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Autore: AnAngelFallenFromGrace    27/01/2009    3 recensioni
Si dice che a volte ritornano. E questa volta il proverbio è verità anche per Elisa e Ville. E' passato più di un anno da quando la nostra protagonista è fuggita dalle braccia di Ville, dalla Finlandia e dal suo sogno ormai in frantumi, con il cuore spezzato, lasciando dietro di sè lacrime e preghiere. Tutto sembra dimenticato, i loro sentieri appaiono definitivamente separati. Ma è davvero tutto come appare?
"Ho paura. Ho una paura tremenda di aver trovato l’unica persona giusta per me e di essermela lasciata sfuggire, come sabbia tra le dita. Voler cambiare il passato è un desiderio inutile, quanto doloroso. I rimpianti non servono a nulla, se non ha rovinare il presente."
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 2

 

Deaf and Blind (pt 2)

Don’t lose yourself in this suffering yet. Hold on.

To me

1 Luglio

 

Appoggio il mento, sulle braccia piegate. Sbuffo, lanciando un’altra occhiata allo schermo di Frankie e alla pigna di libri sparpagliati sul tavolo della cucina.

La mia tesina è completa, sebbene non ne sia completamente soddisfatta: d’altra parte, sono per natura una persona incontentabile per quanto riguarda ogni cosa che faccio, quindi non mi lascio turbare troppo dal problema.

Il vero problema è il chilometrico programma di quinta a cui dovrei dare un’altra ripassatina. Ma la mia voglia di studiare al momento è finita sotto le scarpe, anzi, diciamo 666 metri sotto terra.

 

Giro la testa su un fianco, incontrando a colpo sicuro con lo sguardo la mia dolcissima Angi.

Angi è la mia chitarra, una stupenda Ibanez MBM1-BK MATT BACHAND (per essere precisi xD NdA) nera come un abisso oscuro e profondo.

 

Sì, tra i tanti difetti, sono anche affetta da una malata mania di dare un nome a tutti gli oggetti a cui sono affezionata. Ma in fondo, chi può davvero affermare che anche questi strumenti, a loro modo, non abbiano un’anima? Di certo hanno un motivo di esistere, e questo è già abbastanza. Perché non dovrebbero avere anche un nome?

 

Trattengo languidamente i miei occhi sopra la sua forma slanciata e le sue corde così invitanti e sogno già ad occhi aperti di provare quel nuovo riff che mi gira in testa da due giorni.

Ancor prima che me ne possa accorgere, ho dimenticato l’esistenza dei libri e di un esame di maturità, e mi sto alzando dalla sedia per raggiungere Angi.

 

Non ho fatto nemmeno un passo verso la sospirata meta, che la porta di casa si apre di scatto, facendomi sussultare.

Sentendomi colta in flagrante e, d’un tratto, terribilmente in colpa, mi affretto a risedermi al mio posto davanti al computer, e fingo di sfogliare il testo di storia.

Non che Arianna potrebbe davvero sgridarmi trovandomi a suonare la mia chitarra invece che chinata sui libri; anzi, ha iniziato anche a prendermi in giro chiamandomi ‘maniaca dello studio’. Il mio è più che altro un atteggiamento quasi involontario: lei rappresenta la mia coscienza, che ne sia conscia o meno, e solo la sua presenza mi mette in agitazione quando sto facendo qualcosa che, so, non è propriamente corretto.

 

“Cosa diavolo pensi di fare?” la sento urlare alle mie spalle, arrabbiatissima, mentre si fa strada nel corridoio a passo sostenuto. Salto sulla sedia, mordendomi il labbro inferiore. Ha iniziato anche a leggermi nel pensiero adesso?

Mi volto lentamente per affrontare la sua furia.

“Ti ho già detto milioni di volte che non puoi decidere tutto tu e informarmi all’ultimo momento!” continua a gridare.

Scopro ben presto che la sua rabbia è rivolta a qualcuno a qualche chilometro di distanza, dall’altra parte di una comunicazione telefonica. E a giudicare dal suo tono, posso tirare a indovinare chi sia l’uomo misterioso…

“No, Luke, ascoltami bene: la mia risposta è NO!”

Yeah, I got it.

 

Entra in cucina come una fiera, con il cellulare ben assicurato tra la guancia e la spalla; lascia cadere con poco garbo i sacchetti della spesa sulla credenza, insieme ad un mucchietto bianco di buste. 

Liberatasi da quei pesi, recupera il telefono prima di essere colpita da una paralisi al collo, e prosegue con la sua filippica.

Quando si volta, le faccio un timido segno con la mano, cercando di trattenere le risa davanti alla sua espressione concentrata e arrabbiatissima.

Come risvegliandosi da una trance, si batte la mano libera sulla fronte, e si avvicina rapida per posare un fugace bacio sulla mia fronte.

Sfortunatamente, non ho nemmeno il tempo per ricambiare, perché, invasata da un altro attacco d’ira, sparisce nella stanza adiacente, lanciando un’altra serie di improperi.

Ah, l’amore…

 

Canticchiando a bassa voce e ridendo sotto i baffi, mi faccio strada verso la credenza, raccogliendo la scatola di cereali che Arianna non si è nemmeno accorta di aver fatto volare dal sacchetto. Prima di mettermi a sistemare i viveri al loro posto, do una rapida occhiata alla posta, scostando le buste con le dita.

Pubblicità, pubblicità, catalogo di un negozio di vestiti da cui nessuno ha mai comprato nulla ma che inspiegabilmente ci continua a mandare la lista dei nuovi arrivi ogni due mesi, pubblicità, un’immancabile bolletta, un CD…

 

Mi blocco di scatto, inarcando un sopracciglio. Lascio perdere le altre lettere e mi rigiro il CD tra le mani: sembra un CD ancora vergine, se non per il fatto che non c’è più la pellicola di plastica trasparente a ricoprirlo, ma la custodia è completamente bianca.

Lo apro, cercando qualche indizio della sua provenienza, senza però avere maggior fortuna: anche il compact disc appare completamente intonso.

 

Un terribile desiderio di sapere mi assale: vorrei chiedere alla mia amica, ma, a giudicare dalle grida che mi giungono di tanto in tanto, Arianna sembra ancora impegnata nell’altra stanza.

Dovrei aspettare il suo ritorno, ma il mio occhio cade casualmente sullo stereo a pochi passi di distanza, e mi rendo conto di non riuscire a resistere: la curiosità è troppo forte.

Mordicchiandomi il labbro inferiore e mandando in ferie, ancora una volta, la voce della coscienza, faccio scattare l’apertura del lettore e tolgo il cd che ha passato lì gli ultimi due mesi.

 

Sorrido tra me e me, mentre ripongo ‘Avenged Sevenfold’ nella sua custodia, riflettendo che la mia ultima passione è infine stata spodestata per un cd ignoto e forse assolutamente insignificante.

Premo il tasto play e ritorno saltellando alla mia solita sedia.

 

Per almeno una trentina di secondi, il silenzio regna sovrano nella stanza, interrotto soltanto dal brusio causato da Arianna. Appoggio la testa al braccio, fissando il lettore con malcelata delusione, e, afferrata una penna, picchio impazientemente la punta sul tavolo: inizio a pensare che il cd sia effettivamente vuoto e che il mio entusiasmo di poco prima sia stato assolutamente immotivato.

Sto per alzarmi e riporre il mio amore al suo legittimo posto e, per farmi perdonare, dare un altro ascolto alla track numero 10, quando sento uno strano suono provenire dalle casse.

 

Forse ho le traveggole, ma mi sembra proprio il rumore di un accendino acceso e l’inconfondibile sfrigolio della fiamma intorno alla cartina infiammabile di una sigaretta. Con la fronte corrugata, pongo ancora più attenzione nell’ascolto, e le mie orecchie colgono un altro suono altrettanto particolare che, prima ancora di essere correttamente registrato dal mio cervello, mi lascia senza respiro. E’ poco più di un sospiro, un breve e rapido sospiro che però il mio cuore riconosce immediatamente, quasi inconsciamente.

 

Le bacchette di una batteria battono veloci su tamburo e piatti, introducendo una canzone che credo di non aver mai ascoltato: eppure, quando anche basso e chitarra si uniscono al primo strumento, mi rendo conto che la melodia non mi è completamente sconosciuta. E’ legata ad un ricordo lontano, sebbene diversa, forse più veloce?

Le stesse note si ripetono per tre volte, poi, all’improvviso, capisco.

 

La penna mi scivola tra le dita, mentre parole mai davvero dimenticate sdrucciolano lentamente contro di me.

 

Leave all behind now to watch her crawl

Through our dark gardens of insanity
She'll be the light to guide you back home
Just give her a kiss worth dying for - and open your arms

 

Una stanza d’albergo, un letto disfatto, un blocco per gli appunti e una chitarra classica.

Tutto riaffiora dal buio del passato, riempiendo la mia mente.

La sua espressione concentrata, il suo sorriso, la sua risata. Sembra tutto così vero, d’un tratto così vivido, quasi fosse il presente.

 

Watch me fall

For you

My venus doom
Hide my heart

Where all dreams are entombed
My venus doom

Una lacrima scivola sul mio viso, senza il mio permesso, mentre mi ritrovo a pensare che le stupide frasi messe insieme quel giorno, quasi per gioco, sono diventate una canzone suonata da tutta la band, registrata addirittura in studio.

 

Grieve all your hearts out as she'll arrive enthralled

 in tragic, ecstatic agony
And in her flames we will die some more
Just show me a life worth living for – light of the dark

Ma è una bugia. Il nostro non era stato un gioco ed io in fondo ne sono consapevole.

Espressione di un sentimento profondo che aveva allacciato e legato i nostri cuori in un modo così strano.

Ciò che avevo provato, ciò che ancora provo, è di certo amore. Un amore molto più profondo di quanto mai abbia sentito per qualcuno.

Per lui non era la stessa cosa, il suo grande amore l’aveva già trovato, eppure sono sicura che almeno un poco mi abbia voluto bene.

 

Watch me fall for you –
My venus doom
Hide my heart where all dreams are entombed –
My venus doom
[ all dreams are of you – my venus doom ]

 

Quanto vorrei essere la tua Venere, quanto vorrei essere l’oggetto dei tuoi sogni.

Davvero quella canzone era dedicata a me? Poteva essere vero?

La passione, l’alchimia dei corpi, talvolta può essere scambiata per amore.

Ma se fosse stato di più?

Perché aveva lasciato che quelle parole divenissero una canzone vera e propria, anche dopo che me ne ero andata via?

I pensieri si fanno più fitti, più confusi, la testa inizia a farmi male.

Stringo i pugni, quasi inconsapevolmente, respirando più forte.

 

Quando sento di non poterne più, la musica d’un tratto cambia, si fa più dolce.

La canzone non è finita, non è rimasta come l’avevamo lasciata.

Mi accorgo con sorpresa che Ville ha aggiunto altre frasi, e sembra quasi che non le canti, ma le reciti, con un timbro di voce ancora più basso, che mi dà i brividi e mi congela sul posto.

 

Hold me inside your infernal offering

Touch me as I fall

Don’t lose yourself in this suffering yet

Hold on

Hold me inside your infernal offering

Touch me as I fall

 

Don’t lose yourself in this suffering yet

Hold on

To me

 

Un astruso sentimento mi pervade: ogni parola si adatta perfettamente al mio stato d’animo.

Sembra quasi un messaggio, lasciato apposta per me.

Scuoto la testa, come per scacciare lo stupido pensiero e mi alzo, muovendomi rapida verso lo stereo e quasi inciampando nei miei stessi piedi.

Ma quando mi trovo davanti al lettore non ho davvero la forza di spegnere; senza preavviso, le mie dita scelgono da sole la loro strada.

Indietro, poi ancora avanti.

 

Il brano ricomincia, di nuovo, dall’inizio.

E resto ascoltare ancora, fissando il pavimento, illudendomi di essere ancora in quella camera d’albergo, mentre Ville canta per me la mia canzone.

 

D’un tratto altri ricordi. Altre ferite.

 

“Voglio un posto” mormorò Ville, mordendosi un labbro, con lo sguardo perso nel vuoto, perso nei suoi pensieri “voglio un posto dove custodire il mio cuore, senza soffrire ancora”

Lo guardai, dal basso verso l’alto, con la testa appoggiata sul suo grembo, mentre lui passava, senza rendersene conto, la mano tra i miei capelli.

“Conosco un posto” dissi timidamente, ma ottenni immediatamente la sua attenzione.

Rivolse i suoi occhi accesi di curiosità verso il mio volto.

“Davvero?” sorrise, spostando lentamente le sue dita sulla mia fronte, fino alla punta del mio naso.

“C’è un posto segreto” mormorai, giocando con la sua mano “Dove ogni sogno e desiderio più recondito resta prigioniero, fino a quando non giunge l’occasione giusta per realizzarlo. E’ lì che avevo celato il mio povero cuore spaurito” recitai con sentimento, aggrappandomi al suo braccio e cominciando a sollevarmi

Ville mi porse il suo aiuto, senza bisogno che proferissi parola. In pochi attimi ero seduta sulle sue ginocchia.

“Avevo?” mi fece notare, tirandomi ancora più vicina a sé.

Annuii, spostando indietro i suoi capelli dalla spalla destra e piegando il capo, fino a toccare con le labbra il suo collo.

“Adesso è qui, nelle tue mani. Non lo senti battere per te?”

 

“Stupida, stupida, stupida” mi ripeto un milione di volte, asciugandomi il viso con un gesto deciso.

Una goccia salata fugge ancora la mia volontà, scivolando oltre la guancia, e poi il mento. Cade più giù, senza un suono.

 

Abbasso lo sguardo, accorgendomi che quell’odiosissima prova della mia debolezza è andata a bagnare una delle lettere della nostra posta.

Prendo in mano il pezzo di carta e mi rendo conto che non c’è nessuna busta, nessun mittente.

Rimango a fissarla per qualche istante, percorrendone i bordi con le dita, ancora e ancora, fino quasi a farmi male.

Sono le mie stesse dita a schiudere i lembi del foglio, troppo velocemente perché possa davvero pensare a quello che sto facendo, mentre il nodo che mi stringe le viscere diventa sempre più saldo.

 

Sollievo e delusione mi colgono insieme, in un ossimoro potente e devastante, quando i miei occhi incontrano lettere e inchiostro uniti in una calligrafia che non conosco.

Sbircio le prime parole e scopro che il breve messaggio è indirizzato a me. Non sono sicura di voler veramente leggere, ma in fondo si dice che la curiosità è femmina, non è vero?

Bene, sono una donna.

 

Hey Liz,

 

qui è Linde che scrive. Beh, come stai? Ho saputo che stai per prendere il tuo diploma; in bocca al lupo.

 

Come sai non sono una persona molto loquace, nemmeno di persona, e, beh, con le lettere sono ancora peggio – sì, se te lo stai chiedendo, è possibile -.

Non so esattamente quello che debba o possa dire, quindi, salterò tutti i preamboli e spero scuserai la mia scortesia.

 

Quanto è passato? Più di un anno? Non lo so più, ho perso il conto. Ma sono sicuro che Ville ricordi il numero di giorni, forse anche di ore, esatto, da quando sei partita ad adesso.

 

Quando te ne sei andata, ho pensato che fosse la cosa migliore. Per entrambi.

 

Di certo non lo è stata per Ville; non credo di aver preso un granchio peggiore nella mia vita.

 

Mi dispiace.

 

E’ passato un anno e non è giusto che io adesso ti chieda di fare qualcosa: avrai una nuova vita adesso, e dopo quello che hai sofferto, non vorrai sicuramente riaffondare nelle sabbie mobili del passato.

 

Ma ancora una volta, mi ritrovo qui, ad intromettermi ed egoisticamente domandarti di pensare a quello che hai lasciato indietro.

Lui non ti ha dimenticato. E’ sempre qui ad aspettare.

 

Ti ho mandato un cd. Vi è registrata un’unica traccia, una piccola anteprima del nostro nuovo album. Da quanto ci ha detto Ville, dovresti conoscerla molto bene.

 

Ti lascio nuovamente il mio numero di cellulare, e quello di Ville, nel caso in cui tu non li abbia più: spero possano servirti.

 

Un abbraccio sincero da Manna, Luisa e tutti i ragazzi.

Linde

 

***

 

Le note ancora ristagnano nella stanza; accompagnano ogni mio respiro, ogni battito accelerato del mio cuore.

Poi, dei passi famigliari risuonano sul pavimento della cucina, modificano quella ripetitività, sciogliendo anche lo stato di trance al quale mi sono incautamente abbandonata.

“Scusami Ell, ma Luke mi avev– “ Arianna comincia a raccontarmi, sospirando profondamente, ma non appena mi raggiunge le parole le muoiono in gola.

“No” riesce soltanto a sussurrare, scuotendo piano la testa, mentre nelle sue iridi celesti si riflettono le fiamme azzurre di un fuoco debole, ma abbastanza forte da consumare un più fragile pezzo di carta.

 

Lascio cadere quel che resta: un ultimo frammento annerito, che si accartoccia su se stesso, con un orribile sfrigolio di morte. Poi è solo cenere.

 

Alzo gli occhi verso la mia amica, ormai asciutti e rossi, senza più lacrime.

“Non posso tornare indietro”

 

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Ecco qui l'altro pezzetto!
Grazie alla mia pulcetta e anche a chi ha solo letto lo scorso capitolo!
Alla prossima, baci
FallenAngel aka Moss
  
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