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Autore: empty_eyes    08/08/2015    0 recensioni
Quando due persone si scelgono perché legate dall'amore, quello vero, neanche il destino è in grado di fermarle. In quel momento, quando i loro occhi sono un urlo libero di sentimento e passione, quando due mani si incrociano come fossero la parte mancante l'una dell'altra, e due corpi diventano solo il mezzo di un'anima per avvicinarsi quanto più possibile a quella dell'altro, non esiste più niente di così forte da poter separare due amanti.
Nonostante questo, le difficoltà posso essere numerose, Mia Saxton ne è una prova vivente. Tutto il suo mondo era andato in pezzi, per colpa di un ragazzo che non riusciva a dimenticare. Eppure, anche se tutto sembrava perduto, quella piccola scintilla d'amore che continuava a brillarle negli occhi, un giorno riattirò a sé il suo amato. E la sua vita cambiò di nuovo.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Descrivere la fatica che ho fatto per riuscire a stare attenta alle ultime lezioni è impossibile. So solo che, grazie al cielo, sono riuscita a passare l’anno con dei voti piuttosto buoni. Abbiamo festeggiato allegramente la fine della scuola con una festicciola a casa di Ash, dove mi sono lanciata in balli sfrenati e bevande superalcoliche. Mi sono divertita, veramente, pensavo solo che Calum mi avrebbe baciata… invece niente, a parte qualche coccola. Ma non importava, Ash mi aveva sempre detto che Cal ci va piano con le ragazze, e quella era una cosa che mi piaceva in realtà.

Da un paio di giorni erano arrivati quei suoi famosi amici, che io ancora non avevo visto. Ero in macchina con Ash, ci dirigevamo verso la periferia del paese, dove gli altri avevano organizzato una specie di pic-nic. Mentre ridevo e scherzavo con il mio amico, sventolavo il braccio fuori dal finestrino. L’aria tiepida di giugno mi piaceva da morire.

Improvvisamente, alla radio partì “I Miss You” dei Blink 182. Mi ricordo una marea di emozioni farsi largo tra le  costole. Quella era la nostra canzone, mia e del ragazzo che mai avrei potuto dimenticare. Nonostante fosse passato quasi un anno, il suo pensiero faceva spesso capolino nella mia mente, lo ritrovavo in ogni cosa che facevo. Non mi ero ancora accorta delle lacrime che mi pesavano negli occhi, me lo fece notare Ash appoggiando la mano sulla mia coscia.

-Hey, Mia. Non ci pensare, okay?- mi sorrise, spegnendo la radio.
Mi sforzai a ricambiare, mentre obbligavo le lacrime a tornare da dove erano venute. Non avrei pianto per lui di nuovo.

Arrivammo al complesso di edifici abbandonati e grandi prati verdi una decina di minuti dopo. L’aria tiepida consolava il mio viso ancora un po’ triste, mentre camminavamo verso le coperte stese a terra tra alcuni alberi profumati. Alcuni ragazzi della squadra (Todd, James, Alan e Zack) insieme all’ochetta Holly e alle sue amiche cheerleader Tiffany e Chloe, stavano sistemando piatti e bicchieri sulle tovaglie appoggiate all’erba verde. Avevano ordinato alcune pizze, che sarebbero arrivate solo con Calum e i suoi amici australiani, dopo essere passati per casa del mio bel moretto. Non ero più sicura che tra di noi ci fosse veramente qualcosa di più di un’amicizia, ma non me ne preoccupavo molto, ciò che doveva succedere sarebbe successo.

Rimasi leggermente disgustata da come si era conciata la troietta: una super-mini gonna nera di pelle, una canottierina bianca scollata e stivaletti bucherellati neri. Okay. Io optai per un vestitino senza maniche mediamente corto, bianco con una fantasia color corallo e delle Vans del medesimo colore. Capelli mossi e un leggero trucco sugli occhi. Abbastanza semplice direi, ma Ashton mi ha detto che stavo bene così e io ne ero felice.

Salutai tutti, a parte le oche, e poi mi sdraiai sull’erba soffice, osservando il cielo. Sentì subito Ash posizionarsi a fianco a me, come sempre, e cominciammo a commentare le nuvole che ci passavano sopra. Dopo un quarto d’ora non era ancora arrivato nessuno ed essendomi stancata di guardare Tiffany provarci con il Koala (Ashton) mentre strappavo fili d’erba, mi alzai.
-Io vado a farmi un giro al Palazzo Vecchio, qualcuno venga a chiamarmi quando arrivano le pizze- urlai, mentre mi avviavo verso la mia meta. “Palazzo Vecchio” era il nome che avevamo affibbiato ad una palazzina i cui lavori non sono mai stati completati a causa di mancanza di soldi. A parte la struttura esterna, le uniche cose che avevano costruito erano i pavimenti e i soffitti, qualche muro a separare enormi stanze qua e là comunque aperte all’esterno, le scale e un enorme, bellissimo tetto piano da cui si vedeva tutta la città. Andavamo lì spesso, era il nostro rifugio da un sacco di anni. Ormai lo conoscevamo a memoria.

Mi infiltrai dalla porta sul retro di cui avevamo rubato la chiave, per poi arrampicarmi su per i cinque piani, gustandomi ogni singola parte della città che riuscivo ad intravedere dai muri esterni, finiti solo a metà. In effetti non era un posto sicuro, ma poco m’importava. Arrivai alla mia meta con il fiatone e un po’ di sudore sulla fronte, ma non appena guardai all’orizzonte, rimasi meravigliata, come tutte le volte: il sole cominciava ad avvicinarsi al suo letto, donando al suo amato cielo una splendida sfumatura rossa e arancione. Mi appoggiai al cornicione, ammirando la vastità di tutto. A guardarla da dentro, ogni cosa sembra relativamente piccola, o comunque gestibile. Ma quando cambi prospettiva e osservi le cose dall’alto, capisci quanto larghi siano i confini, infiniti ed irraggiungibili. E ti sembra di poter possedere ciò che hai sotto di te, non importa quanto sia grande. Tra questi pensieri cominciai a navigare, per molto tempo, finché non sentì qualcuno aprire la porta di metallo, che si richiuse dopo qualche secondo con un stridio che mi fece venire i brividi.

Non sentendo nessuno parlare né chiamarmi, mi girai, ancora un po’ abbagliata dal mio amico sole. Non appena vidi quella figura alta in skinny jeans strappati e maglietta nera, mi sembrò di avere un miraggio. Le sue gambe lunghe erano immobili, la maglietta leggermente mossa dal vento fresco. Occhiali da sole a coprire due occhi indimenticabili e cappello con la visiera spostata all’indietro incastrato tra dei capelli color grano.

Mi sentì mancare, per poco non svenni. Ma ero talmente sconvolta da non riuscire neanche a svenire, ero semplicemente inchiodata al pavimento, con i lunghi capelli fermati solo da una coroncina di piccole margherite bianche che svolazzavano dappertutto e il vestito che li seguiva. La bocca semiaperta dall’enorme stupore, gli occhi nocciola a fissare la cosa più bella che avessi mai avuto a quindici metri dal mio corpo, le gambe tremanti e il cervello a ripercorrere momenti di quella che sembrava un’altra vita. Il tempo si era fermato, così come noi due, che ci guardavamo a distanza, senza respirare da molto tempo, ormai.

Mi sembrava impossibile avere Luke di nuovo davanti a me.


LUKE’S POV

Appena arrivammo, Calum ci presentò subito a tutti. Impossibile non notare una bella bionda con vestiti provocanti ed uno sguardo di fuoco. Sorrisi quando la salutai, giusto per fare buona impressione. Ero sicuro che sarebbe stata una bella vacanza.
Scambiai qualche parola anche con le altre ragazze, mentre notavo la comica scena dell’incontro tra due Ashton: erano piuttosto diversi fisicamente, almeno non li avremmo confusi troppo. Il mio amico l’avremmo chiamato ‘biondo’ e il ragazzo alto e muscoloso appena conosciuto sarebbe stato ‘moro’. Che fantasia.

Mi accorsi dopo poco di aver lasciato la macchina di Cal aperta, così mi diressi presto a chiuderla. Quando tornai, mentre tutti erano impegnati a finire di preparare la tovaglia, quest’ultimo mi fece cenno di raggiungerlo mentre si dirigeva verso una palazzina abbandonata.

-Dove stiamo andando?- chiesi quando lo raggiunsi dopo una piccola corsa.
-A recuperare una mia amica. E’ innamorata di questa palazzina e non perde mai occasione per rifugiarcisi. Dobbiamo solo andare a chiamarla e poi torniamo a mangiare. Allora, come ti sembra la città per ora?-
-Non male amico, non male. Sono sicuro che una volta approfondita la conoscenza con una di quelle tre belle ragazze sarà ancora meglio!- risi, dandogli una pacca sulla spalla.
Entrammo da una porticina sul retro e mi meravigliai nel notare come il palazzo fosse completamente abbandonato e piuttosto pericoloso: i muri erano quasi inesistenti e i pavimenti non sembravano troppo sicuri.

-Se ci dividiamo facciamo prima. Tu vai a vedere sul tetto, io controllo nell’altro suo posto preferito, la stanza qui in fondo- disse con il fiatone. – Se non la trovo ti raggiungo di sopra, sarà sicuramente lì-
-Okay- ansimai, continuando a percorrere l’ultima rampa di scale. “Ma ti pare che dopo un lungo viaggio io debba pure mettermi ad inseguire una pazza con istinti suicidi” pensai, un po’ seccato. Non volevo ammettere a me stesso quanto fosse bella la visuale da lì, ma in cuor mio ero ammaliato. Arrivato ad una porta di metallo, la spinsi tirando lunghi respiri per recuperare il battito. Lasciai che la porta si chiudesse prima di guardare di fronte a me: ebbi un sussulto nell’individuare una ragazza ferma ad osservare l’orizzonte. Mi ricordava da morire Mia.

Pensai di essere pazzo, ma poi si voltò. Non ebbi alcun dubbio quando si fermò, puntando i suoi occhi su di me. I capelli che io ricordavo completamente castani, ora erano un po’ più lunghi e più chiari al fondo, più belli. Occhi non troppo grandi ma contenenti l’infinito mi fissavano stupefatti, accompagnati da quella bocca stupenda, ora semiaperta. Un vestito che la faceva sembrare perfetta e delle margherite tra le ciocche chiare. Non so se ad accecarmi fosse lei o il tramonto alle sue spalle, ma credo che fosse proprio lei. Tra tutte le persone che avrei potuto immaginare, non avrei mai sperato che fosse lei. La parte più bella del mondo, la mia musa ispiratrice. La ragazza che tanto avevo amato e continuavo segretamente ad amare. Rimanemmo a fissarci per degli attimi che sembrarono eterni, immobili e con il vento ad attirarci più vicini. Avrei voluto correre da lei e baciarla per sempre, ma alla sua vista rimasi letteralmente paralizzato.

Sentì un tonfo sordo, qualcosa di lontano, che in realtà così lontano non era: infatti, a risvegliarmi da quella sorta di ipnosi fu la pacca di Cal sulla mia spalla. Voltai la testa spaventato, osservando il sorriso del mio amico.

-Hey, tutto bene? Avete certe facce- scherzò, avvicinandosi a Mia. La vidi sforzare un sorriso, farfugliando qualcosa. Lui le prese la mano e io mi sentì bruciare di gelosia come mai prima. Strinsi i pugni, cercando di mantenere la calma. Me li ritrovai entrambi a pochi centimetri quando me la presentò.
-Luke, ti presento Mia. Mia, lui è uno dei miei famosi amici, Luke- ci introdusse, ignaro del nostro passato. D’altronde io non ho mai raccontato a quasi nessuno di noi e probabilmente lei ha fatto lo stesso. Non che mi aspettassi nulla di più, considerando il modo in cui mi aveva lasciato.
-Ciao- dissi secco, infilandomi le mani in tasca. –Ora andiamo a mangiare, gli altri ci staranno aspettando- aggiunsi velocemente, prima di infrangere la promessa fatta poco prima a me stesso e guardarla negli occhi.

Mi girai e mi gettai quanto più velocemente giù dalle scale. Sentì Calum dirle “Giuro che non è sempre così”, prima di essere troppo lontano per riuscire a capire altro. Mentre mi dirigevo alle coperte stese a terra, lottai duramente contro pesanti e minacciose lacrime. Fortunatamente non avevo mai tolto gli occhiali da sole.
Avevo ritrovato la ragazza più speciale che abbia mai fatto parte della mia vita e tutto ciò che sono riuscito a dirle è stato un ‘ciao’ scazzato. In realtà non meritava nulla di meglio, considerato come mi aveva trattato l’anno prima. Ecco, è così che volevo pensarla. Lei non meritava più nulla, ed è esattamente ciò che avrebbe ottenuto da me.


MIA’S POV

Ero talmente sconvolta da non essere riuscita a parlare per buona parte della serata. Ho conosciuto gli altri ragazzi, ma non ho fatto altro che mantenere lo sguardo fisso su di lui. Era così bello, proprio come lo ricordavo. L’unica differenza era un piercing nero al labbro inferiore, che lo rendeva sexy da morire. L’avrei baciato all’infinito, chiedendogli che cosa ha fatto durante tutto questo tempo i cui siamo stati separati. Non riuscivo a capire quando e se mi guardava, per colpa dei suoi occhiali scuri.

Poi mi ricordai di come mi aveva presa in giro, di tutto il male che mi aveva causato, e decisi che non l’avrei più calcolato. Non meritava un cazzo. Non mangiai nulla, attirando le preoccupazioni di Ashton. Il mio Ashton, non l’amico di Cal. Che strana situazione.
-Pinguinella mia, perché non mangi?- chiese, sedendosi a fianco a me.
-Ti devo parlare, Ash. Subito- sussurrai, con la voce rotta da tutte le emozioni e le lacrime che stavo trattenendo.

Si fece serio, guardandomi intensamente. –Scusateci un attimo, torniamo subito- disse agli altri, aiutandomi ad alzarmi. Ci allontanammo verso gli alberi alti e quando fui nascosta dietro uno dei tronchi, mi ci appoggiai, mettendomi le mani tra i capelli.
- È lui Ash, è lui, cazzo! È Luke di Santa Cruz, è il ragazzo di cui ti ho parlato in ogni dettaglio, per cui ho pianto sulla tua spalla ogni giorno, quello che non si è più fatto sentire dopo due mesi di notti passate insieme sulla spiaggia! È lui Ashton, è lui, questo deve essere un incubo! Aiutami, ti prego!- farfugliai alzando forse un po’ troppo la voce, lottando più che duramente con me stessa per impedirmi di piangere. La sua faccia era a dir poco scandalizzata. –Ma che cazz.. è uno degli amici di Calum?! Oh Dio…-

Mi gettai tra le sue braccia, cercando quanto più conforto possibile, cosa che ottenni quando cominciò a stringermi ed accarezzarmi i capelli.
-Hey, ora calmati Mia. Tanto lo sistemo io quel bastardo, vedrai-
-No, smettila. Devi far finta che io non ti abbia detto nulla, nessuno deve sapere di questo! Per favore! Aiutami solo a non pensarci- quasi lo supplicai, tentando di calmarmi. Lo sentì respirare profondamente, prima di baciarmi la testa.

-Tu sei forte ragazza, okay? L’hai superato una volta, puoi farlo di nuovo. È ovvio che ti aiuterò, sai che ci sono sempre, ma è da te che parte tutto. Sai di poterlo superare- disse, guardandomi. Io annuì, nonostante la consapevolezza che non fosse vero: non l’avevo mai superato e mai l’avrei fatto. Io lo sapevo e lo sapeva anche Ashton, ma sapeva anche che avevo bisogno di un incoraggiamento. Ringraziai Dio per averlo al mio fianco.
Mi asciugò un paio di lacrime fuggitive e poi tornammo dagli altri. Notai subito il viso preoccupato di Calum, che mentre i ragazzi toglievano tutto dall’erba, si avvicinò sorridendo. Non si meritava il fatto di non averlo guardato per tutta la sera, lui era sempre così dolce con me.

-Tutto a posto, Mia? È da tutta la sera che sei strana e quindi, ecco… mi chiedevo se fossi per caso arrabbiata con me o qualcosa del genere- disse piano, spostandomi come al solito una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Non avevo mai conosciuto un ragazzo così delicato. Costrinsi me stessa a non pensare che in realtà avevo già conosciuto Luke.
Lo abbracciai stretto, inspirando profondamente la sua colonia buona da morire. –Certo che no, Cal, non potrei mai arrabbiarmi con un cucciolo come te- sorrisi, facendo ridere anche lui. –Sono solo un po’ triste oggi, niente di più-
-Sai che se vuoi parlare io ti ascolto sempre-
-Certo. Ma tranquillo, veramente, sto bene- dissi infine, stringendolo forte. Rimanemmo così per un pochino, finché il mio disagio nel sapere che Luke ci stava probabilmente guardando fu troppo grande e mi divisi da lui. Non ebbi il coraggio di guardarmi intorno, quindi mi limitai a sorridere ancora a Calum, che ricambiò subito.
-Non so se te l’ho già detto, ma sei veramente bella stasera-
-Bugiardo, me lo dici ogni volta!- risi, tirandogli un pugnetto leggero sullo stomaco.
-Forse perché sei sempre bellissima- ammiccò lui, avvicinandosi un pochino.
-Ma smettila, stupido. Aiutiamo gli altri, va!- lo liquidai, dirigendomi alle tovaglie. Sentì una fitta allo stomaco quando mi accorsi di quella cozza di Holly essere a pochi centimetri da Luke. Tentai di nascondere la gelosia al meglio, raccattando l’immondizia per poi andarla a gettare nel cestino. Respirai a fondo per mantenere la calma e mi promisi di non fare più caso a quel ragazzo: non gli avrei permesso di rovinarmi un’altra estate.

Il problema era mantenere il segreto: non volevo che nessuno sapesse come aveva giocato con i miei sentimenti, ma allo stesso tempo mi sentivo in colpa nel nascondere a Cal una cosa così importante. Almeno, per me lo è stata.
Mi sentivo la testa scoppiare mentre tornavamo a casa. Continuavo ad osservare quello splendido ragazzo seduto a fianco al guidatore, che era Calum, e ripensavo ai due mesi e mezzo passati insieme. Ogni risata, ogni bacio, ogni notte. Ogni secondo, ogni canzone, ogni sguardo. Ogni tutto. E piansi in silenzio, guardando fuori dal finestrino, finché non fummo quasi arrivati a casa mia. A quel punto mi asciugai le lacrime e presi un respiro profondo.

Quando l’auto si fermò accanto al vialetto, rivolsi il miglior sorriso che potevo ai due ragazzi avanti a me. Gli altri se ne erano andati per conto loro. Tentai nel frattempo di aprire la portiera, ma senza successo.
-Oh merda, di nuovo- imprecò Calum. –Scusa, a volte si blocca. Vengo ad aprirtela- continuò, scendendo dalla macchina.
Per la seconda volta in un paio d’ore, io e Luke eravamo di nuovo soli. Nonostante indossasse ancora gli occhiali, sapevo che mi stava guardando dallo specchietto. Lo odiavo per l’indifferenza che mi rivolgeva, sembrava che non gliene fregasse. Probabilmente era così.
Cal cercava di aprire la portiera, invano.

-Perché non gliel’hai detto?- chiesi, quasi apatica. Non ci fu bisogno di specificare, sapeva a cosa mi riferivo.
-Potrei farti la stessa domanda- rispose, muovendo appena le labbra. Era la prima volta che sentivo la sua voce così fredda e distaccata e questo mi fece male. Quella che ricordavo io era completamente diversa.
-Spero che la vita ti sia andata bene quest’anno- lo provocai, arrabbiata.
-Sicuramente non bene quanto a te- continuò secco. L’avrei preso a sberle fino alla morte, ma in quel momento Calum aprì di colpo la portiera.
-Finalmente! Scusa per questo incidente-
-Non preoccuparti. Il tuo amico ha saputo come tenermi compagnia- quasi sputai, sorridendo in modo finto. Non mi voltai neanche a vedere la sua reazione, scesi semplicemente dall’auto e, una volta richiusa la portiera, mi avvicinai al quel bel neo-zelandese. Con tutto il dolore e la rabbia che avevo dentro, presi il suo viso tra le mani e stampai un bacio sulle sue labbra.

Mi divisi da lui quasi subito, notando lo stupore nella sua espressione. In pochi secondi divenne rosso su tutto il viso e la sua tenerezza mi fece stare un po’ meglio, anche se non durò a lungo.
-Grazie di tutto Cal, veramente. Buonanotte- sorrisi alla fine, alzandomi un po’ sulle punte per baciargli la guancia. Poi lo sorpassai velocemente, prima di pentirmi di quel gesto. Percorsi il vialetto cercando le chiavi di casa nella borsa. Mi tremavano le mani e le ginocchia, ma riuscì comunque a infilarle nella serratura. Prima di poterle girare, sentì chiamare il mio nome.

Ebbi a malapena il tempo di girarmi, prima che le lunghe gambe di Calum mi raggiungessero. Mi ritrovai appoggiata alla porta con il suo corpo allenato a pochi millimetri, le mani sul mio viso e le bocche unite. Era così delicato che per un attimo riuscì di nuovo ad alleviare la tempesta in me. Socchiusi la bocca per lasciare spazio ad un bacio appassionato, mi sembrava quasi di averne bisogno. Ma forse non ne avevo bisogno da lui. Durò un po’, poi ci dividemmo lentamente. In fondo mi era piaciuto.
-Grazie a te- sussurrò, per poi posare un altro dolce bacio sulle mie labbra. Poi si allontanò camminando all’indietro, aggiungendo solo un “Buonanotte”. Sorrisi anch’io, prima di rinchiudermi in casa.

Il cuore mi batteva a duemila. Da una parte c’era Calum, che sicuramente mi piaceva e mi trattava con i guanti. Dall’altra c’era l’unico ragazzo con cui io avessi mai veramente vissuto, che avevo rivisto dopo 10 mesi di silenzio e per cui non sapevo che cosa provare. La mia vita era un casino e in quel momento l’unica cosa che riuscì a fare fu una doccia calda e un pianto infinito.


LUKE’S POV

Mi sentii in colpa quando vidi i suoi occhi lucidi alle mie risposte fredde. Avrei solo voluto tenerla fra le braccia e proteggerla da ciò che la faceva stare male, eppure in quel momento quel mostro ero proprio io. Ma quando scese dalla macchina e la vidi baciare il mio migliore amico, sentì tanto male da credere di poter morire da un momento all’altro. Mi mancò il respiro, prima di esplodere in lacrime. Scorsi a malapena Calum correre ancora verso la sua porta, prima di chiudere gli occhi e tentare di fermare il pianto. Mi asciugai velocemente e feci finta di dormire quando Cal tornò. L’avrei riempito di botte.

Continuai con la mia recita fin quando non fummo arrivati a casa Hood, e lui mi ‘svegliò’. Lo liquidai in fretta, per dirigermi nella camera che condividevo con Ashton, ma lui non c’era. Afferrai un paio di boxer a caso dalla valigia ancora intatta e mi fiondai in bagno, dove rimasi per molto tempo a sfogare tutta la mia tristezza. Per un momento, un solo attimo, mi sembrò di sentire anche i suoi singhiozzi, come un rombo sordo tra le gocce d’acqua, ma poi mi dissuasi da quella sciocca idea. Non le importava nulla di me.

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Ecco qui il terzo capitolooo! Ora si inizia a capire che cosa è successo, ma ci sono ancora molti segreti da svelare e molti colpi di scena ;)
Spero che il capitolo vi piaccia, aggiornerò presto!
Un bacio,
-Smartix:)

  
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