa volta Angelus non mi fermi, o prenderò un paio di multe. I miei passeggeri non fanno che urlare in modo femminile ed aggrapparsi ai sedili posteriori, mi sembra di essere con un branco di bambini indisciplinati. I momenti peggiori sono le curve, in questi casi gridano: “Moriremo tutti! Moriremo tutti!”.

E' dunque con molta fatica che raggiungo il circolo. Scendiamo dalla macchina e ce ne andiamo al campo che ho prenotato. Seneca è smanioso di provare per primo e io lo accontento. Vado verso la mia metà di campo, ma quando mi giro mi sorprendo nel non trovarlo dall'altra parte della rete.

Mi sento toccare una spalla.

- Jack, sono qui. - Mi giro: è proprio dietro di me.

- Che ci fai qui? Devi andare dalla parte opposta! -

- Ah...questo ha senso! - Seneca corre felice nella sua metà di campo, fischiettando allegro. Intanto gli altri sono seduti sulla panchina a bordo campo e Cicerone sta impartendo una lezione di filosofia. Lo vedo mentre gesticola e cerca di attirare l'attenzione dei suoi ascoltatori. Alcuni membri del circolo si sono radunati alle estremità del campo per vedere quella che loro pensano sia una partita di tennis. Purtroppo temo che di tennis ne vedranno poco.

- Forza, Jack! Tira una pallina! - mi grida Seneca, che non si tiene più nella pelle. Mi sembra di dover tirare una palla ad un cane. Gliela lancio e lui la liscia, ma il suo movimento a vuoto con la racchetta è troppo veloce e lui finisce a terra. Io e gli altri scoppiamo a ridere, mentre Seneca si rimette in piedi con fatica.

- Era solo una prova...- si giustifica. Gli lancio una seconda palla: lui la manca di nuovo e stavolta gli sfugge anche la racchetta dalle mani. Alzo lo sguardo mentre la seguo volare per alcuni metri e cadere in un parcheggio, poi sento un rumore di vetri rotti e l'allarme di una macchina. Seneca comincia a saltellare felice e a correre qua e là per il campo.

- Home run! Home run! Ho vinto! - esclama. Santo Cielo, ma devo spiegargli proprio tutto? Il poco pubblico presente ride, non credo abbia mai visto uno “spettacolo” del genere. Gli auguro anche di non vederlo mai più.

- Lucio, l'home run è nel baseball. Tu non devi tirare la palla fuori dal campo se giochi a tennis – gli spiego

- Ah, devo essermi informato male, allora. - Con tutta la pazienza del mondo continuiamo a “giocare”, anche se di palle non ne colpisce neppure una. Il pubblico, paradossalmente, continua ad affluire. E come biasimarli? Stanno assistendo ad uno spettacolo comico. Seneca non fa che lisciare le palle e sembra che stia scacciando le mosche piuttosto che giocare a tennis.

- Non si fa così! – grida una bambina da bordo campo – guarda, ti faccio vedere io. -

La bambina, che ha circa sei o sette anni, raggiunge Seneca con la sua piccola racchetta. Lucio non sembra molto soddisfatto di quella sua improvvisa intrusione. La bambina raccoglie una pallina da terra, se la lancia e la colpisce perfettamente, spedendola ai miei piedi.

- Vedi, devi piegare bene le gambe ed allungare il braccio dietro le spalle – spiega, mimando un diritto come una maestra. Seneca annuisce innervosito e poi si abbassa sulle gambe, portando il suo viso davanti a quello della bambina.

- Ho chiesto il tuo aiuto, per caso? A me non pare. - La bambina, che non voleva fare altro che aiutarlo, scoppia a piangere e gli tira un calcio nei paesi bassi, centrando in pieno “Amsterdam”. Lucio si alza in piedi e grida di dolore, tenendo le mani sulla parte del suo corpo colpita. La bimba intanto scappa via e io mi getto a terra ridendo. Dopo qualche secondo vedo sul campo l'ombra di Seneca, che è venuto da me. Si sta ancora toccando la parte dolorante ed ha il respiro affannato. Quando poi mi inizia a parlare mi rendo conto che la sua voce adesso è cambiata, è stridula come quella dei Bee Gees.

- Jack, sai una cosa? Quella ragazzina ha una buona ricerca di palla! -

 

  
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