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Autore: Sakyo_    06/08/2015    2 recensioni
[Dal quinto capitolo]
Eloise stava tremando.
Il guinzaglio di Demon scivolò via dalle mani di Castiel come conseguenza naturale dell’emozione appena nata in lui, e le sue mani si posarono così piano sulle esili spalle della donna, che tutto parve capovolgersi.
Quasi a chiedere permesso.
Quasi a voler esplorare l’inaccessibile.
Lei rimase inerme. Lui l’abbracciò da dietro. Più che un abbraccio, era un tocco leggero. Solo per farle avvertire la sua presenza.
Lei, così piccola e indifesa che non pareva possibile fosse proprio la professoressa.
In quel momento, in quel luogo avevano dato vita a qualcosa.
Qualcosa che non sarebbe dovuto essere.
Ma qualcosa che ormai, c'era.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Lysandro, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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8. Ratatouille

Appena la porta si aprì, Castiel lanciò una fugace occhiata alla persona che gli stava davanti e subito abbassò lo sguardo per terra, imbarazzato per l’errore.
Quella non poteva essere la Laurent.
Eppure, il cognome sul campanello non lasciava spazio ai dubbi.
Stava per aprir bocca, ma fu preceduto.
«Cosa diavolo ci fai tu qui?!»
Le orecchie del rosso percepirono a pieno il segnale. Il tono della voce racchiudeva un misto di trauma e preoccupazione, come se la donna avesse visto un fantasma.
O meglio, come se avesse appena aperto la porta di casa ad un suo studente.
Castiel tornò a guardarla, ma dovettero passare alcuni secondi prima che si abituasse a quella visione così strana.
Eloise Laurent, l’affascinante professoressa capace di incutere timore con il solo movimento di un sopracciglio era lì, davanti a lui, in una veste decisamente poco consona alla sua immagine.
«Non è poi così minacciosa…» constatò tra sé e sé, come se stesse valutando un famoso quadro a una mostra d’arte.
«Che cosa stai dic…»
Eloise non aveva la giusta dose di lucidità per riuscire ad articolare una frase sensata dall’inizio alla fine.
Come aveva fatto a trovare il suo indirizzo?
Ma soprattutto, perché era lì?!
«Passavo di qui per caso e sempre per caso ho letto il suo cognome sul citofono» si limitò a spiegare Castiel, vedendola in difficoltà.
In realtà non era andata proprio così. Il giorno prima si era ritrovato da solo in sala delegati ad aspettare che arrivasse il biondastro per riferirgli che no, non aveva ancora le giustificazioni per le assenze e che non le avrebbe mai avute, e per ammazzare il tempo aveva buttato un occhio sul registro aperto sulla scrivania. Da lì usciva fuori la scheda della professoressa, con una fototessera e tutti i suoi recapiti in bella vista. Era riuscito ad appuntarsi mentalmente solo l’indirizzo di casa, che subito dopo essere uscito dalla sala aveva scritto su un pezzetto di carta. Il perché di quel suo gesto era qualcosa su cui non aveva voglia di soffermarsi troppo.
No, non avrebbe certo potuto raccontarle la verità.
La donna sgranò gli occhi. Con quell’espressione, e soprattutto con quel pigiama faceva quasi tenerezza, si ritrovò a pensare il rosso.
L’espressione furibonda che si stava facendo spazio sul viso della donna convinse Castiel ad aggiungere velocemente: «Un mio amico abita in questo palazzo, sono passato a fargli un saluto»
La bocca ancora spalancata di Eloise e lo sguardo di chi aveva appena visto il diavolo non le permettevano di riacquistare un minimo di ragionevolezza.
«Posso avere un caffè?»
«PUOI…COSA?»
Il rosso si portò le mani alle orecchie e indietreggiò di un passo.
«Calma, calma. Scherzavo»
Era ovvio che dall’altra parte non ci fosse nessuna intenzione a continuare il dialogo, anzi, si meravigliava di come lei non gli avesse ancora sbattuto la porta in faccia.
«Castiel, vai via…»
Senza forze, Eloise stava per chiudere la porta ma il rosso fu più veloce e la bloccò con un piede.
Il tempo di guardarlo negli occhi, e la vista le si annebbiò. Quando si sorresse alla parete accanto alla porta iniziò a sentire un fischio continuo nelle orecchie.
Castiel si abbassò verso di lei e le posò una mano sul fianco, per sorreggerla.
«E’ solo un giramento…» mormorò Eloise ad occhi chiusi, ma non fece in tempo a riaprirli che si trovò sollevata a qualche centimetro da terra.
«Che stai facendo? Mettimi giù!» provò a divincolarsi dalla presa del rosso ma il tentativo fallì miseramente, sia per la sua condizione fisica, sia per quella di Castiel.
«Quanto ti lamenti…» il ragazzo con una mano le sorreggeva la schiena, con l’altra le teneva le gambe.
Il contatto con il corpo di lui la fece tremare di freddo.
«Sei bollente» constatò Castiel sbigottito.
Senza troppi complimenti avanzò nel piccolo appartamento e fece stendere delicatamente Eloise sul divano.
La febbre era salita di nuovo e anche il più piccolo movimento le risultava amplificato all'ennesima potenza. Per questo, quando Castiel le spostò una ciocca di capelli dalla fronte la mano fresca di lui le procurò un brivido che la fece sussultare.
Avrebbe dovuto reagire, avrebbe dovuto alzarsi da quel divano e intimare a quello studente così sfacciato di uscire fuori dal suo appartamento.
Ma non poteva per due motivi.
Il primo era l'evidente debilitazione fisica che in quel momento non le permetteva nemmeno di sperare che lui la stesse ad ascoltare. Con quel pigiama poi, non avrebbe spaventato una formica.
Il secondo era un pensiero che le costava caro ammettere. Castiel non doveva essere lì, ma fortunatamente c'era. Sentire la presenza di qualcuno accanto a lei, in quel momento, le infondeva una sensazione di sicurezza. Anche Vivienne, il giorno precedente, le era stata vicino e l'aveva aiutata, ma in maniera diversa. La rilassatezza che provava in quel momento con lui era riconducibile allo stesso sentimento suscitato dalla sua vicinanza il giorno dell'aggressione al parco.
Nonostante fosse soltanto un adolescente, Castiel le sembrava un uomo. La prestanza fisica del ragazzo, poi, contribuiva a rafforzare ancora di più quell'idea.
Accoccolata sul divano e con gli occhi socchiusi, lo vide dirigersi a passo sicuro verso il piano cucina.
Era strano. Al di là dell'ambito scolastico, loro due non avevano nessun altro tipo di rapporto. Eppure, quel ragazzo ribelle e un po' maldestro che faceva sempre cadere la penna nei suoi rari tentativi di prendere appunti durante le lezioni, in quel preciso momento si stava muovendo senza esitazione nella casa sconosciuta della sua insegnante, prendendo dimestichezza con i fornelli.
"Un momento... Non sarà venuto qui per appiccare un incendio? Lo farebbe passare per un incidente, così lui e i suoi compagni scamperebbero al compito in classe... Questi giovani d'oggi, farebbero di tutto pur di evitare un brutto voto" pensò, sgranando gli occhi.
Il rosso si voltò e con un coltello in mano le chiese dove fossero le cipolle.
"Oppure... Potrebbe uccidermi e nascondere il mio corpo nello sgabuzzino del liceo" improvvisamente terrorizzata, indicò il frigorifero, senza staccare gli occhi sgomenti dall'arma contundente e ricevendo un'occhiata sbigottita dal suo carnefice.
Rendendosi sempre più conto del delirio che le stava provocando la febbre, sospirò forte e provò a chiudere le palpebre e, lasciandosi cullare dal rumore di quell'innocuo coltello intento a tagliuzzare le verdure, alla fine si appisolò.
Quando riaprì gli occhi, sbadigliando, ci mise un po' di tempo a focalizzare l'ambiente intorno a lei.
Lentamente si alzò dal divano e, con una coperta sulle spalle si trascinò fino al centro del soggiorno. Sul tavolo, avvolto da una pellicola trasparente, un piatto di ratatouille ancora fumante.
Eloise si guardò intorno, come se da un momento all'altro una testa rossa potesse sbucare all'improvviso accanto a lei. Poi tornò a guardare il piatto.
Scuotendo la testa prese un cucchiaio e si sedette a tavola.
Castiel aveva detto di essere passato a salutare un amico che abitava nel suo stesso palazzo...
Una bugia bella e buona, constatò la donna. Ripassò mentalmente tutti i volti dei pochi inquilini del suo condominio e stabilì con assoluta certezza che tra di loro non vi era nessuno dell'età di Castiel. A parte lei, infatti, l'età media degli inquilini si aggirava intorno al mezzo secolo.
Fece una smorfia, sia per la conclusione a cui era arrivata, sia perché quella ratatouille aveva decisamente qualcosa che non andava.
Evidentemente Castiel aveva scambiato il barattolo del sale con quello dello zucchero e il risultato era un poco invitante minestrone dolce.
«Sarebbe stato ottimo come dessert» commentò la donna, sorridendo tra sé e sé.


***


«Ho paura di aver sbagliato qualche domanda...» la voce di Anne, seduta sul prato in cortile e intenta a tormentare un ciuffo d'erba, tradiva una certa preoccupazione. «Lys, cosa hai risposto a quella sulla guerra di devoluzione?»
«Ah, quella ha dato dei problemi anche a me» rispose Lysandre, togliendo una cuffia dalle orecchie per rivolgere l'attenzione ad Anne.
«Aspettate. Non c'era nessuna domanda sulla guerra di devoluzione» se ne uscì Castiel, un orecchio intento ad ascoltare la musica, l'altro concentrato sulle parole degli amici.
«Sì che c'era. La numero quattordici, per essere precisi» replicò Lysandre.
«Sei fuori? Le domande erano dieci in tutto» insistette il rosso.
«Castiel... Dimmi che stai scherzando» Anne si intromise, il tono di voce sempre più preoccupato.
«Ma di che state parlando?» sbottò il diretto interessato «Da dove esce fuori questa maledetta guerra, ora?!»
Lysandre scosse la testa, lanciando un'occhiata di intesa verso Anne.
«La Laurent si era raccomandata di girare il foglio anche dall'altra parte...»
A quel punto, il rosso impallidì.
«C'erano altre dieci domande, sul retro»
La musica nelle orecchie stava ormai diventando un fastidioso ronzio. Con uno scatto secco della mano si tolse la cuffia e si lasciò cadere non troppo delicatamente con la schiena sull'erba.
«Merda...» borbottò tra i denti.
«Spero davvero che tu abbia una giustificazione convincente, non come quella della paralisi alla mano che hai propinato al prof di matematica l'altra volta» inveì Anne contro di lui.
«Taglia corto»
«Guarda che lo dico per te, idiota! Continuando a prendere la scuola così alla leggera, alla fine dell'ann...»
Non riuscì a finire la frase, perché si ritrovò scaraventata a terra con le braccia ai lati della testa.
«Ehi, Anne» Castiel, a cavalcioni sopra di lei, la tratteneva sul letto d'erba tenendole le braccia strette in una morsa. «Dì un po'...» si avvicinò così tanto al suo viso che la ragazza fu invasa dall'odore pungente del profumo che aveva sul collo. «Hai bisogno di sfogarti, per caso? Ultimamente sei più acida del solito... Se vuoi un aiuto da un vecchio amico, basta chiedere...» la sfidò, pronunciando quelle parole a un centimetro dal suo orecchio.
Anne arrossì violentemente, rimanendo immobile per qualche secondo.
Lysandre, che aveva assistito a tutta la scena, scansò l'amico con un colpo non troppo delicato sulla spalla. «Falla finita, Cas»
Ancora più brutalmente fu scostato subito dopo da Anne, che si alzò e andò via senza proferire parola.
«Stavo scherzando...» si giustificò il rosso, guardandola sparire dietro la porta d'ingresso del liceo. «Perché se l'è presa così?»
Lysandre non rispose, ma serrò i pugni come per trattenere delle emozioni a cui faceva ancora fatica ad abituarsi.


 
***


I risultati del compito in classe non tardarono ad arrivare.
Il numero scritto in rosso sull'angolo in alto del foglio non lasciava spazio a repliche: quattro. Ovvero insufficienza. Ovvero corso di recupero. Oltre a quello di matematica, ora anche quello di storia.
"Tutto secondo le previsioni" pensò sarcasticamente Castiel.
Osservò la Laurent che gli dava le spalle mentre consegnava i compiti agli altri studenti.
La ragazza davanti a lui, avendo preso un otto, ottenne un sorriso compiaciuto dalla prof.
Per lui, non c'era stato nessun commento. Nemmeno uno sguardo di rimprovero, o di finta compassione.
Sbuffando, poggiò la testa sul banco. E dire che, per la prima volta dopo tanto tempo, si era impegnato per tentare di recuperare una materia. Quella materia.
Dopo qualche minuto, la professoressa riprese posto in cattedra e si schiarì la voce.
«Adesso vi comunico i nomi degli studenti che dovranno frequentare il mio corso di recupero...»
Diede un'occhiata al foglio che aveva in mano e, come ricordandosi improvvisamente di una cosa ovvia, annunciò: «Ah, sì. Sei stato l'unico a prendere l'insufficienza, Castiel»
Quest'ultimo drizzò la testa, lanciando uno sguardo torvo a chiunque osasse ridere di lui.
«Nei prossimi giorni verranno comunicati i giorni in cui si terranno i corsi, quindi non dimenticare di passare in sala delegati»
"Si è ripresa più che bene" meditò il rosso, ripensando alla settimana precedente, quando si era palesato a casa sua per un motivo ancora ignoto a se stesso. Una cosa era certa: non aveva perso tempo a preparare quella ratatouille con la speranza di essere ricambiato con una sufficienza.
Anne spostava lo sguardo dall'uno all'altra, quasi come se si aspettasse potesse accadere qualcosa da un momento all'altro. L'aver appurato che Castiel e la Laurent avrebbero passato i pomeriggi delle vacanze insieme e da soli - seppur per motivi puramente scolastici - le metteva addosso una certa agitazione.
Fece cadere gli occhi sulle sue braccia conserte sul banco.
"Perché mi sto allarmando?" indagò nei suoi pensieri "Devo solo pensare che questo gli servirà a recuperare i suoi brutti voti".
Già, ma nonostante si sforzasse con tutta se stessa a rimanere serena, quegli assillanti dubbi erano sempre più presenti dentro il suo cuore.


 
***


Uno dei posti che Lysandre più amava era innegabilmente la biblioteca. Se lo studio glielo permetteva, andava a visitare quel luogo almeno due volte la settimana. Inizialmente prendeva spesso in prestito qualche libro, ma molto meno spesso si ricordava di doverli restituire. Per questo motivo, ultimamente aveva preso l'abitudine di rimanere lì a leggere, piuttosto che farlo a casa. Così, per lo meno, non avrebbe più dovuto rendere conto dei ritardi sulle riconsegne.
Anche quella volta, il suo obiettivo era il reparto sulla storia della musica. Amava molto informarsi su tutto ciò che riguardava le sue passioni, perciò da un po' di tempo si era ritagliato delle ore, dopo le lezioni, da dedicare alla lettura della storia musicale.
«Oggi è il turno della musica classica» notificò, estraendo dallo scaffale un grosso libro impolverato.
Con aria trionfante si sedette su una poltrona dell'angolo lettura e, accavallando le gambe, si accinse ad aprire il suo tesoro.
Non fece nemmeno in tempo ad iniziare l'introduzione che sentì una voce provenire alle sue spalle.
«Anche tu hai la tessera fedeltà?»
Voltandosi vide che la professoressa Laurent lo osservava sorridendo.
«Quale onore, professoressa»
«Non è la prima volta che ti trovo qui. Cosa stai leggendo?» chiese la donna a bassa voce, avvicinandosi a lui.
Quando Lysandre le mostrò la copertina del suo libro, lei rispose con uno sguardo ammirato.
«E così, ti piace la musica»
«Diciamo che occupa un buon 90% delle mie giornate»
«Suoni qualcosa?» gli chiese Eloise, sempre più curiosa.
«Sono più portato per il canto»
«Non mi dire... Anche io cantavo, quando ero più giovane»
Lysandre trattenne a stento una risata «Mi perdoni, professoressa, ma sentirla parlare in questi termini è davvero particolare»
Anche sul volto di Eloise si stampò un sorriso. Più Lysandre la guardava e più si rendeva conto di quanto fosse giovane. Certamente il suo modo di porsi era atto a farla sembrare più grande di quanto in realtà fosse. Ma il ragazzo non faticava a immaginarsela con il pigiama a fiorellini di cui le aveva parlato Castiel... Di sicuro, vedendola vestita in quel modo, avrebbe dimenticato immediatamente il ruolo che effettivamente ricopriva. Inoltre, il fatto che fosse una bellissima ragazza era più che palese. Lysandre non si sarebbe affatto meravigliato, se qualcuno, prima o poi, avesse perso la testa per lei.
«Quindi, quella volta che ti ho ripreso mentre scrivevi durante le interrogazioni...»
Capendo dove voleva andare a parare la professoressa, il ragazzo non perse tempo a tirare fuori il suo vecchio e fidato taccuino. Lo aprì nel mezzo e le porse una pagina intrisa di inchiostro dall'inizio alla fine.
Passarono alcuni minuti, in cui lei leggeva e lui aspettava pazientemente, dopodiché la donna gli restituì il taccuino e dichiarò con voce flebile: «È meravigliosa».
Lysandre sorrise imbarazzato, non si aspettava un commento così diretto ma soprattutto così positivo.
«In realtà, io ho apportato solo alcune modifiche. L'autore di questo pezzo è Castiel»
Per Eloise quello fu come un fulmine a ciel sereno. Possibile che parole tanto toccanti fossero frutto di... Castiel?
Dall'espressione di Lysandre, pareva proprio di si.
Mai e poi mai si sarebbe aspettata un simile talento, da un tipo come lui. Sempre con quell'aria strafottente, sempre così svogliato e poco costante. Credeva che impegnarsi, per lui, fosse un termine senza alcuna valenza.
Invece adesso si era resa conto di una cosa. Lei non conosceva Castiel.
E giudicarlo dalle sole apparenze era stato un grande errore.


 
Note dell'autrice: 
Vogliamo soffermarci sula data dell'aggiornamento precedente e scoprire che risale a NOVE MESI fa?
No che non vogliamo.
So che i tempi non sono il mio forte, ma giuro solennemente che questa storia,
prima o poi, avrà una fine.
Davvero!
ç_ç

Sakyo
  
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