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Autore: ellilli    09/08/2015    0 recensioni
e se Annabeth avesse una sorella... gemella.... Percy chi sceglierebbe
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Percy/Annabeth
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
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Sam

 

Ero furiosa ,tremendamente in collera con Atena.

Come può una madre abbandonare così una figlia.

Lasciarla sola per diciassette anni, priva di difese, di una famiglia ,di un posto sicuro in cui stare. Non riuscivo a concepire le azioni di mia madre, e credo che il mio comportamento sia più che giustificabile. Nè avrei potuto dire quando sarei riuscita a perdonarla, o quanto meno a parlarle.

Allo stesso tempo però ero dispiaciuta per Percy. Ieri sera aveva cercato di consolarmi con un abbraccio ,dal quale però io mi sono ritratta, in preda alla collera e all’ira.

Poi la mattina dopo, quando l’ho rivisto sembrava uno straccio vecchio , distrutto e lacerato, e per favore non commentiamo l'imbarazzante conversazione che abbiamo avuto. E di nuovo la sera cercando di fare riappacificare me ed Annabeth, cosa strana dato che nè io nè lei avevamo colpa in questa faccenda; comunque il suo interesse per aiutare i suoi amici è ammirevole e devo ammetterlo molto ,molto dolce.

D'altronde però ci è riuscito. Da qualche settimana io e Annabeth abbiamo imparato a conoscerci meglio, scoprendo qualcosa l’una riguardo all’altra.

Per esempio mi ha detto di voler diventare architetto, per poter costruire qualcosa di permanente così da lasciare un segno nel mondo.

Mentre io le ho raccontato di voler diventare neuro-scienziata, perché, il cervello, soprattutto quello umano, mi ha sempre incuriosito (anche se avrei voluto spaziare, studiando un po' quello di tutte le specie che esistono al mondo).

Abbiamo scoperto inoltre di avere molte cose in comune, come il coraggio, la nostra sottovalutata pazienza e, anche se ho preferito non rivelarle niente, un incredibile passione per Percy.

Passammo anche molto tempo a combattere, l’una con l’altra. Non so se lo facemmo per potermi addestrare ,migliorare la nostra destrezza con le nuove armi o semplicemente perché avevamo bisogno di sfogarci. Non parlammo con nostra madre dalla sera della rivelazione, né lei cercò di contattarci. Per me non è una novità dato che mi ha ignorata per tutto questo tempo.

C’è un cosa però che da quando ho scoperto di essere sorella di Annabeth, mi martella … come sarà suo…o meglio nostro padre?

<< Annabeth…? >> finalmente mi presi di coraggio.

Eravamo entrambe sedute sotto un albero nei pressi del confine con la foresta, leggendo io riviste scientifiche, lei di architettura, finché mi uscirono di getto delle parole.

<< Si… >>sembrava aver capito l’importanza della mia domanda.

<< Mi chiedevo…se un giorno di questi magari…>> non sono sicura del perché fossi così tesa nel porre quella semplice domanda. Infondo io e lei ormai eravamo diventate molto amiche <>io stessa sentivo un po’ di rammarico nella mia voce, come se fossi pronta a ricevere una risposta negativa.

<< … >> mi fece rimanere un po’ sulle spine, finché non sentì dire << Si certo. Frederick sarebbe entusiasta di conoscerti. Non posso dire lo stesso per la tua matrigna, ma forse per i fratellini c’è qualche speranza >>

Sia io che mia sorella saltammo subito in piedi trovandoci di fronte una faccia sorridente e bellissima , con due occhi furbi e brillanti color verde smeraldo.

<< Percy il tuo tempismo e la tua capacità nell’interrompere le conversazioni altrui è lodevole, quanto odiosa >>

<< Lo so bene… >> disse accostandosi al volto della sua ragazza per poi darle un tenero bacio sulle labbra. Devo essere arrossita troppo perché si staccarono presto sorridendo di gusto entrambi.

<< Comunque credo anche io che mio padre ,come la mia famiglia.. >> diede uno schiaffo alla pancia di Percy << …sarebbero più che felici di conoscerti >>

Detto questo un suono ci avvisò che era ora di pranzo. Ed il pomeriggio ci accordammo per i preparativi. Annabeth chiamò nostro padre per decidere un giorno che andasse bene a tutti. E poi passò il resto della giornata a raccontarmi di lui e di tutto il resto della famiglia.

 

 

Era arrivato!! Ormai era giunto il giorno in cui avrei conosciuto la mia ,sperando bene, nuova e definitiva, nonché vera, famiglia.

L’appuntamento era fissato per le cinque di pomeriggio, poi io ,Annabeth e Percy ovviamente, era come la sua ombra (mi stupisco che non la seguisse pure in bagno); saremmo rimasti a casa di papà a dormire, per quache giorno.

Ci saremmo dovuti incontrare in un famoso bar in centro, poi mi avrebbero fatto visitare un po’ il luogo, ed in fine avremmo preso della pizza e cenato a casa. Anche se in realtà non mi importava molto del giro turistico, avevo già visto San Francisco ma l’avevo fatto per Annabeth che ci teneva a spiegarmi tutte le sue costruzioni preferite. A quell’affermazione Percy rispose con un sonoro sbuffo pieno di contrarietà, al quale però mia sorella si limitò per metterlo a tacere con un semplice movimento della mano, come abituata a quel genere di reazioni.

Non credo di essere la persona più adatta per dire precisamente se la prima parte della giornata si svolse in fretta o lentamente. Sinceramente ero troppo concentrata a fare la valigia, per non dimenticare di mettere i calzini, o farmi venire i complessi su ciò che sarebbe accaduto se mi fossi dimenticata i calzini; provai a scegliere con tanta cura (anche se qualcuno la potrebbe chiamare “maniacalità”) i vestiti per il pomeriggio, credo di essermi curata così tanto solo per il mio primo appuntamento, del quale dettagli lascerò alla vostra immaginazione, vi basti pensare che una semidea attira tanti mostri circa ogni ora ,quanti sono i giocatori di una squadra di calcio.

Comunque dopo che la mia maniacale pazzia nel prepararmi stava cominciando a scemare, era ormai arrivato il momento di andare, così prese il posto il mio irrefrenabile nervosismo. Seguito dall'eccessiva sudorazione delle mani, un fastidiosissimo tic all'occhio, il sanguinamento all'interno della mia guancia, e per finire la ginocchia molli.

<< Tranquilla papà non morde >> Annabeth mi strinse in un abbraccio per infondermi sicurezza e coraggio, che servì anche a fermare l'inspiegabile tremolio delle mie spalle.

<< O si, il signor Chase è molto mansueto, come cane. Ma come credo di averti accennato la sinora Chase è docile quanto i dobermann che vengono addestrarti per i combattimenti clandestini >> [pensiero d'autrice. I combattimenti tra cani, nonché tutte le crudeltà sugli animali. Sono da classificarsi come inumani e raccapriccianti. Scusate perciò per il riferimento di prima. Buon proseguimento]

<< Perseus Jackson!!! >> non c'era da aspettarsi niente di buono se Annabeth lo chiamava col nome per intero. Il povero ragazzo dagli occhi di smeraldo ,dovette proteggersi gli organi vitali, per evitare ferite gravi.

Fortunatamente la sfuriata di Annabeth si placò poco dopo seguita dalla mia irrefrenabile e sonora risata, accodata da quella della ragazza bionda, e da un dolorante e bastonato, povero Percy.

Non ci volle molto per arrivare a destinazione di fronte al locale dell'appuntamento. Per quanto il figlio di Poseidone cercasse di alleggerire la mia agitazione e Annabeth rassicurarmi, io continuavo ad essere tesa come una corda di violino e rigida come un palo di scopa, tanto che mi dovettero costringere con la forza per farmi sedere.

Rimanemmo in attesa di mio padre per dieci minuti, fin quando la bionda non indicò un uomo che stava scendendo da un taxi e si avviava verso la porta. In realtà non c'era bisogno che me lo indicasse l'avevo riconosciuto da una foto sul suo comodino e da tutte le descrizioni che ero riuscita a strapparle. Era un uomo di mezza età, con alcuni lineamenti simili a quelli di Annabeth e ora che ci penso meglio ,pure ai miei, anche se noi due avevamo preso per lo più da nostra madre. Era vestito con una giacca di tweed marrone e delle toppe all'altezza dei gomiti un po' più scure, dei pantaloni grigio chiaro, camicia bianca e scarpe nere, tipico abbigliamento da professore.

Non sapevo esattamente cosa gli avesse raccontato sua figlia al telefono, così appena entrò e ci squadrò con una faccia interrogativa, mi prese un colpo, e cominciai a farmi i film, pensando che forse non di aspettava di vedere un gemella di Annabeth ,a forse solo sua figlia e dei suoi amici. Di colpo però non riusci a pensare più a niente, perché una sensazione di calore mi invase tutto il corpo, senti il mio peso sulla colonna vertebrale dissolversi completamente, non riuscì a formulare nessun tipo di parola che avesse anche un minimo di senso compiuto e neanche mio padre sembra aver perso l'uso della parola, così rimanemmo stretti in quell'abbraccio che per me sembrò durare una vita.

La voce di Annabeth sembrò riportarci alla realtà << Em… papà lei è Samanta >>

I miei occhi ,ero sicura che stessero per lacrimare, mentre sentivo per la prima volta la sua voce… << Piacere di conoscerti Samanta >>

<< Puoi chiamarmi Sam… pa… em… papà >> si ero sicura che sarei scoppiata a piangere da un momento all'altro. Non era la prima volta che pronunciavo quella parola, ero stata adottata diverse volte, ma fino ad allora non aveva alcun significato per me se non semplicemente capo famiglia.

Ma ora era diverso, ora papà, voleva dire che avevo qualcuno su cui contare realmente, voleva dire che avevo un papà.

Restammo tutto il giorno a parlare ,anche dopo che fummo usciti dal locale. Passeggiammo per ore, io sostenuta dal braccio di mio padre avanti, mentre Annabeth e Percy dietro a chiacchierare e coccolarsi, finché lei non iniziava a parlare dei palazzi e descriverne le rifiniture, a quel punto Percy o la baciava per zittirla o la ignorava guardando il cielo e annuendo inconsapevolmente, o nel peggiore dei casi la indirizzava verso di noi dicendo che era troppo interessante per poterla ascoltare solo lui. Era curioso come nonostante tutte le loro diversità sembrassero fatti per stare insieme.

Tuttavia la mia principale attenzione era rivolta al mio accompagnatore, col quale parlavo e parlavo, e lui non faceva che ascoltare estremamente interessato.

Era bello avere le attenzioni di mio padre. Mio padre. MIO PADRE!! ok credo che quella parola sarebbe stata fissa nella mia mente per almeno un mese.

Comunque la sera non tardò ad arrivare e così ci dirigemmo verso casa, dove avrei conosciuto il resto della famiglia.

Questa volta non mi vennero i sudori freddi, al pensiero di dover incontrare la mia matrigna e miei fratellastri ,in fin dei conti era come se stessi incontrando una famiglia affidataria, e ormai mi ero abituata.

<< Oh Annabeth ,Percy ben tornati >> ci venne incontro una donna all'incirca della stessa età di mio padre, con indosso un grembiule fruttato e i capelli cotonati. << Oh… mio Dio, cara… siete identiche >> dopo averci guardato per buoni venti minuti, per trovare le differenze come quei giochini sui giornali per bambini, ci stritolò in un abbraccio. Sentì Percy ridere sotto i baffi, per poi essere stritolato nella morsa anche lui, cinque secondi dopo.

Allora fummo io ed Annabeth a ridere seguito dal resto della famiglia. Appena finite le presentazioni mi corsero incontro ,due bambini, molto assomiglianti alla madre, che mi saltarono addosso gridando << Annie!! >>

<< Ragazzi, non sono io, cioè lei non è me, insomma lei è Sam >>

<< Ciao >> cercai di singhiozzare qualche verso ,dopo essere stata travolta da quelle pesti dei miei fratellini.

Ci ritrovammo seduti tutti e sei a guardare un film, sul divano in salotto. << Vado a prendere un bicchiere D'acqua >>

Mi alzai cercando di disturbare il meno possibile. Quando tornai erano ancora tutti lì… mio padre seduto ad un'estremità del divano, con la testa della mia matrigna sulla spalla, i miei fratelli seduti sul tappetto, a contendersi l'ultima patatina ,ed Annabeth seduta sull'altro divanetto, che accarezzava i capelli di Percy, il quale era sdraiato con la testa sulle sue gambe, sonicchiando teneramente come un bambino.

Sembrava come in una pubblicità. Poi mi riscossi. Quella era la mia famiglia!

 

Ero troppo eccitata per prendere sonno, decisi che forse una camomilla mi avrebbe calmato.

Cercai di fare meno rumore mi fosse possibile. Come però è facile prevedere, arrivata all'ultimo gradino delle scale, presi una storta e precipitai come un pesce lesso. Prima che però toccassi il suolo, probabilmente causandomi un affascinante bernoccolo sulla fronte, due braccia mi afferrarono al volo impedendomi di cadere.

Anche nel buio del Tartaro avrei riconosciuto quegli occhi, verde come il mare, puntati dritti contro i miei.

<< Stai bene? >> emisi un grugnito forse, o comunque un tipo di suoi irriconoscibile con sfondo animalesco, oddio che idiota.

Lui si lasciò sfuggire una tenera risata per poi rimettermi in piedi.

<< Ai…! >> ebbi una fitta lungo tutta la caviglia che si ripercosse sulla gamba.

<< Hai preso una storta ,non muoverti >> prima che potessi protestare mi prese in braccio e mi portò sul divano e mi fece sdraiare. Cercai di nascondere la faccia sotto un cuscino, perché sapevo di essere tutta rossa.

<< Perché eri scesa di sotto? >> cercava di fare conversazione mentre mi poggiava la caviglia sopra una pila di cuscini, per farla stare in alto.

<< Volevo una camomilla. Non riuscivo a dormire >> adesso la mia povera gamba era circondata da un fortino, impenetrabile di cuscini e coperte raggomitolate.

<< Vado a fartela >>

<< No ma non c… >> troppo tardi era già partito per la cucina.

Tornò poco dopo con del ghiaccio che mi poggiò sulla caviglia.

<< Grazie >> cercavo di non guardarlo negli occhi, ero completamente in imbarazzo.

<< Figurati, l'acqua per la camomilla è su fuoco ci vorrà poco >>

avete presente quando dopo una conversazione “eloquente” simile alla nostra, cade un silenzio di tomba, colmo di imbarazzo e nervosismo, bene il nostro era mille volte peggio. Io non riuscivo a guardarlo in faccia, e lui non faceva che prendersi cura della mia caviglia. Inoltre solo ora mi ero accorta che era senza maglietta. Per tutti gli Dei era bellissimo. Era muscoloso ,ma non come i tizzi pompati delle palestre, però era definito, abbronzato e tonico merito di tutti gli allenamenti di scherma fatti sotto il sole credo. Aveva i capelli più scompigliati del solito, segno che si era appena svegliato, che gli ricadevano sul viso, senza però oscurare quei suoi occhi che sembravano risplendere di luce propria.

Finalmente la camomilla era pronta e come avevo sperato mi conciliò il sonno. Prima di cadere totalmente tra le mani di Hypnos, riuscì a vedere che lui si sistemava sul divanetto-poltrona tutto raggomitolato, e credo anche un po' scomodo. Mi faceva tenerezza, e mi dispiaceva avergli preso il posto sul divano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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