Genere: Non ne ho la più pallida idea
Tipo di coppia: Shonen-ai
Personaggi: Nash Gold
Jr., Jason Silver
Rating: Credo giallo
Parole: 740+
Note: Ma c’è qualcuno che si degna ‘sti due
al mondo, o… ?
Comunque, ho un po’ sconvolto le carte in tavola. Non
è proprio un ‘kitchen table’ quello in cui si svolgono le vicende.
… ed è pure più “on”
che “at”. Ma
comunque…
Contiene linguaggio
colorito!
Scritta il: 28/06/2015
13# • Things you
said at
the kitchen table
- Almeno qualche cosa la fanno giusta, allora, ‘sti giapponesi. -
- Ti immaginavi
se ci toccava pure a noi dormire per terra come degli animali? Che razza di
paese… -
Jason rise sguaiato accanto
a lui, e Nash non poté che rispondere a quella velenosa ilarità con un sorriso
altrettanto maligno. Erano nella terra del Sol Levante da solo poche ore, ma
erano bastate eccome per rendere più forte il disprezzo che avevano
per quella genia. Pft… come la loro prima partita
aveva ampiamente confermato, di certo non erano qualificati per tenere in mano
una palla - meglio che rimanessero relegati alla
posizione di servitori, quello sì che gli riusciva bene!
La prova più palese era
quella camera d’albergo così linda e pulita da essere quasi luccicante,
fortunatamente in uno stile che rispecchiava le più classiche camere
occidentali. Con tutti i soldi che erano stati investiti su quel viaggio, tra
l’altro, ci mancava solo che li rifilassero ad una
bettola!
- L’unico problema è che mi
tocca condividere la stanza con un biondino del cazzo… - quel sarcastico
rimarco raggiunse presto le sue orecchie, e il giovane capitano sbuffò
divertito. Come se, se lui fosse finito in camera con qualcun altro, a quello
avrebbe fatto piacere… si sarebbe lamentato come un moccioso pur di saperlo tra
le sue stesse mura!
- Che c’è, hai paura che ti
rovini le scappatelle notturne? Da quando in qua ti piace la figa asiatica? -
ribatté prontamente, continuando ad esplorare
l’ambiente. Non era esattamente una suite (vabbè che di soldi ne avevano, ma
non fino a quel punto) ma i lussi c’erano un po’ ovunque; adocchiò anche un
tavolino imbandito davanti alla porta-finestra che dava sul bancone, con
qualche stuzzichino di benvenuto per gli ospiti. Ugh,
non osava nemmeno provare a toccare quella roba…
Intanto, Jason gli si era
avvicinato. Quasi incombeva su di lui, fissandolo intensamente dopo il commento
acido che gli aveva lanciato. Si era offeso? Nah,
tutta scena. Ormai lo conosceva.
- Chissà? Magari la provo e
non riesco a farne a meno. -
- Ah? Penso di essere
meglio di qualsiasi giapponesina imbecille. - sogghignò, incrociando le
braccia. L’altro, in tutta risposta, allungò una mano dietro di lui, afferrando
uno di quegli snack lasciati sul tavolo.
- Non è detta l’ultima
parola. -
- Io non la mangerei quella roba, te lo dico. -
- Stai cercando di sviare
il discorso? -
- No, sul serio, non lo
mangiare. -
Parole al vento. Qualsiasi
cosa fosse quel cosino rotondo e bianchiccio finì alla svelta tra le labbra del
più alto, che masticò lungamente e in silenzio. L’altro, in tutta risposta, lo fissò divertito.
- … che merda. -
- Te l’avevo detto. -
Si sentì spingere da una
parte, e la cosa che sentì immediatamente dopo fu il suono di tutti i piatti e
le stoviglie che finivano rovinosamente a terra. Il solito spaccone, era quello
l’unico modo che conosceva per esprimere il suo dissenso? Fece roteare gli
occhi, ancora con quel sorrisetto saputello stampato in faccia, ma non poté
dire niente: non fece in tempo, perché due mani forti si strinsero attorno alla
sua vita e lo piazzarono a sedere sul tavolino adesso vuoto.
- Mhh?
E adesso? - sogghignò, trovandosi il viso di Jason direttamente davanti al suo.
Sentì le sue mani rimanere aggrappate su di lui, possessive, e per non esser da
meno cinse le gambe intorno al suo corpo per portarselo più vicino
ancora.
- E adesso ti tolgo quel
sorrisetto del cazzo dalle labbra. - gli sibilò in
risposta, affondando le labbra nell’incavo del suo collo. Nash fremette,
appagato, allungando una mano e aggrappandosi alla stoffa della maglietta che
gli copriva la schiena. Senza se e senza ma aveva già iniziato a servirsi di
lui, toccandolo ovunque, marchiandolo come suo… non c’era verso di farlo
ragionare, quando era in quello stato, e onestamente non ne trovava il bisogno.
Se il suo desiderio era quello di farlo smetterlo di
sorridere, allora, ci stava riuscendo proprio male.
- E come pensi di
riuscirci? -
- Semplice. - tornò nel suo
campo visivo, sporgendosi su di lui così tanto da doversi sorreggere sul piano
con una mano. Nash indietreggiò con la schiena, ma né il contatto visivo né la
sua espressione si turbarono per un solo secondo, neppure quando si sentì
afferrare per il viso tra pollice e indice, e le labbra di Jason farsi così
vicine.
- … invece di quella
robaccia, adesso mi mangerò te. -