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Autore: Soe Mame    08/08/2015    1 recensioni
Se solo non avessi seguito lui...
Se solo non mi fossi ostinata a voler oltrepassare quella porta...
Se solo fossi tornata indietro quando ne ho avuta l'occasione...
...
... nah.
Genere: Demenziale, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shoujo-ai | Personaggi: Miku Hatsune | Coppie: Kaito/Meiko, Len/Rin
Note: Nonsense | Avvertimenti: Incest, Incompiuta
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Tutti i personaggi appartengono ai rispettivi proprietari; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

~
Il fiore del male sboccia dolcemente
Nei colori più brillanti
~



Scoppiò a ridere, coprì le labbra con il ventaglio più per scena che per educazione.
- Avanti, inginocchiati! -
In fondo, che bisogno c'era di essere educati? Erano gli altri a doverlo essere in sua presenza, non certo lei nei confronti altrui.
Chi erano loro per poter esigere che lei sottostasse ad una qualche regola dell'educazione?
Quella persona - chiunque fosse, non ne aveva idea, prima si era presentato, ma una mosca aveva attirato la sua attenzione e non l'aveva proprio sentito -, che era una persona che evidentemente sapeva benissimo quale fosse il suo posto, obbedì.
- Mia signora- -
- Anche le mani! - chiuse il ventaglio: - Giù! Giù! Metti giù anche le mani! -
Il brav'uomo obbedì. Dato che era proprio bravo, s'inginocchiò anche con l'altro ginocchio, mettendosi carponi.
- La testa! La testa! - picchiettò il ventaglio contro il bracciolo del trono: - Poggia la testa sul tappeto! -
E l'uomo obbedì.
Rin applaudì: - Bravo! Bravo! - rise: - Sei proprio una bravissima persona! - si voltò verso due servitori al suo fianco: - Dategli la collana di zaffiri, quella che mi avete mostrato ieri! -
Che poi non si dicesse che non fosse una regina magnanima.
- Vi-vi ringrazio, mia signora. -
Scacciò le parole dell'uomo con il ventaglio: - Ci mancherebbe che tu non mi ringraziassi. - accavallò le gambe: - Il prossimo! -
Il tempo riservato a chi le chiedeva udienza era spesso e volentieri fonte di noia; tuttavia, grazie a dei piccoli e geniali accorgimenti, era stata capace di rendere quelle tre ore una fonte di divertimento.
- Mettetevi in verticale e saltellate! -
- M-mia signora, non possiamo saltellare sulle mani- -
- Io l'ho visto fare! Fatelo! Ora! O vi caccio! E dovrete pagarmi il tempo che mi avete fatto perdere! -
La cosa più curiosa era che, verso la seconda ora, nessun suddito le chiedeva più udienza. Non ne aveva mai compreso il motivo.
- Diventate ogni udienza più fantasiosa, mia signora. - aveva sospirato il suo servo personale.
- E' che mi sveglio. - si era portata il ventaglio alla guancia: - Durante le prime udienze sono ancora addormentata... -
- Mia signora. - uno dei servitori: - Non ci sono più udienze, per oggi. -
- Oh, peccato. - si alzò: - Stavo iniziando a divertirmi sul serio. - sollevò un lembo del vestito e si diresse verso le sue stanze.
- Sai... - si rivolse al suo servo, sapeva benissimo che la stava seguendo: - ... forse dovrei appuntarmi le idee da qualche parte, per iniziare a divertirmi fin dal primo mattino! -
- Vi dimentichereste di averle appuntate. -
- Hai ragione. - ridacchiò.
- Piuttosto... -
- Sììììì? -
- ... ma per "collana di zaffiri" intendete quella collana senza gancio, arrugginita e a cui sono saltati diversi zaffiri? -
- E quale altra, sennò? - alzò le spalle: - Tanto non avevo certo intenzione di mettermela, e dovevo disfarmene! - arrivò alla sua camera: - Sono sicura che quel brav'uomo abbia apprezzato. A gente del genere basta davvero pochissimo per essere felici. - entrò, raggiunse il divanetto bianco e vi si lasciò cadere: - Non sono affatto come me. -
- Indubbiamente. -
- Io ho bisogno di molte, molte, molte più cose per essere felice. - si tirò su, seduta, trascinandosi dietro tutti gli strati della gonna: - Ci hai mai pensato? - scoccò un'occhiata al suo servo: - Ci hai mai pensato a quanto possa essere difficile, per me, essere felice? La mia barra della felicità è molto più grande di quella di un qualsiasi suddito, è difficile riempirla tutta! - si lasciò andare contro lo schienale: - Sono davvero sfortunata. -.
L'altro ridacchiò.
- Hai poco da ridere. - lo guardò.
Lo guardò meglio.
Lo fissò.
Si alzò, lo raggiunse, si mise esattamente davanti a lui: - Non ti muovere. -
E lui, da bravo servo, non si mosse.
Lei si mise una mano sulla fronte, in orizzontale, per poi avvicinarla al viso dell'altro. Toccò la base della sua fronte.
- ... - ritentò. Il risultato fu identico.
Si staccò, gli volse le spalle, mise le braccia conserte: - Come osi. - sibilò.
- Cosa...? -
- Come osi essere più alto di me? - si voltò, incontrò il suo sguardo perplesso: - Quand'è successo? Hai ingoiato qualche strana pozione? Ti sei fatto tirare alla ruota? Hai i tacchi? - guardò in basso: niente, aveva le sue solite scarpe nere e lucide.
Il suo servo rise. Lo vide cercare di soffocare la risata con una mano, ma non ebbe successo.
- Non osare ridere di me! - sentiva caldo sulle guance e non era un buon segno. Così lui non l'avrebbe mai presa sul serio.
- Rin. -
Per l'appunto.
- Sì, Len? - portò i pugni ai fianchi, alzò il mento.
- E' normale che sia così. - lui le si avvicinò, posò le mani sulle sue: - E il divario della nostra altezza aumenterà ancora. -
- No. - sbuffò: - Non glielo permetterò! -
Per tutta risposta, Len rise di nuovo.
Si sentì premere appena, lasciò che lui la facesse girare. Si ritrovò davanti al grande specchio ovale della camera.
- Vedi? -
- Lo so benissimo come sono fatta. - anche se doveva ammettere che quella combinazione di giallo e nero del vestito le donava molto.
- Stiamo crescendo. - le mani sui fianchi, le sue: - Anche tu sarai più alta. -
- Quanto te. Se non di più. -
Un'altra risata leggera, vicino all'orecchio: - Temo non sarà così. -
- Ti faccio vedere io se non sarà così. - "Ho i tacchi, dalla mia parte. Non puoi nulla contro di me!"
- Più che altro, magari... - le mani risalirono, e si sentì di colpo incapace di muoversi: - ... metterai un po' di seno! -
- Già c'è! - puntualizzò, afferrando quelle mani sulle coppe del corsetto: - Semmai, ne metterò di più. - le tolse, premurandosi di pizzicare i dorsi con più violenza possibile.
Ma Len, invece di gemere o implorare pietà, ridacchiò.
Era masochista. Non c'era altra spiegazione.
- Beh, potrei dire lo stesso di te! - Rin rimise le braccia conserte - anche per tenere lontano le sue da quella zona.
- Di me? - sembrava seriamente indeciso se lasciar andare la risata che stava cercando di soffocare: - Temo che a me non crescerà mai il seno. -
- Non il seno, idiota. - indicò in basso: - Invece di crescere in altezza, potresti crescere lì! -
A quanto pareva, Len aveva scelto di lasciare libera la risata: - Ti interessa? -
- E a te interessa? - si portò una mano al petto.
L'altro parve calmarsi, le spalle ancora scosse dalla risata: - Non mi dispiacerebbe vederti più rotonda. -
- Rotonda? - gonfiò le guance, sicura che ora fossero perfettamente rotonde: - Vuoi che ingrassi? -
Lo vide portarsi una mano al mento, di colpo pensieroso: - Uhm, un chilo o due non ti farebbero male... - sospirò: - Magari andrebbero anche lassù. -
- Di nuovo. - aprì il ventaglio con uno scatto, si sventolò - e si sentì di colpo molto meglio. Non si era accorta di quanto caldo ci fosse, sul suo viso: - Se diventerò una palla, saprò a chi dare la colpa. - si voltò e andò a passo pesante verso il balcone.
- Non ti permetterò di diventare una palla. - e Len apparve al suo fianco, come se nulla fosse: - Mi premurerò di far diventare la mia sorellina la più bella del reame! -
- Non ti sapevo consigliere di bellezza. - uscì, e il vento fu un'altra ondata di sollievo.
- Se si tratta di te, posso diventarlo. -
- Certo, certo. - si appoggiò al davanzale.
C'era una vista magnifica del Paese del Giallo, lì dalla sua stanza - e, socchiudendo gli occhi, sull'orizzonte riusciva ad intravedere anche il Paese del Verde.
Era riuscita persino a fare un'intera piantina del regno, semplicemente stando lì sul balcone con foglio e matita.
Metri, metri, chilometri, chilometri di edifici delle più svariate gradazioni del giallo: chiarissimo, quasi bianco; acceso, accecante, con il sole che ci si rifletteva sopra; scurissimo, quasi sporco; giallo che sembrava buttarsi nell'arancione, ma che non ci andava per pure questioni onomastiche.
Aveva provato a riprodurre tutte quelle sfumature, ma i pastelli non sembravano bastare - neppure quando si faceva portare la Super Confezione Di Pastelli Definitiva - e lei era un disastro a mescolare i colori; così, la sua piantina risultava un insieme di macchie gialle, il colore più o meno calcato.
Le vie di pietra bianca, e i negozi, e i profumi che impregnavano l'aria, e-
- Cos'è quello? - indicò una bruttissima macchia marrone che rovinava il panorama.
- E' il quartiere dei poveri. - anche Len si appoggiò al davanzale: - Più poveri dei poveri, dico. Hanno dovuto costruire delle baracche abbattendo un po' di alberi del Paese del Verde. -
- Ma che orrore! - si coprì la bocca con il ventaglio: - Dovrò subito dare ordine di ridipingere quelle baracche! - guardò gli edifici lì attorno: - Giallo chiaro andrà bene. -
- Farò chiamare i verniciatori di corte- -
- Eeeeeeeeh? - sgranò gli occhi: - Stai scherzando? Loro hanno fatto quell'orrore e loro lo sistemeranno! - alzò le spalle: - Darò loro tre giorni di tempo. Che trovino la vernice e diano un colore sensato al loro quartiere. -
Già avrebbe dovuto aggiungere qualcosa alla sua mappa, figurarsi inserirci una cosa così brutta - soprattutto se la cosa in questione poteva essere facilmente evitata.
- Come desiderate, Vostra Maestà. - il suo servo chinò la testa.
Rin sospirò: - Comunque. - richiuse il ventaglio con un colpo secco: - Ho ancora un'ora di toooooootale libertà, vero? -
- Sì. -
- Allora, andiamo a vedere come sta Josephine! - afferrò una mano di Len: - Andiamo! Andiamo! E' tanto che non la vedo! - non riuscì a frenare un sorriso: - Magari potrò tornarle in groppa, ora! -
- Forse è ancora troppo presto- -
- Nah, sono sicura che ora starà benissimo! -.
Scesero tutte le scale e attraversarono il giardino.
- Sai, Len... -
- Sì? -
- Stavo pensando di farci costruire un labirinto di siepi. - lo guardò: - Secondo te sarebbe carino? -
- Se ti piace, non vedo perché non farlo. - Len sorrise.
- Allora è deciso! - strinse un pugno, lo alzò in segno di vittoria: - Darò ordine di costruire un labirinto di siepi! - magari, dall'alto, avrebbe anche potuto disegnarlo: - E ci farò piantare tante rose! Anzi, anzi, anzi no! - si fermò, l'idea era troppo geniale perché potesse pensarla e contemporaneamente camminare: - Farò un labirinto di rose. - aprì le braccia: - Un intero roseto labirinto! -
- E' senz'altro un'idea originale! - un piccolo applauso: - Solo... -
- Sììììì? - abbassò le braccia.
- ... perché proprio le rose? -
Rin sbattè le palpebre: - ... sono scenografiche. - non era difficile da capire: - E poi, il concetto stesso della rosa non è affascinante? - sorrise: - Un fiore bellissimo, sì, ma che non puoi toccare per le sue troppe spine. - riprese a camminare: - Un fiore che sboccia dolcemente, nei colori più brillanti. E... - sentì il suo sorriso farsi più grande: - ... le miserabili erbacce intorno a lui, le usa come nutrimento. - guardò Len.
Non c'era più quell'espressione serena. Il suo volto era impassibile.
In quel momento non somigliava affatto al proprio, ne era sicura.
- Mi piacciono le rose. - trasse un profondo respiro: - Sono come delle bellissime Regine. E io sono una Regina. - fece una piroetta, sentì la gonna alzarsi, un cerchio perfetto: - Non somiglio ad una rosa, Len? -
- Una rosa gialla. -
- E vado benissimo così! - gli sorrise.
L'espressione seria di Len si sciolse: - Sì. Vai benissimo così. -.
Erano arrivati alla Residenza Privata di Josephine.
Rin bussò, più per farsi aprire che per cortesia.
Schioccò la lingua con disappunto quando le vennero ad aprire ben dieci secondi dopo.
- Dovreste lasciare qualcuno alla porta. - disse, entrando: - Non potete far aspettare la gente così! -
- Perdonatemi, mia signora! -
- Tranquillo, detrarrò dieci denari dal tuo stipendio di questo mese, come risarcimento. -
L'operaio la inseguì, lo sentì alle sue spalle: - Ma, mia signora, il mio stipendio è di cinque denari- -
- Oh, allora vuol dire che detrarrò due tuoi stipendi. -
- Mia signora. - Len. Rin lo guardò: - Mia signora, che ne dite di detrarre un denaro a quest'uomo per i prossimi dieci mesi? -
- Oh! - ci pensò. Annuì: - Mi sembra una cosa fattibile. -.
Tornò a guardare davanti a sè, alzò la gonna per evitare che l'orlo si sporcasse.
Quando la vide, si sentì come se tutte le finestre fossero state aperte di colpo, facendo entrare quanto più sole possibile all'interno della Residenza.
- Josephine! - le corse incontro, fino a raggiungerla. La toccò: era fredda, gelida, tanto da darle un brivido.
Individuò uno dei curatori: - Allora? Come sta? -
- E' quasi tutto a posto, mia signora! - rispose lui, con un gran sorriso: - Dobbiamo cambiare un paio di cose e poi sarà come nuova! -
- Ah! Non vedo l'ora! - battè le mani, incapace di tenerle ferme. Saltellò sui talloni, tornò a guardare Josephine: - Anche tu non vedi l'ora, eh? Presto torneremo a scorrazzare nei prati! - posò un bacio sulla superficie gialla più vicina: - Ma niente impennate vicino a dirupi, stavolta! -
- E potrete sperimentare il nuovo Percorso Sicuro ideato dai nostri ingenieri di corte! - Len apparve al suo fianco: - Così non avrete più niente che rischia di finire sotto il rullo! -
- Che finché sono cose piccole va bene, ma quando poi ci sono le cose grosse... - accarezzò Josephine: - Non le piace molto fare manovra. Preferisce andare sempre dritta. -
- Eh, sì. - un sospiro: - I vostri sudditi lo sanno molto bene. -
Rin si avvicinò, così tanto da specchiarsi in quel lucido giallo: era...
- ... è così chiara... -
- E' il tempo che passa. - spiegò l'operaio a cui aveva parlato: - La vernice finisce con lo sbiadire, con il passare degli anni. -
Sbattè le palpebre: - Allora riverniciatela! -
- Mia signora... - l'uomo abbassò lo sguardo, e questo era puntualmente presagio di seccature: - ... temo non ci sia denaro per la vernice. -
- Certo che c'è denaro per la vernice! - "In questo castello non manca mai denaro!"
- Nella ripartizione del denaro, i vostri ministri hanno lasciato ben poco ai fondi della manutenzione di Josephine... -
- E' per poter fare tutte le altre cose. - intervenne Len: - Per gestire le entrate in modo che non manchi mai niente. -
- E invece le cose mancano! - sbuffò: - Che razza di incompetenti ho, come ministri? Oh, li sottoporrò tutti ad un qualche esame. - aprì il ventaglio, si fece aria: - Dato che è palese che certe aree si ritrovano senza fondi, direi che è il caso di trovare nuove entrate. -
- Certo, mia signora. -
- Quindi, darò ordine di alzare le tasse di cinquecento coppe! -
Il volto dell'uomo si fece di colpo bianco.
Succedeva spesso. Ormai ci aveva fatto l'abitudine.
- Andiamo. - scoccò un'occhiata a Len: - Mi raccomando! - sorrise, rivolta agli operai: - Trattate con cura la mia Josephin- ah! -
Si sentì tirata, fermata, appena in tempo per evitare di scontrarsi con un operaio fermo lì sulla sua traiettoria.
Guardò prima Len - la mano ancora stretta al suo braccio - poi il signore: - Cosa stai facendo? -
- Perdonatemi, mia signora. - si affrettò a dire lui, e anche lui era bianchissimo: - C'era un insetto e ho dovuto eliminarlo. -
- Insetto? - inarcò un sopracciglio.
- Sì, mia signora. Uno scarafaggio. -
Si sventolò, piano: "... magari l'esame lo faccio fare pure a loro."
- Di grazia... -
- Sì, mia signora? -
- ... quale problema vi dà un minuscolo scarafaggio? - guardò Josephine: - Voi vi prendete cura di una schiacciasassi! -
- Uno solo nulla, mia signora. - aveva abbassato lo sguardo: - Ma meglio prevenire. -
- Prevenire? - sbattè le palpebre, confusa: - In che modo togliere di torno uno scarafaggio può prevenire qualcosa? -
- Può prevenire un'invasione di scarafaggi. - spiegò l'operaio, aveva rialzato lo sguardo: - Meglio eliminarli quando sono ancora pochi che ignorarli e poi lasciarsi travolgere. -
- Uhm... - "D'accordo, forse l'esame possono non farlo. Mi sembrano più intelligenti dei miei ministri.": - Non ci avevo mai pensato. Mi premurerò di eliminare scarafaggi, nel caso ne vedessi anche solo uno. -
Giusto per evitare di finire per calpestare quel che era già stato calpestato, fece il giro e uscì dalla Residenza.
Non prima di essersi voltata: - Ciao, Josephine! - sventolò la mano e tornò nel giardino.

- Dovete capire, mia sig- -
- Devo? - assottigliò lo sguardo: - Credo di non aver sentito bene. Mi pare di aver udito qualcosa di simile a "devo". -
Il ministro tacque, gli occhi appena più spalancati. Diede un colpo di tosse, poi si affrettò a ripetere: - Come ben capite, mia signora- -
"Ora va molto meglio." ministri da educare. Pure a questo doveva pensare.
E sì che erano adulti, si supponeva fossero in grado di gestirsi da soli.
- -le entrate a Palazzo sono quelle che sono ed è necessario distribuirle nel modo più consono. -
- Cosa che non mi pare proprio voi stiate facendo. - agitò il ventaglio, una punta d'irritazione: - Non è possibile che le entrate a Palazzo siano così poche. - un'idea, di colpo, come un fuoco d'artificio. Chiuse il ventaglio, lo puntò contro il ministro: - A meno che non le intaschiate voi! -
- M-mia signora, n-noi- -
- Perquisite all'istate i loro appartamenti! - frustò l'aria con il ventaglio, scoccò un'occhiata alle guardie allineate contro il muro, neanche fossero d'arredo.
- Sissignora! - e, obbedienti, corsero dove di dovere - loro dovere.
- I vostri conti saranno congelati fino alla fine delle perquisizioni. - scrutò il volto di ciascun ministro, chi sbiancato, chi rosso.
Quello rosso non le piacque.
- Beh? Cosa c'è? - picchiettò il ventaglio contro il palmo: - Hai qualcosa da nascondermi? -
- Sia mai, mia signora! - tremava, il ministro. Ma non di paura. Sembrava più...
- Osate forse essere arrabbiato con me? - strinse la presa.
- Assolutamente no, mia signora! - il rossore stava sfumando nel rosa. Meglio, molto meglio.
- Se c'è qualcuno che ha voglia di scaldarsi tanto... - abbassò appena le palpebre: - ... me lo dica subito. Ci sono un sacco di prigioni libere e mi assicurano che laggiù faccia fresco. -.
Silenzio.
- A proposito. - le tornò in mente: - La prossima settimana sarete tutti sottoposti ad un test preparato da me medesima. - li vide scambiarsi degli sguardi, ma non riuscì a capire di che tipo e la cosa la infastidì: - Sono test di valutazione. Chi non li supererà, dimostrerà di essere inadatto al ruolo di ministro. Quindi, sarà licenziato. -
Più di uno dei presenti trasalì.
"Almeno hanno recepito il messaggio." se ne andò, stanca di stare in mezzo a tanti incompetenti.
- Ti aiutano, dicono. - cinguettò, irritata: - Sono saggi, sanno cosa è giusto fare!, mi hanno detto. - alzò la gonna, salì le scale a chiocciola: - Devi affidarti a loro!, mi dicono. - scosse la testa: - Banda di idioti. - percorse il lungo corridoio illuminato: - Se dessi retta a loro, il Paese del Giallo sarebbe in rovina! -
- Non che ora versi in belle condizioni. - Len l'aveva seguita, ovviamente, passi silenziosi alle sue spalle.
- Ma il popolo mi ama! - alzò il mento, fiera: - E' questo l'importante! -
- Il popolo vorrebbe che voi prestaste più attenzione ai suoi bisogni. -
Rin si fermò.
Si voltò, lo guardò dritto negli occhi azzurri: - Io presto la massima attenzione ai bisogni del popolo! Guarda, ad esempio! Ho fatto in modo che la scuola non esistesse più! -
Len sorrise: - Infatti il livello di analfabetismo sta crescendo in modo esponenziale. -
- Sì, ma non c'è più la scuola! - "Come fa a non capire?": - Tutti i giovani hanno fatto festa, quando l'ho annunciato! -
- Ma i più piccoli non sanno né leggere né scrivere e le tasse troppo alte costringono i genitori a lavorare talmente tanto da non avere tempo per insegnare loro le basi. -
- ... ma non devono più andare a scuola! - sbuffò: - Len, sei terribilmente tonto, oggi! -
Lui continuò a sorridere, come se non avesse detto niente.
A volte le dava sui nervi, quando faceva così.
Quindi, gli diede un pugno sul petto: - Sembri più idiota del solito, con quel sorriso! -
- Scusa, scusa! - una mano sul pugno, calda: - Mi preoccupo per te. -
Rin allungò l'altra mano e gli schioccò le dita sul naso. Se non altro, stavolta cambiò espressione in una sorpresa.
- Rischi di diventare come i ministri. -
E in una offesa: - Io non sono come i ministri! -
- Lo diventerai, se continui a dire cose del genere! -
- Non ho intenzione di diventare come quelli là! -
- La cosa mi rende felice, perché altrimenti... - si scostò, sorrise - o forse ghignò: - ... sarei costretta a licenziarti. -
Anche Len sorrise.
No, lui ghignò proprio: - Ma tu non puoi licenziarmi. - la mano tornò a toccarla, sulla testa, vicino al fiocco nero che reggeva la crocchia: - Non hai alcun potere su di me. -
Rin non potè far altro che sospirare: - Vorrei davvero averne. -
Le sarebbe piaciuto potergli chiedere qualsiasi cosa, decidere del suo destino come faceva per tutti gli altri, costringerlo a fare ciò che lei voleva e sentirsi autorizzata a metterlo a tacere anche se non aveva neppure aperto bocca.
E invece no.
Len sorrideva, le diceva di no, ipotizzava, metteva in dubbio le sue idee geniali e, soprattutto, proprio si ostinava a-
Gli mise le mani sulla testa, a sua volta.
Strinse i pugni.
E alzò le braccia, portandosi dietro le lunghe orecchie bianche nascoste.
L'espressione sconvolta di Len fu qualcosa di impagabile.
Lui corse ad afferrarle - il calore sulla sua testa venne a mancare - e a rimetterle giù: - Smettila! -
- Ma sono coooooosì caaaaaaaarine! - rise: - Tirale fuori! Tirale fuori! - battè le mani: - Dai! Dai! -
- Non ci penso nemmeno. - le guance erano diventate scarlatte.
Succedeva anche a lui.
Ed era sempre una visione bellissima. Doveva sempre trattenersi dallo scoppiare a ridere, però.
Ridere sguaiatamente la distraeva da ciò che la faceva ridere. Non aveva ben chiaro di come ciò fosse possibile, ma tant'era.
- Cattivo! - gonfiò le guance, ma non era arrabbiata. Ci aveva fatto l'abitudine.
- Comunque, se la cosa ti consola... - Len tornò a sorridere serafico, come sempre, e il rossore iniziò a svanire: - ... tutti credono che tu abbia comunque potere di vita o di morte su di me, come un qualsiasi tuo servitore. -
"..."
- Len. -
- Sì? -
- D'accordo che il popolo è stupido, ma bisogna essere proprio deficienti per non capire che sei mio fratello gem- -
- NON DIRLO! -
Si sentì soffocare.
La mano di Len contro la bocca, contro il naso.
Per tutta risposta, schiuse le labbra e la leccò.
Lui la ritrasse all'istante con un gemito schifato, per poi pulirsela sul fianco.
- Non mi soffocare! -
- Rin... - fece lui, ancora intento a sfregare il palmo contro la stoffa: - ... i gemelli, soprattutto se eredi al trono, sono visti come segno di sventura! Per questo la nostra parentela è stata nascosta a chiunque e fin da piccolo ho svolto il compito di tuo servitore pur essendo il principe! -
"..."
- Len? -
- Sì? -
- Lo so benissimo, perché diamine hai fatto un'uscita così poco realistica? -
- Non ne ho idea. Ho improvvisamente sentito il bisogno di dirlo. -
- ... tu stai male. -.

Non fosse stato per l'ennesima conferma del fatto di essere circondata da incapaci, quella giornata sarebbe stata perfetta.
Aveva avviato profonde indagini su tutti i suoi ministri, risistemato le tasse - aggiungendo quelle cinquecento coppe in più per permettere una maggior cura di Josephine -, dato ordine di costruire il labirinto-roseto - e incaricato alcuni giardinieri di andare a prendere i semi al Paese del Verde, se non ne avevano, che il Paese del Verde di certo non aveva problemi quali la carenza di piante -, fatto pervenire agli abitanti del quartiere brutto l'ordine di riverniciare e forse stava dimenticando qualcosa, ma non era importante.
Annuì al suo riflesso, fiera, finendo di farsi le trecce.
Era stata davvero una giornata produttiva. Il suo regno sarebbe migliorato a vista d'occhio.
- E' pronto? - chiese, riponendo la spazzola.
- Direi di sì. -
Rin si alzò, si specchiò un'ultima volta e si diresse verso il letto a sette piazze. Dal lato dove era solita dormire, una grossa palla di coperte. Da lì sotto, ciuffi biondi.
- D'accordo, puoi uscire, allora. -
Len rotolò di lato, portandosi dietro un considerevole quantitativo di coperte e lenzuola.
- Nononononono, così va via tutto il calore! - Rin si affrettò ad infilarsi sotto e a riprendersi il maltolto - e a godersi quel bel caldo che era venuto a crearsi.
- Puoi andartene. - disse, raggomitolandosi. Era sicura che sarebbe sprofondata nel sonno di lì a poco, già sentiva un certo torpore.
- Fuori fa freddo. -
"Oh, no." sbuffò: - Vattene. -
- Fuori fa freddo, rimango qui. -
- Vattene. -
- C'è posto per entrambi! -
Sbuffò di nuovo: - Allora rotola sull'altro lato- senza rubarmi le coperte! - con uno strattone, impedì a Len di reimpossessarsi di quel mare giallo e morbido.
Un mugolìo di disappunto.
Un istante dopo, si ritrovò le braccia di Len strette attorno ai fianchi.
- Beh? -
- Voglio questa parte di coperte. -
- No, non la avrai. - portò le mani al suo petto, cercò di spingerlo via, ma lui si era attaccato come una gomma tra i capelli.
- Inutile. Te la ruberò nel sonno. -
- E sei così intelligente da venire a dirmelo? -
- Tanto dormirai. - sorrise: - Non potrai stare sveglia tutta la notte. -
Rin socchiuse gli occhi: - Vogliamo scommettere? - "Accetto la sfida.".
Si svegliò quando un raggio di luce le colpì le palpebre.
Si svegliò.
Dunque si era addormentata.
Len era ancora incollato, gli occhi chiusi, il respiro regolare.
E lei aveva ancora le sue coperte.
"Ah-ha!" sorrise, trionfante: "Allora ho vinto io!".

- Sembra ci siano alcuni problemi al confine del Paese dell'Azzurro. -
Rin schioccò la lingua, seccata: - Problemi tipo? -
- Sparizioni. Sembra che il numero vada in crescendo. -
Alzò gli occhi al soffitto, esasperata: - Sparizioni di cosa? - "Perché la gente non formula le frasi così come andrebbero grammaticalmente formulate?"
- Ehm... - il ministro diede un colpo di tosse: - ... persone, mia signora. -
"Oh." sbattè le palpebre, piano: - ... e io cosa posso farci? -
- Ehm... -
- Niente "ehm", dì le cose solo una volta che le hai pensate. - aprì il ventaglio e si sventolò, irritata: "Possibile che ogni udienza con i ministri si riveli sempre così... così..." aumentò la forza nel polso.
- Mandare qualcuno a controllare. - lo vide guardarsi intorno, come in cerca di aiuto.
"Fammi indovinare. Tu non passerai il test." - Ma se sapete che spariscono persone... - assottigliò lo sguardo: - ... vuol dire che siete già andati a controllare. -
- Maggiori controlli, vostra maestà. - s'intromise un altro ministro, che forse aveva accolto la richiesta di aiuto del primo: - Indagare su cosa stia succedendo laggiù. -
- "Laggiù?" - si raddrizzò, ormai la mano con cui si era tenuta il viso fino a quel momento stava iniziando a formicolare: - Il Paese dell'Azzurro non è poi così "giù". Soprattutto il confine. -
- Si tratta del confine con il Paese dell'Indaco. -
Silenzio.
- Con il Paese del Viola. -
- Beh, allora contattate il Duca del Paese del Viola! - sentì l'irritazione brulicare all'altezza dello stomaco: - E' lì per quello, no? Mica posso sempre fare tutto io! - "Soprattutto considerando che devo fare il decuplo del lavoro a causa della vostra incapacità!"
- Ci abbiamo provato. - il ministro fece un veloce inchino - forse aveva capito di star dicendo boiate e stava cercando di rimediare tributandole rispetto.
Beh, almeno era un tentativo di scusarsi, di riconoscerla come unica persona intelligente presente nella stanza.
Forse lui sarebbe riuscito a superare il test.
- Ma...? - l'irritazione risalì fino al petto.
- Ma non è giunta alcuna risposta. - parve pensarci: - O meglio, non è giunta alcuna comunicazione al Duca. La lettera che abbiamo inviato ci è stata rispedita indietro con la scritta "Non è stato possibile trovare il destinatario". -
- Come fanno a non trovare un gigantesco castello con un ponte di mezzo chilometro e cartelli ovunque? -
"Oh, no, non ditemi che devo mettermi a controllare anche il sistema postale..." chiuse gli occhi: - Basta. Inviategli altre cento lettere. Se non gliene arriverà neppure una, eliminerò le Poste e le sostituirò con i piccioni. -
- M-mia signora, non abbiamo piccioni addestr- -
- Tutto il denaro del sistema postale andrà agli addestratori di piccioni, mi pare ovvio. - che poi non si dicesse che fosse una regina sprecona.
Lei era una fervida sostenitrice del riciclaggio.
Per questo dava al popolo tutte le sue cose rotte o costruite con materiali di dubbia provenienza. Sapeva benissimo che loro sarebbero stati in grado di farci qualcosa di nuovo.
- A proposito di spopolamenti... - un terzo ministro si alzò, la voce grave. Gli altri due si sedettero - e Rin si chiese perché diamine fosse rimasto in piedi anche il primo ma, del resto, non si era dimostrato molto intelligente, quindi non c'era motivo di chiederselo.
- Anche il Paese del Giallo si sta spopolando. -
- Cosa? - scattò in piedi, sbattè le mani sul tavolo, l'irritazione che ormai le graffiava la gola: - Qualcuno sta attentando al mio regno? -
- Non sta succedendo quel che sta succedendo al confine con il Paese del Viola. - chiarì il terzo ministro, impassibile come se fosse finto: - In questo caso, la gente se ne sta andando volontariamente. Stanno migrando tutti nel Paese del Verde e nel Paese dell'Arancione. -
- Cosa? - sentì gli occhi far male, tanto li aveva spalancati: - Com'è possibile una cosa del genere? -
- Abbiamo fatto delle ricerche. - il terzo ministro prese un block notes, lo sfogliò - e a Rin parve un insieme di fogli bianchi: - Sembra sia a causa del vostro modo di governare. -.
Silenzio.
- ... puoi ripetere? - un sibilo.
- Non è quel che dico io. - il tono immutato: - E' il popolo a dirlo. Non è affatto soddisfatto del vostro governo. -.
Silenzio.
- ... inammissibile. - sussurrò, in un ringhio.
Guardò Len, in piedi dietro di lei. Lui le rivolse uno sguardo pacato: "Pensaci.", sembrava dirle: "Pensa a quel che ti ha appena detto.".
Tornò a guardare il ministro.
"Non solo mi faccio in mille per compensare l'idiozia di questi incompetenti, ma sono pure circondata da ingrati!" fece scivolare via le mani dal tavolo, lentamente.
- E, per curiosità... - parlò piano, senza distogliere lo sguardo: - ... quali sarebbero le cose "insoddisfacenti" del mio governo? -
L'uomo tornò a sfogliare quelle pagine che a lei parevano tanto bianche: - Gradite l'elenco in ordine di importanza, di tempo o di alfabeto? -
- Di tempo. - rispose, secca: - Al contrario. -
Il ministro si schiarì la voce: - Partiamo dalla riforma delle tasse entrata in vigore giusto ieri. Il popolo non ha approvato l'aumento di cinquecento coppe... -
Tre ore dopo...
- Neppure il vostro primissimo ordine fu gradito. Quello con cui avete imposto un tributo di ottocento bastoni per la festa della vostra incoronazione. -
- Inammissibile! - pestò un piede a terra, sperò che la mattonella di marmo immagazzinasse tutta la sua rabbia: - Io ho fatto tanto per loro e a loro non è andato bene niente! Niente! - si morse un labbro, si sentì incapace di rimanere ferma. Camminò intorno al tavolo, conficcò i talloni nel pavimento per fare più rumore possibile - in quel momento, il silenzio la irritava, la irritava tantissimo: - E perché gli altri non si lamentano, eh? Eh? - incenerì con lo sguardo il primo ministro che le capitò sotto gli occhi. Quello, per tutta risposta, abbassò la testa.
- Perché tendete a dimenticarvi della loro esistenza. - fu la risposta del terzo ministro: - Quindi hanno sviluppato un sistema governativo autonomo. Solo le leggi riguardanti le tasse generali arrivano fino a loro. -
- Quanto al Regno del Viola, pare che lì il Duca sia molto apprezzato. - disse un altro ministro ancora: - Sembra che governi talmente bene che gli abitanti hanno accettato una nuova valuta! -
- Probabilmente perché la conversione fa sì che loro paghino una miseria ciò che per gli altri è una tassa astronomica. -
- Come fa una tassa ad essere astronomica? - sbottò Rin, stanca di tutte quelle idiozie: - Qui non c'è nessuno che paga le tasse in una navicella spaziale! -
Aveva deciso che il Duca del Paese del Viola le stava antipatico. Perché diamine l'aveva scelto?
Ah, no, non l'aveva scelto lei.
Chi l'aveva scelto, in tutto ciò?
Le venne il dubbio si fosse scelto da solo.
Incrociò lo sguardo di Len.
Sembrava incoraggiante.
Si sentì di colpo appena più rilassata. Le parve come se la sua mente stesse vedendo diradarsi una pesante nebbia.
- D'accordo, d'accordo. Vedrò di sistemare tutto. - trasse un profondo respiro. Il cuore le batteva forte, d'indignazione, di irritazione, della consapevolezza di essere bersagliata da ingrati e idioti: - Mandate un gruppo di investigatori al confine con il Paese del Viola. E anche dentro il Paese del Viola. Voglio che tutto sia monitorato con accuratezza infinitesimale. Soprattutto il castello del Duca. - un altro respiro: - Già che ci siete, fate fare un'ispezione alle Poste. -
- Mia signora, non bastano i soldi per- -
- Ricordatevi che siete sotto ispezione anche voi. - scoccò un'occhiataccia a tutti i ministri, dal primo all'ultimo in quel semicerchio: - Sono sicura che alla fine usciranno un po' di denari extra. - li vide scambiarsi degli sguardi indecifrabili, e la cosa la infastidì: - Nel caso, gli investigatori saranno pagati con un soggiorno nel Paese dell'Azzurro. -
Quegli sguardi si posarono su di lei. Erano increduli.
- Ovviamente, a spese del Paese dell'Azzurro. -
Un sospiro generale, in perfetta sincronia, che a lei parve tanto di esasperazione.
"Sono io quella esasperata!" era tentatissima dal truccare i risultati delle ispezioni solo per spillare loro nove decimi del loro patrimonio, come risarcimento: - Per il resto, bisogna frenare la fuga dal Paese del Giallo. -
- Indubbiamente, vostra maestà. -
- E quindi vi ordino- - aprì un braccio: - -di istituire delle frontiere su tutto il confine del Paese del Giallo! - li vide strabuzzare gli occhi. Non ci avevano pensato, ma era ovvio che non ci sarebbero mai arrivati: - A nessuno con cittadinanza nel Paese del Giallo sarà permesso uscire! Per nessun motivo! -
- Ma, mia signora! - il secondo ministro si fece avanti: - Come faranno a vedere parenti e amici, se questi abitano in un altro Paese? -
- I parenti e gli amici vengono qui. - riaprì il ventaglio, lo agitò e quasi si slogò il polso tanto era irritata: - Che razza di domande fate? -
- Qu-quindi le frontiere rimarranno comunque aperte per gli esterni...? -
- Ovvio! - sbuffò, ed era arrivata al limite della sopportazione: - Per chiunque voglia risiedere o anche solo visitare il Paese del Giallo! Non ho certo intenzione di far naufragare il turismo! -.
Detto questo, se ne andò.
Aveva davvero bisogno di una boccata d'aria fresca.

- SONO CIRCONDATA DA IDIOTI! - affondò il viso nel cuscino, artigliò la stoffa: - Perché? Perché? Perché proprio a me? Perché incompetenti del genere non capitano pure a quelle sgallettate del Paese delle Meraviglie? -
Una mano sulla testa, una carezza sui capelli.
Sentì la rabbia scivolare giù, lungo il collo, lungo la schiena. Persino le braccia le parvero meno rigide.
- Sicuramente anche loro hanno dei problemi. - Len si sedette accanto a lei, sul letto: - E' una cosa che condividono tutti i sovrani. -
- I ministri dovrebbero aiutare la Regina, non darle ulteriori cose da fare! - singhiozzò, sentiva il volto andare a fuoco: - E il popolo dovrebbe amarla! Tutti dovrebbero volere una Regina come me! - un tremito.
- Forse dovreste solo venirvi incontro. - la voce di Len era come una spugna per la rabbia. Molto meglio del pavimento. E non doveva neppure schiacciarlo.
- Come faccio...? -
- Dovresti entrare più a contatto con il tuo popolo. - era sicura stesse sorridendo.
- Io sono perfettamente a contatto con il mio popolo! - alzò la testa dal cuscino, lo guardò: in effetti, stava sorridendo, pacato come sempre.
- Lo vedo ogni giorno da lì! - indicò il balcone: - E, ogni mattina, ricevo chiunque voglia avere un'udienza con me, senza alcuna distinzione! - anche se negli ultimi giorni c'era stato un calo di richieste di dialogo.
Sbattè le palpebre: "... è per la migrazione di massa? C'è meno gente, quindi meno gente a chiedermi udienza...".
- Intendevo... - Len si chinò, fino a sfiorarle i capelli con le labbra: - ... scendere tra il popolo. Vederlo con i tuoi occhi. -.
Silenzio.
"..."
- Non posso. - tornò a soffocarsi con il cuscino. Ormai le orecchie erano assordate dal rumore del suo cuore.
- Perché? -
- Perché basta un solo attimo di distrazione e succedono le peggio cose! - rialzò la testa, la visuale era annebbiata e aveva il fondato timore che si trattasse di lacrime: - Davvero lasceresti il Paese del Giallo in mano ai ministri? -
Silenzio.
- Solo per poco. - un'altra carezza sulla testa. Sentì quella mano armeggiare nei dintorni della sua crocchia, poi la tensione dei suoi capelli venne meno e il collo e le guance furono coperti da qualcosa di leggero.
"Vedere il popolo con i miei occhi..." trasse un profondo respiro: "... non è la stessa cosa, che loro vedano me? Se loro vedono me, io vedo loro.".
- Mh... - abbassò le palpebre: - Len... -
- Sì? -
- ... tu sei il mio servitore. -
- Sì. -
- E il mio gemello. -
- Sì. -
- Un tempo eravamo una cosa sola. - si tirò su, a sedere. Si scostò i capelli dal viso.
- Sì. -
- Tu hai i miei occhi, le mie orecchie e la mia bocca. - portò le mani in grembo, lo guardò: - Scendi tu tra il popolo. Viaggia per il Paese del Giallo. Vai nella nostra residenza nel Paese del Verde. Scopri cos'hanno di migliore rispetto a noi. -
Vide quegli occhi azzurri sgranarsi: - Rin, io- -
- Partirai domani. Torna qui tra due settimane esatte. Poi, ti rimanderò una volta a settimana nel Paese del Verde, per monitorarlo. -
Sembrava onestamente confuso: - Perché non mandare qualche investigatore o- -
- Idiota. - gli prese il volto tra le mani: - Io mi fido solo di te. Perché sei come me. - inspirò: - ... ho paura, Len. - il cuore batteva troppo forte.
Quelle mani sulle sue: - Di cosa? -
- Io... - strinse i denti: - ... sono nata con un grave peccato. -
Len sbattè le palpebre, una luce di spavento in quell'azzurro: - Cosa stai dicendo, Rin? -
- E' inutile negarlo! E' così! - appoggiò la fronte alla sua, chiuse gli occhi: - Sono nata con questo peccato e ora sto scontando la mia colpa! Ho paura che possa essere sempre peggio. Ho paura di non riuscire a sostenerlo! -
Le braccia di Len attorno alle spalle, si sentì stringere a lui: - Non capisco, Rin. - un mormorio, una nota di inquietudine in quella voce di solito serafica: - Qual è il tuo peccato? Non c'è modo di rimediare? -
- Se solo esistesse, l'avrei già fatto. - trattenne un singhiozzo: - Len, io... io sono troppo intelligente! -
Len tacque.
- Sono nata con una mente superiore e ora ne sto pagando le conseguenze! La mia esistenza è un peccato di superbia, perché la mia stessa intelligenza è talmente vasta da superare la soglia di tolleranza massima degli dei! -
Len continuò a tacere.
- E tu devi essere nato con la mia stessa colpa. - si scostò: - Anche se forse un po' meno di me. Forse, in una scala da uno a dieci, tu sei undici. -.
Guardò Len negli occhi.
Erano a mezz'asta.
- E tu... - disse lui, il tono stranamente piatto: - ... a quanto saresti? -
S'impedì di far tremare il labbro: - ... ho paura che sia cento, se non centodieci! -
Len tacque ancora.
Poi parlò, piano: - Son problemi. -
Rin annuì: - Anche se... - lo guardò meglio: - ... non mi sembri molto convinto. -
- E' la mia incredulità di fronte a questa rivelazione. - lo vide alzarsi - e quel tepore in cui si stava cullando venne meno: - Sto assimilando la notizia. -
- Capisco. - "Non deve essere facile, accettarlo...".
- Piuttosto. -
- Sì? -
Len tornò a guardarla. Sorrideva, come sempre, un sorriso che gli illuminava anche gli occhi: - E' l'ora della merenda! -
Rin non riuscì a trattenere un sorriso.
Perfettamente tirato: - Ah, sì? -
Lui battè le mani: - La merenda di oggi è una brioche! -
- Ah, sì? - si alzò anche lei, notò il suo nastro nero sul letto e lo recuperò, per poi tornare a guardare Len: - E questa brioche l'hai fatta tu...? -
Uno sguardo perplesso: - Perché me lo chiedi? -
- Beh, sai benissimo che c'è un validissimo motivo per cui uso i tuoi piatti come prova per i miei assaggiatori. - si legò i capelli.
- Ma tu non hai assaggiatori. -
- Infatti nessuno ha superato l'esame finale. - dopo il centocinquantesimo mandato all'ospedale, aveva deciso di rinunciare a scegliersi un assaggiatore.
Dato che era contro gli sprechi, se mai avesse avuto un assaggiatore, ne voleva uno resistente, capace di non collassare - se non morire - per il primo veleno di passaggio.
La prova finale l'aveva delusa moltissimo: alcuni di quegli assaggiatori in prova avevano resistito senza problemi a cianuro, amanita muscaria e aconito napello.
- Comunque, no, l'ho comprata. -
Un sospiro di sollievo: - Hai detto che era per me? -
- No. -
- D'accordo, allora. - sorrise, e si avviò verso il balcone.
Non sapeva perché, ma era capitato che cibi comprati appositamente per lei avessero odori alquanto strani - e quelli a cui li aveva poi rifilati erano stati a letto col mal di pancia per una settimana intera.
Intrecciò le dita: - Puoi fare il the! -
Len annuì.
Nonostante tutto, Len faceva un ottimo the. Nessuno faceva un the buono come il suo. Aveva una tecnica tutta sua, che rendeva il suo the in qualche modo speciale.
Rin rimase sulla soglia, a guardarlo.
Lo vide andare nel piccolo angolo cottura della stanza, prendere un bicchiere, aprire il rubinetto, riempirlo d'acqua, chiudere il rubinetto, andare al microonde, aprirlo, metterci dentro il bicchiere, chiuderlo e avviare il programma preimpostato - tanto tempo prima, dopo ore e ore passate a decifrare il manuale d'istruzione scritto in tutte le lingue tranne la loro.
Lo vide estrarre la bustina dal barattolo - era the all'arancia, il suo preferito -, attendere che il microonde avesse finito, aprirlo e mettere la bustina nel bicchiere. Poi prese il bicchiere, richiuse il microonde e si diresse verso il balcone.
Rin lo seguì e andò a sedersi, in attesa.
- Vi porto la brioche. - annunciò il suo servo: - Aspettate, prima di bere il the. -
- Sì! - battè le mani, impaziente.
Dopo un tempo imprecisato, la brioche portata e sparita nel giro di poco, Rin potè bere il the.
Era davvero buono.
Ogni sorso sembrava sciogliere qualsiasi residuo di rabbia e preoccupazione, la faceva sentire più leggera, più libera.
Lo scostò dalle labbra: - Oh, Len... - sospirò, sentiva le guance calde: - ... il tuo the al microonde è buonissimo! -
- Ti ringrazio. - sorrise.
- Spero che queste due settimane passino in fretta... - riportò il the alla bocca, chiuse gli occhi: - Mi mancherai. -
Len rispose dopo qualche secondo: - Anche tu. -
Alzò lo sguardo, inarcò un sopracciglio: - Che c'entri tu? -
- Eh? - sbattè le palpebre.
- Stavo parlando con il the. -
- ... sì. Giusto. -.

Per qualche grazia divina, in quelle due settimane non successero strani incidenti.
Almeno, non più strani del solito.
Rin dovette fare una sola riforma, il che fu un vero record.
- Ho come l'impressione che la gente stia cercando di farsi arrestare. - il legittimo dubbio le era sorto quando aveva notato un paio di prigionieri con lo sguardo sfolgorante e un sorrisone ebete. E un altro dubbio era nato: - Ditemi... - aveva chiesto ai ministri: - ... come viene trattata la gente nelle nostre prigioni? -
- Hanno celle pulite, quattro pasti al giorno, assicurazione medica garantita e wi-fi. -
Si era picchiettata il ventaglio contro la guancia, pensierosa: - Davvero un comportamento assurdo. Chi mai vorrebbe essere arrestato? Sembra quasi che la vita in cella sia preferibile a quella di libero cittadino del Paese del Giallo! -
I ministri non risposero.
Solo uno osò parlare, dopo qualche secondo: - A tal proposito, alcuni non hanno preso bene la partenza del vostro servo personale. -
- Eh? - si fece di colpo attenta: - Perché mai? - "Si stanno puntando il mio fratellino shota e usamimi tanto da accorgersi della sua partenza? Inaccettabile!".
- Sapete, per quella nuova legge sulle frontiere... -
- Che diamine c'entra con il mio servo? -
- Beh, ha la cittadinanza nel Paese del Giallo, eppure si è diffusa la voce che sia andato nel Paese del Verde... -
- Che razza di osservazioni stupide sono? - sbattè le palpebre, cercando di non arrabbiarsi - per quanto fosse difficile: - Lui è il mio servo personale. E' il più raccomandato dei raccomandati. -
Tutti i ministri chinarono il capo, in perfetto sincrono: - Riconosciamo di aver detto una cosa estremamente stupida. -
Rin quasi si commosse: - E' bello vedervi finalmente sviluppare almeno una cellula di cervello! - agitò il ventaglio, sorrise: - Comunque, credo che i prigionieri siano trattati troppo bene. Ho deciso che le nostre prigioni passeranno dal sistema correttivo al sistema punitivo. - aprì un braccio: - Che i prigionieri siano mandati ai lavori forzati! - tornò a sventagliarsi: - Sono sicura che servano. Tipo, la strada principale tra il Regno del Giallo e il Regno del Viola gradirebbe essere liberata, dopo quella brutta frana dell'altro giorno. - annuì: - Sono sicura che anche il Duca abbia mandato qualcuno! - ci pensò: - Del resto, la frana è comunque lontana dalla fila di bombe. Non c'è pericolo che qualcuno si faccia male, a meno che non abbia l'idea di intrufolarsi là. -
- A tal proposito... - un ministro: - ... avete qualche idea per togliere tutte quelle bombe? -
- Oh, che se ne occupi il Duca! - sventolò il ventaglio, a scacciare quelle parole fastidiose: - Sono nel suo regno, no? Non è che posso sempre fare tutto io! E poi, è anche nel suo interesse che quelle bombe siano tolte, no? Sono sicura che provvederà al più presto a farle rimuovere! -.
Fece per andarsene, ma si bloccò sulla soglia: - Ah, sempre riguardo i prigionieri... -
- Sì? -
- Togliete loro il wi-fi. -.

- Allora? Allora? - raggiunse Len, trattenendosi dal saltellare solo per evitare di inciampare nella gonna: - Quali notizie ci sono? -
Lui si guardò intorno: - Andiamo dove possiamo essere più tranquilli. - le mise una mano sulla schiena e la guidò, finché raggiunsero il giardino.
- L'hai fatto per evitare che orecchie indiscrete ci sentissero o perché volevi rimandare? - assottigliò gli occhi: - Sai che voglio saperlo! Dai! Dai! - lo puntellò sul braccio col ventaglio: - Dimmelo! Dimmelo! Dai! Dai! -
- Il popolo non ti adora. -
Un tuffo al cuore.
Fece un passo indietro: - Cosa? -
- Il popolo non ti adora. - ripetè Len, atono: - Anzi, in molti parlano male di te. Ti chiamano "la Regina pazza". Quelli al confine con il Paese del Verde invidiano moltissimo quelli del Paese del Verde. Nel Paese del Verde le cose vanno un po' meglio. -
- Puoi non ripetere ogni volta "Paese del Verde"? Esistono i sinonimi e i pronomi! -
- Ho notato che sono molto religiosi. - proseguì, come se nulla fosse: - ... almeno credo. Ringraziano ogni giorno gli dei per la loro grande fortuna. -
"Chissene importa." stritolò il ventaglio, il gelo risalì lungo le braccia: - E' per quella legge sul dover indossare le mutande a pallini gialli, vero? - si morse un labbro: - Sapevo che non sarebbe andata giù. -
- Temo non sia solo questo. -
Sbattè le palpebre: - Non dirmi che è per la loro assurda ingratitudine! -
- Con le tasse, faticano ad arrivare alla fine del mese. - spiegò Len: - La cosa si ripercuote anche sull'economia degli altri Paesi. Ad esempio, ho sentito che siete molto impopolare nel Paese dell'Azzurro. -
Spalancò gli occhi: - Come? E perché? -
- A causa della vostra legge sulle frontiere, non c'è più nessun turista dal Paese del Giallo. - un sospiro: - Gli alberghi stanno andando in fallimento. La gente che viene dal Paese del Verde non ha bisogno di prendersi un alloggio lì, dato che abita vicina. Gli unici che ne usufruiscono sono gli abitanti del Paese dell'Arancione... -
- E quelli del Paese del Viola? -
- Pare non ci siano mai stati troppi turisti dal Paese del Viola. -
- Questo è davvero un enorme problema! - si portò una mano al mento, deglutì: "Non è il momento di farsi prendere dal panico! Devi pensare a qualcosa!".
- In effetti sì. - Len annuì: - Dovete trovare una soluzione. -
- E' quello che sto facendo. - si sventolò, per rinfrescarsi anche le idee: - Uhm... -
- Potreste togliere le frontiere. -
- Stai scherzando? - lo fulminò con un'occhiataccia: - Così fuggirebbero tutti! No, no! Devo dimostrare a quelli degli altri Paesi che non c'è alcun motivo di odiarmi! -
- ... quindi...? - perché quella voce suonava così esitante?
Un'idea, finalmente: - Permetterò loro di conoscermi meglio! -
- ... eh? -
Aprì le braccia, era un'idea magnifica: - Aprirò il mio castello a tutti i turisti! Tutti potranno entrare! - abbassò la voce: - Tranne se hanno la cittadinanza nel Paese del Giallo. -
- ... stai discriminando i tuoi stessi sudditi più prossimi...? -
- Prova a pensarci! - gli si avvicinò, gli sventolò il ventaglio chiuso sotto il naso: - Se permettessi a tutti, ma proprio tutti, di entrare, sarei sommersa dagli ingrati del Paese del Giallo che vengono a dirmi che sono una regina cattiva! - un brivido lungo la schiena: - E io non potrei far fronte a così tanta gente tutta insieme! Sembrerei debole e inerme di fronte a tutti quelli degli altri Paesi! - scosse la testa: - Allora sì che la mia popolarità crollerebbe a picco! -
- Più a picco di così... -
- Chissà, magari si farà vivo pure il Duca del Paese del Viola... - sospirò: - ... se non altro, abbiamo già reclutato quindici addestratori di piccioni. -
La mano risalì dalla schiena alla spalla: - Stai pensando troppo. - Len si chinò verso di lei. Sorrise: - Ti va un po' di the? -
Rin rise, sentì la preoccupazione scivolare a terra: - Sì! Sì! -.

Il castello sarebbe stato aperto ai turisti per una giornata intera, dall'alba al tramonto.
Ovviamente, la Regina aveva già dato disposizione di non venire a disturbarla prima di mezzogiorno. In sua vece, per la mattina, aveva mandato il suo servo.
La notizia dell'apertura era stata data con una settimana d'anticipo rispetto al giorno stabilito, e Rin aveva saputo di alcuni dissapori tra il popolo e le guardie.
- State attenta, mia signora! - aveva detto un ministro: - Qualcuno potrebbe accordarsi con un abitante di un altro Paese e cercare di farvi del male! -
- Ci ho pensato, cosa credete, tutti voi? - aveva tirato indietro la testa: - Eventuali rivoltosi penseranno che io mi sia armata, quindi passeranno tutto il tempo a cercare di capire cosa io abbia fatto. Ma... - aveva sorriso, trionfante: - ... io non avrò fatto niente, quindi passeranno l'intera giornata a cercare qualcosa che non potrà mai essere trovato! - aveva riso: - E sprecheranno l'occasione di farmi del male! -.
Aveva piena fiducia nel suo popolo.
Nella stupidità del suo popolo, per la precisione.
Così, il giorno prestabilito, il castello fu aperto ai visitatori degli altri Paesi.
Tutto era stato lucidato fino a permettere alla gente di specchiarvisi - e svariata gente scivolò. Di lì a poche ore, uno dei saloni era stato adibito a pista di pattinaggio, e la cosa riscosse molto successo.
- Visto? Visto? - indicò i pattinatori con il ventaglio: - La gente si diverte! La gente è felice! -
- Oh, sì, senz'altro. - Len roteò gli occhi: - Cosa ne facciamo di quelli che ci stanno rubando l'argenteria? -
- Arrestateli e mandateli a spalare rocce al confine col Paese del Viola, ovviamente. - davvero incredibile che il Duca ancora non avesse mandato nessuno ad aiutarli, là.
- Ti confesso... - mormorò Len, dopo qualche minuto che passeggiavano ad uno dei piani più alti: - ... che non mi aspettavo affatto venisse così tanta gente. -
Le sfuggì un sorriso di trionfo, soddisfatta: - E' la riprova che il popolo mi ama. E' solo quello del Paese del Giallo che è composto di ingrat- -
- Ssssssh! -
Len le si parò davanti, un dito sulle labbra, gli occhi sgranati, spaventati: - Potrebbe esserci qualche parente o amico di un abitante del Paese del Giallo! -
Rin alzò gli occhi al soffitto: - Che nooooooia! - alzò le spalle: - Io posso dire tutto quello che voglio, quando voglio e a chi voglio! -
- Ma, in questa situazione, penso sia il caso di frenare un po' la lingua. - un sospiro.
Mise le braccia conserte: - Tu pensi troppo. - piegò appena la testa di lato: - Ti fa male pensare troppo. Poi cominci a dire cose stra... - aprì gli occhi, lentamente, più che potè: - ... ne... -
- Rin? - la voce di Len, lontana, lontana.
Ma cosa importava della voce di Len?
I piedi, da bravi, si mossero da soli.
C'era davvero tanta gente, quel giorno, nel Palazzo.
Ma, a due metri di distanza, alle spalle di Len - Len? Che importava di Len! -, da un corridoio laterale, era apparso.
Un lungo mantello blu, blu come il mare calmo in una giornata serena, e capelli blu, blu come il mare calmo in una giornata serena, e i vestiti celesti, come il mare calmo in una giornata serena, e-
- Salve. - la sua stessa voce era lontana, lontana.
Lui si fermò. L'aveva udita.
E la guardò.
Il cuore sussultò.
Aveva gli occhi azzurri come il mare calmo in una giornata serena.
E le sorrise.
Un sorriso come il mare calmo in una giornata serena.
- Buongiorno, Vostra Maestà! -
Il cuore fece un triplo salto carpiato all'indietro e quasi lo sputò.
Lui si avvicinò.
Era davvero alto, molto più alto di lei, o forse no, o forse sì.
- Il vostro Palazzo è davvero magnifico! - continuava a sorridere: - Soprattutto la pista di pattinaggio! -
- Pattinate? - le uscì come un sospiro. Stava facendo un po' fatica a parlare, ma l'importante era che le parole uscissero.
- Io? - lui assunse un'espressione stupita, e il cuore iniziò a piroettare: - No, io non pattino! - sorrise: - Io preferisco arrampicarmi sul soffitto. -
- E' un passatempo meraviglioso! - giunse le mani, erano davvero calde: - Anch'io passo gran parte dei miei pomeriggi ad arrampicarmi sul soffitto! -
La sua espressione si fece ancora più stupita - e il cuore stava ormai frullando: - Siete veramente brava, allora! Io non sono riuscito ad arrampicarmi neppure una volta, da quando sono qui! - lo vide annuire alle sue stesse parole, e lei annuì per dar loro ancora più forza: - Le pareti sono state lucidate talmente tanto da essere impossibili da scalare! -
- Abbiamo la miglior qualità di lucido per pareti e soffitti, qui! -
- E per pavimenti. - parve pensarci: - Tutte le volte che sono scivolato, poi ho fatto almeno trenta metri di pavimento senza riuscire a fermarmi. -
- Emozionante, non è vero? -
- Senza dubbio! - gli brillavano gli occhi, come il mare calmo in una giornata serena: - L'unico problema è stato l'atterraggio. Ha fatto male. -
- NO! - si portò le mani alla bocca, sconvolta: - Come avete potuto farvi del male? -
"Len! Dov'è Len?" si guardò intorno, lo individuò al proprio fianco: - Come hanno potuto fargli del male? - lo indicò, indignata per l'atroce modo in cui era stato trattato.
- Lucido. - fu l'unica cosa che l'altro le disse.
Rin abbassò la voce, fino a renderla un sussurro: - Non sei d'aiuto. -
Tornò a guardare lui.
Non si sarebbe mai stancata di farlo, ne era certa: - Da dove venite? -
- In che senso? -
Sbattè le palpebre: - Oh, devo essermi espressa male. - rise: - Qual è il luogo da dove provenite? -
Il suo sorriso si accentuò, e il cuore divenne una trivella: - Proveniamo dal Paese del Rosso! -
- Il Paese del Rosso! Che posto incantevole! - "Aspetta. Proveniamo?" guardò accanto a lui.
Una Guerriera Trucida con lo spadone al fianco, il mantello rosso e lo sguardo da arrabbiata col mondo.
Doveva essere la sua guardia del corpo.
Tornò a guardare lui, che era senz'altro una visione molto migliore della Guerriera Trucida: - E, ditemi, qual è il vostro nome? -
Quando glielo disse, lei lo ripetè, come assaporandolo.
Era un nome bellissimo.
Lui era bellissimo.
Tutto era bellissimo.
Era tutto talmente bellissimo che persino la Guerriera Trucida e Len erano bellissimi.
- Dovete aver fatto davvero molta strada per arrivare fin qui! - sorrise, e sentì di star spargendo luce in tutto il Paese dello Specchio.
- No! - rispose lui: - Abbiamo attraversato il Paese dell'Arancione nella parte più interna! -
- Quindi avrete bisogno di un posto in cui alloggiare! - un'idea geniale, più geniale del solito.
- Sì. - lui annuì: - Stavamo andando al Paese del Verde! Lì i prezzi sono più bas- ouch! -
Rin sussultò. Abbassò lo sguardo, di corsa, fino a ciò che aveva osato fargli del male: la Guerriera Trucida. Era stata lei a piantargli un gomito nelle costole.
Neppure lo guardava, sembrava più presa a fissare qualcosa di indefinito nella direzione opposta, con un certo sguardo di sufficienza.
Le stava antipatica.
L'aveva appena deciso.
- Vi prego di accettare il mio invito a risiedere qui. - chinò appena la testa: - Abbiamo tante stanze libere! -.
Lui sgranò gli occhi, schiuse le labbra.
Le sarebbe piaciuto tanto avvicinarglisi. Soprattutto alle sue labbra. E a tutto il resto. Ma anche averlo davanti e parlarci era una cosa bellissima.
- Siete davvero una Regina gentile! -
E Rin capì che quella persona era davvero, davvero, davvero intelligente, l'unica persona sana di tutto il Paese dello Specchio, e che lei non si era affatto sbagliata: non poteva esserci nessun altro di così tanto perfetto!
- Tutte quelle voci che vi vedevano come paz- ouch! -
- Permettetemi una domanda. - la Guerriera Trucida si era fatta avanti.
"Che seccatura." la guardò, controvoglia. Detestava parlare con le persone antipatiche. Era anche sicura fosse di quelle testarde, che insistevano a darle torto solo per il gusto di vederla arrabbiarsi.
- Qualora accettassimo... -
Si costrinse a mordersi la lingua: "Dannate guardie del corpo che devono seguire i loro protetti ovunque!".
- ... avremmo la cittadinanza nel Paese del Giallo? -
"..." serrò la presa intorno al ventaglio: "Dannazione. E' una guardia del corpo competente!" strinse i denti: "Devo pensare a qualcosa di abbastanza equivocabile per poter trovare poi un modo di-"
- Sareste solo nostri ospiti. - Len, al suo fianco. Si voltò a guardarlo, lui proseguì come se nulla fosse: - L'ospitalità non implica l'obbligo di cittadinanza. -.
La Guerriera Trucida lo guardò.
Len guardava lei.
E Rin guardava Len.
Per curiosità, guardò lui, e si accorse di come stesse guardando un po' tutti, a turno.
- D'accordo, allora. - finalmente la Guerriera Trucida spezzò quel silenzio: - Non vedo perché rifiutare una così disinteressata ospitalità. -
"... perché ha calcato-"
- Perché hai calcato quel dis- ouch! -
Ignorò l'irritazione del vederlo di nuovo con un braccio nelle costole. Il cuore era impazzito: "Abbiamo pensato la stessa cosa nello stesso momento!".
Era davvero perfetto, non aveva bisogno di ulteriori conferme!
- Len! -
- Sì? -
- Fai preparare la nostra stanza per gli ospiti migliore! -
- ... Rin... -
Si scostò, giusto perché non era piacevole sentirsi soffiare in un orecchio: - Che c'è? - sussurrò.
- ... non possediamo stanze per gli ospiti. Le hai fatte tutte diventare cose a caso. -
- E fanne liberare una. - "Perché anche lui si sta rimambendo?"
- Una qualsiasi? -
- Non quella della collezione di bustine da the usate. -
- Uhm. -
- Ora vai, su! - gli mise una mano sulla schiena e lo spinse, per poi prendere il suo posto, davanti alla Guerriera Trucida: - Non avete alcun bisogno di preoccuparvi! - esclamò, il mento alto, le palpebre appena abbassate: - Questo è il luogo più sicuro dell'intero Paese dello Specchio! -
- Non ne dubito. -
Le stava antipatica. E percepiva un'antipatia reciproca. La cosa, in fondo, era positiva.
Se quella donna avesse avuto anche solo un po' dell'intelligenza di lui, allora avrebbe capito che parlare con una persona antipatica non era la cosa più proficua da fare, e avrebbe evitato di darle noie.
- Vi prego... - veleggiò fino al suo fianco, lo prese sottobraccio: - ... lasciate che vi mostri il Palazzo! -
- Una visita guidata dalla Regina in persona! - sembrava sinceramente stupito: - Siete davvero una bravissima sovrana! -
- Vi prego, smettetela di essere così adulatorio! - si stava slogando il polso.
Ma non poteva fermarsi, o le avrebbero preso fuoco pure i capelli.

- E' così bello! - sospirò, rimirandosi allo specchio: - E' così intelligente! - una piroetta: - E' del tutto diverso dalla gente che mi circonda! -
- Quello senz'altro. - anche Len sospirò, anche se in modo diverso dal suo.
- Oh, come vorrei fosse lui un mio ministro! - si sedette sul letto, poi si lasciò cadere sulle lenzuola: - Anzi, il mio unico ministro! Lui sì che mi capirebbe! E saprebbe consigliarmi benissimo! -
Se non altro, grazie al suo test, aveva buttato fuori cinque ministri inutili. Più inutili degli altri.
- Ministro? - una risata leggera.
Rin si rimise seduta, le guance di colpo calde: - Cosa ridi? -
- Non mi pare tu lo voglia come ministro. -
- Cosa- -
- Ti va un po' di the? -
Tacque. Gonfiò le guance e annuì.
Per tutta risposta, Len sorrise.
- ... si nota così tanto? -
- Credo che solo una persona non se ne sia accorta. -
Annuì di nuovo: "In effetti, la Guerriera Trucida non mi sembra troppo sagace.".
- Sempre che non le sia stato detto. -
- Ma, se anche fosse, non è importante. - si alzò e andò sul balcone, al tavolino della merenda.
Len la raggiunse poco dopo, con il the: - Scotta. -
- Lo so benissimo! - agguantò il primo dei bignè alla crema che le erano stati porti: - Len... -
- Sì? -
- ... sono grassa? -
- No, Rin. -
Fissò il bignè: - ... potrebbe compromettere la mia linea? -
- Non sarà un bignè a farti diventare una megattera. -
Ci riflettè: "... però mi darebbe un po' di grassi." lo guardò: "... è poco, magari..." ci pensò bene: "... se lo desidero con tutta la mia forza, magari il grasso si concentrerà solo in zone specifiche!".
- Len. -
- Sì? -
Lo guardò: - Tu sei un maschio. -
Lui sbattè le palpebre: - Te ne sei accorta dopo quattordici anni? -
- Se tu fossi innamorato di me... - tornò a guardare il bignè: - ... che consiglio mi daresti per migliorarmi? -
- ... fisicamente, dici? -
- Ovvio. - lo fulminò con lo sguardo: - Io ho un carattere meraviglioso! Per questo le persone intelligenti mi amano! -
Lui rise, la mano a coprirsi la bocca.
Lei ritenne opportuno tornare a concentrarsi sul bignè - e le dita stavano iniziando a ricoprirsi di zucchero. Così, da sole.
- Temo non potrei dartene. -
Trasalì, non si era neppure accorta si fosse avvicinato tanto da sussurrarle nell'orecchio.
- Vai già benissimo come sei. -
"..."
Gli ficcò il bignè in bocca.
Lo sentì mugolare di sorpresa e allontanarsi.
- Smettila di soffiarmi nelle orecchie. - e prese un altro bignè.

- Stiamo costruendo un roseto labirinto! - nascose la risata dietro il ventaglio.
- Verrà una cosa molto scenografica! - lui sorrise, accucciato davanti ad uno dei tanti germogli: - Anche se farà male. -
Rin sbattè le palpebre: - Male? -
- Se qualcuno ci finirà contro, si farà molto male. - annuì da solo alle sue parole.
- Bisogna essere davvero stupidi per lanciarsi contro un muro di rose. - Rin sospirò: "E' anche vero che sono circondata da idioti. Chissà quanta gente ci finirà dentro..." scosse la testa, a scacciare il pensiero: "Così i giardinieri dovranno sempre stare a risistemare le pareti sfondate dagli idioti!".
- Comunque. - si accomodò su una panchina, si sistemò la lunga gonna gialla: - La stanza è di vostro gradimento? -
Lui si alzò e si voltò, con un gran sorriso.
Sorrideva sempre.
E lei non poteva far altro che sorridere a sua volta.
- Sì! E' davvero molto comoda! - si sedette al suo fianco, e lei sentì il cuore implodere: - Le coperte, soprattutto! Sono molto morbide! Mi fanno venire in mente una crisalide! -
- Crisalide...? - lo guardò meglio.
Lo guardò ancora meglio.
E si portò una mano alla bocca, le guance a fuoco: - Perdonatemi! Non mi ero accorta voi foste un bruco! -
- Non vi preoccupate! - non sembrava minimamente toccato: - Nessuno se n'è mai accorto subito! -
"Se solo me fossi accorta subito io, sarei stata speciale!" sarebbe davvero voluta tornare indietro nel tempo.
- Mi dispiace moltissimo aver insultato così la vostra bruchezza. - abbassò lo sguardo, incapace di continuare a guardarlo: - Sono una pessima persona. -
- Se volete pensarla così anche se vi ho detto che non c'è problema... - con la coda dell'occhio, lo vide alzare le spalle.
Rialzò lo sguardo, un pugno al petto: - Vi farò portare quante più foglie vorrete! -
- Preferisco i gelati! -
- Gelati, quanti ne vorrete! -
- E dolci! -
- Dolci, quanti ne vorrete! -
- Comunque... -
- Sì? -
- ... voi non sembrate un coniglio. -
- Eh? - sbattè le palpebre: - Ehm... io non sono un coniglio... -
Lui annuì, piano. Sembrava pensieroso: - Vostro fratello lo è, quindi pensavo che anche voi... -
- No, io non sono un coniglio. - trasse un profondo respiro: - Un po' mi dispiace. Mi piacerebbe avere qualcosa in testa! -
- Non dovreste avere la corona? - lo vide indicare in alto, in direzione della sua crocchia.
- La porto solo per i discorsi pubblici. - confessò: - All'inizio la portavo sempre, ma finivo per dimenticarmela, così quando mi lanciavo sul letto mi facevo male. - ci ripensò: - O mi slegavo i capelli e quella s'impigliava. O appoggiavo la testa da qualche parte e quella o mi faceva male o mi rotolava via. - sospirò: - Era alquanto scomoda. -
- Da come la descrivete, sì. - sorrise, ancora: - Però potreste portare qualcos'altro! -
- Ad esempio? -
- ... cose che si portano in testa. -
Ci pensò: - Tipo un cappello? -
- O un cerchietto con le antenne! -
- O una coroncina di fiori! -
- O un cerchietto con l'aureola! -
- O dei cornini! -
- O delle orecchie da coniglio! -
- O delle orecchie da gatto! -
- O delle corna da alce! -
- O dei campanellini! -
- Sulle corna da alce! -
- O delle palle di polistirolo! -
- O una stampante in miniatura! -
- Ma perché in miniatura, in fondo? -
- Giusto! Magari un fornello? -
- E' pratico! -
- Magari una spillatrice? -
- O una sparachiodi! -
- O un polpo! -
- O un vaso con un bonsai! -
- Un vaso con un bonsai a cui è arrotolato un polpo! -
- Con i campanellini! -
- Sulle corna da alce! -
- Sul cerchietto con le antenne! -
- Dentro una coroncina di fiori! -.

Lui era perfetto.
Non c'era altro da dire.
Era bello, bravo, intelligente e azzurro come il mare calmo di una giornata serena come un Principe.
Non era neppure un nobile, ma chissene importava.
Andava benissimo così.
I giorni divennero settimane, le settimane divennero mesi.
- Il popolo adora il vostro ospite. -
- Finalmente mostrano un po' d'intelligenza! -
- Pare sia perché la sua presenza vi distrae dal fare nuove leggi, mia signora. -
- Che importa di nuove leggi? Va tutto benissimo così com'è! -
- Ora potremmo riavere i nostri soldi indietro? -
- Quali soldi? -
- Ehm, quelli che ci avete sequestrato qualche tempo fa, a quell'ispezione... -
- Ovviamente no. -.
Il Paese del Giallo sarebbe stato un Paese perfetto. Non c'era niente di cui discutere. Persino gente stupida come il suo popolo l'aveva capito.
E, soprattutto, non c'era alcuno, nessuno, neppure minuscolo problema.
- E' sparita! -
Rin gli prese le mani, agitata: - Cos'è successo? -
- E' sparita! E' sparita! -
L'unica pecca era il modo in cui il suo Principe pensasse sempre alla Guerriera Trucida. Ma doveva essere normale: lui, che era una brava persona, teneva molto a chi rischiava la vita per lui.
- Come ha fatto? - sbattè le palpebre: - Quando? Dove? -
Non l'aveva mai visto così.
Era sbiancato come neppure i suoi ministri o chi le chiedeva udienza.
Non sapeva perché, ma aveva sentito il cuore stretto in una morsa.
- Tutte quelle sparizioni al confine con il Paese del Viola... - tremava, e lei sentì improvvisamente freddo: - ... è andata a controllare di persona. Ma è sparita! Sparita come tutte le altre! -
- Forse si è solo allontanata... -
- Sono tre giorni che non si hanno più sue notizie! -
Dovette arrendersi all'evidenza: "... una guardia del corpo di certo non starebbe tre giorni lontana dal suo protetto.".
- Rin. -
Si voltò a guardare Len. Aveva un'espressione grave: - La situazione sta precipitando. -
- Me ne sono accorta! - portò le mani in grembo.
- Chiamo i minis- -
- Lascia perdere quegli incapaci! - si sedette sul trono, artigliò i braccioli: - Dimmi, Len. Quante persone sono sparite? -
Suo fratello s'inginocchiò ai suoi piedi: - Il numero è incalcolabile. Non posso darti una stima precisa. -
- All'incirca? -
- Tutta la popolazione femminile del Paese del Giallo tra i quindici e i cinquant'anni. -
"..."
- ... questo implica che io potrò essere un obiettivo...? -
- Beh... - il Principe intervenne, le mani strette una nell'altra: - L'altra notte qualcuno si è infiltrato in camera vostra, no? -
- Ma è andato tutto bene. -
Non aveva idea di come avesse fatto ad aprire la finestra del balcone, chiusa a chiave dall'interno.
Stava di fatto che aveva calpestato uno degli ultimi esperimenti culinari di Len - finito non si sa come sul pavimento - ed era fuggito all'istante, con un gran baccano.
Rin, col cuore in gola, era accorsa a vedere e aveva trovato uno stivale scuro di ottima fattura, dall'aria costosa, per metà sciolto.
I domestici ci avevano messo sei ore per pulire e altre sei per togliere l'odore di gomma bruciata.
Ora che ci pensava, erano stati i domestici.
- In effetti, non ho più visto donne e ragazze, in giro... -
- Lieto che te ne sia accorta. - aveva la vaga impressione che quello di Len fosse stato un tono ironico.
- E pare fossero sparite solo prigioniere donne. - aggiunse il Principe.
- Quindi sono sparite solo donne. -
- Esattamente. -
- E lei è voluta andare a controllare. -
- Sì. -
- Lei che è una donna. -
- Sì. -
"... di certo quella là non brilla per intelligenza.".
- Rin. -
Guardò Len: i suoi occhi erano seri.
- Credo sia colpa del Duca del Paese del Viola. -
"Cosa?"
Agitò la mano, a scacciare quelle parole: - Non essere ridicolo, Len! Che vantaggio avrebbe, il Duca, di una cosa del genere? -
- Ma tutte sono sparite proprio al confine con il Paese del Viola. -
Rin inspirò. Doveva essere calma e lucida, anche per il suo bene: - Capisco che tu sia preoccupato per lei. Ma accusare qualcuno sulla base di mere supposizioni, senza alcuna prova concreta, non sarà d'aiuto per nessuno. Rischieremmo solo di autoconvincerci di aver ragione, e accuseremmo un innocente perdendo di vista il reale colpevole. -.
Il Principe la guardò, gli occhi sgranati.
Anche Len la guardava, con occhi talmente spalancati da sembrare grandi il doppio del normale.
- Dovremo inviare altri piccioni. -
- Nessuno di quelli che abbiamo spedito è tornato con una risposta. - le ricordò Len: - Tutti a zampe vuote. -
- MIA SIGNORA! -
Rin sobbalzò, e le parve che anche Len e il Principe fossero stati colti alquanto di sorpresa.
Un servitore entrò di corsa nella sala del trono, qualcosa in mano, l'espressione sconvolta.
- Chi ti ha autorizzato a- -
- Una risposta dal Duca del Paese del Viola! -
Rin si alzò, sollevò appena la gonna e lo raggiunse: - Non riesco a credere che il Duca abbia aspettato una Super Chiamata In Scena, con tutti i disastri che ci sono! - afferrò ciò che aveva in mano l'uomo, un foglio illustrato.
Ingiallito, dall'aria vecchia, di pergamena.
Neanche gli fosse stato detto, il servitore fuggì.
Rin tornò al foglio. Lo lesse tutto, il cuore che batteva forte, sempre più forte ad ogni rigo.
Quando arrivò all'immagine finale, serrò il pugno libero: - Quel... - strinse i denti: - Quel... Quel maledetto! - passò il foglio a Len: - Leggi! -
Lui obbedì, l'espressione dura: - Tritare il sale grosso, con due spicchi d'aglio, rosmarino, salvia, origano e alloro... - i suoi occhi tornarono enormi: - Non ci posso credere! - alzò lo sguardo: - E' la ricetta del pollo arrosto! -
- E questo può significare solo una cosa. - tornò davanti al trono, il respiro si era fatto difficile, come se qualcosa di troppo pesante le stesse premendo sul petto.
"Non posso crederci. E' tutto troppo improvviso.".
- Il Duca del Paese del Viola ci dichiara guerra! - aprì un braccio: - Se le cose stanno così, allora guerra sia! -
- Aspettate! -
Il Principe si era fatto avanti.
- Cosa? -
"Vi prego, non vi intromettete! Non voglio che vi succeda qualcosa!".
- Possiamo risolvere la questione senza spargimenti di sangue. - era pallido, ma non sembrava più spaventato. Sembrava... determinato?
Abbassò il braccio: - E come? -
Anche Len guardò il Principe, perplesso.
- Se... -
L'idea del Principe era folle. Ma decisero di metterla in atto.
Due giorni dopo, tutte le fanciulle erano tornate a casa - Guerriera Trucida compresa.
Il Duca del Paese del Viola era stato arrestato e portato al suo cospetto.
- Dovrai controllare l'ingresso ai Paesi dello Specchio e delle Meraviglie! - pronunciò Rin: - Fino a nuovo ordine! -.
- Ti fidi? - le aveva chiesto Len, un sopracciglio inarcato.
- Ovvio che no. - aveva messo le mani ai fianchi, ed era sicura di avere un'espressione trionfante: - Ma nessuno può disobbedirmi! Perché io sono la Regina! -.

- Allora? - fece un gran sorriso, il ventaglio a farle aria: - Ora il popolo ha capito, vero? Ora anche il Paese del Giallo mi ama, vero? -
Len le versò il the, piano: - In realtà, pare che l'odio nei tuoi confronti sia aumentato. -
Fermò il ventaglio: - ... perché. - assottigliò lo sguardo. Lo stomaco aveva iniziato a contorcersi. Proprio durante la merenda. Ma l'avrebbero pagata, tutti l'avrebbero pagata.
- L'incidente con il Paese del Viola. - si limitò a rispondere Len: - Vi accusano di essere stata troppo lenta. -
- Oh, ma non mi pare che il Duca abbia fatto nulla alle ragazze! -
- Hai ragione, ma a loro non importa. - sospirò: - Il fatto che siano state ipnotizzate e rapite ha comunque fatto infuriare le loro famiglie. -
- Tsk. - prese la ciambella dal piattino e la guardò male: - Famiglie. Che cosa irritante. Come se non bastassero le singole persone. - la mangiò.
- Credo sia giunto il momento di togliere le frontiere. -
- Non ho nessuna intenzione di farlo, né mai lo farò. - si leccò le dita: - Dovrò pensare ad un altro metodo. - e quelle rimasero comunque appiccicose.
Dovette pulirsi sul tovagliolo.
- Tipo? -
Ci riflettè. Prese la tazzina, vi soffiò sopra. Bevve il the, piano.
- ... l'altra volta, l'apertura al mio Palazzo è stata un successo. - il cuore sussultò: - Ho anche incontrato il Principe... -
- Temo che ripetere l'evento non vi aiuterà con il popolo del Paese del Giallo. -
- Infatti non sarà una cosa uguale. - posò la tazzina, guardò Len negli occhi: - Darò un ballo. Per tutta una sera e una notte. -
- ... un ballo? - lo vide sbattere le palpebre, lo sguardo visibilmente confuso.
- Un ballo. - tornò a sorseggiare il the. Quel giorno era al limone: - Chiunque potrà partecipare. Indipendentemente dal suo Paese di provenienza. -
Silenzio.
- Volete far entrare chiunque? Anche gente dal Paese del Giallo? -
- Chiunque... - sussurrò: - ... abbia un abito adeguato. -.
Sorrise.
Sentì Len sospirare, sapeva che stava sorridendo senza neppure guardarlo.
"Hanno così tante difficoltà a pagare le tasse? Allora dubito riusciranno ad avere abiti abbastanza sontuosi per entrare.".






Note:
* "Il fiore del male sboccia dolcemente / Nei colori più brillanti": Aku no Musume / Daughter of Evil [ Traduzione Scritta ]
Come si sarà notato, tutto il capitolo è una citazione continua ad AnM/DoE. U.U
* Josephine rodo roda è tratta da Questa Parodia.
* Len che sente l'improvviso bisogno di spiegare a Rin una cosa che lei sa benissimo (gemelli segno di sventura, perché lui sia il servo, eccetera) sono una brutta "tecnica narrativa" conosciuta come As you know, Bob: è una forma di inforigurgito vagamente mascherata e calata nella narrazione... con risultati a volte più disastrosi dell'inforigurgito vero e proprio, causa il suo rendere i dialoghi alquanto irrealistici - dato che chi parla si sta palesemente rivolgendo al lettore e non al proprio interlocutore.
* "La merenda di oggi è una brioche": Aku no Meshitsukai / Servant of Evil [ Traduzione ]
* Cianuro, amanita muscaria e aconito napello sono rispettivamente un veleno, un fungo velenoso e una pianta velenosa.




E siamo arrivati al Flashback (Più o Meno) Chiarificatore di Rin *O*/ *Che non dura otto capitoli ma due.*
Ebbene sì: Rin era la precedente Regina, Len il suo servo, loro sono gemel- okay, questo l'avevano capito tutti.
(Ah, se avete l'impressione che Len pasticci con formale/informale quando è da solo con Rin, potrebbe non essere una vostra impressione.)

E chi saranno mai i misteriosissimissimissimissimi Principe & Guerriera Trucida? Nessuno lo capirà mai! E' un Enorme Mistero Misterioso! *A*
A parte tutto, i loro nomi non verranno mai pronunciati, in questi due capitoli. Perché no. U___U (?)

Ah, se qualcuno se lo stesse chiedendo, tranquilli: la vicenda del Duca di Venomania verrà spiegata nel dettaglio. Più avanti. E non da Rin.
Di certo non si liquida tutto così. U.U (!)

Ordunque, la Sag(r)a del Male.
E' tipo quell'Argomento che tutti coloro che scrivono di Rin&Len, prima o poi, finiscono per trattare/citare.
Mi aggiungo anch'io, riprendendo la vicenda di Aku no Musume e Aku no Meshitsukai - e solo di queste due canzoni, senza seguiti, approfondimenti, altro materiale (o meglio, riprendendo qualcosa di quelle due e di UNA altra canzone della saga, ma ques'ultima di meno U.U) - e rigirandomela un po'.
Non è una storia sulle due AnM, ovviamente.
Ma ci ha abbastanza a che vedere.

Il prossimo capitolo sarà più breve di questo. No, non ho diviso il flashback in due metà più o meno uguali.
Diciamo che nel prossimo capitolo c'è un cambio di tono più marcato. Alquanto più marcato.
Se avete ben chiaro il testo di DoE, non faticherete a capirne il perché.

Spero che questo capitolo vi sia stato di gradimento ^^
Se ci sono consigli da darmi o critiche da farmi, dite pure ^^
  
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