Delirium
«Salute,
Nienor figlia di Húrin. Ecco che ci si rivede prima della
fine. Ti do la bella
notizia che hai finalmente trovato tuo fratello. E ora saprai chi
è: uno che
colpisce al buio, proditorio con i nemici, infedele con gli amici, e
una
maledizione per il suo stesso sangue, tale è
Túrin figlio di Húrin! Ma la
peggiore delle sue imprese la sperimenterai su te stessa».
Le tenebre si
dissipano dai tuoi occhi, una
pugnalata che squarcia la dolce notte per scoprire il freddo ed
implacabile mattino.
Una lunga serie di informazioni si riversano nella tua mente: figlia
Húrin,
maledetto da Morgoth; sorella di Túrin, beffardamente
deprecato a sua volta.
Túrin,
la Spada Nera. Il tuo amante appassionato. Il
tuo sposo devoto. Il tuo fratello perduto.
L’uomo
che ti ha accolta, che ti ha amata e di cui
ora porti in grembo il figlio null’altro è che il
fratello di cui ti mettesti
alla ricerca insieme a tua madre Morwen. Ricordi, tua madre: la donna
dura come
il marmo, forte come la terra, indomita come il vento, che mai si
arrende lasciandosi
andare alle lacrime. Andasti con lei alla ricerca di quel fratello che
non
avevi mai visto, e che desideravi conoscere con tutta l’anima.
Fino al giorno
in cui ti perdesti a tua volta, ed il
Verme del Terrore s’insinuò nella tua mente,
strisciando dentro l’antro più
intimo di ogni creatura di Arda, ghiacciando ogni tuo ricordo. E fu
così che
dal cercare tuo fratello ne sei stata trovata; e adesso sai che la pura
casualità era in vero una funesta predizione di Colui che
tutto ammorba.
Il peso grave di
tutto ciò sembra schiacciarti come
se fosse fatto di materia, mentre volgi lo sguardo affranto verso il
volto
morto di quell’uomo che, ora, sai essere tanti frammenti di
una sola, reale
parentela.
Amore coniugale
e amore fraterno vorticano nella tua
anima, fiori perfetti fra loro inconciliabili, mentre un solo grido di
commiato
sgorga incontrollato dalle tue labbra.
“Addio,
due volte amato! A Túrin Turambar turun ambartanen:
dominatore della sorte
dominato dalla sorte! Felice tu che sei morto!”
E poi, le tue
gambe iniziano la loro ultima marcia.
Dapprima lentamente; poi, a poco a poco sempre più
velocemente, mentre l’orrore
ottenebra ogni cosa, e tutto ciò in cui credevi marcisce
sotto i tuoi occhi,
disgregandosi pezzo per pezzo
Il bambino
scalcia: deve aver avvertito il pericolo
imminente. Prendi fra le mani il tuo ventre gonfio - sta diventando ad
ogni
passo sempre più pesante - ma il tuo tocco non sa
più di amore e tenerezza,
quanto di ribrezzo, quasi fosse un dolce serpente di cui disfarsi a
tutti i
costi. Tu stessa sei niente, ormai, se non un ammasso di carne e sangue
scaraventato nell’abisso della vergogna prodotta della tua
aberrante condotta.
È vero, non eri a conoscenza di tutto questo, ma
ciò non ti solleva dalla
follia di quegli ardenti amplessi, e dal marchio indelebile della tua
stirpe.
Sei maledetta
dal tuo stesso nome, Nienor, Cordoglio,
Lutto, Morte fin dal principio della
tua vita. Maledetta è tutta la
tua schiatta. Maledetto il figlio che porti in grembo, frutto del tuo
peccato,
impuro, lo stesso che una volta guardavi con occhi colmi di tenerezza,
ora
diventati cupi specchi di ribrezzo e angoscia.
Non ti resta che
la Morte, dono degli Uomini,
destino ineluttabile, ora unico epilogo dell’anima tua, unico
scampo
all’oscenità dei tuoi atti. Perché se
muori tu, morirà anche il tuo peccato.
Le fredde acque
del Teiglin s’increspano al tuo
arrivo nella gola di Cabed-en-Aras, fameliche come fauci di leone.
Docili e
minacciose insieme, t’implorano di lasciarti cingere dai loro
violenti flutti
come una volta Túrin t’attirava fra le sue
braccia.
Ma
ciò che immagini ora, di quel ricordo
lontanamente vicino, resta solo quel corpo contaminato dal sangue
velenoso del
dorato Glaurung e dal tanfo della morte che presto invaderà
le sue membra.
Chiudi gli
occhi, tingi di nero il tuo mondo ancora
una volta, dimentica il dolore della perdita e la paura della morte,
poiché
essa ti arrecherà consolazione. Cancella la tua esistenza
insana, deturpa la
vergogna che celi dentro di te.
Abbandonati
all’acqua limpida e purificatrice, lasciati
cullare dal suo suono.
Qui finisce la
vita di Nienor Níniel, amara dolcezza
di Túrin Turambar.
NDA
Tutte le frasi
in corsivo sono prese direttamente dal
Silmarillion.
L’ispirazione invece è arrivata ascoltando Paint It Black dei Rolling Stones. Sì, c’entra poco o niente. Ma tant’è.