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Autore: Ginny Jane    07/08/2015    7 recensioni
Tutti facciamo progetti: che siano per mantenere il nostro mondo in equilibrio o per abbatterlo e crearne uno nuovo....più semplicemente, per costruire le nostre vite. Ma quando le premesse cambiano? Quando risvolti inattesi trasformano il Sogno in un Incubo? La vita, poi, va dove vuole.
Di ritorno dalla Svezia, dopo il Terrore, Fersen si scontra con un una Francia cambiata, ma il cambiamento potrebbe essere molto più profondo di quanto si aspetta: che cosa ne è stato di Oscar? I loro mondi potranno coincidere ancora, come in passato, o si muovono ormai su orbite sfalsate?
Ecco la continuazione di "Sul muretto", che ne è diventato il primo capitolo, che alterna momenti comici e riflessioni tendenti al tragico, con la complicità di qualche piccolo personaggio nuovo. Mi sento in dovere di avvertire che il Fersen da me creato ha preso una piega un po' OOC. Spero che vi piaccia!
Genere: Commedia, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, André Grandier, Axel von Fersen, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Premessa

Ciao! Scusate per il ritardo. Come sempre, ringrazio chi ha recensito, ricordato, seguito,...anche se non sempre rispondo direttamente alle recensioni, sappiate che le apprezzo moltissimo e le leggo con profonda attenzione.
In questo capitolo troverete citazioni volutamente anacronistiche: un piccolo esperimento, spero che funzioni.
Vi lascio alla lettura senza sproloquiare oltre. Un abbraccio!
Ginny Jane

I veri uomini

 

Stava cercando la sua copertina, non poteva dormire senza.

Aveva già superato la terribile esperienza del grande barattolo da cui non riusciva ad uscire, nonostante Pierre lo tirasse per le braccia fino a fargli male, da cui l'aveva salvato l'altro papà, rientrando. Sono esperienze che, una volta terminate, non fanno più paura e si ricordano come grandi avventure.

Pierre si era occupato di lui, come tutte le sere e come era suo compito: lo aveva aiutato a mettersi la camicia da notte (in realtà una camicia da giorno dello stesso Pierre, regalatagli da una signora elegante nonostante lui ne avesse già tre, che a Horace arrivava alle caviglie, con le maniche tutte arrotolate); aveva controllato che facesse la pipì, per non bagnare il letto dopo, e lo aveva aiutato a salire sul grande letto che condividevano. Gli aveva anche fatto una bella sorpresa, regalandogli un dolcino, che aveva mangiato tutto contento riempendo di briciole il lenzuolo. Horace era fermamente convinto che le tasche di Pierre fossero magiche: ne uscivano sempre, inaspettatamente, delle cose interessanti. Ogni tanto provava a controllare le sue, ma le trovava sempre, chissà perché, vuote.

Poi però era cominciato il problema copertina. Non avevano idea di dove fosse finita. Horace ricordava vagamente di averla portata fuori dalla camera nel pomeriggio, intenzionato ad avvolgerci il gatto...poi però non ne sapeva più nulla...e in ogni caso non sarebbe riuscito a spiegarlo a Pierre: non gli piaceva parlare. Le parole non gli uscivano dalla bocca: la apriva per dirle...e poi si dimenticava che parole erano. Così alla fine aveva rinunciato anche a provarci. In ogni caso, di solito Pierre lo capiva benissimo lo stesso.

Quest'ultimo aveva cercato quel fondamentale pezzo di stoffa per tutta la stanza, poi era anche sceso giù, al piano terra. Ma quando era tornato, non avendola trovata, aveva dichiarato solennemente che -i veri uomini non hanno bisogno di copertine, per dormire-. Si era infilato nel letto e si era addormentato subito. No, così non andava bene: aveva bisogno della copertina, che gli faceva compagnia, che lo tranquillizzava perché, anche se di questo lui non se ne rendeva conto, quello straccetto di panno ormai lercio conservava ancora una traccia dell'odore di casa sua, a Parigi. Aveva provato a svegliarlo, infilandogli un ditino nell'orecchio, ma Pierre lo aveva allontanato con un piccolo schiaffo. Così si era ritrovato con una manina rossa, tanto sonno, e niente copertina.

Per questo era sceso a cercare l'altra mamma, che notoriamente risolveva questo tipo di problemi.

 

Ora l'altra mamma e l'altro papà e quel tipo lo stavano guardando...e sembravano parecchio scocciati.

 

In effetti, Oscar era seccata: -Horace che cosa vuoi? Dovresti essere a letto...e hai i piedi nudi, così ti ammalerai. Te le abbiamo comprate apposta le scarpine, per usarle.-

Non voleva lasciare la tavola, aveva il presentimento che, nonostante la cena tardiva si fosse svolta in modo particolarmente civile, i due uomini covassero una specie di ostilità latente...così inusuale in André, sempre calmo e ragionevole...non se la spiegava, in fondo, Fersen non gli aveva fatto nulla... Anzi, in alcuni istanti aveva avuto la sensazione che ce l'avesse un po' con lei...mah!

Il bimbo sembrava sul punto di piangere...ma non lo fece: dopo aver pianto per una settimana quando era arrivato, non lo avevano più visto versare una sola lacrimuccia. Doveva essere successo qualcosa...

Più dolce, chiese: -Cos'hai? Non dormi?-

André si offrì di andare a vedere che cosa non andava, e metterlo a letto. Ma Oscar preferì farlo di persona. Se fosse stato sveglio, avrebbe approfittato per dare una ripassata a Pierre: perché lo aveva lasciato andare in giro? E André era troppo permissivo con i bambini...

Si alzò, prese il piccolo in braccio e si avviò verso le camere.

 

Quando fece ritorno in cucina, dopo aver rintracciato la copertina di Horace (dentro alla pendola rotta dell'ingresso), stava succedendo esattamente quello che aveva temuto: gli uomini stavano parlando di politica. Se “parlare” si poteva dire lo scambio di parole, accese come petardi dalla convinzione di ciascuno di avere ragione, che stava avendo luogo.

-Che gli uomini nascano uguali, e liberi- stava dicendo André -è per me una verità che non necessita di argomentazioni.- Oscar riprese il suo posto, sperando che la conversazione non degenerasse in una lite, intenzionata a rimanere calma ed agire da moderatore.

Fersen parve riflettere, poi, con uno sguardo duro al suo interlocutore, disse:-Se voi non ne vedete la necessità, molti altri l'anno vista, e hanno prodotto argomenti più o meno convincenti a favore e contro. Così come su numerose altre presunte verità. Io non ne sono convinto, ma posso lasciarvi il beneficio del dubbio. Una cosa, però, mi preme farvi notare: una verità detta con cattiva intenzione, batte tutte le bugie che si possono inventare*-

-Sono assolutamente d'accordo con voi, e i fatti hanno parlato a vostra ragione.- André sospirò – Permettetemi di assicurarvi che le intenzioni di molti, della maggior parte credo, erano ottime. Non penso possiate negare che la situazione non era più sostenibile: qualcosa andava fatto, per la Francia. Doveva essere una riforma strutturale, profonda, il sistema andava cambiato alla radice per ottenere risultati concreti, dato che con le buone intenzioni espresse dall'aristocrazia più, diciamo, populista, nell'ultimo secolo avevamo già pavimentato l'intero Inferno, piazze comprese, e ce ne sono anche avanzate delle lastre**. Io sono convinto della validità della democrazia...e del suffragio universale, per quanto mi renda conto che, dato il livello di istruzione del popolo, sia attualmente di difficile applicazione e...forse persino, come sostengono molti, pericoloso.- Ci fu una pausa, poi con il un tono di qualcuno che vuole convincere innanzi tutto se stesso, aggiunse: -avrebbe dovuto essere diverso, ma avrebbe potuto funzionare...e lo può ancora. Ora che Robespierre ha avuto quello che meritava...ricominceremo, riusciremo a costruire la Francia che sogniamo..il mondo che sogniamo.-

Fersen fissava il piccolo fuoco, affascinato da una falena che vi girava attorno, confondendo la sua danza con quella delle scintille. Era sicuro che si sarebbe bruciata. Mormorò sovrappensiero: -se siete tanto convinto di queste cose, mi stupisce che siate fuggito da Parigi, avreste dovuto rimanere per scriverle. Se un uomo non è disposto a lottare per le sue idee, o le sue idee non valgono nulla, o non vale nulla lui.***-

Passarono alcuni secondi, nei quali l'uomo si rese conto di aver pronunciato ad alta voce il pensiero che aveva formulato. Si rese conto della durezza e della gravità di quanto aveva detto...nonché della maleducazione: aveva accusato di codardia le persone alla cui mensa mangiava. Addirittura, la sua frase poteva essere essere interpretata in modo ancora peggiore e molto lontano dalle sue reali intenzioni..forse era sembrato che si augurasse la morte di André...se fosse rimasto a Parigi avrebbe fatto la stessa fine di quel suo amico.

Si volse, per incontrare due paia (o quasi) di occhi decisamente ostili.

Spalancò i suoi, e tentò di scusarsi, sinceramente. Ma non sapeva come farlo:- Mi dispiace io...non volevo dire niente del genere. Perdonatemi...-

La voce di André era un distillato di fiele: - Non scusatevi: anche su questo avete perfettamente ragione-. -No! Non ha ragione!- Oscar aveva sentito la rabbia montare dentro nell'arco di quel breve tempo, come un acido incandescente che dallo stomaco era risalita nel petto, nell'esofago, fin ad esploderle in gola, le narici spalancate per riuscire a respirare. Ma cosa ne sapeva? Si era rifugiato in Svezia a farsi gli affari suoi... - Cosa ne sapete del suono delle voci dei parigini, che invadevano ancora e ancora le sale in cui i loro rappresentanti si riunivano, richiedendo misure sempre più estreme? O del sibilo della ghigliottina? Cosa ne sapete della paura di venir denunciati con una scusa qualsiasi da un vicino di casa, dall'oste, dal panettiere...del non sapere più quali sono gli amici e i nemici, dell'incertezza che ti porta a chiederti, per ogni volto che incontri per strada, se sarà quello del tuo assassino? O di quello di tuo marito? O di tuo figlio?-

L'aggressività della moglie sembrò calmare André: dopo anni di esercizio, era per lui un riflesso condizionato quello di guadagnare in lucidità quando Oscar perdeva le staffe, per impedirle di mettersi nei guai.

-Avete ragione Oscar- cercava ancora di scusarsi il conte - io non ne so nulla. Mi rincresce molto di quello che ho detto...André, perdonatemi.-

Ma Oscar non riusciva a fermarsi, in barba ai buoni propositi: -E se anche fosse? Se anche fossimo scappati per salvare le nostre vite, che diritto avete di giudicarci? Ma certo, voi pensate che ce lo siamo meritati...-

-No Oscar, non penso che ve lo siate meritati. Vi conosco da molti anni ormai, so quanto valete. No, non penso che vi siate meritati il dolore che, l'ho visto nel vostro sguardo, avete patito- la voce di Fersen era grave, e sincera.

André trasse un profondo respiro, cercando di parlare con più pacatezza:-Comunque, non è stato per la nostra pelle che siamo scappati, non direttamente almeno. Se fosse stato il caso saremmo partiti molto prima...e comunque l'avremmo fatto non appena si è insediato il Comitato di Salute Pubblica, rendendoci conto del punto a cui si era arrivati-

Oscar e André si guardarono intensamente: condividevano un ricordo, un'emozione, tale da scavare sui volti di entrambi delle pieghe profonde. Erano impalliditi. Lanciarono entrambi un breve sguardo a Fersen, per poi tornare a concentrarsi su di loro, chiedendosi a vicenda, silenziosamente, se fosse il caso di metterlo a parte di quella storia ormai passata.

Fu Oscar a iniziare il racconto, la voce bassa, più calma ormai, ma intrisa di dolore: -Sapevamo quanto rischiavamo, André per quello che scriveva ed io per le mie origini aristocratiche. Ma non volevamo partire: l'impegno politico...era la cosa giusta da fare; ed io volevo restare a fianco della regina, per quanto mi è stato possibile...poi, rintracciare i suoi figli. Mi dicevo che non potevo abbandonarli...ma quando è stata in pericolo la vita del mio, non ho potuto fare altrimenti.-

-Un giorno, eravamo al mercato- continuò André e sembrava invecchiato di colpo -Pierre aveva tre anni, era vicino a noi..poi, dopo un istante soltanto di distrazione, non c'era più. L'abbiamo cercato almeno per due ore, per tutta la zona, coinvolgendo tutti i conoscenti che incontravamo. Alla fine lo abbiamo ritrovato tranquillo, in un angolo della piazza, illeso. Per quanto siamo riusciti a capire, aveva seguito un uomo che gli aveva dato dei dolci...

Aveva una ghigliottina disegnata ad inchiostro sul dorso di una mano.

Quella notte stessa ci siamo messi in viaggio.-

Feren sentiva un rivolo freddo corrergli lungo la spina dorsale...o forse era solo un brivido...

Oscar sentì il bisogno di spiegarsi: -il nostro maggior timore non era che lo avrebbero ucciso, per mandarci un messaggio, sebbene era una possibilità che non potevamo escludere. Ma ci ha fatto rendere conto che...vi siete mai chiesto che fine hanno fatto molti dei bambini di cui i genitori sono stati ghigliottinati?-

No, non se lo era chiesto e non lo voleva sapere. Se lo immaginava, ed aveva già sentito abbastanza per togliergli il sonno. -Capisco- rispose.

- Con rispetto- puntualizzò André -non credo che possiate. Per il semplice fatto che non avete, a quanto ne so, figli.-

-E' vero. La paternità è un dono che non mi è stato dato: né le sue gioie, né i suoi dolori- L'umiltà suonava insolita espressa dalla sua voce. -Ho desiderato avere dei figli da una donna che non poteva darmene. Non ho mai voluto averne con altre.-

Non era certo il caso di aggiungere che, molto recentemente, aveva cambiato opinione.

 

*William Blake

**Proverbio: le vie dell'Inferno sono lastricate di buone intenzioni (si intende quelle non realizzate)

***Ezra Pound

   
 
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