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Autore: SabrinaSala    04/08/2015    9 recensioni
"...Sdraiato supino sul letto, un braccio dietro la nuca e l’altro appoggiato sul ventre piatto, pantaloni e calzari ancora indosso, Johannes accolse così, sfacciatamente seducente, le prime, impertinenti luci dell’alba. «Proteggere una donna, salvaguardare la sua persona, è il compito più difficile e più importante al quale un uomo possa essere chiamato. Ne sarai all’altezza?»"
***
Sacro Romano Impero Germanico. Città di Rosenburg. Anno Domini 1365
Quando Johannes, altero e affascinante capitano delle guardie cittadine, riceve l’incarico di proteggere Madonna Lena, pupilla del Vescovo di Rosenburg, solo Justus, l’amico di sempre, può trovare le parole per chetare il suo animo inquieto.
Pedine inconsapevoli di un gioco iniziato quando ancora erano in tenera età, Justus, Johannes e Lena si troveranno loro malgrado coinvolti in un ordito di peccati e di colpe… Sarà sufficiente lo stretto legame con il Vescovo-conte, reggente della città, loro padrino e benefattore, a salvare le loro anime?
***
"Miserere mei Deus secundum magnam misericordiam tuam" ("Pietà di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia") – dal Salmo 51
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo, Inquisizione
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       Capitolo 6 - Come fuoco




Dalla porta aperta, una lama di luce penetrò e affondò nella penombra umida della taverna. Subito dopo, una figura si stagliò sulla soglia.
La sua apparizione, silenziosa e improvvisa, zittì immediatamente gli avventori. Poi, ognuno tornò ai propri affari. I commercianti a trattare, gli artigiani a bagnarsi la gola tracannando avidamente boccali di birra schiumosa, i viandanti a rifocillarsi. Il tutto, tra risate e schiamazzi.
Johannes percorse con lo sguardo  l’assito squassato e grasso. Consumato dal passaggio di centinaia di piedi al giorno. Poi, i suoi occhi grigi risalirono lungo il bancone, fino ad incrociare l’uomo che stavano cercando. Heinrich Kraft!
«Nemmeno il tempo di tornare in città e ti infili in taverna a riempirti di birra? » lo schernì.
Il soldato, le larghe spalle impolverate, si alzò rumorosamente dallo sgabello che stava occupando, e con un cenno del capo omaggiò il superiore che non vedeva da diverse settimane. Il suo largo sorriso anticipò di poco una delle sue fragorose risate.  Biondo, poco più grande di Johannes, più massiccio e alto del capitano, Heinrich era anche più propenso al sorriso e al divertimento.
«Tutto può aspettare, capitano! La birra aromatizzata di Peter Hoffman no! » rise, accennando al boccale che teneva in mano.
Tornò a sedersi, rivolto al compagno d’armi e, mimando un brindisi, saltò tutti i convenevoli arrivando al dunque, come sua abitudine.
«Ho saputo del tuo nuovo incarico» bofonchiò, fingendo indifferenza, sorseggiando la birra e poi passandosi il dorso di una mano sulle labbra umide di schiuma.
Johannes occupò lo sgabello libero accanto al suo, senza  rispondere alla domanda, irritato dalla sua proverbiale spontaneità ma felice di riaverlo tra i suoi uomini. Lieto di sollevare il giovane Endres da un compito forse ancora troppo gravoso per lui.
Passò una mano tra i capelli bagnati, poi si pentì  e prima che Heinrich potesse riaprire bocca, insistendo sull’argomento o chiedendogli spiegazioni circa il suo tuffo nel Danubio, cambiò rapidamente discorso.
«Com’è andato il viaggio? » domandò
Non c’era bisogno di dire come avesse saputo del suo ritorno e dove trovarlo. Le notizie giravano veloci, a Rosenburg e Johannes, in qualità di capitano della guardia cittadina, era tenuto a conoscere ogni movimento di merci e persone. Che si trattasse di suoi concittadini come di emeriti sconosciuti.  Ed Heinrich non era proprio uno sconosciuto, sorrise.
«Benissimo» rispose l’altro con un’enfasi esagerata e una smorfia, facendo una mezza rotazione su se stesso e tornando a puntare i gomiti sul bancone «Il nostro Imperatore può essere soddisfatto» ironizzò.
Johannes studiò il profilo energico del proprio vice. L’importante campagna di reclutamento che lo aveva impegnato nelle ultime settimane, aveva sollevato da subito le perplessità di Heinrich. Ma era un soldato, un ottimo soldato. E come tale aveva risposto alla chiamata e aveva girato il territorio della Contea in lungo e in largo pur di scovare “carne fresca”, come era solito chiamarla, atta a rimpolpare le fila dell’esercito imperiale. Esercito al quale Johannes stesso si sarebbe unito volentieri.
«Lei com’è? » domandò  il soldato biondo, a bruciapelo, senza guardarlo. Tornando sull’ argomento che evidentemente lo interessava di più.
Johannes sollevò un sopracciglio. Serrò le labbra. Poi decise di rispondere, consapevole che altrimenti non avrebbe avuto scampo.
«Diversa» disse, e questa volta fu Heinrich a voltarsi nella sua direzione e ad alzare un sopracciglio.
«Diversa dalle nostre donne» tagliò corto Johannes.
«Non hai nient’altro da dirmi? » continuò l’armigero imperterrito, prendendo ancora un paio di sorsate di birra «Tipo… perché hai i capelli bagnati a metà pomeriggio? »
Se ne era accorto!
Insolente, sorrise Johannes, corrugando la fronte. Ma non ebbe il tempo di rispondere, perché al lieve smorzarsi della luce che arrivava dalla porta alla sua destra, seguì repentinamente il suono di una voce che conosceva fin troppo bene. 
«Non vedo come possa tenervi al corrente dei miei movimenti se non conosco i vostri! » la voce calma ma tagliente di Madonna Lena sferzò l’aria   rarefatta e umida della taverna rimanendo sospesa sulla testa degli astanti, improvvisamente immobili. Ma bruciando come un marchio a fuoco sulla pelle di Johannes.
Seguendo lo sguardo ammirato di Heinrich, il capitano si volse in direzione della ragazza, ferma sull’uscio, fasciata da un bell’abito verde, evidentemente ritenuto più idoneo ad una passeggiata in città rispetto a quello rosso indossato per il ritratto, decisamente più appariscente. Alle sue spalle, il soldato al quale aveva dato incarico di sostituirlo per il tempo di quella sua breve evasione e la giovane Hanna che esprimeva il proprio dissenso alla decisione della padrona osservando tutto e tutti con aria inviperita. Forse dimenticando che la metà degli avventori la conosceva intimamente e faticava a credere a quella sua espressione carica di sdegno ed esagerato imbarazzo.
«Ho assolto al mio dovere, madonna» disse Johannes serrando la mascella «Non siete mai rimasta sola»
Lena oltrepassò la soglia, innescando la curiosità degli avventori e l’immediata reazione di Johannes.
Alzandosi repentinamente dallo sgabello, il capitano le si parò dinnanzi, impedendole di procedere oltre, quasi a voler fare da scudo tra lei e gli sguardi del popolo.
Impudente! Si ritrovò a pensare… E per la seconda volta si chiese se quella donna avesse la vaga idea del significato della parola “pudore”.
«Il compito di scortarmi è stato assegnato a voi, capitano. Esistono delle regole. E le regole vanno rispettate» precisò la pupilla del Vescovo, incurante dell’espressione furente di Johannes. Rinfacciandogli  per ben due volte le sue stesse parole.
Il capitano serrò la mascella, intenzionato a non farsi sbeffeggiare.  ma qualcosa, nello sguardo di lei, lo fermò. Qualcosa in quegli occhi nocciola era cambiato. Una luce o forse un’ombra diversa. Johannes non avrebbe saputo dirlo.
Heinrich diede di gomito all’amico, avvicinandosi al suo orecchio destro.
«Molto diversa… » fischiò a fior di labbra, facendo riferimento alla scarna ma evidentemente precisa descrizione di poco prima, gli occhi incatenati alla giovane donna dai capelli scuri. Alta e snella, eppure morbida nei punti strategici. Un corpo deliziosamente scolpito, pensò, e un volto pericolosamente attraente, caratterizzato da quegli accesi occhi nocciola.
Accennò un inchino.  
«Le voci che circolano su di voi non vi rendono giustizia, madonna! » la adulò «Così come il tiepido giudizio del vostro “mastino”… » continuò prendendosi gioco di Johannes, aprendo quel suo grande sorriso spaccone. «Heinrich Kraft, capitano in seconda di Rosenburg, per servirvi, mia signora… »
Lena sfiorò con lo sguardo quell’imponente armigero biondo dal bel volto squadrato. La rada barbetta incolta, appena accennata, e l’ abbigliamento impolverato le dissero che l’uomo era appena tornato in città. I suoi occhi e il suo sorriso la conquistarono.
Chinò leggermente la testa e gli sorrise di rimando, con naturalezza.
«Bentornato, messere»
Heinrich le puntò gli occhi blu dritti in volto e allargò ulteriormente il proprio sorriso.
«Splendida e arguta, nostra signora… »
Lena sorrise, compiaciuta dal primo complimento che riceveva da giorni, dimentica del motivo che l’aveva condotta fino alla taverna. Il desiderio di punire Johannes. Reo, in qualche modo,  di averla “sedotta” e “abbandonata” alla mercé di un irritante ritrattista in preda all’estasi dell’ispirazione.
La complicità evidente tra quella donna e Heinrich urtò il capitano, così come quelle sdolcinate frasi da corteggiamento.
«Frena la tua baldanza, Heinrich» s’intromise «Nostra signora è promessa in sposa a un giovane marchese di belle speranze» sorrise sarcastico, puntando lo sguardo indecifrabile in quello di lei.
E quando le belle labbra rosse di Lena si serrarono indispettite, accentuò il proprio sorriso.  «Avanti!» continuò, poggiando con forza una mano sulla spalla del soldato, senza tuttavia distogliere lo sguardo dal volto tirato della ragazza «Usciamo da qui! Ho voglia di un paio di affondi! »
Heinrich, sogguardò l’amico e capitano con una certa diffidenza, allungando le labbra in un sorriso malizioso. Incerto se quelle parole fossero realmente rivolte a lui o nascondessero, invece, un qualche codice cifrato. Un qualche messaggio indirizzato alla bella straniera. Poi, deciso a non lasciarsi scappare l’occasione di un bel confronto a fil di spada, annuì energicamente.
«Ottima idea! Ho proprio bisogno di sgranchirmi le ossa con un avversario degno di questo nome! » rise afferrando il boccale e bevendo l’ultimo sorso di birra.
Chiedendo garbatamente commiato, recuperò il mantello abbandonato su uno sgabello vicino, e precedette Johannes in strada.
Ma prima di uscire, non ancora soddisfatto, il capitano lanciò alla ragazza un’occhiata e un sorriso compiaciuto.
«Avete due possibilità, madonna» esordì «Tornare al palazzo vescovile con il mio uomo e aspettarmi lì o seguirci» la sfidò, spinto da una qualche forza maligna «In entrambi i casi, sarò di ritorno  prima del Vespro»
Maddalena Aicardo non batté ciglio. Rivolse un’occhiata al soldato in attesa fuori dalla taverna, oltrepassò la soglia e accettò il braccio che questi le offriva.  
 
***
 
Un rumoroso volo di piccioni accolse il piccolo drappello in quella che era la piazza d’armi di Rosenburg, a ridosso  degli alloggiamenti dei soldati, nella zona nord est della città.
Lungo la strada che dalla taverna di Hoffmann li aveva condotti fino alla zona militare, Johannes aveva evitato accuratamente di guardare Lena e Heinrich procedere a braccetto, impegnati in una qualche divertente conversazione. Si era trincerato in un ostinato silenzio, biasimandosi e chiedendosi quale  malefico demone si fosse impossessato di lui, quel pomeriggio, suggerendogli quell’assurdo comportamento.
Ma non appena ebbe messo piede in quella che, fino a qualche giorno prima, era stata la sua casa, ogni pensiero svanì. Vinto dallo stridere della spada nell’atto di uscire dal fodero che la rivestiva.
Di fronte a lui, la voglia di scrollarsi di dosso un po’ di polvere e il ricordo delle lunghe giornate di marcia, così come i manichini debosciati  incontrati in quel suo peregrinare, Heinrich Kraft pronto all’affondo.
A distanza di sicurezza, Maddalena Aicardo, Hanna e il giovane soldato che aveva fatto loro da scorta.
I due armigeri, fronteggiandosi, sembrarono studiarsi. In realtà, cresciuti insieme nella disciplina delle armi, non ne avevano alcun bisogno e questa fase  durò il tempo di uno sguardo. Lo scontro che ne seguì fu squisitamente fisico. Maschio. Niente di accennato, di abbozzato. Ogni passo, ogni mossa, ogni affondo era la pura espressione di una  necessità fisica. La proiezione di una virilità che ambiva al proprio sfogo.
Le spade si cercavano, si fondevano, si respingevano in un gioco pericoloso e possente. Poi si cercavano ancora, in un cozzare assordante.
Lena, lo sguardo avvinto da quella prova di forza, non indietreggiò quando, spinto dall’impeto di Heinrich, impegnato a evitare il suo attacco, Johannes  rotolò fin quasi ai suoi piedi. Fermandosi ad appena un passo da lei. Chinò il capo, curiosa, e lo guardò.
Il capitano le rivolse un’occhiata fugace, assicurandosi di non averla sfiorata, ansioso di rimettersi in gioco. E quello che lei vide, fu un altro uomo…
Un uomo trasfigurato dall’eccitazione. Lo sguardo acceso, febbricitante. Le labbra tirate nel sorriso di chi si sta divertendo: malizioso, soddisfatto e compiaciuto al tempo stesso. Un uomo  ansimante. Pura essenza. Il volto impastato di polvere e sudore. I capelli appiccicati sulla fronte e sul collo.
L’espressione di quel viso, di quegli occhi grigi e di quel sorriso, il primo, vero, che gli avesse mai visto, la colpirono.
Un languore improvviso le attraversò le membra. Come un fremito incontrollato.  Schiuse le labbra, spinta da un impulso irrefrenabile, e inspirò profondamente. Le sembrò di soffocare. Impossibile distogliere lo sguardo. Socchiuse le palpebre. Sussultò. Johannes doveva essersene accorto.
Un attimo dopo si era già voltato, riportando l’attenzione sull’avversario. Catturando con gli occhi quel suo volto arrossato. Strappandole il cuore.
Con un impeto che ancora non gli conosceva, il capitano ribaltò la situazione, imponendosi su Heinrich con agilità e destrezza. E la sua superiorità non tardò ad emergere, finché la  spada del soldato scivolò a terra, mentre i due uomini, ansando, si fissavano negli occhi, sorridendosi a vicenda.
Lena emise un flebile sospiro. Il suo unico desiderio, adesso, era tornare a Palazzo. Chiudersi nella propria stanza. Concentrarsi sull’imminente fidanzamento. Si pentì di aver voluto sfidare Johannes per l’ennesima volta. Si pentì di aver risposto a quella sciocca urgenza di andarselo a riprendere, delusa quando lo aveva visto abbandonare la sala dei ritratti.
Ma Johannes decise che non era ancora giunto il momento di fermarsi. Che non ne aveva avuto ancora abbastanza. O forse che non si era ancora punito abbastanza. Gli occhi nocciola di Lena, lo avevano trafitto ancora una volta… E il Demone era tornato a parlare.
Lasciò cadere la spada. Con un gesto della mano e un sorriso indecifrabile, esortò Heinrich a proseguire a mani nude.
«Facciamo vedere alla nostra signora come si battono due veri uomini…» sibilò, alludendo all’immagine sbiadita del giovane e imbelle Marchese che per qualche strano motivo sembrava continuare a fissarlo con i suoi vacui occhi celesti.
Ma l’attacco di Heinrich non arrivò mai. E neppure la punizione che cercava, che fosse un occhio pesto o un labbro spaccato. Muscoli indolenziti o un braccio rotto.
Arrivò la voce di Lena, invece. A fermare ogni cosa.
«Onestamente, non capisco a che scopo vi battiate come due galli in un pollaio» osservò, sorprendendosi della propria compostezza.
«Ad ogni modo, credo che per oggi abbiate già fatto abbastanza» continuò, galvanizzata dall’effetto che il proprio intervento aveva sortito. «Heinrich Kraft, penso abbiate bisogno di un buon bagno e di riposarvi, dopo il vostro viaggio. E il capitano è tenuto ad accompagnarmi a casa. Volente o nolente» concluse, certa della reazione piccata di Johannes, ma confortata dal sorriso amichevole di Heinrich.
Dopo un lasso di tempo che le parve interminabile, i due uomini  recuperarono entrambi la propria spada e la fecero scivolare nel fodero strappandole un sospiro di sollievo.
Inaspettatamente, attraversò la piazza d’armi e raggiunse i due armigeri sporchi di terra e polvere.
«Vi ringrazio per lo spettacolo, messer Heinrich… Sono certa che Rosenburg gioverà del vostro ritorno» disse, sostenendo lo sguardo ammirato e divertito del soldato. Poi scoccò un’occhiata severa a Johannes. Serrò le labbra e contro ogni previsione, sollevò una mano a togliere un filo d’erba appiccicato sulla guancia sporca del capitano.
«E voi… abbiate l’accortezza di darvi una ripulita prima di varcare la soglia del palazzo. Ricordatevi che anche i muri hanno orecchie. E soprattutto, occhi» sollevando le gonne perché non si impolverassero più di quanto non fossero già impolverate, Lena voltò le spalle ai due uomini. E a Johannes. Maledicendo in cuor suo la forza misteriosa e ineluttabile che l’aveva spinta a cercare quel contatto. Strusciò impercettibilmente le dita tra loro, rievocando la sensazione di quel calore sulla pelle. Inspirò profondamente. Consapevole di quanto stesse accadendo e di dovervi porre immediatamente rimedio.
Un’infatuazione inutile. Ecco di cosa si trattava.
Una dolorosa e inutile infatuazione…
Heinrich richiamò l’attenzione del capitano battendogli con il dorso di una mano sul corsetto impolverato, all’altezza del cuore.
«Andiamo» mormorò accennando all’abbeveratoio.
Con la testa sotto il getto d’acqua corrente, il soldato ridacchiò.
«Quella ragazza è fuoco! » disse, riemergendo un attimo dopo e incrociando lo sguardo incupito di Johannes. «E ti mangia con gli occhi. Dai retta a me! » si frizionò i corti capelli biondi con le mani.
Johannes infilò la testa sotto l’acqua fredda. Senza rispondere. Ma quando tornò a respirare, aveva ancora lo sguardo di Heinrich puntato addosso, in attesa.
«Non sono tenuto a guardarla né a pensare a lei in questi termini» obbiettò, passandosi le dita tra i capelli scuri, poi sul volto ripulito. Senza tuttavia riuscire a cancellare il marchio che Lena, sfiorandolo, sembrava avergli lasciato impresso sulla guancia. «E tu dovresti fare altrettanto»
Raddrizzando le spalle larghe e imponenti, Heinrich inspirò profondamente, socchiudendo gli occhi alla luce ormai tenue di quel giorno che stava lentamente scivolando nel tramonto.
«Gli anni trascorsi in convento ti hanno rammollito, amico mio! » sentenziò «Ma anche quel monaco, Justus, sarebbe più sveglio di te! » terminò afferrando da terra il mantello e scuotendolo energicamente dalla polvere, pronto a prendere commiato.
Poi ci ripensò e lanciando un’ultima occhiata a Johannes, lo ammonì con un sorriso severo:
«Ricordati le mie parole, capitano… Chi si avvicina troppo al fuoco, finisce inevitabilmente per scottarsi… ».


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IL CONFESSIONALE (ossia, l'angolo dell'autrice):
"Come fuoco" mi è costato un'immane fatica! Non lo avrei mai creduto... Soprattutto perché, la sua "essenza" mi apparve subito chiara nella sua totalità, subito alla fine del capitolo precedente. Invece, forse per la voglia di presentare al meglio un personaggio come Heinrich, o per la necessità di "diversificare" ulteriormente la presa di coscienza di Lena e Johannes, alla fine ci ho lavorato molto più del previsto! 
Finita questa premessa (più uno sfogo a mio uso e consumo che qualcosa di interessante per voi, ehehehe), eccomi a disquisire sul capitano in seconda: HEINRICH KRAFT (Kraft, in tedesco è sinonimo di forza, di energia... mi sembrava per questo il cognome più adatto. Anche se ero in dubbio con un altro paio di vocaboli. Vocaboli che non posso rivelare adesso. Ne andrebbe della storia stessa! Ve li svelerò più avanti... ma voi ricordatemelo, mi raccomando! Per il resto, lascio a voi il giudizio su questo "soldatone" dal sorriso un po' spaccone. Io ho la mia idea, ma non voglio influenzarvi, eheheh! 
Al prossimo capitolo, 
Sabrina 
   
 
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