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Autore: _Vi___    09/08/2015    2 recensioni
NOspoiler!LaMutazione || Spoiler!LaRivelazione || FinaleAlternativo||
"«L’ho conosciuto la prima settimana. Era… il primo non immune da mandare nel labirinto. La ricerca era appena iniziata, il virus aveva cominciato a diffondersi in fretta. Siamo stati insieme tutto il tempo in cui è stato in isolamento qui… il tempo di sottoporlo ai test e le analisi di cui avevamo bisogno per avere i dati che ci servivano e poi l’abbiamo chiuso in fretta e furia nel labirinto» concluse con tono di voce che straripava di amarezza. [...]
«Ho passato anni senza potergli parlare. Senza poterlo toccare…» riprese improvvisamente a raccontargli «siamo confinati in quest’angolo d’inferno da talmente tanto tempo… e lui… è come se non ci fosse più» [...]
«Ogni tanto torno nella sala di controllo solo per poterlo guardare per quei pochi minuti al giorno, e allora mi ricordo che lui c’è ancora ed è lì, ad aspettarmi; a ricordarmi a cosa serve a tutto questo»."
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Un piccolo assaggio della mia storia, nella speranza di riempire un po' il vuoto che questa saga mi ha lasciato al posto del cuore.
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STORIA IN FASE DI BETAGGIO. CAPITOLI CORRETTI: CAPITOLO 1
Genere: Angst, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minho, Newt, Thomas
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
Capitoli:
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7. Non deve andare per forzà in questo modo




Un’altra lunga giornata era trascorsa, per i ragazzi della Radura; tutti avevano smesso di lavorare da un pezzo e si stavano mettendo comodi ai tavoli, in attesa che tornassero i Velocisti per iniziare a mangiare. Dalla cucina proveniva il dolce aroma dei cibi che i due cuochi stavano preparando.
Thomas, intento a destreggiarsi tra i fornelli, guardava costantemente verso le porte del labirinto: Minho sarebbe tornato a momenti; e dopo tre giorni passati ad aspettarlo sul ciglio dell’ingresso del Labirinto senza ottenere risultati – il moro si rifiutava di parlargli o anche solo di ascoltarlo – si era ripromesso che quella sera sarebbe stato a sentire quello che aveva da dirgli, che gli piacesse o meno. Intendiamoci, non che Thomas biasimasse il comportamento dell’altro ragazzo, anzi, lui aveva tutte le ragioni del mondo per comportarsi in quel modo. Tuttavia, Thomas non poteva accettare che tutto finisse così; gli voleva bene, teneva a lui e non voleva che la loro amicizia finisse in quella maniera, tra silenzi e risentimenti.
Per questo motivo, aspettò nell’ampia cucina fino a tardi, quando finalmente video i Velocisti rientrare di corsa nella Radura. Si tolse il grembiule da cucina e lo abbandonò distrattamente su uno degli sgabelli, deciso a seguirlo e braccarlo nei bagni, se si fosse reso necessario.
«Non ho ancora capito con chi stai, amico» lo incalzò Frypan, avendo già compreso le intenzioni del suo aiutante. «Te la fai con il ragazzone asiatico o col ragazzino tutto pelle, ossa e riccioli biondi?» ghignò, tutto divertito dalla situazione. Thomas gli sorrise di rimando. Frypan era così: non stava lì a farti la morale, qualsiasi cosa una persona decidesse di fare, Frypan si limitava ad assistere agli eventi e, semmai avesse avuto un’opinione sulla vicenda, se la sarebbe tenuta per sé; tuttavia – e questa era una caratteristica che aveva fatto più volte sorridere Thomas – Frypan era un impiccione di prima categoria. Se ci fosse stato Aris, lì con loro, gli avrebbe affibbiato, con ogni probabilità, l’appellativo di “vecchia comare” dal primo momento che l’avesse sentito aprir bocca. La cosa ironica era che anche lui, però, era fatto più o meno allo stesso modo, solo che non era capace di tenere la bocca chiusa e commentava sagace qualsiasi cosa gli capitasse di poter commentare.
«È una lunga storia» cercò di liquidarlo in fretta.
Frypan sorrise sadicamente «Spero che me la racconterai, non appena avrai un po’ di tempo… sai, non vorrei ritrovarmi costretto a denunciarti e dire che te la svigni dal lavoro durante la sera, alla prossima riunione degli Intendenti…». Disse tutto senza mai perdere il ghigno malvagio dalla faccia. Thomas ridacchiò, sapeva che non avrebbe mai fatto nulla del genere, ma lo divertiva da impazzire il modo di fare di quel ragazzo. Forse gli avrebbe davvero raccontato tutto, a breve. D’altronde era passato quasi un mese, dal suo arrivo; si era ambientato bene ed era arrivato il momento di vuotare il sacco con qualcuno. «Puoi contarci» lo accontentò, uscendo dalla cucina e dirigendosi verso i bagni.
Attraversò il prato e aprì la porta della Tana, trovandoci Newt tutto concentrato a battere Chuck a Poker, imbrogliando spudoratamente.
Quando entrò, Chuck sollevò lo sguardo dal tavolo e gli sorrise; Thomas notò Newt che, fulmineo, tirò fuori due assi dalla tasca dei pantaloni, mettendoli nelle prime carte del mazzo con nonchalance, per poi girarsi infine verso di lui. Thomas gli sorrise, avvicinandosi e  inarcando un sopracciglio, subito imitato da Newt.
«Ehi..» lo salutò il maggiore, poggiando delicatamente le labbra sulle sue e accarezzandogli i capelli. «Ti ho visto…» gli sussurrò all’orecchio, stando a attento a non farsi sentire da Chuck, senza però ottenere grandi risultati.
«Cos’è che hai visto?» gli domandò , scoprendo le ultime tre carte del mazzo. Newt sorrise a Chuck, il sorriso più dolce e falso che Thomas gli avesse mai visto stampato in faccia, e scoprì le sue carte. 
«Un altro poker!» gli urlò contro il più piccolo. «Stai imbrogliando, brutta faccia di sploff!»
«Non è vero, sono solo fortunato» ribatté stoicamente il biondo. «E adesso paga.» Lo richiamò, allungando il braccio.
«Ci sono soltanto quattro assi, in un mazzo, faccia di caspio! Quattro!»
«E allora?»
«E allora…» il volto di Chuck si faceva man mano sempre più rosso dalla rabbia. «…Quello era il quinto asso che ho tirato fuori dal mazzo! E ne hai altri due in mano!!!».
Thomas rise «vi lascio ai vostri affari, ci vediamo a cena. « Li liquidò in fretta, deciso a darsela a gambe prima che la situazione degenerasse e si dovesse ritrovare a far da arbitro in una lite tra ragazzini.  
Il biondò annuì e gli strinse la mano, a mo’ di saluto, troppo impegnato a far valere le sue inesistenti ragioni con il minore.
Thomas attraversò l’ampio salone del primo piano con ancora il sorriso stampato in faccia, salvo poi perderlo subito, una volta entrato nei bagni.
Tutti i velocisti erano vestiti e puliti, eccetto Minho e Ben, che se la stavano prendendo comoda, chiacchierando tra loro, ancora mezzi svestiti.
Quando Thomas entrò nel bagno, venne salutato da tutti i ragazzi presenti nella stanza, i quali finirono di raccogliere la loro roba e uscirono uno ad uno dalla stanza.
Anche Ben, sotto lo sguardo omicida di Minho, finì di vestirsi in fretta e furia, per poi defilarsi anche lui. «Ehi, Pive» lo salutò, uscendo dalla grande porta in legno chiaro. E il castano ebbe il sospetto che probabilmente anche lui sapesse.
Thomas sospirò; si chiuse la porta alle spalle e vi si appoggiò contro, incrociando le braccia al petto e precludendo al moro ogni via di fuga. «Glielo hai detto?» domandò a Minho, facendo cenno con la testa verso la porta, alludendo a Ben.
Il moro se ne stava seduto sulla rigida panca di legno, con addosso solo i pantaloni e con le braccia conserte e si ostinava a non guardarlo in faccia. «Dipende da cosa intendi» gli rispose con ostilità «ma in linea di massima, sì, lui sa».
«Umh…»
A Minho quasi sfuggì un sorriso.
 
Quasi.
 
«Sono giorni che mi segui ovunque, senza darmi pace, perché vuoi parlare e il meglio che sai dire è “umh”?» lo prese in giro, mentre si infilava la maglia e raccoglieva la sua roba. «Non preoccuparti, d’altronde non serve che tu dica niente. Hai ritrovato il tuo grande amore… o quel che è. Non hai più bisogno del tuo… passatempo» esitò nel dire l’ultima parola, perché si rendeva di quanto fosse ingiusto, da parte sua, parlargli in quel modo, quando era stato lui il primo, tra i due, ad usarlo come tale. Ma in quel momento, non gli importava; Minho si sentiva come se volesse prendersela con il mondo intero, senza però sapere bene come fare. «Ho capito, Thomas. Non mi serve un disegnino, e tanto meno che sia tu a farmelo. Adesso fammi uscire».
Thomas non si mosse da davanti la porta. «Non fare così» lo implorò, senza sapere ancora bene cosa dire. Giorni prima, si era preparato tutto un discorso, nella sua testa e aveva concordato tra sé e sé che quelle sarebbero state le parole giuste, da dire. Tuttavia, non riusciva a pronunciarne o ricordarne nemmeno mezza, in quel momento. «Non… Io non…».
Minho rimase a guardarlo, a sfidarlo a dire qualcosa, lì, fermo e in piedi di fronte a lui.
Thomas ci riprovò. «Non sei stato solo un passatempo, lo sai bene».
«Non voglio star qui ad ascoltare le tue stronzate un minuto di più» gli rispose rudemente il moro. «E adesso spostati».
Il ragazzo di fronte a lui cominciò ad arrabbiarsi; sollevò le spalle dal muro, tirandosi dritto in piedi e guardandolo accigliato. «Potrei dire lo stesso di te, lo sai? Non serve che io ti ricordi come è cominciata tra noi, vero?» lo guardò in cagnesco, sfidandolo a dire il contrario. «Quindi non venire qui a fare il povero cucciolo ferito. Te l’ho sempre detto, fin da prima che tutto iniziasse: c’è sempre stata una sola persona, che andasse bene per me. Da sempre. E quella persona è Newt».
Stupendosi infinitamente di sé stesso, Minho incassò il colpo senza battere ciglio; si era ripetuto quelle parole così tante volte nella testa, che quando finalmente le sentì uscire dalla bocca dell’altro si ritrovò preparato alla cosa. E, con estrema incredulità, si trovò a rispondere per le rime: «Stronzate!» sbottò. «Hai passato anni della tua vita a-» «A fare cosa, mh?»
«… a convincerti che non ci fosse nient’altro di importante nella vita di lui. A convincerti di non poter amare nessun altro, al di fuori di lui. Hai passato anni a pensare a qualcuno che non  è mai stato realmente al tuo fianco per la maggior parte del tempo! Credi fermamente di essere innamorato di un ragazzino, che probabilmente quando siete stati insieme l’ultima volta non sapeva nemmeno cosa significasse essere innamorato di qualcuno! Quanti anni aveva al tempo, eh? Tredici? Quattordici?!» ormai il moro stava urlando. «Dimmi, Thomas, cosa hai ritrovato, quando sei tornato qui, mh? Quanto hai ritrovato del tuo Alexander, una volta arrivato tra queste mura?!». Fu con grande soddisfazione, che Minho vide Thomas stringere le labbra e impallidire alle sue parole; il castano era nervoso, perché senza che se ne rendesse conto, l’altro ragazzo aveva colto nel centro di tutti i suoi dubbi e le sue insicurezze; e Thomas si stupì, in un modo tutt’altro che positivo, di come l’altro fosse diventato tanto bravo a tirar fuori tutti gli scheletri che teneva ben nascosti nell’armadio polveroso che era il suo cuore: quando era riuscito a guardargli dentro, a capirlo così bene? Quando gliel’aveva permesso?
«Non rispondi, vero? Perché in fondo lo sai bene anche tu: ti stai solo ostinando a negare tutto, perfino a te stesso!» ormai il moro non riusciva più a tener la bocca chiusa, le parole gli scivolavano via come un fiume in piena dalle labbra. Minho gli si avvicinò, poggiando le mani sulla porta, intrappolandolo tra le sue braccia. Thomas, più basso di lui di qualche centimetro, lo fissava, deglutendo a vuoto, senza riuscire a proferir parola: sentire quelle parole, non gli era piaciuto. Sentirle suonare così vere, alle sue stesse orecchie, lo terrorizzava.
Lo sguardo di Minho si addolcì un poco «a volte lasciar andare delle persone è difficile, ma a lungo termine ci fa stare bene; perché alla fine, ti rendi conto che non possono darti quello che tu vuoi da loro». Minho gli era sempre più vicino «Lasciati amare da qualcuno che può darti tutte quelle cose, non ostinarti ad inseguire un fantasma; ad amare un ricordo…» quasi lo implorò «Io ricordo tutto, Thomas. Ricordo chi sei e cosa provo per te…» gli sussurrò a fior di labbra, per poi poggiarle delicatamente contro le sue, mentre portava una mano ad accarezzargli la guancia. «Lo ricordo così bene, che mi fa male anche solo pensarci. Perché tu preferisci essere di qualcun altro – di una persona che non ti ricorda – piuttosto che essere mio…» il ragazzo chiuse gli occhi e rispose disperatamente al bacio, lasciando che una lacrima sfuggisse a tracciare un lento cammino lungo la sua guancia.
«Sei riuscito a far l’amore con lui, Thomas?» e a quella domanda, il castano realizzò quale fosse la verità; quella verità che si era ostinato a nascondere anche a se stesso: era inutile quanto lui si ostinasse a negarlo, Minho aveva ragione: lui, una volta arrivato nel Labirinto, aveva incontrato Newt; il suo Alexander non c’era più da un pezzo, cancellato dall’Ostruzione che gli precludeva ogni ricordo, cambiato dagli anni passati lontani; Il cuore di Thomas si riempì d’angoscia e il ragazzo fu sicuro di star avendo un attacco di panico. Si staccò dal moro, intrecciando le mani dietro la nuca, scivolando seduto a terra, vicino alla porta.
Minho gli si inginocchiò davanti «Per favore, non piangere» gli chiese, con voce tremante «va tutto bene…»
«No, invece» non era vero, non c’era nulla che andasse bene. In quel momento, Thomas odiava Minho, per averlo fatto sentire in quel modo. Però, si ritrovò a pensare, con uno spiacevole tuffo al cuore, che forse aveva ragione… E se avesse passato gli ultimi anni della sua vita a sognare di ricontrare una persona che se n’era andata ormai da tempo? 
Minho non insistette oltre. «So che tutto quello che ti ho detto è terribile, per te» gli prese gentilmente una mano tra le sue. «Ma ti prego, pensaci: hai una scelta, Thomas. Le cose non devono andare per forza così… io ci sono, per te. Io provo qualcosa, per te. Non ci sarebbero segreti, tra noi; niente bugie, niente pezzi mancanti. La scelta è tua» terminò, alzandosi in piedi e riuscendo finalmente ad uscire dalla stanza.
A Minho si spezzava il cuore, a vederlo così, come era successo ogni volta che lo vedeva struggersi per quel ragazzino. Non gli piaceva vederlo soffrire, ma lo sguardo afflitto e pieno di dubbi che Thomas gli aveva rivolto, aveva riacceso in lui la speranza di non averlo perso del tutto, come aveva creduto. E si sarebbe aggrappato a quella piccola speranza, con tutte le sue forze. Forse Thomas sarebbe tornato da lui, forse alla fine avrebbe scelto lui.
Perché stare con Alex era il sogno per cui Thomas aveva lavorato e lottato per tutta la vita. Ma dai sogni prima o poi ci si risveglia ed è solo quello che si ha nella vita reale, a contare davvero.


 
***


 
 
«Non sei venuto a cena, oggi. E’ tutto ok?» gli chiese Newt, mentre entravano nella stanza del più giovane. Le luci erano state spente da poco, nella Radura.
«Non mi sono sentito molto bene, prima, in bagno. Stavo per dare di stomaco…». Ed in fondo, quella non era una bugia, pensò il maggiore, sdraiandosi sul letto, facendo spazio a Newt.
Il più piccolo si distese vicino a lui, accarezzandogli la guancia, la stessa che, poche ore prima, Minho aveva accarezzato con la stessa dolcezza.
Thomas ricambiò la carezza, guardandolo fisso negli occhi, semplicemente cercando qualcosa. Qualsiasi cosa. Nemmeno lo stesso Thomas sapeva bene cosa stesse disperatamente tentando di scovare.
Chiuse gli occhi, sporgendosi verso il più piccolo, regalandogli un bacio lento, privo di qualsiasi malizia.
Newt ricambiò. E anche in quel bacio, Thomas stava cercando qualcosa. Non seppe dire, alla fine, se lo avesse trovato.
«Perché mi fissi?» gli chiese Newt , aggrappandosi alla sua maglietta e arrossendo leggermente.
A Thomas sfuggì un sorriso, per il modo adorabile in cui il biondino reagiva alle sue attenzioni.   «Perché sei bellissimo…». Gli diede un ultimo bacio, prima di augurargli la buonanotte. Newt chiuse gli occhi, addormentandosi in poco tempo; Thomas poté sentì il suo respiro farsi più pesante.
E in quel momento, prese una decisione: avrebbe detto tutto a Newt, il giorno seguente; doveva sapere, la verità. Non c’era altro modo, per risolvere la questione. E con l’arrivo della scatola, al quale mancavano ormai una manciata di giorni, sarebbero arrivati anche i macchinari per togliere l’ostruzione a tutti i Radurai.
Newt forse non era il suo Alexander, ma sarebbe tornato ad esserlo presto.
O almeno Thomas lo sperava.
E oltre a quello, c’era anche un’altra questione, che Thomas voleva risolvere: Minho gli aveva espressamente rivelato di provare dei sentimenti per lui, quella sera.
Arrivati a quel punto, dopo avergli sentito dire tutto quello, per la prima volta, Thomas si soffermò a riflettere alla cosa; aveva sempre dato per scontato che avrebbe passato la vita insieme a Newt, aveva dedicato la sua vita al Gruppo Segreto, per poterlo salvare… ma ancora una volta, Minho aveva avuto ragione: finalmente poteva salvarlo. Aveva mantenuto la promessa che gli aveva fatto, anni prima. Ma erano passati talmente tanti anni, che gli sembrava di star ricordando un’altra vita, una vita non sua, appartenente ad un’altra persona. E se fosse stato veramente così? Se ormai quella vita l’avesse persa, con tutto ciò che implicava – Alex compreso? sarebbe riuscito a rassegnarsi ed andare avanti?
Forse, in fin dei conti, un passo in quella direzione l’aveva già fatto senza nemmeno accorgersene, più di un anno prima, quando stanco e solo, si era abbandonato tra le braccia di Minho.
Forse lui era davvero la soluzione migliore. Una soluzione più semplice, più sana.
Forse… Forse…
Fu tra questi ed altri pensieri che Thomas, quella sera, cadde tra le braccia di Morfeo. 
 
 
 
***

 
 
Era già passata un’altra giornata, nella Radura, e tutto era pronto per la cena. Thomas aveva preparato un po’ di cibo a parte, per lui e Newt. Aveva intenzione di portarlo nel bosco e approfittare della privacy che gli alberi avrebbero donato loro, per dirgli tutta la verità. Il bosco era anche abbastanza lontano dall’accampamento, così, se Newt avesse reagito male, avrebbe potuto urlargli contro, senza che anche tutti gli altri lo sentissero.
Ma c’era una cosa che stava preoccupando Thomas da un buon quarto d’ora: tutti i Velocisti erano rientrati dal labirinto. Tutti, tranne Ben e Minho.
Mancava meno di un’ora, alla chiusura delle porte. Non che fosse preoccupato per i Dolenti, quei mostri non avrebbero fatto loro del male, Minho era protetto.
Ma tante altre cose terribili potevano esser capitate loro, là dentro.
Si precipitò verso la Tana, pregando di trovare al più presto chi stava cercando.
Fu con immenso sollievo, che Thomas trovò il ragazzo nell’ingresso, mentre da bravo Medicale, distribuiva con un alzata di occhi al cielo, pasticche di aspirina a due Radurai che si lamentavano per il mal di testa.
Thomas gli fu vicino in un attimo. «Gally» lo chiamò, attirando completamente la sua attenzione, la voce affannata per la corsa «Minho… Minho e Ben…»
«Pive! Fa’ un bel respiro e datti una calmata, d’accordo?»
Thomas scosse la testa «Non sono ancora tornati… le Porte si chiuderanno tra quaranta minuti!»
Il maggiore spalancò gli occhi e lo afferrò per un braccio, trascinandolo verso un angolo della stanza dove nessuno avrebbe potuto sentirli. «Ma avevi detto che Minho era protetto dai Dolenti! Com’è possibile?»
Thomas annuì freneticamente «E’ vero, sono sicuro che non sia quello, il problema. Ma potrebbero essere feriti, anche gravemente. Dobbiamo andarli a cercare, io e te. Siamo gli unici ad essere protetti e a cui i Dolenti non possono fare del male!».
«Ci servirà altra gente. Se sono feriti – o svenuti- non possiamo farcela, soltanto in due» cercò di farlo ragionare Gally.
«C’è il triplo dei dolenti, in giro, di notte. Non porteremo nessuno sprovvisto di Chip, lì dentro» controbatté il castano.
Il biondo annuì. «Newt e il fratellastro di Minho ce l’hanno, il chip protettivo. Porteremo loro». Convenne Gally, in tono pratico.
 «Non ho idea di chi sia, suo fratello. Non me l’ha mai detto e non c’è tempo di tastare le braccia a tutti i Radurai per capire chi diavolo sia… E Newt… » Thomas non sarebbe mai stato capace di spiegare quanto non gli piacesse, l’idea di dover dire a Newt di seguirlo nel Labirinto: non gli aveva mai detto il perché, Newt era terrorizzato a morte, da quei corridoi. E poi, avrebbe dovuto spiegargli in fretta e furia che sarebbero stati al sicuro; e anche per quale motivo lo sarebbero stati, se avesse voluto che il biondo lo seguisse. Non era proprio il modo in cui si era immaginato di dirgli tutta la verità.
Ma tutto passava in secondo piano, a quel punto. Due vite erano in pericolo, quella di Ben più di quella di chiunque altro, e Thomas non se ne sarebbe stato con le mani in mano.
Quindi annuì a Gally. «Prendi tutto quello che potrà esserci utile. Io vado a chiamare Newt».
glielo disse uscendo di corsa dalla porta, senza nemmeno darsi il tempo di guardarlo in faccia.
Mancava meno di mezz’ora, alla chiusura delle Porte.
Quella notte, l’avrebbero passata nel Labirinto. 




 
 
 

Eccomi di nuovo qui!
Questo capitolo è stato un parto >.<
E’ un capitolo che rimescola un po’ le carte di tutta la faccenda ed è preparatorio a tutto quello che sta per arrivare! Con questo capitolo si chiude ufficialmente la PRIMA PARTE della storia!
Ma tranquilli, la storia è divisa in tre blocchi, non in due ;)
Ad ogni modo sono contenta :3 Siamo a buon punto…e  non è ancora Ferragosto! :D (devo smetterla di far battute/semicitazioni squallide, decisamente U.U )

Ma torniamo a noi!  Allora, nonostante i miei sforzi per tenerlo segreto al mondo, il mio animo da fangirl senza speranza ha avuto la meglio, quindi ora tutti sapete che sono per la Newtmas come se non ci fosse un domani, grazie ai vari gruppi/pagine fb XD (chi volesse, può trovare i link a fine capitolo 6, tra le mie note finali. Mi sbatto a rimetterli ogni volta lol )
Ma vi dico una cosa: non adagiatevi sugli allori, care Newtmas shippers, perché il finale di questa storia non sarà influenzato dal mio essere anch’io una Newtmas Shipper ;)
Io amo ogni personaggio, di questa mia storia. E tutto questo che sta venendo fuori, le loro caratterizzazioni, i loro pensieri e sentimenti, si son sviluppati man mano, con l’andare avanti della storia. I miei personaggi si stanno scrivendo da soli, stanno crescendo quasi autonomamente. Non tutto, era premeditato. Soprattuto il personaggio di Minho, non pensavo sarebbe venuto su con tutto questo spessore e, vi confesso, di esser d’accordo con molte cose che in questo capitolo ha detto a Thomas, nonostante – ripeto -  il mio essere una Newtmas shipper senza speranze…
Quindi, tutto questo è per dirvi, in breve, di non abbassare mai la guardia e non dare mai nulla per scontato ;)

E voi? Siete d’accordo, con Minho?
E inoltre: FINALMENTE sta per arrivare il grande momento! Thomas dirà a Newt la verità! Cosa vi aspettate al riguardo, nel prossimo capitolo? Siete contente che sia arrivato questo momento?

Che ne pensate di tutto il capitolo, in generale? Ci tengo molto a saperlo, perché questo e il prossimo saranno i due capitoli più duri che mi ritroverò a scrivere fino a questo momento >.<

Quindi siate buone, lasciate un commentino alla vostra Vì molto esaurita! ^-^

Ah, e ovviamente, vi ripongo la domanda per la millantesima volta, anche a costo di esser ripetitiva :P
Ma dato che nel capitolo si accenna alla cosa, non posso farne a meno: insomma, quale sarà mai questa Soluzione Alternativa? :D
Eddai, datemi soddisfazione e buttatevi! XD

 
Un bacio e al prossimo capitolo!  





Come sempre, davvero un grande grazie a:

nerorchidea
LoveFandom22

e poi a Colei che non Vuole Essere Nominata ( aka sgranocchiandotacchino ) XD



Per aver commentato lo scorso capitolo!!!

Un grande grazie ancora a

-GRACE_WHITE 
sgranocchiandotacchino
nerorchidea
Yumaforever12Kelly
yuki007
LoveFandom22
Writeforyourself
Miss_Felton
 
 
per aver messo la mia storia tra le preferite!


E un altro grazie a


LoveFandom22
Dragonite 
Drarry_Hufflepuff 
Melepatia_2571 
Viola95 
Lemony
Kikabrescia
Miss_Felton
pickle_
writeforyourself
Estel_Zarry
Rora Wayland
 
Per aver messo la mia storia tra le seguite!


 
 
   
 
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