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Autore: MikyMike    04/08/2015    0 recensioni
La mia mente è ancora annebbiata, continua a ripetere mentalmente le stesse cose da ore per cercare di ricordare, mentre faccio tamburellare le dita sulla ringhiera della finestra, osservando il parcheggio dell’ospedale, continuo a sperare che non sia niente di grave. . .
Il racconto di un evento che mi è realmente accaduta
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È iniziato tutto stamattina, era il compleanno della mia amica Emy, avevamo deciso di andare in un parco acquatico per divertirci, e passare una bella giornata, peccato che sia tutto andato a rotoli, vorrei chiedere scusa ad Emy per averle rovinato la giornata, ma ora non posso proprio muovermi, tra poco dovrò entrare in quell’orribile stanza per fare una tac.

Arrivare al parco acquatico non è stato difficile, dopo dieci minuti di treno e pochi minuti a piedi siamo arrivati li, eravamo felici e speravamo che sarebbe andato per il meglio, il parco non era grande ma c’era un campo da tennis, diverse piscine e un paio di scivoli, dopo aver pagato la tassa per entrare ci hanno legato un braccialetto al polso, con sopra il nome del villaggio.

“Prego, è il suo turno”, entro nella stanza, è completamente bianca, non ho paura ma gli ospedali non sono mai stati il mio luogo preferito, improvvisamente ho voglia di succo di frutta, fuori dalla stanza ci sono mia madre e il mio amico che mi ha accompagnato in ospedale, iniziano ad affiorare i primi ricordi della giornata, ho un bel bernoccolo sulla tempia destra. Mi stendo su questo lettino attaccato ad un grande anello dentro al quale scorrerò, molto invitante.

Abbiamo passato buona parte della mattinata tra piscine e scivoli, abbiamo anche iniziato a fare gli scivoli assieme, tanto la sicurezza non se ne frega più di tanto, al massimo li vediamo ed evitiamo cazzate, ma il più delle volte se ne fregano. Verso l’ora di pranzo abbiamo mangiato dei panini, patatine e beviamo tre bottiglie d’acqua in pochi minuti, abbiamo anche iniziato a fare imitazioni, scherzato, e riso un sacco, faceva un caldo incredibile, talmente caldo che rimaniamo con le gambe nell’acqua per una buona mezz’ora dopo aver pranzato.

Questo lettino si sta muovendo troppo per i miei gusti, sinceramente vorrei andare a casa e dormire, ma non so se mi è permesso dormire dopo quel che è successo, devo anche averlo ripetuto diverse volte durante la giornata, spero di uscire al più presto da qui, sento mia madre dire qualcosa al medico, ma non riesco a sentire niente.

Durante la giornata io e una mia amica siamo andati a prendere un gettone per l’idromassaggio, se possiamo chiamarlo così, acqua fredda, un solo getto freddo sotto i piedi , e di sicuro nove persone non c’entravano in quella sottospecie di tinozza, è durato si e no cinque minuti, quando l’acqua si calma, decidiamo di fare qualche altro giro sugli scivoli, stavolta decidiamo di fare quello alto.

Finalmente sono uscito da quel macchinario, ora non mi resta che aspettare le analisi, purtroppo il corridoio è affollato di persone, a quanto pare c’è stato un incidente ad una signora che ora ha gli stinchi rotti, non riesco neanche a sopportare il minimo ronzio, invece sono costretto ad ascoltare un’orchestra di parole, passi, pianti, urla, mi massaggio l tempie sperando di tornare a casa il più presto possibile e dimenticare tutto, invece è l’inverso, perché continuo a ricordare, e il tempo non vuole passare.

O mio Dio, lo scivolo a due è fantastico, arriviamo sparati in acqua, atterriamo di culo, tutti ci vedono e decidono di provare a farlo, i primi sono due nostri amici, poi tutti gli altri e continuiamo a fare quei giri fantastici, quando io e dei miei amici decidiamo di rilassarci un po’ alcuni di loro vanno a fare lo scivolo, la fila è chilometrica, all’improvviso noto che alla mia amica Mary è caduta la cuffia cadendo in acqua, nessuno riesce a vederla, poi scorgo un pezzo di stoffa verde in acqua.

È passata mezzanotte e ancora niente, sto ancora all’ospedale ad aspettare che arrivino le analisi, dato che ho molta sete decido di andare ai distributori, purtroppo ricordo di aver lasciato telefono e soldi in macchina, quindi, nonostante nausea e giramenti di testa, prendo le chiavi e mi incammino verso il parcheggio, barcollo, mi gira le testa, il vento non aiuta molto, a volte ho dovuto trattenere i conati, e se non mi fossi mantenuto al cancello sarei sicuramente caduto, arrivo in macchina. Prendo il portafogli quando all’improvviso un rumore mi distrae, il mio cellulare, aprendolo scopro che è pieno di messaggi dei miei amici che si sono preoccupati per me, cerco di leggerli, inizialmente le lettere sfarfallavano, ma pian piano riesco a leggere tutto, ma non riesco a scrivere, quindi lascio un lungo messaggio vocale, e torno in ospedale, sperando e ricordando.

Mentre cerco di focalizzarla, capisco che è la cuffia di Mary, mi giro e vedo lei e il suo fidanzato che continuano a cercare la cuffia, mi scappa un sorrisetto, poi mi rigiro verso la cuffia , ha ormai raggiunto il fondo, devo tuffarmi per riuscire a prenderla, non ricordo se li chiamo o no, ma appena mi tuffo e prendo la cuffia tra le dita, sento un forte rumore , poi niente, vuoto, e i miei occhi vedono solo nero.

Ormai è tardi qui in ospedale, saremmo dovuti tornare a casa ma siamo ancora qui, vedo bambini con braccia rotte, gente che piange, gente impaziente, e gente che preferirei non aver mai voluto conoscere, persone talmente sgarbate e arroganti che avrei felicemente preso a calci nel sedere, ormai è quasi l’una di notte e fortunatamente il dolore è poco, e pian piano realizzo ciò che è successo.

Dopo l’oscurità , inizio pian piano a sentire fischi, rumori, suoni ma non riesco a definirli, mi sfiorano le orecchie come i rumori degli aerei in lontananza, realizzo di stare ancora sott’acqua, mi alzo e apro gli occhi. Improvvisamente tutto il nero diventa un bianco, quasi un oro molto chiaro , molto caldo e brillante, mi acceca e non riesco a vedere niente, dopo un paio di secondi vedo tutto sfocato, vedo le onde della piscina riflettere la luce e danzare e per poco non sono accecanti, tante fiamme che danzano intorno a me, sempre troppo chiaro per sembrare reale, ogni parola che sentivo era come un ronzio d’ape, mi tenevo ferma la testa tra le mani, come se stesse per dividersi in due parti e io dovessi bloccarla, avverto la mia tempia destra battere della stessa intensità del cuore, e ad ogni passo vedo il mondo letteralmente pulsare, come un enorme cuore accecante, e credo di aver ripetuto ad alta voce“il mondo sta pulsando”. Fortunatamente l’acqua mi tiene in equilibrio, ma appena esco sento le mie gambe cedere, un bambino mi è finito su una tempia.

Continuo a massaggiarmi la tempia mentre mi lascio trasportare dai dolore dell’ospedale, ormai diventati quasi insignificanti, fortunatamente ci sono ancora persone ragionevoli coi quali mia madre parla ,ore riesco bene a focalizzare, ricordo le loro voci nitide, e il tempo sembra non voler passare, invece ne passa fin troppo, vedo troppa gente entrare e troppa poca gente uscire, vedo gente che si lamenta e continua a non voler guarire, e il mio unico desiderio è quello di uscire da li.

Uscito dalla piscina riesco piano piano a stare in piedi, fortunatamente alcuni miei amici mi aiutano a camminare, o meglio a non cadere, da qui fino al ritorno so solo ciò che è successo da quel che hanno visto, ma sinceramente non ricordo niente, ricordo momenti in cui parlavo ma non ricordo cosa dicessi, sentivo solo un ronzio e ogni tanto un suono simile ad un fischio, ma non ricordo niente dell’accaduto, so che ho fatto una specie di conta di tutti i miei amici, e gli chiedevo di farmi domande basilari per confermare che non fosse niente di grave. Fortunatamente ci sono state persone che sono state accanto a me tutta la giornata, so che parlavo male delle persone che odiavo, e che spesso ripetevo le stesse cose, non sapevo cosa avessi al braccio, ma sapevo di averlo preso li.

Ormai sono quasi le due, normalmente Stefano è andato a casa, non potevo costringerlo a rimanere li una notte intera, mia madre sta iniziando ad irritarsi per la poca efficienza di un ospedale, ormai stavo per ricordare tutto, ma ancora era tutto offuscato, come se ogni immagine avesse una cornice fatta di luce, rimango seduto al mio posto aspettando che il tempo non passi troppo lentamente, e mi chiedo cosa sarebbe successo se non avessi preso quella botta in testa.

Non vedo più le piscine, ma vedo il mare, blu fresco, della baia di Ieranto, dove eravamo andati una settimana prima, non vedo i lettini ma vedo le rocce calde, gli scogli e il sole bollente che sembra quasi bucarci la pelle, quando ad un certo punto chiedo ad alta voce “per quanto tempo ho dormito?”, i miei amici si sono stupiti di questa domanda, dato che non ho dormito affatto, so che una donna mi ha dato dello zucchero, ma non ricordo il suo volto. Il viaggio di ritorno è veloce e istantaneo, non ricordo niente, se non che ho appoggiato la testa ad un palo e stavo quasi per dormire. Essendo il compleanno di Emy siamo saliti a casa sua, ricordo una torta di fragole, delle coppette di cioccolato con crema al caffè, ricordo di aver avuto qualcosa di freddo sulla tempia, poi la scena si catapulta in mezzo alla strada, dove ci fermiamo in un enorme gazebo di metallo chiamato “cassarmonica”.

Ormai sono le due di notte, vedo mia madre arrabbiata ed irritata, che spesso scambia sguardi con il dottore, che spesso cammina freneticamente, vorrei avere l’energia che ha lei, le persone mi parlano ma io riesco a emettere pochi suoni, nonostante abbia parlato tutto il giorno.

Li capisco tutto, sono abbastanza lucido da capire che non ero lucido, continuo a ripetere di aver passato la giornata a mare ma tutti insistono sul fatto che siamo andati in piscina, cosa cavolo sta succedendo? Contattano mia madre e le raccontano l’accaduto, non so come riesco a sbloccare il telefono e i miei amici riescono a contattarla, e lei arriva quasi subito, qui io insisto sul fatto di essere andati al mare, ma uno di loro ormai stufo mi urla “credi di essere andato a mare? Bene, leccati il braccio!”, io avvicino la lingua, aspettandomi il solito sapore salato, ma la mia lingua sente solo il forte sapore di cloro, che quasi mi soffoca.

Mia madre sta urlando ad una dottoressa, tutti la guardano, ma sembra non fregarsene, ha ragione, siamo da più di sei ore qui dentro, il tempo sembrava essersi fermato, eppure è passato anche troppo velocemente, mi avvicino a mia madre e riesco a sentire ciò che si dicono lei e la dottoressa, a quanto pare per lei non c’è niente di preoccupante, solo che il colpo è stato molto forte, e potrebbe avermi causato allucinazioni, e perdita di cognizione del tempo e dello spazio, finalmente riesco a pensare lucidamente a tutto, al suono di quelle parole, ecco perché dalle piscine sono arrivato al mare, era un allucinazione.

A quel punto la mia lucidità inizia a tornare, e capisco che la cosa è preoccupante, e la mia mente inizia ad elaborare qualsiasi ipotesi catastrofica, poi ad un certo punto un mio amico mi fa ascoltare una registrazione, fatta prima di salire sul treno, dove abbiamo la stessa discussione sul mare e le piscine, e registra lo stesso episodio del braccio, il solo suono della mia voce mi fa risvegliare da una specie di coma, e da li inizio a pensare abbastanza lucidamente, quando arriva mia madre, decidiamo di andare all’ospedale.

Siamo in macchina, in viaggio verso casa, mia madre chiama mio padre e gli dice tutto l’accaduto, e mi ordina di mangiare qualcosa una volta a casa, la nausea è passata ma non ho tanta voglia di mangiare, tento di rimanere sveglio per cercare di ricordare il più possibile, e perché pian piano il dolore si sta alleviando, ma mi hanno detto di prendere medicine abbastanza forti,  casa dopo un paio di pillole cerco di mandare giù qualche pezzo di pane, ma il cibo sembra bloccarsi sulla trachea ogni volta, e mi costringe a bere, resisto fino alle tre e mezza di notte, quando mi poggio sul letto e crollo in un sonno profondo, ricordando l’accaduto e sperando di dimenticarlo.

Arrivati all’ospedale ci mettiamo un po’ a registrarci, ma quando arriviamo davanti alla sala della tac troviamo altra gente, allora decidiamo di sederci, Stefano inizia a parlarmi e per la prima volta riesco a parlare lucidamente, ha una parlantina molto veloce, e a volte mi perdo nelle parole, la situazione rimane così fino a quando chiamano il mio nome ed entriamo in un corridoio lungo, devo aspettare ancora? A questo punto mi avvicino alla finestra e inizio a pensare.
 
La mia mente è ancora annebbiata, continuo a ripetere mentalmente le stesse cose da ore per cercare di ricordare, mentre faccio tamburellare le dita sulla ringhiera della finestra, osservando il parcheggio dell’ospedale, continuo a sperare che non sia niente di grave.  .  .
  
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