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Autore: Tenue    04/08/2015    1 recensioni
"E' un mese e poco più di caduta nella più totale disperazione.
Non appena l'ultimo giorno dell'anno giungerà al termine, qualcosa si schianterà al suolo fatto di vetro e ghiaccio... "Sarà forse la tua vita?""
Genere: Sentimentale, Song-fic, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Piccola premessa: l'ultima parte del capitolo è scritta in grigio perchè parla di fatti accaduti 6 anni prima, io lo dico nel caso non si capisse ^^
Spero che il capitolo vi piaccia, buona lettura!

f a l l    b e t w e e n    t h e    p i e c e s    o f    g l a s s    a n d   i c e
5^ capitolo - No more

03 dicembre

Dylan era di fatto l'unico componente della band che cercava i testi delle canzoni che suonavano. Non aveva mai fatto molto caso al significato delle parole che urlava davanti al microfono, semplicemente gli piaceva leggerle, le trovava belle, come una poesia.
Eppure, non aveva mai notato l'immagine che si creava dietro al testo.
“No more” era una canzone che gli piaceva particolarmente: il ritmo, le note, ma le parole...solo in quel momento le vide come uno specchio. Uno specchio nella quale si rifletteva la sua anima tormentata.

Give me reason to stay here
Cause I don't want to live in fear

Dammi una ragione per rimanere qui
Perchè non voglio vivere nella paura


Dylan aveva paura. Pregava che il dolore dentro di sè si fermasse, implorava i suoi sentimenti di lasciarlo in pace; ma quel pensiero rimbombava costantemente nella sua testa, come una canzone. Una canzone le quali parole lo facevano gridare dal dolore. E le sentiva quelle grida dentro di sè...
Oppure come una poesia, che evoca immagini troppo forti, troppo macabre per essere sopportate.
“Basta...ti prego”

I can't stop the rain
But I can stop the tears

Non posso fermare la pioggia
Ma posso fermare le lacrime


“Posso fermare...le lacrime?”
C'era un solo modo, alla fine. E quell'idea era in qualche modo sempre stata presente nella sua testa, nonostante fosse lui stesso ad impedirsi anche solo di pensarci.

O vivi nella paura o dici basta.
Perchè rimaniamo? Andiamo via.
Questo era ciò che aveva compreso dal testo della canzone che ormai non riusciva più a togliersi dalla testa.

No more
I just can't live here
No more
I can't take it
can't take it
No more
what do we stand for?
No more
when we all live in fear

Basta
non posso proprio vivere qui
Basta
non posso farcela
non posso farcela
Basta
per cosa rimaniamo?
Basta
Quando tutti viviamo nella paura


-Dylan?-
Il biondo alzò la testa, e vide Zack osservarlo preoccupato.
-Dylan non preoccuparti, andrà tutto bene.- disse con quella sua voce gentile, che infondo lo caratterizzava. -Kelly è una dura, adesso lo starà prendendo a calci in culo.-
Ovviamente sapeva che non era vero, nè tanto meno possibile.
Dylan sospirò.
Come stava Kelly? Anzi, era ancora viva?
Foster sapeva che Kelly era a conoscenza dell'omicidio della madre?
Quelle domande gli si stavano contorcendo dentro, si sentiva soffocare.

Ma in fondo, sarebbe stato così  semplice mettere fine a questo strazio.
Smettere di soffrire, ma a quale prezzo? La sua vita, certo; ma a qualla non aveva pensato molto. Il motivo principale che gli impediva di ammazzarsi era Kelly. Come poteva essere tanto egoista e codardo per lasciar soccombere la persona che amava, mentre lui diceva addio alla sofferenza?

Si alzò dal divano sulla quale era rigidamente seduto, e si diresse verso la scrivania. Prese tra le mani una delle pistole lì appoggiate.
-Zack, dove le hai trovate queste?-
-Un mio amico mi doveva alcuni favori.- Spiegò vagamente.
Dylan osservò l'oggetto, rigirandolo tra le mani. Passò le dita lungo la canna, per poi fermarsi ad osservare il foro in fondo ad essa.
I suoi compagni s'irrigidirono nel vederlo con una pistola praticamente puntata addosso, ma prima che potessero dire alcunchè Dylan li precedette -E' senza munizioni.-
-Okay. Ma puntala comunque da un'altra parte, amico.-
Dylan abbassò la pistola. -Quando arriverà il momento...posso ucciderlo?
Il moro deglutì -Potremmo sempre dire che era leggittima difesa, non penso che la polizia faticherebbe a crederci.-
-Infondo, quelli non fanno mai un cazzo.- Disse  Vincent stiracchiandosi sul divano accanto a Nathan. -Non ci hanno neanche provato ad indagare su Foster e non hanno alzato un dito quando gli abbiamo parlato di Kelly.-
Zack scollò le spalle -"Mancanza di prove" hanno detto.-
-E invece...sono dei cagasotto- Disse con rabbia. -Perciò non penso proprio che ti faranno niente se ammazzi un criminale.-
-Gli faresti un piacere.- Zack gli mise un braccio attorno al collo.
-Zack?-
-Dimmi biondino-
-Cosa stiamo aspettando esattamente?-
-Bhe non possiamo agire se non sappiamo dove andare, no? Kelly non ti ha mai detto dove abitavano Foster e suo figlio?-
-No, evitava sempre il discorso.-
-Appunto. Un mio amico sta indagando.- Disse scompigliandogli i capelli con fare affettuoso. -E' un genio quando si tratta di queste cose.-

Sucessivamente, Zack aveva voluto che Dylan si fermasse a dormire da lui, avendo paura che perdesse il senno e che compiesse azioni che non avrebbe dovuto compiere. Lo accompagnò dunque nella camera degli ospiti, per poi andare in camera sua e crollare immediatamente nel suo letto, dimenticandosi degli altri due ragazzi che, incuranti dell'ora, ancora erano di sotto a guardare la televisione.
-Kelly è viva. Non riesco a pensare che non sia così.- Disse Vincent a Nathan, mentre stavano sdraiati sul divano a girare i canali. Nat aveva la testa poggiata al bracciolo, mentre Vincent, non trovando altro spazio, dato che l'altro era sdraiato lungo tutto il divano, gli si era letteralmente disteso sopra.
-Vince.-
-Mmh.-
-Ti spiacerebbe spostarti?-
-Ma io sto comodo.-
-Sì, ma io no.- Disse seccatamente tirandogli una ginocchiata e facendolo rotolare per terra.
Vince represse l'istinto d'insultarlo, cominciando invece a punzecchiarlo per farlo infastidire.
I due iniziarono così a spintonarsi per ottenere il posto sul divano.
Vince e Nat sembravano in tutto e per tutto due fratelli. Nonostante i loro caratteri opposti.
Vincent era uno stronzo. O almeno così lo presentava Nathan.
Si erano conosciuti all'asilo, e anche a quel tempo lui sapeva essere piuttosto arrogante e prepotente, e in ogni discussione pretendeva di aver ragione, sempre.
All'inizio si erano odiati, ma divennero amici inseparapili quando, alle elementari, Vince prese le difese di Nathan davanti un gruppo di bulletti che lo stavano prendendo in giro. Lui non aveva detto niente, troppo timido e spaventato per potersi difendere, eppure, improvvisamente Vincent gli si era parato davanti e aveva cominciando ad insultare i bulli con parole che probabilmente un bambino della sua età non avrebbe dovuto conoscere. 
Nathan gli aveva chiesto perchè lo avesse fatto, e lui in tutta risposta aveva alzato le spalle.
-Istinto- gli aveva detto.
Il biondo aveva poi dedotto, che l'altro non aveva amici, per il suo carattere complicato probabilmente, così gli rimase sempre vicino da quel giorno.

Nat cadde sconfitto sul tappeto. -Hai vinto, hai vinto Vince. Mi arrendo.- Disse alzando le mani.
Vince sorrise soddisfatto, facendo dondolare le lunghe gambe. Nat sospirò. Si mise a sedere con le gambe incrociate, e rilassò la schiena contro il divano; appoggiò la testa contro una delle gambe dell'altro, chiudendo gli occhi.
-Mi manca Kelly...-
Vince gli passò una mano tra i morbidi capelli biondi. -Anche a me...-

 03 dicembre
-Tieni-
La figura scura, appena apparsa sull'uscio della porta, le lanciò un pezzo di pane.
Lo scantinato cominciava a diventare buio a causa dell'ora tarda. Dalla piccola finestra in alto filtrava un po' di luce, proiettando lunghissime ombre.  Kelly afferrò il pane, cominciando a morderlo avidamente, nonostante avesse preferito tirarglielo addosso, senza cedere alla fame che le stava divorando lo stomaco.
Foster le si avvicinò, ma lei continuò a mangiare indifferente. Sapeva che lui non le avrebbe fatto del male. Per quanto ne sapeva, solo il figlio poteva maltrattarla e aveva proibito al padre anche solo di toccarla.
-Sai Kelly...- Lei continuò a mangiare senza alzare lo sguardo, ma rimase comunque in ascolto.
-Mi sono accorto di una cosa...Fino a poco fa mi ricordavi molto tua madre...-
Lasciò cadere il pane a terra. Ci aveva messo così tanto tempo per abituarsi a convivere con la morte di sua madre, ed era convinta ormai che quel pensiero non le desse più dolore, ma  sentirla nominare la ferì inaspettatamente e sentì le lacrime che cominciavano a velarle gli occhi, quando i ricordi a lei legati riaffioranono.
"Non sei poi così forte, no Kelly?"
Mentre tentava vanamente di contenersi, Foster proseguì -Lo stesso sguardo vacuo, quella stessa...disperazione che vi si leggeva sul viso- Kelly fu disgustata dal vedere Foster così preso mentre ricordava sua madre così. -e poi, quella stessa follia che vi stava consumando lentamente il cervello...-
-Mia madre ha ceduto alla disperazione, io no.- sputò.
-Sì sì...vedo che ti sei ripresa_-
-C'è un motivo in particolare per cui sei venuto a rompermi le palle?-  lo interruppe cominciando ad irritarsi.
Foster rise -Beh niente, è solo che ho notato che ora assomigli molto più a tuo padre.-
-Eh?-
"Mio...papà?"
Foster fece per alzarsi, ma Kelly lo tratenne, per quanto potessero permetterglielo le catene a cui era stata legata.
-Aspetta!- Lui si girò, fissandola dall'alto in basso.
-Cosa sai di mio padre?- gli chiese.
Lui di divincolò facilmente dalla sua presa e si allontanò ridendo tra sè.
-Uomo coraggioso tuo padre...ma è stato alquanto stupido. Mettersi contro di me gli è costata la vita.-
"ma lui era morto per un incidente..."
-Foster!!!- gridò Kelly, prima di vederlo sparire dietro la porta.

 

03 dicembre - 6 anni prima
-Voglio che lasci in pace la mia famiglia, bastardo!-
Il signor Withingale non alzava mai la voce, non era mai agressivo nè tanto meno usava parolacce. Ma in quel momento, si era alzato dalla sedia e, sbattendo le mani sulla scrivania con forza, aveva urlato quelle parole con disgusto nella voce. L'uomo dietro la scrivania intanto, aveva giunto le mani davanti al viso e sbuffato una risata.
-Non capisco proprio cosa intenda signor Withingale. Sono solamente un onesto direttore di una società, io non...-
-Non blaterare scuse, maledetto... Credi che non veda come torna a casa mia moglie da lavoro, voglio sapere che cazzo le fai! Eh? Che cazzo le fai?-
-Intanto mi dia del lei...- Disse non curante. Di fatto non aveva ascoltato una singola parola.
Withingale, ignorando le sue parole, continuò a sfogare tutta la rabbia accumulata in quel periodo di tempo.
-Non avvicinarti mai più a mia moglie e mia figlia!- Disse, ricordando la cena a casa loro di due mesi prima. -Dio, è una bambina!-
Infine si sedette e riprese fiato. Non era abituato ad urlare a quel modo.
Era un uomo dolce lui; si prendeva cura della sua bambina e di sua moglie con affetto e amore; ma non poteva sopportare che quell'uomo, gli portasse via la felicità della sua famiglia.
-Foster...- Disse quando finalmente si calmò -Perchè hai preso di mira proprio lei?-
Lui si alzò piano e si girò verso la finestra. -Tua moglie... è solo un ostaggio...- Disse a bassa voce. -E con questo, ho già detto troppo.-
-Che cosa...- Fu interrotto dallo squillare di un cellulare. Foster infilò una mano nella tasca della giacca e prese il telefono.
-Emmanuel...- Sussurrò mentre il suo sguardo si incupiva fissando il nome sul display. -Se ne vada Withingale.- e detto questo portò il cellulare all'orecchio.
Withingale uscì di corsa, sbattendo la porta, lasciando l'uomo da solo.
Foster prese un bel respiro e rispose -Ciao figliolo...-


Foster appoggiò il cellulare sulla scrivania.
-Non proccuparti Emmanuel.- Sussurrò a se stesso -Tuo padre adesso risolve tutto.-


Il signor Withingale frenò all'incrocio, aspettando che le persone attraversassero la strada. La rabbia di prima era stata sostituita dalla tristezza, e in parte anche paura. Doveva assolutamente fare qualcosa per sua moglie e sua figlia. Premette l'acceleratore e ripartì, imboccando una delle strade di periferia.
Quelle strade erano deserte a quell'ora; c'era solo un auto dietro di lui.
Era perso nei suoi pensieri, ma si accorse di quell'auto che lo stava velocemente raggiungendo.
" 'Sti pirati della strada, questo vuole superarmi..." Pensò.
Osservò dallo specchietto l'auto. L'uomo che la guidava doveva essere ubriaco, sbandava un po', la sua guida era quasi tremolante. Ormai era vicinissimo.
-Cristo, questo vuole fare un incidente, eh!-Disse con rabbia.
Improvvisamente perse il controllo della macchina e prima che potesse allontanarsi dall'auto o anche solo realizzare cosa stava succedendo, si schiantò contro qualcosa che non vide. Non vide niente, e sentì degli strani e dolorosi suoni. Un dolore accecante lo colpì improvvisamente alla schiena, per poi diffondersi pian piano in tutto il corpo. La vista era offuscata, ma percepì comunque il liquido caldo che scendeva tremolante sulla sua pelle.
Mentre cominciava a singhiozzare sommessamente desiderò con tutto se stesso che quello strazio finisse. 
"Basta, non ce la faccio più"
E in quel momento, parve che l'universo avesse voluto esaudire il suo ultimo desiderio. Sentì ogni forza mancargli e il dolore attenuarsi. Prima di morire però, un ultimo accecante pensiero invase la sua mente. Rivide la sua bambina, vividamente, sorridergli mentre giocavano. 
Ma ormai era troppo tardi. Il desiderio era già stato esaudito.

L'auto si fermò a qualche kilometro di distanza. Foster prese il telefono e con un sorriso isterico sul voltò parlò.
-L'ho fatto, figliolo. L'ho fatto.-


Fine V capitolo


canzone: No more dei Three days grace
  
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