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Autore: Irene Adler    27/01/2009    2 recensioni
Winry prenderà una decisione difficile: Abbandonerà la sua vita, la sua casa e il suo mondo per ritrovare loro…lui.
Fra intrighi, rivolte e guerre in un mondo ridotto allo stremo dal primo conflitto mondiale, sulla carta concluso, ma ancora in atto, si dipana la vicenda di tre ragazzi che, se il destino vorrà, si incontreranno ancora una volta…
[Ambientazione post film] [Attenzione, presenza di diversi alter!] [EdWin...]
Genere: Introspettivo, Guerra, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Un pò tutti, Winry Rockbell
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3

Incomprensioni: Un mondo così nuovo, così conosciuto.

by Irene Adler

 

 

L’impatto fu violento da farle temere di morire sul colpo senza neppur rendersi conto pienamente della situazione. Sentì la lamiera del mezzo accartocciarsi su se stesso con uno stridore terrificante, cigolando e lacerandosi con una facilità sconcertante.

Mai era salita su un mezzo simile e, mentre l’abitacolo si accartocciava per il violento urto, per un istante sperò di non dover mai più salire su un simile aggeggio, nonostante le sue parti meccaniche fossero, per una maniaca della meccanica come lei, qualcosa di tremendamente affascinante.

Ciò che rimaneva dell’aereo si capottò per l’ultima volta, avvolto da una nube di polvere e detriti, per poi finalmente fermarsi.

La prima cosa che Winry Rockbell pensò, scontata ma rincuorante, fù che era vita e avrebbe sorriso se non fosse stata per la paura che ancora le sconquassava il petto.

-E’ già qualcosa Winry, il peggio è passato- si disse riaprendo gli occhi che poco prima aveva serrato. Le mani le tremavano mentre si passava il dorso di quella destra sulla fronte, ma non vi badò, anche perché, oltre ad esse, tutto il suo corpo tremava per ciò che aveva vissuto pochi secondi prima.

Prima di spostarsi nell’abitacolo, ormai quasi del tutto sventrato nell’impatto, si tastò le gambe per verificare se ci fossero eventuali ferite, poi fece lo stesso con le braccia e il busto; il risultato fu meno grave di quanto pensasse: la caviglia destra nell’impatto aveva subito una botta non indifferente, ma non tanto grave da preoccupare, la spalla destra le doleva e probabilmente l’omero era uscito dalla sede dell’articolazione ma per metterlo a posto sarebbe bastata la giusta manovra e un po’ di sangue freddo. Ciò che la preoccupava maggiormente era l’ematoma alla tempia sinistra, che le sfocava la vista ed iniziava a provocarle giramenti di testa particolarmente fastidiosi.

-Devo uscire di qui…-

Non conosceva le condizioni del mezzo e se questi perdeva carburante avrebbe potuto prendere fuoco e ucciderla.

-Sarebbe il colmo… riuscire ad attraversare il portale per poi morire fra le fiamme…-

Poggiò mollemente una  mano al vetro dell’abitacolo, per buona parte scheggiato e in frantumi, tentando di aprire il portellone.

-Non esiste…che io muoia in un posto simile!Non dopo tutto quello che ho fatto…-

Cercò di fare leva con il braccio sano, ma non ottenne risultati migliori e il portellone continuò a rimanere bloccato, imprigionandola al suo interno.

Si abbandonò contro il sedile respirando affannosamente, mentre la vista si appannava sempre più; cercò di riacquistare un po’ di lucidità per trovare il modo di uscire da lì in fretta, mentre le sembrava di udire il lieve crepitio di un fuoco.

-Che la benzina abbia preso fuoco?-

Sentendo l’odore di fumo tentò di spingere con tutte le proprie forze il portellone, mentre la paura cresceva sempre più incontrollata dentro di lei.

Le fiamme iniziarono ad intravedersi nello squarcio sulla fiancata, minacciandola con i suoi colori violenti.

-Apriti! Apriti! Io non posso…! Non qui dentro!-

Le spinte divennero pugni, che si fecero man mano sempre più violenti.

“Dannazione!” gemette a denti stretti, mentre la vista le si offuscava sempre di più.

Sentì con orrore di star per perdere coscienza e si gettò con tutte le sue forze contro l’uscita dell’abitacolo, senza riuscire a muoverlo.

Scivolò contro la superficie liscia e fredda dell’aereo, mordendosi a sangue il labbro per tentare, con il dolore, di non svenire.

-Ed…Al…-

Il fuoco divampò al suo fianco e pian piano l’incoscienza prendeva possesso del suo corpo.

Con gli ultimi barlumi di ragione la sua mano si chiuse sul piccolo ciondolo che portava al collo, nel quale vi era una foto di lei, Ed e Al da piccoli.

“Alphonse…Edward…mi dispiace”

Poteva sentire il calore del fuoco al suo fianco.

“Temo…”

Qualcosa al suo fianco si spostò, ma lei aveva quasi del tutto perso la percezione di ciò che la circondava.

“…che non ci sarà una prossima volta...”

Una figura si stagliò fra il rosso sanguigno delle fiamme.

“…per noi”

 “Ehi tu, che ci fai qui dentro?!”

Un viso sfocato apparve dall’altra parte del vetro dell’abitacolo ma Winry ormai riusciva solamente a distinguerne a mala pena le fattezze umane, mentre tutto si faceva sempre più confuso nella sua mente.

“Non preoccuparti, ora ti tiro fuori!”

Un sorriso appena accennato le comparve sulle labbra, poi sprofondò nell’oblio.

“Ehi! Ragazzina, rimani sveglia!”

All’esterno dell’abitacolo lo sconosciuto afferrò una sbarra di ferro per far leva sul portellone, applicò tutto il suo peso per smuovere l’ostacolo e, con un suono metallico, il portellone si aprì di qualche centimetro.

 “Resisti ancora un po’! Ci siamo quasi!”

I cardini cedettero, lasciando spalancare l’uscita dall’abitacolo.

“Ragazzina! Ragazzina!”

Non ricevendo risposta, l’uomo si sporse all’interno delle lamiere ed estrasse il corpo inerte della ragazza, prendendola fra le braccia e sottraendola al fuoco che ormai aveva attecchito anche al corpo principale del piccolo aereo.

Questi si allontanò in gran fretta chiamando all’attenzione altre persone che stavano nelle vicinanze, già precedentemente avvisate dal rumore causato dall’impatto dell’aereo della ragazza, che stavano già organizzando tutto il necessario per placare l’incendio.

“Heiz il fuoco si sta propagando! Portate le pompe dell’acqua, dobbiamo evitare che l’incendio si propaghi ulteriormente!”

“Sarebbe meglio chiamare i pompieri! Non abbiamo le attrezzature necessarie per far fronte…!”

“Certo Heiz, allora quando arriveranno qui sarai tu a spiegare loro cosa sia quella specie di porta dell’inferno che stà sopra le nostre teste!”

“C-Capisco…”

“Signor Huges! Che è successo, chi è quella ragazza?!”

“Non ne ho idea. E’ venuta da Shamballa, l’ho vista passare il portale con uno degli aerei di Thule, credo sia ferita in modo piuttosto serio!”

“Un medico! Chiamate un medico!”

Il crepitio del fuoco si faceva sempre più alto, ma un altro suono lacerava l’aria.

“Guardate lassù! Sta succedendo qualcosa al portale per Shamballa!”

“Presto, andiamo via di qui!!”

Se Winry fosse stata cosciente avrebbe sentito urla indistinte, un violento scoppio e avrebbe visto l’uomo che l’aveva salvata portarla di peso al sicuro, lontana dal portale, che ora iniziava a creparsi e a cedere alla gravità.

Tutto durò pochi istanti, nei quali il passaggio verso il mondo alchemico si sbriciolò sotto gli occhi di un piccolo gruppo di persone, atterrite e attonite, per poi cadere a terra in un cumulo di macerie.

L’uomo che corrispondeva al nome di Huges fissò la ragazza svenuta con sguardo torvo, mentre gli ultimi resti di ciò che era il passaggio verso quel regno tanto misterioso e sconosciuto divenivano inutile polvere.

 

“Buongiorno signora Glacier!”

La donna posò un piccolo vaso di fiori sul bancone del negozio per poi girarsi verso di il ragazzino che l’aveva salutata.

“Buongiorno Alphonse. Tuo fratello sta meglio?”domandò dolcemente, accarezzando con la punta delle dita i piccoli boccioli di ciclamino che sporgevano solo di qualche centimetro dal terriccio umido del vaso.

Il piccolo Elric annuì rafforzando la presa sulle borse della spesa, dentro le quali c’era l’occorrente per la cena.

“Si, lui sta un po’ meglio. Con la scusa che deve rimettersi in sesto cercherò di propinargli da bere un po’ di latte”

“Sta attento, l’ultima volta l’ha versato fuori dalla finestra”lo informò Glacier, accennando al vaso di geranei posto sul cortiletto interno del negozio, posizione che coincideva perfettamente con la finestra del cucinotto di casa Elric.

-Dannazione!-

Al abbassò lo sguardo, mortificato.

“M-mi dispiace immensamente per i suoi fiori! Le prometto che la cosa non si ripeterà mai più!”

Glacier scosse il capo sorridendo radiosa, per poi estrarre da sotto il bancone un mazzo di gerbere e sistemarlo in un vaso.

“Non devi scusarti caro! Anzi, devo dire che dopo il trattamento a base di latte quei geranei hanno rafforzato il proprio fusto e sembra che anche il colore sia più brillante!”

Il minore degli Elric sospirò, mentre le sue labbra si piegavano in un sorriso arrendevole.

La signore Glacier era sempre così buona e dolce che il piccolo Al si trovava spesso e volentieri a contemplarla e notare sempre maggiori punti in comune fra lei e sua madre; a volte, quando lei sorrideva, aveva la sensazione che Trisha Elric fosse davanti a lui, in attesa di lodarlo per la sua prima trasmutazione o per aver finito il latte prima di Ed.

Al si sentiva sciocco per questi suoi pensieri, ma era più forte di lui ed in più gli faceva veramente bene chiacchierare anche solo qualche minuto al giorno con la signora Glacier, almeno riusciva a distrarsi dai suoi pensieri più negativi.

“Alphonse…Al…caro, tutto bene?”

Il minore dei fratelli Elric si scosse dai suoi pensieri e si affrettò a rispondere alla donna, che lo fissava con un po’ di preoccupazione.

“E’ tutto a posto? Ti vedo un po’ strano…Faresti meglio a riposarti un po’!”

“E’ tutto ok! Sono solo un po’ pensieroso…e poi c’è Ed che non mi rende la vita facile” disse, sorridendo tranquillizzante alla donna.

“Il mio fratellone certe volte sa essere così infantile…”

Glacier ricambiò il sorriso.

“A volte sembri tu il fratello maggiore fra i due, Al. Si vede che tieni davvero moltissimo a lui!”

Al incespicò nel primo gradino che portava alla sua abitazione, poi si voltò con il viso un po’ arrossato.

“B-Beh, è mio fratello e la mia famiglia: gli voglio bene anche quando mi fa arrabbiare, forse è per questo che non riesco mai a sgridarlo seriamente!”

“E’ il tuo tallone d’Achille Al, sei sempre dolce con tutti, non riesci mai ad arrabbiarti seriamente…Ah! Max…i-il signor Huges intendo- si corresse arrossendo appena-… ha chiamato stamattina quando tu e tuo fratello eravate fuori. Mi ha detto di dirvi che il portale è diventato instabile e si è definitivamente chiuso…e che una rag…”

“UHAAAAH!”

Un urlo disumano proveniente dal piano superiore fece rizzare i capelli al giovane Elric e per poco Glacier non rischiò di far cadere a terra una piccola pianta di rose selvatiche.

“ALPHOOOONSEEEE!”

Il ragazzino sussultò, salutò di fretta la padrona di casa e si precipitò su per le scale.

Spalancò la porta di casa e si guardò attorno, alla ricerca della figura famigliare del fratello maggiore, che gli apparve giusto a qualche passa davanti a sè.

“Nii-san…?”

Edward Elric guardava fra il terrorizzato e lo schifato una ciotola posata a terra contenente una sostanza biancastra, nota ai più come latte, mentre un ignaro e innocente gattino attingeva da quel contenitore, leccandosi di tanto in tanto i baffi.

“Al!”

Il minore degli Elric posò a terra le borse della spesa e guardò il maggiore, sospirando.

“Che c’è?”

Edward si passò una mano sulla fronte nell’evidente tentativo di recuperare un po’ di calma.

“Al…Al…Al…”

“Sono qui”disse l’altro con un’innocenza disarmante, mentre rivolgeva un’occhiata amorevole alla creaturina pelosa che in quel momento aveva preso a leccarsi la zampetta, soddisfatto della mangiata.

Ed sospirò gravemente.

“Nii-san…?”

“Uno. Che ci fa questo…animale…- indicò la dolce creaturina -…a casa nostra?”

“Nii-san, io…”

“Due- continuò l’Elric maggiore-…perché hai disseminato la casa di ciotole di latte? Perché ci sono tutte quelle confezioni di quella…roba…sparse per casa?”

La sua voce era un po’ più alterata del solito.

Il povero Alphonse diede una rapida occhiata alla busta della spesa, che conteneva un’altra confezione del demoniaco liquido biancastro che il fratello tanto rifuggiva.

Senza dar il tempo al minore di rispondere, Edward indicò il gattino dal pelo fulvo.

“Non può stare qui, lo sai Al!”

“Nii-san, era fuori al freddo aveva tanta fame…- provò a giustificarsi il fratello-…era tutto infreddolito…non potevo…”continuò a balbettii.

“Si che potevi lasciarlo fuori! Se la sarebbe cavata!”replicò l’altro.

Alphonse tentò di prendere la parola con un flebile ‘ma io’, ma il fratello non gli diede modo di parlare.

“Quante volte ti avrò detto che non abbiamo abbastanza spazio in questa casa?!”

“Ma io…”

“Niente ma Al! Ora riporti questo gatto dove l’hai trovato e già che ci sei togli dai piedi tutto il latte che c’è in giro!”

Alphonse abbassò il capo, il viso nascosto dai capelli chiari.

“Io…”

“Al, subito!”

“Ma il latte…”

“Subito!”

“Il gatto…”

“Ora, Al!”

Alphonse sollevò il capo e prima ancora che Edward avesse il tempo di dire un’altra parola, prese il micetto in braccio e corse lungo il piccolo corridoio dell’abitazione.

“Stupido fratellone!Sei senza cuore!”

Ed fece appena in tempo a registrare quella frase che sentì la porta della stanza del fratello sbattere piuttosto violentemente.

Rimase a fissarla per un momento, poi distolse lo sguardo.

“Dannazione!”

Afferrò al volo il suo cappotto e si avviò verso l’uscita di corsa, incrociando Noah sulla soglia.

“Edward, ma che…?”

“Torno per cena!”

“Ma Ed! La tua gamba!”

“Sta meglio!”

“Ma il dottore…”

“Noah, lasciami stare! Ho bisogno di una boccata d’aria!”

Detto ciò uscì di casa.

 

Era sera tardi quando rincasò.

Noah era andata a letto da parecchio e l’abitazione era vuota e silenziosa.

Edward posò stancamente la giacca sul divano, ignorando la cena che la giovane gitana le aveva tenuto da parte e che, per strane ragioni, alla sola vista gli provocava il voltastomaco.

Percorse il corridoio sul quale s'affacciavano le uniche tre camere della casa, fermandosi davanti a quella che apparteneva ad Alphonse, per poi posare una mano sulla superficie irregolare e scura della porta.

“Al…sei sveglio?”

La mano del ragazzo sfiorò la maniglia d'ottone, senza accennare alcun movimento per aprire l'uscio.

“Al…”

Dall’interno non provenì alcuna risposta.

Edward fissò la maniglia in un breve attimo di indecisione, poi la sua mano piegò il freddo metallo, socchiudendo la porta.

 Al era coricato sul letto, le spalle alla porta; sembrava dormire.

Si avvicinò titubante, per poi fissare il suo viso.

Con tutta probabilità aveva pianto, perché le guance erano arrossate, i capelli arruffati attaccati al viso ancora umido; fra le sue braccia spuntava il musetto del gattino che aveva raccolto per strada, che dormiva beatamente accoccolato fra la pelle morbida e asciutta del petto del ragazzino e il tessuto morbido del pigiama, aperto per i primi tre bottoni.

A questa vista il maggiore degli Elric provò una gran tenerezza, mista a tristezza.

Ultimamente non faceva mai la cosa giusta con Al, riusciva sempre a farlo arrabbiare o preoccupare più del necessario.

Stavolta l’aveva fatto piangere e, a giudicare dal suo viso, anche parecchio.

Era la prima volta che lo vedeva in quello stato da dopo la trasmutazione.

-Scusami Al…è solo che io…-

Come poteva dirglielo? Dirgli che ogni volta che chiudeva gli occhi vedeva i visi di chi aveva lasciato per sempre ad Amestris, parlargli del dolore costante che gli bruciava il petto ogni volta che si accennava inavvertitamente al loro vecchio mondo?

E poi quella donna…quella ragazza così simile a Winry nell’aspetto l’aveva inquietato più di ogni altra cosa.

Temeva che con il tempo il viso di quella sconosciuta e della sua amica di infanzia potessero sovrapporsi, finendo per confondersi.

Temeva di dimenticarsi di Winry, di sostituirla con qualcun'altra.

Tuttavia tutto questo Ed non poteva dirlo a suo fratello e sentiva che non sarebbe stato giusto farlo in nome di una regola non scritta che implicava il suo ruolo di fratello maggiore; Ed sapeva che Al soffriva per la lontananza dal loro mondo, ma sentiva anche che il parlarne avrebbe solo peggiorato le cose. In più lui con le parole non era mai stato bravo, neanche lontanamente.

“Scusami, Al”

Odiava vederlo triste, più di ogni altra cosa al mondo.

-Lo so che è sciocco volerti proteggere anche adesso Al. Sei grande ormai e il mio ruolo di fratello maggiore non vale più un gran che, però non voglio mai più vederti piangere-

Ed ricordava ancora quelle lacrime invisibili che aveva visto più volte scendere dalle aperture vuote dell’elmo dell’armatura che faceva da corpo a suo fratello; ricordava ogni istante, ogni dettaglio, ogni notte che trascorrevano insieme, nelle quali fingeva di dormire ed invece ascoltava i discorsi che Al gli faceva credendolo addormentato. Lui aveva visto ogni notte le sue lacrime invisibili al resto del mondo e il vederle in quel momento, lì, cristallizzate e libere di sfogarsi sulle guance di carne di Al, le rendeva forse ancor più dolorose ai suoi occhi di fratello maggiore.

-Forse sono un fallimento come nii-san, ma voglio poterti proteggere Al, proteggerti dal dolore che hai vissuto per anni e anni e che ora non meriti-

Sospirò nell’oscurità.

“Al…tuo fratello è uno sciocco…”

-Come posso proteggerti dalla tristezza se invece riesco solo ad esserne la causa?-

Al si mosse nel sonno, mentre il gattino si accoccolava meglio fra le sue braccia.

“Nii-san…insieme…nello stesso…mondo”

Al sorrideva.

“In…sieme…”

Ed si ritrovò, suo malgrado, a fare altrettanto.

Si diede dello sciocco.

Che importava tutto ciò che aveva pensato? Alphonse voleva che lui fosse al suo fianco, l’aveva detto chiaramente più e più volte e ad Ed questo bastava: avrebbe continuato questa battaglia contro i mulini a vento solo per lui, per il suo nii-chan.

Bloccò l’impulso di arruffare i capelli chiari del fratello per paura di svegliarlo, gli diede le spalle e si avviò verso camera sua, schivando abilmente una ciotola di latte posata di fianco alla porta.


















Note finali: Ecco qua il terzo capitolo, spero vi sia piaciuto^^ L'ho allungato un pochetto prima di pubblicarlo e ho modificato un pò lo schema della casa dove abitano Ed ed Al, che teoricamente sarebbe quella del film, ma che, per questioni di copione, ho dovuto modificare un pò (per esempio aggiungendo il cortile interno e una camera in più.
Mi raccomando, recensite per dirmi se vi è piaciuto o se ci sono cose da sistemare!
Al prossimo capitolo,
Irene Adler
  
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