Quando le luci della mattina entrarono
dalla finestra, trovarono Harry ancora profondamente addormentato.
Dopo
alcuni minuti, si accorse del cambiamento della luce sul suo viso e si rigirò in
cerca di ombra e si rese conto che il letto era vuoto.
Aprì lentamente un
occhio e guardò le lenzuola fredde al suo fianco.
Si mise a sedere e si
guardò intorno, ma di Draco non c’era nemmeno l’ombra.
“Kreacher?”
chiamò.
Con un sonoro crac l’elfo comparve ai piedi del letto facendo
un profondo inchino.
“Padrone”.
“Ehm, Kreacher hai visto Draco?”.
“Il
giovane Malfoy è uscito questa mattina presto”.
“Non sai dove?”.
“Vuole
che lo trovi?”.
Harry ci pensò alcuni minuti poi scosse la testa.
“No,
lascia perdere. Aspetterò che torni. Puoi andare”.
L’elfo si inchinò ancora e
poi scomparve nel nulla.
Harry si alzò e prese dal suo baule, un pantalone
nero della divisa di scuola e un maglione cremisi.
Quando scese a fare
colazione, Draco ancora non era tornato e verso l’ora di pranzo, si ritrovò
preoccupato.
“Padron Harry, è arrivato un gufo per lei questa mattina. Dai
Weasley”.
“Oh grazie Kreacher sarà un maglione”.
“Glielo
porto?”.
“Magari dopo”.
“Inizio a preparare il pranzo per lei e per il
giovane Malfoy?”.
“No. Voi elfi avete giornate libere?”.
“Che
intende?”.
“Giornate in cui non fate niente. Andate in giro magari. Com’è che
venite al mondo voi? Insomma, avrai una famiglia dove andare per le feste,
magari”.
“La famiglia di un Elfo è quella…”.
“Che servite. Lo so. Bè vai a
fare un giro. Dove vuoi. Vorrei restare solo adesso, ti chiamerò se ho bisogno
di te. D’accordo?”.
L’elfo annuì con il capo e fatto un inchino, sparì con il
solito crac.
Una volta restato solo andò in cucina dove trovò il pacco
della signora Weasley sul grande tavolo di legno.
Era un maglione uguale a
quelli che aveva ricevuto per sei natali precedenti. Era una di quelle cose che
lo facevano sentire veramente amato da qualcuno.
Ma l’arrivo di quel pacco,
voleva anche dire che la mamma di Ron e Ginny non sapeva niente e quindi sarebbe
toccato a lui spiegare cosa era successo con la figlia.
Questa volta non
aveva come scusa, il dover scappare per combattere un nemico supremo. Questa
volta semplicemente avrebbe dovuto ammettere che le cose in quel modo non
funzionavano e che anche se Ginny lo odiava e così avrebbe fatto anche il resto
della sua famiglia, non aveva intenzione di tornare in dietro.
Sentì scattare
la serratura dell’ingresso e si alzò di scatto dalla sedia che stava
occupando.
Draco si passò una mano tra i capelli facendo cadere la neve che
vi si era posata sul tappeto che Kreacher aveva messo davanti la porta.
“Dove
eri sparito?”, gli chiese.
“Dovevo fare una cosa”.
Il giovane Serpeverde
gli sorrise e si fece avanti.
“Cos’hai dietro la schiena?”.
“Ho preso in
prestito il tuo mantello. Scusa”.
Draco alzò le braccia verso Harry che lo
guardava confuso.
“Cosa…”.
“Sotto il mantello”.
Il moro tese una mano e
afferrò qualcosa nell’aria. Il mantello scivolò in terra scoprendo una gabbia
dove una piccola fenice bianca riposava con la testa nascosta sotto
l’ala.
“Ci ho messo un po’ a trovarla, per questo sono stato via fino ad
adesso”.
“Mi hai… mi hai comprato una civetta?”, chiese esterrefatto.
“Non
saprei. A te che sembra Potter?”.
“Una civetta… bianca”.
“Di solito lo
sono”.
“E’ come…”.
“Inizi a sembrare un cretino”.
Gli lasciò la gabbia
tra le mani e appesa il cappotto.
“Dov’è finito l’elfo?”.
“Io gli ho dato
la giornata libera. Draco…”.
Malfoy gli passò oltre dirigendosi su per le
scale.
“Draco aspetta”.
“Che c’è?”.
“Perché mi hai regalato una
civetta?”.
“Perché la McGrannitt continuava a dirti di trovarti un animale e
ho pensato…”.
“E’ il mio regalo di Natale?”.
Draco si voltò e fissò
Harry.
“Oh togliti quello stupido sorrisetto”.
“Io… ehm… grazie”.
Si
guardarono per qualche istante e poi Draco riprese a salire le scale.
Harry
lasciò la gabbia sul tavolo della cucina e si affrettò a seguire il ragazzo di
sopra.
“Perché proprio una civetta?”.
“Harry…”.
“Dimmelo”.
“Perché
era quello che volevi. Insomma, a che ti servirebbe un gatto o un gufo quando
continueresti a pensare alla tua vecchia civetta? Un topo è fuori discussione
grazie a Minus e un rospo non è all’altezza. Quello va bene per Paciock
ma…”.
“Neville…”.
“Lo so lo so è tuo amico”.
“Non ti capisco”.
Erano
arrivati nella stanza di Sirius doveva avevano passato la notte
precedente.
Draco entrò e si buttò sul letto allentandosi il nodo della
cravatta.
“Che vuoi dire?”.
“Perché è così difficile non fare il
duro?”.
“Le cose sono diverse tra noi. Te l’ho già detto. Insomma, tu sei
Harry Potter, sei geneticamente programmato per essere buono, io mi ci devo
abituare”.
“Apprezzo i tuoi sforzi di farmi capire che ci
tieni”.
“Harry…”.
“Lo so. Ci devo arrivare a queste cose ma non dirle ad
alta voce. È frustante”.
“Cosa dovremmo fare? Tenerci per mano e andare a
passeggiare per strada? Andare a cena assieme? Non sono cose da noi quelle. Non
da me almeno”.
“Non sono quelle le cose che contano. Ma quando siamo noi due,
come adesso, sarebbe bello essere noi stessi e basta”.
“Tu sei te stesso al
cento per cento quando siamo da soli?”.
“Si. Cioè… mi sento confuso quando
siamo soli. Fai uscire fuori una parte di me che non conoscevo. Credo che si
possa dire che quando sto con te, siano le uniche volte in cui sono me stesso al
cento per cento”.
Si fissarono qualche istante in silenzio. Poi Draco
distolse lo sguardo dagli occhi verdi di Harry.
“Cercherò di essere
meno…”.
“Altezzoso e spocchioso?”.
“Non tirare troppo la corda”.
“Sei
stato tu a cominciare tutto questo”.
“Lo so”.
Harry si avvicinò a Draco
fin quando inginocchiandosi, non riuscì a guardarlo ancora negli occhi.
“Per
quanto possa sembrare strano o sdolcinato dirlo, soprattutto se sono io a dirlo
a te, stare con te mi piace e grazie per il tuo regalo. Non avrei mai comprato
un altro animale, avrei continuato a procrastinare con la McGrannitt e tu lo
sapevi. Credo di aver capito una cosa…”.
“Dimmi”.
“Che nessuno può
conoscerci meglio di noi stessi. Insomma, ci sono cose di me che conosci solo
tu, e sono abbastanza certo di poter dire lo stesso su di te, il che è
grandioso. Insomma, io non ti ho fatto un regalo perché ero certo che tu non
volessi nulla e tu invece me ne hai fatto uno per cui ti sono veramente grato, è
questo è perché mi conosci”.
“Chi ti ha detto che non potrei volere un regalo
anche io?”, rispose Draco in tono di sfida.
Harry allora si tirò un po’ su
fin quando non raggiunse con le sue le labbra di Draco e cominciò a
baciarlo.
Sentì il Serpeverde restare fermo per un secondo prima che si
rilassasse contro di lui e lasciasse che Harry prendesse pieno controllo del
bacio.
Il Grifondoro si staccò per riprendere fiato.
“Mi piace da morire
quando mentre ci baciamo sorridi”.
“Sempre sdolcinato”.
“Buon Natale
Draco”.
“Buon Natale Harry” gli rispose, continuando a sorridere mentre Harry
si metteva in piedi per poi salirgli sulle gambe.
Ripreso a
baciarsi.
Harry affondò le dita tra i capelli di Draco per tenerlo stretto a
sé e Draco strinse le mani sulla schiena del Grifondoro.
Harry liberò il
biondo dalla cravatta e iniziò a sbottonargli la camicia senza smettere di
baciarlo.
Draco infilò le mani sotto il maglione di Harry e gliel’ho
sfilò.
Prima di riunire le loro labbra, si fermò ad osservare il viso
arrossato di Harry, e gli occhi che luccicavano illuminati dai raggi del sole
che tramontava oltre le case della strada.
Harry lo fissò intensamente ma
senza abbandonare quello sguardo infantile che aveva sempre avuto. Il verde dei
suoi occhi, ricordava a Draco l’acqua del lago sotto la quale c’era la Sala
Comune della sua Casa.
“Che c’è?”, gli chiese in un sussurrò Harry.
Draco
scosse la testa.
“Pensavo che… quello che hai detto prima, hai ragione. E se
per qualcuno, per chiunque altro al di fuori di noi, tutto questo potrebbe
sembrare sbagliato… non voglio che sia giusto allora perché per me va bene
così”.
Harry lo ribaciò, sussurrando contro le sue labbra “anche per
me”.
Draco sfilò la camicia ad Harry nello stesso istante in cui il
Grifondoro la tolse al Serpeverde e le lasciarono scivolare sul
pavimento.
Harry si sbilanciò in avanti, costringendo Draco a sdraiarsi sul
materasso. Inarcò la schiena, aumentando il contatto fra i loro
bacini.
“Dovrò davvero smettere di chiamarti San Potter”, si ritrovò a dire a
mezza voce mentre Harry posava baci lungo il suo collo.
“Era ora”.
Draco
si tirò su d’impeto, ribaltando le loro posizioni.
Fece scivolare le dita tra
quelle di Harry, portandogli le mani ai lati della testa.
Lo guardò ancora
come poco prima, cercando di fissare nella sua memoria ogni minimo dettaglio del
volto di Harry.
Gli occhi scuriti non solo dal calare della sera, ma anche
dal desiderio; i capelli scompigliati più del solito e quel sorrisetto beffardo
stampatogli in faccia e le guance arrossate.
“Draco?”.
Il ragazzo si piegò
su di lui, senza lasciargli andare le mani e riprese a baciarlo, ma ben presto
distolse la sua attenzione dalle sue labbra e cominciò a lasciare una scia di
baci lungo il suo collo e poi sul petto.
Gli lasciò andare le mani e qualche
secondo dopo, le sentì tra i suoi capelli.
Alzò gli occhi e incrociò lo
sguardo con Harry che si tirò sui gomiti e riallacciò le sue labbra con quelle
di Draco.
Gli passò le braccia attorno al collo e se lo strinse forte contro
il petto.
Harry artigliò la schiena di Draco stringendolo come se volesse
diventare un tutt’uno con lui e poi fece scorrere le sue mani sulla schiena
bianca e muscolosa del Serpeverde.
Ribaltò le posizioni come Draco aveva
fatto poco prima e gli portò le mani ai lati del volto in una sua
imitazione.
Si morse il labbro, indeciso su come sfruttare al meglio la sua
posizione, poi il suo sguardo si posò sul disegno che copriva l’avambraccio
sinistro di Draco e per quanto volesse restare indifferente alla cosa, un
brivido gli percorse la schiena.
Draco seguì con gli occhi la traiettoria
dello sguardo di Harry per capire cosa ne avesse attirato l’attenzione e quando
capì si irrigidì.
“Io… scusa mi dispiace. Me ne ero dimenticato”.
Si tirò
a sedere bruscamente, costringendo Harry a scivolare di lato.
Gli rivolse le
spalle, restando immobile.
“Lo so che è… è orribile. Sono stato uno stupido a
pensare che sbatterti in faccia il fatto che… che lavoravo per lui, non ti
avrebbe fatto schifo”.
Harry restò fermo e in silenzio per qualche secondo
poi gli si avvicinò, passandogli le braccia attorno al collo e poggiando il
mento sulla sua spalla.
Draco non si mosse.
“L’avercelo, dipende da te
tanto quanto dipende da me la cicatrice che ho in fronte. Non siamo stati noi a
chiederlo ed è stata la stessa persona ad imporcelo. Per quanto siano diversi i
loro significati, so che con te non vuole dire quello che vuole dire sulle
braccia di tutti gli altri. Non hai ucciso. Non sei un Mangiamorte. Per me non
lo sei”.
“Potrai dire così adesso, ma non se ne andrà e quando ti renderai
conto che ti fa schifo, ti farò schifo anche io e andrà tutto in malora”.
“La
stessa cosa vale per me. Se mi guardi in faccia, non puoi non notare ciò che
rappresenta la disgrazia della tua famiglia ma penso che non ci riguardi. Fa
parte di qualcosa che non esiste più ormai. Non c’è più qualcuno che mi fa
essere il Prescelto e non c’è più qualcuno che ti faccia essere un Mangiamorte.
Per quanto mi riguarda, tu non sei come loro. Questo lo so e ne sono sicuro.
Quando vedevo come ti costringeva a comportarti Voldemort, ho provato pena per
te. Ho smesso di avercela con te da un po’ ormai”.
“Non ti facevo così
profondo”.
Lo sentì rilassarsi contro il suo petto e lo fece voltare,
facendolo stendere ancora.
Non guardò più il suo avambraccio, si concentrò su
tutto il resto del suo corpo.
Quando furono completamente nudi, gli fu ancora
più facile non perdere l’attenzione da tutte le altri parti di Draco e il fatto
che fosse tornato sopra e che mentre gli baciava il petto con una mano gli
toccava il membro, lo costrinsero definitivamente a distogliere l’attenzione da
tutto ciò non fossero le labbra o le mani di Draco.