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Autore: _windowsgirls    08/08/2015    2 recensioni
Monaco, 1867.
Quando mise i piedi per terra, lasciò la gonna e si strinse le mani, camminando a passo spedito, mentre il padre la accoglieva con un braccio aperto e sua madre, composta al suo fianco, le sorrideva con un angolo della bocca. Accanto ai suoi genitori, c'era un uomo vestito di tutto punto, con un accenno di calvizia e gli occhi piccoli e rugosi. «Buongiorno, Altezza» disse con un accento diverso e strano, mentre si accovacciava in maniera buffa e affaticato per fare un inchino a Margot. Accanto a lui, c'era un ragazzo bellissimo che la ragazza si soffermò ad osservare: aveva i capelli ricci leggermente allungati e un vestito blu, con dei ricami dorati sul collo. Le fece un rapido sorriso con un angolo delle labbra, e si inchinò di fronte alla principessa senza distoglierle lo sguardo verde di dosso.
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson, Niall Horan, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Nothing is like it used to be'
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Things i can 

 




Il giorno dopo, nonostante il clima regale fosse tutt'altro che migliore, i servi si occuparono di allestire il palazzo per la cerimonia dell'incoronazione che si sarebbe tenuta entra un'ora.
La regina Evelyne, vestita in nero, mentre si rigirava la fede di suo marito nella mano, annunciò la sua abdicazione e tutto il popolo di Monaco si era agitato in attesa che la prossima regina fosse incoronata, una scintilla di nuova speranza af accendere i loro cuori in lutto nazionale. I cancelli del palazzo sarebbero stati chiusi, all'interno del castello solo i giornalisti avrebbero immortalato il momento con i loro scatti e la loro presenza nella sala delle conferenze. Il Primo consigliere del re si sarebbe occupato della cerimonia, l'unico compito di Margot sarebbe stato quello di non farsi vedere, rimanendo segregata nella sua stanza da sola, ad eccezione della sua cameriera, mentre il palazzo veniva animato dall'arrivo degli ospiti e dei rappresentanti degli Stati limitrofi.
Amanda le pettinava i capelli corti, studiandoli al meglio per architettare un giusta acconciatura, mentre Margot si passava il dito sul nastrino rosso che le circondava il polso magro dalla sera precedente. Non riusciva a pensare ad altro, a tutto quello che aveva perduto nel giro di pochissimo tempo, di come la sua vita fosse cambiata drasticamente sotto ogni punto di vista. Amanda le mise un ferrettino per mantenere il ciuffo alto, mentre le aggiustava i boccoli che le solleticavano i lobi delle orecchie.
 «Quello lì dovresti toglierlo» disse la cameriera, sussurrando, sebbene nella camera ci fossero solo loro due,
Margot sollevò lo sguardo sul suo riflesso, piantando i suoi occhi scuri in quelli di Amanda che la scrutavano spenti, «Sai benissimo che non lo farò.»
«Ma-»
«No, Amanda, no. Non posso, punto.» Poi riabbassò lo sguardo, con le lacrime che premevano per uscire, ma non avrebbe dovuto piangere in quel momento altrimenti il trucco si sarebbe rovinato, e non era il caso, sebbene il dolore in lei fosse ancora troppo grande per rimanere celato. Era un fascio di nervi pronti a saltare a qualsiasi sfioro, mandando all'aria ogni cosa. Sua madre confidava in lei, l'aveva calmata e sostenuta poco prima, promettendole che l'avrebbe aiutata come meglio le sarebbe stato possibile. L'ex sovrana si era resa conto che Margot non fosse più la stessa, e nonostante avesse cercato di riacquisire il suo tono austero e autoritario di sempre, sapeva per certo che - sebbene la giovane età - la figlia avrebbe regnato alla perfezione, o almeno era quello in cui sperava da quando aveva deposto la corona sul tavolo in legno, il giorno del rientro da quella pazzia di cui Margot era stata protagonista.
Amanda le spazzolò le spalle, zitta per non dire una parola di troppo. Margot si sollevò in piedi e si girò verso la sua cameriera fidata, facendo fatica a muoversi con quella gonna color panna ingonbrante. Aveva il corpetto cosparso di brillanti, la gonna fatta di velo e che le scendeva in onde morbide e la fascia con i colori del suo Stato ad attraversarle il petto da parte a parte. Si sbilanciò in avanti e abbracciò Amanda, stringendosela al petto. Con il suo completo da cameriera, la ragazza era molto più snella di Margot e approfondì l'abbraccio, posando la testa nell'incavo del collo. «Ho paura, Amanda.» Certo che ne aveva, era solo una ragazza alla fine. Sarebbe stata in grado di reggere un potere forte come quello che avrebbe avuto tra le mani entro poco tempo, ormai?
Amanda si liberò dalla presa della futura regina e la guardò negli occhi ferma, per trasmetterle un po' di sicurezza che le mancava.
«E se non fossi pronta? E se papà-»
«No, Margot, no.» Amanda le accarezzò una guancia, afferrando una lacrima prima che potesse lasciare il segno sul volto truccato alla perfezione. «Tu sei nata per questo compito, e sono sicura che il re sarà orgoglioso di te» disse con un leggero singhiozzo. Margot sorrise triste, mentre le prime trombe riecheggiavano per i corridoi, segnalando quasi l'inizio della cerimonia. Dal piano di sotto giungevano acclamazioni e mormorii continui, che animavano il castello dopo fin troppi giorni di silenzio.
Margot ne era certa: lei non sarebbe stata una regina normale, avrebbe cercato di distinguersi, se lo sentiva premere nel cuore. Non voleva che quel compito la cambiasse, voleva rimanere se stessa e trasmettere tale messaggio in chiunque la guardasse. L'incoronazione si sarebbe svolta in giardino, perchè non avevano previsto un così vasto numero di rappresentanti, così la servitù si era occupata di trasportare le sedie dalla sala delle conferenze fino al giardino sul retro. Il sole era calato, il cielo era di un azzurro più scuro nonostante la luna fosse già uscita, levandosi piano dall'altra parte dell'orizzonte, prendendo il posto del sole che, pian piano, scompariva, illuminando l'altra faccia della Terra.
Si guardò allo specchio dando le spalle ad Amanda, osservando i lineamenti del suo corpo, i gioielli che le impreziosivano le orecchie e il collo, il trucco semplice ma evidente.
Sembrava più grande, come se stesse facendo un passo importante anche dentro di sè e, nonostante stesse quasi tremando dalla paura, con l'ansia a mille, si girò nuovamente verso la cameriera, con un piano in mente a cui aveva pensato da quella mattina. «Ho bisogno che tu mi faccia un favore.»



Quando tutti i giornalisti e rappresentati statali si erano ormai seduti sulle rispettive sedie, Evelyne prese posto in prima fila, alla destra del Primo consigliere, il posto vuoto accanto a lei, non solo fisicamente, ma anche emotivamente.
Era tutto pronto, mancava solo Margot.
Amanda entrò sorridente all'interno del giardino, andandosi a mettere addosso al muro dove vi erano le dame di compagnia della ex-regina, affiancando Niall, Zayn e Giselle che non avrebbero mai potuto perdersi un evento del genere, mentre Louis vedeva il tutto da una finestra dell'infermeria, bloccato dai tubi e dagli integratori alimentari.
Il Primo consigliere, il signor Rudolf Lambert, sostava impaziente sul podio, con il libro aperto appoggiato su un leggio e il piede che batteva a terra, mentre con la mano libera si aggiustava il vistoso papillon.
La folla era divisa in due, lasciando il corridoio in mezzo libero per il passaggio della principessa, della quale ancora non c'era traccia.
Evelyne si lanciò un'occhiata alle spalle, osservando la folla concitata che non vedeva l'ora di imprimere il momento con le loro macchine fotografiche enormi, alcuni che la guardavano bisbigliando, ma quei rumorii erano l'ultima cosa di cui la donna si sarebbe dovuta preoccupare. Un uomo dalla pelle olivastra e gli occhi scuri la squadrò: «Qualcosa non va, Altezza?»
Evelyne strinse le labbra, per poi cercare di sorridergli come meglio le riusciva, dato tutto quello che aveva subito. «No, no, va tutto bene...» 'Spero' aggiunse dentro di sè, rimettendosi nuovamente con le spalle dritte e le gambe parallele sotto la sedia. I capelli biondi erano tenuti in alto da un grosso chignon, ma i suoi occhi erano coperti da una tendina nera che ne oscuravano il colore chiaro.
Era ansiosa.
Sapeva di aver preso la decisione giusta, per il bene del suo regno e della figlia, ma avrebbe tanto voluto che in quel momento i suoi sentimenti fossero condivisi con un'altra persona. Il re Maurice, morendo, si era portato con sè una parte di Evelyne che non avrebbe mai più riavuto indietro, e sperava che sua figlia fosse in grado di sorreggere un peso di tale portata, senza marito, senza una guida al suo fianco.
Quando le trombe suonarono, tutti i presenti si voltarono verso l'inizio del corridoio facendo seguire numerose esclamazioni e gridolini concitati. Quando Evelyne si girò, non potè credere ai suoi occhi.
Sua figlia era bellissima, vestita di tutto punto, lo sguardo fiero, il sorriso stampato in volto e...in groppa ad un cavallo nero, e non un semplice cavallo. Era lo stallone di Liam Payne.
Aveva le briglie in mano, strette nella sua presa, mentre il cavallo proseguiva lentamente scandendo ogni passo, battendo gli zoccoli per terra a ritmo delle trombe che continuavano a suonare alle spalle del podio. Il Primo consigliere sgranò gli occhi, stringendo le labbra tra loro in un segno di disappunto, ma Margot non se ne accorse, o finse di non averlo notato.
Passò in mezzo alla folla, i flash che già iniziavano ad abbagliarla illuminandola al suo passaggio, mentre Evelyne abbassava lo sguardo, sorridendo. Sua figlia ce l'avrebbe fatta, avrebbe fatto presa sul suo popolo.
Quando arrivò alla prima fila di sedie, un uomo si levò in piedi e le si avvicinò per aiutarla a scendere, ma Margot alzò una mano: «Posso farlo da sola, per ora» disse sorridendo, mentre si dava una leggera spinta e metteva i piedi per terra. Annodò le briglie alla sedia vuota accanto alla madre, riservandole uno sguardo che la diceva lunga. Margot, una volta legato il cavallo, gli accarezzò il muso, sussurrando: «Aspettami qui, Blackjack.» Poi si allontanò avvicinandosi a Rudolf Lambert, il quale reggeva in quel momento fra le mani una piccola cassa contenente i simboli reali, lo scettro e la coppa.
«Eccoci giunti al grande momento» proruppe il Consigliere reale, osservando fiero del suo compito la folla sotto di lui. «Oggi siamo qui riunit-»
«Un attimo solo.» Margot lo interruppe restando immobile accanto a lui. «Avrei bisogno di dire qualcosa, prima.»
Il Consigliere la guardò, carbonizzandola sul posto, poi cercò lo sguardo di Evelyne che aveva la fronte corrugata, ma comunque fece un cenno di assenso nei confronti della figlia. Margot sorrise e si mise di fronte al leggio, chiudendo il libro aperto. Faceva freddo quella sera, le stelle apparivano nel cielo pian piano e il vento che le soffiava addosso, nonostante avesse l'abito con le maniche a tre quarti. Strinse le mani in due pugni in preda all'ansia, poi fece un grosso sospiro e iniziò a passare in rassegna i volti di tutti i presenti, soffermandosi su Giselle, Zayn e Niall.
Sorrise nella loro direzione, nonostante il ricordo della sera precedente le facesse sentire le lacrime agli angoli degli occhi, ma era arrivato il momento di smettere di piangere. Era arrivato il momento da cui poi avrebbe preso solo decisioni giuste e promiscue. Rilassò le dita e appoggiò delicatamente le mani sul leggio, posando lo sguardo su sua madre prima di iniziare.
«Buonasera» proruppe, stringendo le labbra per la voce tremante che le era uscita. Schiarì la gola sotto uno sguardo indignato del Consigliere, ma non se ne fregò poi più di tanto; quell'uomo non le era mai stato particolarmente simpatico. «Scusate, ma l'emozione fa brutti scherzi.» Alzò il mento, mentre i capelli le si muovevano per il vento della sera che si portava dietro una gran quantità di umidità. «Prima di procedere con la cerimonia, vorrei spendere due parole, sebbene non sia mai stata granchè con i discorsi, e il mio professore di francese lo sa benissimo.» Guardò nella direzione del suo docente che abbassò il cappello come per accogliere l'espressione. Poi Margot continuò, posando lo sguardo sui suoi amici inglesi che non stavano capendo neanche una parola di quello che lei stava dicendo sul momento. «Questa sera accetterò definitivamente il compito per il quale i miei genitori..» La voce le si incrinò un poco, osservando Evelyne e la sedia vuota accanto alla madre, «mi hanno preparata da quando sono nata. Purtroppo non pensavo che sarebbe giunto così presto, ma evidentemente il mio destino è stato plasmato in questo modo. Allora, inizio dicendo che forse il mio ingresso non è stato promettente, andiamo, sono arrivata con un cavallo...ma niente, sentivo di doverlo fare e l'ho fatto. Non so se tra voi ci siano giornalisti che non mi hanno mai visto o sentito, però io desidero farvi vedere realmente chi sono, lasciando da parte l'idea che sicuramente avrete di me, considerando tutto quello che ho fatto.» Guardò sua madre, cercando un qualsiasi segno di approvazione, ma niente, tutti erano immobili e la ascoltavano, ogni singola parola che usciva dalle sue labbra carnose...beh, tutti tranne tre persone.
Sorrise tra sè, e riprese, più risoluta di prima: «Molti di voi mi potranno considerare immatura per i miei soli diciotto anni, per la mia fuga strategica, ma vi giuro che mi pento di parecchie cose che, se fosse possibile, tornando indietro, non farei mai. Circa tre mesi fa, ero pressata dalla vita che tutti cercavano di educarmi a vivere, i programmi fissi, le uscite sorvegliate. Certo, il mio comportamento è stato sconsiderato, e me ne sono resa conto troppo tardi.» Qualche lacrima abbandonò i suoi occhi, scorrendole invisibili sulle guance. «A causa della mia immaturità, ho perso due persone importanti, Liam Payne e mio padre, la persona che voleva rendermi fiera di me stessa, rendermi migliore nonostante il mio comportamento infantile...ma mi sono solo rivelata la causa della sua distruzione.» La regina Evelyne scoppiò a piangere, e una dama accorse immediatamente al suo fianco, mentre Margot si passava un dito sotto l'occhio. «Mi sono rifugiata a Londra, in questi due mesi e mezzo di assenza, ma posso dire che l'Inghilterra mi ha cambiata, mi ha aperto gli occhi, così come le persone che ora sono qui e mi hanno accompagnato in questo viaggio che non sarebbe mai dovuto cominciare, assistendomi nel bene e nel male e rischiando di tutto pur di aiutarmi.» Si girò a guardarli uno ad uno, passando da Niall fino a Giselle, sorridendo calorosamente. «Grazie di tutto.» Poi abbassò lo sguardo sul leggio in legno finissimo, mentre il Consigliere batteva il piede impaziente, la cassa ancora tra le mani. «Grazie per aver ascoltato le mie parole e per aver speso del tempo per me.» Poi sollevò lo sguardo al cielo, puntandolo sulla stella polare sopra di lei. «Grazie anche a voi» sussurrò tra sè e sè. Poi fece un inchino mentre indietreggiava piano, mettendosi accanto a Rudolf.
Poi accadde tutto così, all'improvviso.
Evelyne si alzò in piedi, iniziando a battere le mani velocemente, il suono che si propagava per tutto il giardino tanto era forte. Poi seguirono Niall, Zayn e Giselle, unendosi alla madre, e poi altre persone dalla folla seguirono il loro esempio, fin quando non si creò un mare di applausi che fece sentire Margot, per la prima volta, orgogliosa di se stessa. Sì, alla fine, dopo fin troppe peripezie e stupidaggini, aveva capito che quello ero il suo posto e lo sarebbe stato per sempre.
Rudolf aspettò che gli applausi finissero, ma nonostante ciò la folla rimase in piedi, in attesa della proclamazione. Il Consigliere diede le spalle al pubblico e fece prendere in mano a Margot lo scettro in una mano, la coppa nell'altra, poi sussurrò: «Speriamo che sia la cosa giusta.»
Sperò di non essere sentito, ma Margot percepì ogni parola comunque. Rudolf prese la corona nascosta sotto un drappeggio nero su un cuscino sostenuto da una colonna di legno e le si mise di lato, sollevandola sulla testa di quella che non era più una principessa.
«Puoi starne certo» disse Margot e Rudolf grugnì, poi il suo tono si fece austero e solenne.
«Con il potere conferitomi, io dichiaro Margot Ameliè Soyeaux regina di Monaco.»
Margot gonfiò il petto mentre la madre scoppiava nuovamente a piangere, mentre il Consigliere le calava la corona pesante sul capo. La nuova regina si sentì il potere nelle mani, le nuove responsabilità calarle addosso come un'onda pronta a schiacciarla al suolo, ma era sicura che sarebbe riuscita a rimettersi sempre in piedi. Tra gli applausi e i flash delle foto, alzò lo sguardo al cielo sorridendo, poi guardo verso i suoi amici inglesi che saltellavano e lanciavano pugni in aria : «Lunga vita alla regina di Monaco!» urlavano, e Margot fu felice, nonostante accanto a lei mancassero due persone importanti. Rimase ferma lì, guardando sua madre e mimando, finalmente con le labbra "ce la posso fare".




La mattina dopo, Margot prese la carrozza e andò in città. Non era un gesto saggio, perchè non era mai un bene che la sovrana si esponesse in quel modo di fronte a tutta quella gente, ma si giurò di provare a fare qualsiasi cosa che il cuore le avesse dettato, nonostante fosse rischioso. Voleva che il popolo la conoscesse, comprendesse che tipo fosse la nuova regina e che non avrebbero mai dovuto avere timore di lei. Si sarebbe preoccupata di ogni cosa, se lo promise, mentre la carrozza si fermava sul bordo della strada. Era mattina presto, per cui non ci sarebbe stata molta confusione, ma quando mise un piede fuori dalla carrozza si ricredette. La folla si accalcò vicino al mezzo, impedendole di uscire, poi le guardie reali che l'avevano scortata a seguito con i loro cavalli spianarono le spade per crearle un po' di spazio.
La folla venne allontanata, genitori con bambini in braccio che acclamavano la nuova regina, e quando Margot scese dalla carrozza si sentì davvero a casa. Quella era la sua gente, non l'avrebbe mai abbandonata per nessun motivo.
Cercò di salutare, ma le urla del popolo lì raccolto erano così elevate da non permetterle di farsi sentire. Allora, senza pensarci due volte, si andò a mettere sul sedile del cocchiere, sotto uno sguardo corrucciato di quest'ultimo, sollevò una gamba e si tirò in piedi sul tettuccio della carrozza, aggiustandosi la gonna e la corona sul capo, ben fissata tra i capelli. Sapeva benissimo che la regina non avrebbe mai potuto fare una cosa del genere, e che forse avrebbe pagato...aspetta, era lei la sovrana, non aveva nessuno con cui fare i conti!
Nonostante sapesse che fosse un comportamente inappropriato e per niente consono al suo essere, era sicura che non sarebbe ritornata molto spesso a Monaco, per cui tanto valeva fare qualcosa di memorabile.
Sollevò le braccia in aria e il popolo si placò, fin quando persino i bambini smisero di piangere, con le guardie che mantenevano tutti abbastanza distanti affinchè non si avvicinassero alla regina.
«Buongiorno» disse Margot sorridendo, nonostante lo Stato fosse ancora in lutto, ma lei era la ventata d'aria fresca che avrebbe sicuramente risollevato ogni cosa.
Tutta la folla sotto di lei si profumò in inchini e riverenze, mantenendo lo sguardo basso per non incontrare direttamente quello della sovrana senza il suo consenso. Ma lei scosse la testa.
«Non vi preoccupate, sollevatevi pure in piedi, non mi mancherete di rispetto» disse con la voce ferma che avrebbe imparato ad usare più di quanto già non sapesse fare. «So che questa cosa che ho appena fatto non è lecita, ma voglio che ognuno di voi mi possa guardare direttamente e non tramite una fotografia vecchia. Non so se potrò venirvi a trovare spesso, d'ora in poi, per cui spero che possiate ascoltarmi e vedermi per questo poco tempo che ho a disposizione. Sapete, mi sembra strano essere regina a diciotto anni perchè sono sicura che qui, in mezzo a voi, ci possono essere ragazzi della mia età che non sanno cosa fare della loro vita. Voglio darvi un consiglio dalla mia lunga esperienza» disse sarcasticamente, suscitando delle risate nella folla accalcata tutta intorno alla carrozza, «saprete perfettamente qual è il posto vostro quando lo definirete senza esitazione casa, un po' come è successo con me stando a Monaco, e proprio per questo ci tengo a scusarmi con tutti voi per avervi mancato di rispetto, per avervi abbandonato in questi mesi.» Fece un pausa guardando quanto fosse in alto sul tettuccio della carrozza, poi unì le mani sopra la gonna che indossava, di un tenue color azzurro, e che le arrivava alle caviglie. «Io non voglio essere un'estranea per voi, solo una regina chiusa nel suo palazzo. Voglio essere ogni cosa, una sorella, una figlia, un'amica, una guida...è questo quello che voglio impormi: essere disponibile per il mio popolo, per cui vi propongo una cosa prima che me ne vada, in quanto il mio tempo è scaduto.» Si aggiustò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, troppo corti per essere tenuti in un'acconciatura come quelle che faceva sua madre. «Vorrei essere sempre presente per voi, quindi vi do la possibilità di scrivermi delle lettere in cui mi possiate parlare di qualsiasi cosa vogliate, se volete consigli, un aiuto, io cercherò di rispondervi sempre, affinchè le mie parole possano giovarvi, in qualche modo.» Si piegò sulle ginocchia e scese sul sedile del cocchiere, poi portò i piedi per terra e chinò il capo per salutare. «Grazie per l'attenzione. E' un onore, per me, essere la vostra sovrana.» Poi quando rientrò nella carrozza e chiuse lo sportello alle sue spalle, la folla esplose in un boato di acclamazioni e ringraziamenti, elogi, qualsiasi cosa ci fosse di bello e fonte di orgoglio per una ragazza come Margot che, mentre tornava a Palazzo, si ripromise di essere una persona migliore per chiunque.



Quando superò il cancello del palazzo, il cocchiere la scortò fino alla porta d'ingresso, ma poi Margot venne lasciata fuori da sola, perchè c'erano delle persone che la stavano aspettando, persone che avevano valigie poggiate accanto ai loro piedi, pronti per partire e allontanarsi da lei.
Quando Margot li vide strinse le labbra e si avvicinò a loro, con la gonna che sfiorava la terra sotto i suoi piedi. Era il tre novembre, ma quella mattina faceva caldo, a differenza della sera prima, ma Margot quando vide i loro occhi, sentì un brivido percorrerle la schiena.
«E così..» disse inghiottendo a vuoto. «Dobbiamo salutarci.»
Giselle si staccò dal braccio di Zayn che le cingeva la vita e si gettò su Margot, stringendola in un abbraccio fortissimo, di quelli che toglievano il respiro. Una guardia si avvicinò, ma Margot la fulminò con lo sguardo: non avrebbero dovuto per niente al mondo interrompere un momento del genere. Cinse il corpo di Giselle con entrambe le braccia, imprimendo nella memoria quel momento. Le sarebbe mancata tantissimo, ogni mattina quando avrebbe aperto gli occhi, la sua risata, il suo umorismo, le sue conversazioni, i suoi tagli ai capelli...ogni cosa che l'aveva accompagnata durante la sua permanenza a casa Horan. Quando si liberarono dall'abbraccio, Margot vide Zayn avvicinarsi. «Devo ammettere che il nostro inizio non è stato molto idilliaco..»
«Dopotutto» lo interruppe lei, «non ero la tua principessa» disse ridendo amaramente, poi Zayn alzò l'indice, fermandola a sua volta.
«Quando parlo io non devi interrompermi.» Le lanciò un'occhiata simpatica, resosi conto del paradosso della situazione.
Margot scoppiò a ridere, «D'accordo, d'accordo..»
«E non me ne frega niente se tu ora sei la regina di Monaco, tu per me rimarrai sempre Margot, Chantal Horan o chiunque tu decida di essere.» Le spianò la mano davanti, indicandola con gli occhi.
La regina la scostò con un gesto seccato, «Ma sta' zitto.» Si buttò su di lui e lo abbracciò, sussurrandogli all'orecchio: «Devo ringraziarti, perchè senza di te non avrei saputo con chi litigare.»
«Oh, fidati» disse lui staccandosi, «Lo sai fare molto bene.» Si passò una mano tra i capelli, afferrando la mano di Giselle. «Ah, e ti vogliamo al nostro matrimonio.»
Lei li guardò sorridendo, «Pensavate davvero che vi avrei dato buca?»
Zayn fece uno sbuffo teatrale, «Peccato, ci stavo quasi sperando.»
Margot gli diede uno spintone sul petto, poi si girò e vide Niall, fermo, con le braccia incrociate al petto. Il biondo fece un passo avanti, mentre Zayn e Giselle si allontanavano con un «Portiamo le borse sulla carrozza.» Margot gli si piazzò di fronte, guardandogli gli occhi azzurri. Prima che potesse aprir bocca, la regina strinse le labbra. «Non voglio cadere in convenevoli, ma..» Si allargò un pochino la gonna sulla vita, rivelando un piccolo taschino nascosto, dal quale estrasse un nastrino blu notte, come alcuni abiti con cui faceva pendant. «Mi dispiace non essere originale» disse prendendo il suo polso e legandovi il nastrino intorno, facendo un piccolo nodo «però voglio che, dopo tutto, ti rimanga anche qualcosa di me, materialmente parlando.» Quando si staccarono, rimasero a debita distanza, continuando a guardarsi vicendevolente. Sarebbe stato difficile, ma la vita doveva andare avanti per tutti, e Margot non potè che augurargli ogni bene, nonostante lei non gli sarebbe stata accanto. Era una persona meravigliosa che non avrebbe mai voluto lasciare andare, ma oltre quel recinto avrebbe sicuramente trovato una ragazza più giusta per lui. Niall le prese la mano e le baciò il dorso. «A presto, Sua Maestà» disse, poi si abbassò afferrando la maniglia della sua valigia e si allontanò, raggiungendo Giselle e Zayn che stavano iniziando ad entrare nella carrozza che li avrebbe scortati fino alla stazione, dopodichè sarebbero stati nuovamente da soli. Quando il cocchiere smosse le briglie e i cavalli partirono al galoppo, tutti e tre si girarono verso il finestrino alle loro spalle, mentre il castello si faceva lontano, e muovevano le mani per salutare la regina ancora una volta. Margot, da parte sua, alzò la mano e li salutò fin quando la carrozza non sparì dietro l'angolo, portandosi dietro l'ultima prova dell'Inghilterra con sè. Questa volta, però, Margot non pianse, perchè una sovrana non deve mai farsi vedere debole, sempre ottimista in ogni circostanza, ferma nelle sue decisioni e responsabile di queste ultime. Aveva fatto troppe vigliaccherie in quei tre mesi, una fuga continua, nascondigli cangianti, nulla che fosse degno della sua persona. Ma finalmente si era risvegliata dalla trance in cui era caduta, e sebbene troppe persone ci fossero andate di mezzo, non avrebbe mai più voluto fare qualcosa di sbagliato. La giustizia avrebbe regnato sempre, sarebbe stata un'ottima sovrana per tutti.
 
 
 
 
Spazio autrice
Non mi sembra vero sapere che questo sia l’ultimo capitolo ufficiale di questa storia.
Manca solo l’epilogo e non sono psicologicamente pronta ad abbandanare questa fan fiction.
Intanto spero che questo capitolo sia di vostro gradimento e che possiate pensare a Margot con un altro punto di vista.
Deve essere una persona migliore per chiunque, essere quanto più disponibile per il suo popolo e prendere sempre le migliori decisioni.
Giuro che questa è l’ultima domanda che vi faccio. Cosa pensate possa accadere nell’epilogo? RISPONDETEMI TUTTI, voglio fare un sondaggio, sebbene con me accada quasi sempre il contrario di quanto possiate credere Hhahahahah.
Ok, mi dileguo. Passate dall’altra mia storia che vi attende pazientemente e lasciatemi quache recensione, please!
Ci tengo molto. (Ah, e ho anche aggiornato http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3219047 )
Vi voglio un mondo di bene.
Alla prossima settimana.
Elisa :)


P.s ultimo spoiler *piange*
"Le tre sedie erano ancora sul podio, le pareti piene di ritratti di ogni genere e la corona nascosta sotto una teca di vetro. Si avvicinò e sfiorò gli angoli vitrei, lo sguardo perso sulle pietre incastonate nella montatura dorata, poi si avvicinò al trono, in religioso silenzio."





 
  
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