Poteva
essere una bella giornata. Poteva per l’appunto,
poiché quella di Ataru Muscle
era iniziata in un modo piuttosto cupo.
La
ricerca di suo fratello era solo un elemento seccante alla sua vera
indagine,
lo riteneva attualmente un sassolino nella scarpa dato che preoccuparsi
di lui
era ridicolo… Suguru sapeva ancora badare a se stesso, e
seguendole come da
programma era giunto fino alla città spazio-portuale del
Crocevia.
Aveva
già dato una occhiata alla mappa di ubicazione dei vari
templi del pianeta,
dando retta dunque a quel diacono albino solo in apparenza gioviale,
dunque
sapeva già fin dove il coraggio di King Muscle sarebbe
arrivato con le sempre
più folli prove che avrebbero dovuto affrontare. Istruirsi
un po’ di più sulla
storia di quel pianeta alieno gli aveva fatto più che bene
anche ai suoi già
stressatissimi nervi, messi in tensione dai suoi doveri di soldato e
quelli
ancor più temibili dei “doveri”
familiari, ed ora aveva la certezza matematica
che catturare suo fratello
sarebbe stata l’impresa più semplice.
Ma
era dove proprio finiva quella certezza che cominciava tutto il suo
disagio… e
non si trattava di aver toppato nelle indagini di quegli strani carichi
di
vettovagliamenti all’apparenza innocui. Oh no.
In
quel preciso momento il soldato veterano non sapeva se mettersi a
ridere di
puro nervosismo o essere seriamente preoccupato per come si mostrava la
città
ai suoi occhi nella sua forma più sofferente.
–
Stando alle fonti ufficiali, almeno a quelle che gli inquirenti sono
riusciti a
raccogliere, pare che i disordini siano avvenuti prima
all’interno delle mura –
fece uno dei suoi soldati avvicinandosi a lui – pare che
alcuni operai kinnikku
siano come impazziti… seguiti poi da molti altri usciti
fuori da un pub in
centro città. Sembra che durante i disordini qualcuno abbia
tolto la corrente
elettrica a tutto il perimetro di cinta con… beh, lo vede
anche lei–
Ataru
lo vedeva assai bene dato che stava osservando il modo in cui le
massicce porte
metalliche dell’entrata sud erano state divaricate da mani
munite di artigli
affilati e mascelle spaventose, mentre sopra le mura in cemento armato
si
poteva vedere lo scintillio della rete metallica di protezione ora
ritornata a
funzionare per esigenze di sopravvivenza.
Attorno
a loro le cortigiane stavano riportando all’ordine la
situazione coordinando le
squadre di operai e quelle di soccorso tutte impegnate a sgombrare le
strade
dalle macerie e prestare soccorso ai feriti. Poco distante a dove si
trovava
lui un edificio di quattro piani era in fiamme, ed il vento gli portava
alle
narici l’odore acre della carne bruciata e di prodotti
chimici che i pompieri
stavano cercando di attenuare usando gli idranti, e il caos stava
faticosamente
cedendo il posto all’ordine grazie agli sforzi delle poco
premurose soldatesse
capaci di sedare un attacco di panico con la parte piatta delle loro
katane
usandole a mo’ di fruste sugli operai ancora agitati.
–
A quanto pare quei minuti di follia non sono passati inosservati al
popolo
della notte…– mormorò Ataru,
continuando ad osservare il via vai di soldati e
operai – hanno attaccato appena la condizione è
stata loro favorevole, trovando
buona parte delle guardie impazzite e molte vittime da abbracciare* o
devitalizzare del tutto… mi chiedo tuttavia come tutto
questo casino abbia
avuto fine–
–
Tralasciamo il caso che questa non sarebbe materia di vostra
competenza, effendi, direi che
l’intervento fortuito
di un nostro contingente abbia sventato danni inimmaginabili con solo
cinque
edifici gravemente danneggiati e dodici dispersi, una ventina di feriti
tra
lievi e gravi, e cinque decessi accertati –
Ad
intromettersi nella discussione tra i due uomini ci pensò la
voce boriosa di
una donna vestita allo stesso modo delle cortigiane presenti nelle
strade
dall’asfalto bagnato dagli idranti dei pompieri e dalla
finissima pioggia,
troppo debole per poter spegnere gli incendi, che scendeva da un cielo
grigio e
triste. L’unica cosa che la differenziava dalle altre donne
era l’alto rango
raffigurato da una rosa nera stampata sul petto, identificandola
nell’immediato
con una di quelle svitate inquisitrici che facevano il bello e il
cattivo tempo
anche al di fuori del loro pianeta.
La
donna aveva la carnagione pallida ed un sorrisetto furbo in linea con
gli occhi
viola incorniciati da un paio di occhiali da lettura e i capelli neri
raccolti
in un semplice chignon, mostrandosi ai due maschi presenti come una
specie di
segretaria dato che non sembrava avere armi con se… se non
una semplice penna e
cartellina su cui prendere appunti.
–
Un quadro abbastanza disastroso per essere così allegra,
madame – fece di
rimando il soldato veterano con una certa ironia. Non gli piaceva avere
attorno
quelle donne e non aveva tutti i torti ad essere diffidente –
mi auguro solo
che ai piani alti non ci siano noie per questo incidente –
–
Oh, capisco le vostre preoccupazioni… ma credetemi quando vi
dico che non è
stato poi tanto grave. Il Crocevia è sempre preda di
attacchi che il più delle
volte vanno a vuoto grazie ai nostri sistemi di sicurezza –
marcati Lancaster
tra l’altro– Poteva andare peggio, quindi
tranquillizzate i vostri regnanti che
le spese di ricostruzione non saranno poi così
esigue–
Stando
a quel primo colloquio pareva che la Deva non sapesse nulla della
missione
relativa al contrabbando di sabbia rossa che ancora partiva in sordina
da
Amazon, e che avesse scambiato il contingente di Ataru per un manipolo
di
burocrati pronti a bacchettare sulle mani le loro alleate commerciali
per la
distruzione di un importante snodo produttivo. Per certi versi poteva
contare
come una cosa positiva dato che, se la Corte avesse ufficialmente
saputo delle
loro indagini, molto probabilmente avrebbero ficcato il naso esigendo
di sapere
per filo e per segno ogni minima scoperta dei soldati flessibili. Ma
era anche
vero che non poteva tacere a lungo i reali motivi per cui si trovava
sul
pianeta anche perché se lo avessero scoperto sarebbero stati
problemi ben più
maggiori per lui e per la stessa corona.
Decise
dunque di giocarsi la carta di mezzo, e cioè di continuare
nelle proprie
indagini, magari con l’aiuto delle cortigiane stesse, senza
destare troppi
sospetti se non una genuina voglia di collaborare con loro.
–
Li tranquillizzerò, statene certa…
madame…?!–
–
Naomi Ende, effendi– aveva già voglia di
sbattergli la propria cartellina in
testa, oltre che sbattersela in testa a sua volta per il gran nervoso
che
riusciva comunque a nascondere bene.
–
Bene, madame… Qui avete il sergente Ataru Muscle. Al vostro
servizio – non
propriamente al suo servizio dato che usò un tono un
po’ sarcastico verso una
donna che pareva soddisfatta da quella sua acida reazione –
ma come stavo
dicendo, informerò i reali solo
quando avrò informazioni specifiche da dare loro. In primo
luogo mi piacerebbe
sapere che cosa ha scatenato questo attacco dato che sembra molto
strano che
dei kinnikku impazziscano e decidano di far entrare qui dentro delle
creature
succhia sangue! –
Come
volevasi dimostrare, la sua recita seccata di fronte a quella
conversazione dai
toni fin troppo vaghi per lui sortì l’effetto
desiderato. E il sorriso furbetto
della donna andò scemando sempre di più fino a
trasformarsi in uno sbuffo
seccato nel mentre si risistemava gli occhiali sul naso appuntito.
–
Va bene… sappiate questo: non è chiaro come siano
scoppiati i disordini, ma
sembra che siano iniziati dall’interno ad opera di alcuni
forestieri avvistati
presso quel pub laggiù – indicò con la
penna stilografica un locale ancora
fumante da dopo quello che doveva essere stato un brutto incendio
doloso che
aveva distrutto tutto eccetto i muri esterni –
sfortunatamente si sono
dileguati nei boschi ma sembrano aver usato una sorta di…
alienazione mentale
magica per potersi coprire nella fuga ed evitare che le guardie li
prendessero.
Ma con effetti decisamente indesiderati –
Pareva
che la Deva non volesse sbilanciarsi troppo su quanto era accaduto
all’interno
di quelle fatiscenti mura, come se tutto quell’attacco fosse
di natura
top-secret, e il fatto che fosse un po’ a disagio a dover
sostenere il dialogo
con qualcuno di testardo dava ancor di più l’idea,
quantomeno ad un soldato
abituato a vedere la menzogna sul volto delle persone, che stesse in
parte
mentendo su come erano andate le cose. Un po’ come lo stesso
Ataru del resto.
–
E questi forestieri… hanno già un identikit?
–
–
Ve lo ripeto. Non c’è motivo di preoccuparsi
– insistette la donna tornando a
sfoggiare brevemente il proprio sorrisino, come se quello bastasse a
dissuadere
le persone – penseremo noi a tutto. Noi
dell’inquisizione siamo abituate ad
affrontare simili faccende, ed inoltre…–
Non
fece in tempo a completare tutte le sue rassicurazioni che Ataru, con
un gesto
piuttosto veloce, la prese per l’avambraccio destro
trascinandola brevemente
via dallo sguardo famelico del soldato che gli era accanto notando fin
da
subito qual era la sua peculiarità. Un particolare
abbastanza seccante, ma che
lasciava ben intendere il perché la ragazza avesse
intrapreso la via della
burocrazia all’interno dell’esercito del suo paese.
–
Ma che maniere! – sbottò quella, giustamente
risentita – come si permette di…–
–
I tuoi trucchetti da succuba
possono
funzionare con i giovanotti e i vecchi bavosi – le
sibilò di rimando il soldato
veterano, strappandole una espressione di sorpresa – ma non
con me! Quindi
evita altri trucchetti ed evitiamo incidenti diplomatici che nessuno
vuole –
La
reazione irritata ebbe comunque il suo successo, e dopo un lungo ed
interminabile minuto di teso silenzio la femmina aliena si
liberò con stizza
dalla presa del soldato per chiarire finalmente la questione. Se
l’avevano
mandata da quelle parti era per poter sedare possibili lamentele da
parte degli
abitanti e dei finanziatori irritati per gli affari andati in malora,
riuscendoci appieno con le proprie doti innate, ma quell’uomo
rischiava di
innervosirla ad oltranza rimembrandole una natura per lei in parte
scomoda.
–
Per mia fortuna solo un quinto del
mio sangue è di natura succube… e se vuole tanto
saperlo, ecco cosa hanno
ripreso le telecamere di sorveglianza durante i disordini –
Con
un tono di voce giustamente seccato l’inquisitrice
sfogliò velocemente i fogli
presenti nella sua cartellina fino a trovare la fotocopia di un
fotogramma
alquanto interessante. Una delle tante fotocopie che aveva poi
distribuito alle
sue truppe, logicamente parlando, e dato che gliene avanzava qualcuna
decise di
regalarla a quel maschio prepotente.
L’immagine
era un po’ sfocata a causa della telecamera un po’
malconcia, ma si poteva
vedere bene in volto un uomo e una donna entrare all’interno
del locale da cui,
misteriosamente, parevano non essere usciti. Non riconobbe il maschio
umano, ma
la femmina che lo accompagnava gli parve di averla già vista
di recente, circa qualche
mese fa durante le riprese del matrimonio di mister Mask.
L’assistente di Vance
MacMadd ben poche volte, durante le sporadiche visite del soldato alla
scuola
di Ercole, l’aveva vista con una espressione normale in
volto, e quasi sempre
quando si concentrava verso qualcosa, ma vederla con
quell’espressione così
dura… quasi crudele, era per lui una preoccupante
realtà che non gli piaceva
affatto.
–
Dallo sguardo che avete, effendi, si direbbe che questa donna voi la
conosciate
in qualche modo…–
Il
sorriso furbetto si era fatto rivedere sul volto della riluttante
succube, e
per quanto normalmente non apprezzasse la propria discendente
demoniaca, non
era esattamente bello avere un genitore proveniente dal Pianeta dei
Demoni
almeno per Naomi con tutte le annesse litigate fatte con una madre a
suo dire
troppo spregiudicata, doveva ammettere che era sempre piacevole poter
sfruttare
la propria innata per vedere le menti altrui piegate al suo volere.
Sebbene
l’uomo che aveva di fronte si stava rivelando
tutt’altro che incline che piegarsi
a bassi istinti animali… ma magari era solo questione di
tempo prima che
riuscisse a piegarlo ai suoi desideri e capire se per davvero la
famiglia reale
del pianeta kinnikku fosse davvero interessata a possibili perdite
commerciali
oppure, come sospettava, quell’uomo stava cercando altro in
mezzo a
quell’incidente.
–
Mi stai prendendo in giro?! Questa qui era nella Muscle League circa
quattro
mesi fa! – sbottò il sergente abbastanza seccato
oltre che allarmato – era una
di voi! Mi vuoi forse far credere che ve ne siete già
dimenticate?! Che non
troviate un po’ strano che ora si trovi qui sul vostro
pianeta?! –
–
Stia attento con le parole… sta parlando di una ex
inquisitrice tutto sommato
onorevole. E i motivi della sua presenza su Amazon possono essere
molteplici–
–
Così come molteplici possono essere i suoi affari
tutt’altro che limpidi…
sentimi bene –sibilò infine Ataru, con tutta
l’aria truce che riuscì a tirare
fuori con il proprio sguardo – se questa donna è
realmente implicata in
faccende losche la
corona deve saperlo.
È sicuramente implicata nella morte di molti miei
connazionali e nella
distruzione di attività commerciali. Ed il fatto che in
passato abbia fatto
parte anche della Muscle League non è una buona
pubblicità se si venisse a
sapere quello che è successo qui! –
Naomi
non poteva certo negare che c’era effettivamente il rischio
che il pianeta di
quel zelante soldato sorbisse una batosta a livello commerciale se la
notizia
di questo attacco, comunque risultato
“contenuto”,
fosse stata resa pubblica. Se tale notizia fosse trapelata al di fuori
di
Amazon l’intero pianeta avrebbe risentito di cattiva
pubblicità, e francamente
parlando l’inquisizione non poteva permettersi una simile
umiliazione così come
era anche il caso di tener d’occhio i soldatino per evitare
che ficcasse troppo
il naso in una faccenda molto delicata su cui era meglio non divagare
troppo.
Le era chiaro che quel tizio sapesse qualcosa che non voleva lasciarsi
sfuggire, così come le era chiaro che anche lui non
è che si fidasse molto dei
servigi delle inquisitrici.
Un
sospetto reciproco, strisciante e poco lusinghiero il loro, eppure
indispensabile se volevano venire a capo dei loro sospetti senza
però essere
scoperti. Una collaborazione alquanto pericolosa perché
aveva il sapore della
menzogna già prima di essere ben gustata nel palato.
Tuttavia
Naomi Ende si limitò a deglutire in maniera impercettibile,
cercando così di
stemperare interminabili minuti di silenzio piuttosto teso nel mentre
che
cercava di elaborare la situazione, e grazie al cielo la sua
personalità
calcolatrice non entrò in panne all’idea di poter
far infuriare i propri
superiori. Se si trattava di una collaborazione per catturare i
responsabili di
quell’attacco, o presunti responsabili, nulla
dire… almeno avrebbe tenuto buono
il sergente Muscle fino a quando non avrebbe vuotato il sacco.
Dunque
si limitò a sorridergli con astuzia, prima di concordarsi
con lui di
presentarsi l’indomani alla caserma della città
per organizzare le indagini.
-
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Stava
passando decisamente un brutto periodo il marchese Lancaster, e
logicamente
parlando i suoi malesseri non erano legati alla burocrazia legata al
suo lavoro
di affarista.
Aveva
recluso in casa propria la moglie del suo detestabile vicino di casa,
sua
figlia Emerald era lontana, troppo lontana, dalla sua protezione e da
quella di
Michael e ora ci si metteva pure la presenza fin troppo spinosa del suo
medico
di famiglia. Un periodo niente male, insomma.
MacNeil
sarà anche stato un vecchietto di novanta anni costretto a
stare in una sedia a
rotelle, ma si trattava comunque di un individuo ancora forte e tenace
per
proseguire nel proprio lavoro. Ridicolo? Non tanto, dato che lo aveva
inseguito
fino in giardino con quella sua maledetta sedia cigolante e
infischiandosene
dei sentieri sterrati presenti nella tenuta Lancaster con il pretesto
di fargli
una visita medica.
Una
visita medica di quelle delle sue, come quelle che gli faceva quando
era
bambino, brandendo quella sua terrificante siringona
piena di antibiotici con una fredda lucidità degna di un
akuma chojin. E per
quanto mister Howard sapesse mantenere un certo sangue freddo davanti a
qualsiasi pericolo, magari perché condizionato dai traumi
giovanili indotti da
quel medico maledetto che gli iniettava dolorosamente le sue
vaccinazioni,
proprio non riusciva a fronteggiare come avrebbe voluto la figura di
MacNeil.
Così come non riusciva neanche a chiamare la sua security
per cacciarlo via,
dato che in fin dei conti non lo riteneva necessario, per quanto
potesse
sembrare un controsenso, e poi chi l’avrebbe sentita sua
madre e sua suocera
che si lamentavano per il pessimo trattamento subito dal caro
dottore?
Ed
ora se si ritrovava a riflettere su uno dei rami dei pini che
delimitavano uno
dei suoi tanti boschetti era a causa di quell’irriducibile
vecchietto che lo
aveva inseguito in lungo e in largo senza stancarsi mai, ostacolato
dunque
dall’altezza fornita da quei rami di tutto rispetto.
–
Non poi stare appollaiato lassù per sempre,
Lancaster…– disse seccamente
l’anziano medico, continuando a girare attorno al grande
albero come un
predatore che bracca la propria preda – prima o poi dovrai
scendere! Fare tutte
queste storie per una semplice punturina, alla tua età poi,
è davvero
ridicolo…!–
–
Quella non è una innocua siringa! E tu non sei un normale
dottore! – sbottò
seccato il marchese, raccogliendo una pigna da un ramo vicino a dove si
era
seduto lui – posso rimanere qui molto più a lungo
di quanto tu possa
immaginare! I mezzi per costruirmi una fortezza su un albero non mi
mancano! –
La
sfrontatezza del suo storico paziente lasciò MacNeil
inizialmente alquanto
perplesso, tanto da ritrovarsi ad inarcare un folto sopracciglio
bianco, ma a
parte il tono maleducato di Howard fu comunque pronto a reagire
prontamente al
suo attacco infantile. Lasciò dunque che il suo giovane
paziente gli lanciasse
quell’arma impropria, come se si fosse trattato di una
granata, lasciando
intendere al nobiluomo che si sarebbe fatto colpire da quella pigna a
causa dei
riflessi poco attivi dovuti all’età avanzata.
Fu
solo all’ultimo secondo che la grinzosa mano destra
scattò verso il volto per
proteggersi da quel colpo veloce, e sorprendendo non poco il proprio
riluttante
paziente lanciandogli, di rimando, la propria malefica siringona.
L’attrezzo
medico difatti venne lanciato a folle velocità in direzione
del capofamiglia
dei Lancaster, ma questi riuscì comunque a schivare appena
in tempo l’ago
affilato che ben guardava i suoi occhi scattando di lato evitando
dunque
l’inevitabile.
–
Ah! Mancato vecchio rimbambitoooOH! –
Il
suo fu un grido di stupore misto ad un ovvio dolore quando qualcosa di
appuntito non si infilò dietro il suo collo rilasciando,
entro una frazione di
secondo, un liquido freddo che ben presto si propagò per
l’intero corpo fino a
fargli venire i brividi. Non seppe dire se fu quel colpo strano, simile
all’ago
di una siringa anche se era matematicamente impossibile dato che aveva
schivato
l’attrezzo, e dunque doveva essere stato punto da qualche
insetto, oppure il
fatto di essersi sbilanciato con il peso ma fatto sta che il marchese
cadde al
suolo e fu con riflessi pronti che riuscì a cadere a terra
in ginocchio prima
di dare una sonora panciata.
Durante
la caduta il suo candido completo andò a rovinarsi contro
dei rami, fin tanto a
spezzarli, e la caduta sul terreno gli procurò comunque
parecchi aghi di pino
conficcati nella trama dei pantaloni… ma nulla paragonabile
a quello che si
trovò a strapparsi via, con mani intorpidite, da dietro la
nuca.
–
Aah… l-la siringa?! – borbottò
estraniato Howard – ma come diamine è possibile…–
–
Merito di quel ragazzino albino incontrato quattro mesi fa dai Mask.
Ricordi? –
l’orgoglio era palpabile nella voce dell’anziano ex
chojin, tanto da strappare
di mano l’attrezzo medico da un paziente che si
rialzò lentamente ancora indolenzito
per quello strano attacco – quel giovanotto ha creato per me
questa siringa
boomerang che non sbaglia mai un colpo! Mettiti il cuore in pace
Lancaster… da
me non si scappa–
Logica
fu che il povero Howard, già stressato dai molti pensieri
che affollavano la
sua mente, si ritrovò a sbuffare esasperato nel mentre che
si ripuliva il
povero abito firmato da foglie e aghi di pino e si arrendeva
all’evidenza che
MacNeil l’avrebbe sempre avuta vinta finchè fosse
rimasto in vita. Ma magari
poteva averla vinta pure lui dai molti problemi che lo tormentavano? In
fin dei
conti, per quanti punti del suo frettoloso piano avesse lasciato
scoperti
poteva sempre rimediare anche all’ultimo,
nell’esatto modo in cui lo aveva
fatto più di quattro mesi fa. Lo stesso motto di famiglia,
quel “Io posso” ben
scritto sotto lo stemma della pantera rampante nel grande atrio
principale
della villa, che lo aveva portato a far dimenticare
l’accaduto ai nobili
presenti al matrimonio del caro Robbie elargendo loro sostanziose
“donazioni”
da usare come meglio credevano. E oltre a questo la brutta esperienza
lo aveva
fatto riflettere sulle migliorie da adottare con la nuova security di
casa
propria, dunque tutte le preoccupazioni che aveva e le gravi lacune
tralasciate
dalla cattura della ormai fu miss Kalinina poteva anche metterle da
parte
sapendo alla perfezione di potersela cavare anche all’ultimo
momento. In fin
dei conti il “piano B” era già stato
ideato circa il giorno successivo, e per
quanto potesse essere sgradevole distruggere una famiglia con una rete
di
inganni creati all’ultimo minuto era comunque ben sicuro di
potersi mettere
l’anima in pace.
Certo,
non era mai stata sua intenzione far del male alla moglie del proprio
caro
vicino di casa, forse era anche per questo che aveva mancato di
sottolineare
alcuni punti salienti tipo quello di indirizzare fin da subito Robin in
un
depistaggio ben orchestrato, poiché la sua idea era sempre
stata quella di
restituirla al suo vero compagno senza incappare nelle ire del vecchio
bastardo
che ora se ne stava andando verso la grande villa fischiettando un
motivetto
allegro. Un vecchietto ancora sveglio nonostante i suoi novanta anni di
dura
esistenza, e che ben ricordò il nome di Alya ad un Lancaster
ancora perso nei
propri pensieri.
–
Andiamo, Lancaster! Sono le cinque ed è l’ora del
tè anche per uno scapestrato
come te! –
–
Ne sono pienamente consapevole, caro il mio dottore – fece
dunque il marchese,
spazzolandosi via gli ultimi rimasugli di foglie per tornarsene alla
villa
standosene il più lontano possibile da lui. Quella puntura
gli aveva fatto
male…– ma non vedo perché dovreste
prenderlo anche lei, visto che sono sicurissimo
abbiate altri impegni–
Howard
era tornato a dare del “lei” al proprio medico dopo
quella piccola parentesi
del “tu” dovuta alla paura viscerale che nutriva
per quell’uomo, e lo fece con
una flemma tutta sua come se tutto l’inseguimento che avevano
fatto, culminato
poi su quel grande pino, non fosse mai accaduto.
–
Non così in fretta giovanotto… entro quarantotto
ore sarò ufficialmente in
vacanza in Giappone, ma prima di allora posso esaudire il desiderio di
quella
donna incredibile qual è
tua madre di
sedere di fronte a lei per sorseggiare dell’ottimo
tè nero! –
Lo
disse con una certa spavalderia come se non vedesse davvero
l’ora di vedere la
vedova di Hogan Lancaster, provocando dunque nel nobiluomo inglese una
certa
irritazione per l’ovvio motivo di non riuscire a digerire la
vista di quel
vecchio decrepito in compagnia della sua anziana madre. E se fosse
stato per
lui sarebbe anche potuto partire subito, invece che attendere ben due
giorni,
poiché oltre alle sue affilate siringhe c’era da
temere che potesse anche fare
domande scomode sull’attuale condizione della sua pupilla.
Come ben fece ormai
a pochi passi da uno dei tanti ingressi in stile liberty della villa.
–
…ora che ci penso però sarebbe saggio telefonare
ad Alya prima di partire. In
fin dei conti sarebbe scortese che non mi assicurassi come stia lei e
la
piccola…–
–
NO!... cioè, volevo dire che è una pessima idea,
mi creda–
Howard
fu lesto a nascondere le proprie emozioni sotto una campana di consueta
freddezza, nonostante lo sguardo di puro sospetto che
l’anziano dottore gli
lanciò, dando immediatamente delucidazioni più
che sensate sulla sorte della
dottoressa. Non poteva permettersi di tradirsi proprio in quel momento,
e con
quel diabolico vecchio tra l’altro.
–
E perché mai non dovrei contattare la mia pupilla?!
–
–
Perché questo è un periodo difficile della sua
gravidanza, e mi ha anche detto
che vorrebbe passare quest’ultimo periodo il più
tranquillamente possibile…–
–
Curioso, e da quando in qua tu e Alya siete diventati improvvisamente
amici? Da
quello che ricordo mi pare che le hai rovinato il matrimonio! Ehe!
–
–
Le persone cambiano… sa? – sibilò
dunque il marchese, che stava decisamente
perdendo la pazienza – e comunque stiamo facendo tardi per il
tè–
–
Mhpf! Potresti anche avere ragione, sai? Meglio non
disturbarla… e meglio non
far aspettare la cara Phoebe! –
Con
quale criterio quel vecchio avvoltoio si permetteva di chiamare la
vedova di
Hogan per nome era un mistero alquanto irritante per il marchese, che
tuttavia
decise di sorvolare anche su quell’ennesima provocazione
deciso a non far
aspettare oltre le donne della sua famiglia che con tutta
probabilità avrebbero
preso anche loro una tazza di tè in compagnia
dell’anziana Phoebe. Per quanto
lo infastidisse la vicinanza di MacNeil con sua madre nulla era
paragonabile
alla odiosa vicinanza del Frankenstein dei russi con sua figlia Emerald.
Non
riusciva ad avere i contatti adeguati con lei e per quanto cercasse di
agevolarle il viaggio e di far in modo che poche informazioni
trapelassero sul
caso, riuscendo a convincere i MacMadd addirittura a cancellare la
programmazione dell’evento sulla terra, eppure gli pareva di
fare sempre troppo
poco per lei e non si trattava solo delle limitazioni imposte dalle
autorità
religiose.
Sua
figlia alla fine della corsa era sola
in un mondo divenuto improvvisamente ostile nei suoi confronti, e per
quanto i
ragazzi della Muscle League erano comunque ben disposti a darle una
mano
mancava comunque il conforto di suo padre sulle spalle.
Si,
la situazione era alquanto fosca già per la faccenda di sua
figlia oltre che
per quel rapimento frettoloso dettato da una furia cieca per aver
sfogliato
quell’albo di nozze ora dentro un armadietto del suo ufficio.
Tanta era stata
la rabbia, ma anche l’istintiva delusione di vedere la
propria principessa tra
le braccia di quella creatura, che per un attimo quel sentimento che di
norma
riusciva a controllare aveva preso il sopravvento sulla sua ragione.
Ma
per quanti sbagli Howard Lancaster potesse fare, era comunque convinto
all’inverosimile di poterne uscire comunque proprio come
aveva fatto mesi
prima. Riuscendo a far dimenticare persino alle autorità
competenti tutto il
disastro avvenuto in un solo giorno, risultando anche più
influente di prima.
“prega
che a mia figlia non capiti nulla, lurida bestia”
pensò cupo il marchese, non
ascoltando minimamente altre farneticazioni del vecchio dottore
“perché se
provi anche solo minimamente a sgarrare tua figlia te la scordi!”
-
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Su
Amazon attualmente faceva caldo. Ma non perché i nostri eroi
si stavano godendo
l’improvvisa primavera di Esto Gaza, quanto per il fatto che
erano finalmente
giunti nelle Distese Sibilanti.
L’ultimo
contatto con la civiltà l’avevano avuto nel
piccolo porto in cui il vecchio
traghetto aveva attraccato, e proprio in quel posto composto da
magazzini e
baracche arrugginite con ben pochi operai che gironzolavano per le
strade
dall’asfalto reso candido dal sole già cocente
ecco che i nostri eroi poterono
requisire i loro destrieri per la lunga attraversata che li attendeva.
Il
loro contatto per il Tempio della Costanza pareva essere un beduino di
poche
parole vestito di abiti rossi e con una maschera antigas che ne copriva
il
volto storcendone in parte la voce. La foggia non era di quelle
indossate dalle
inquisitrici e dunque non poteva essere un soldato, ed inoltre, per
quanto poco
loquace fosse, pareva essere una anziana signora di circa settanta anni
di
vita.
Conoscevano
comunque il nome dell’anziana beduina, facente Ruth
all’anagrafe, ed era colei
che aveva condotto la piccola carovana di cammelli tri-gobbuti
affinchè i
giovani lottatori potessero usarli come destrieri. A ciascuno di loro
venne
consegnato uno di quei mansueti, quanto puzzolenti, animali da
trasporto, e non
passarono molti minuti prima che lo scalcinato gruppetto decidesse di
mettersi
in marcia nonostante le ovvie perplessità del viaggio che li
attendeva.
–
Certo… non è che mi aspettassi un gran servizio
– borbottò l’allenatore del
principe scrutando il sole attraverso le trame del suo grande cappello
di
paglia – ma siamo sicuri che non abbiano intenzione di
abbandonarci nel
deserto?! –
Lo
disse per il semplice fatto che erano ore ormai che viaggiavano sotto
un sole
talmente cocente da ustionare la pelle se non si usava una adeguata
protezione.
Ma dato che mettersi una crema era impossibile a causa della copiosa
sudorazione di molti di loro, ecco che per difendersi dai raggi solari
potevano
unicamente coprirsi con quello che avevano a disposizione. Ma non
avevano
previsto un viaggio così lungo e dannatamente arroventato,
tanto da portarsi
appresso dei bagagli leggeri e un equipaggiamento piuttosto scarso
anche perché,
andava detto, il rigattiere del porto non aveva molto da offrire a
partire da
poche bottigliette d’acqua racchiuse in un malandato frigo.
–
Quest’acqua ha un sapore tremendo! Cosa sono queste? Alghe?
– si lamentò
giustamente Kid Muscle, osservando delle piccole scaglie verdi danzare
all’interno
della propria bottiglietta – mi sa tanto che vogliano
scoraggiarci in tutti i
modi…–
–
Oh, suvvia figliolo! Se vuoi puoi dare a me quella bottiglietta. In fin
dei
conti il tuo anziano padre ha bisogno d’acqua! Su…
eddaiii… dammela! –
Destino
aveva voluto che entrambi i componenti della famiglia Muscle si
trovassero a
sedere sullo stesso cammello che pazientemente li trasportava
attraverso quelle
dune dorate dolcemente sfiorate dal caldo vento che spirava da sud, ma
ciononostante il caldo stava dando alla testa anche a loro tanto da
portarli a
litigare per una misera, quanto vitale, bottiglietta d’acqua.
–
Herr Muscle, sarebbe il caso che tu
non ti agitassi troppo dato che questo caldo non farà altro
che aggravare
ancora di più le vostre condizioni –
esclamò Jeager, notando che davanti a lui
King Muscle stava cercando di prendersi quel prezioso bottino
– questo è un
tempo perfetto per Terry… un vero peccato che sia lui che
Wally sono
impossibilitati a continuare –
L’ultima
parte del suo discorso lo espresse in sovrappensiero, ignorando la
caduta dal
cammello di Suguru ad opera di un calcio prepotente del proprio figlio
ben
richiamato poi in modo severo dal proprio allenatore che invitava alla
calma,
ed osservando il paesaggio sconfinato fatto di dune infinite senza un
briciolo
di civiltà che fosse una. Di rado apparivano qua e
là delle formazioni rocciose,
oppure ciclopiche conchiglie a spirale che si ergevano da quelle sabbie
senza
tempo come per ammonire i viandanti che anche i mostri marini sono
caduti preda
di quel luogo eoni fa, ma per il resto si stava rivelando un viaggio
tutto
sommato tranquillo nonostante le quattro ore interminabili di viaggio
fatte a
velocità di crociera.
Il
sole era implacabile, questo andava detto, e l’unica figura
che pareva non
risentirne di tutto quel caldo che portava i vestiti ad incollarsi al
corpo
come una seconda pelle pareva essere l’anziana beduina. La
donna, seppur a
schiena curva con le stoffe rosse del vestito che danzavano nel vento
caldo di
quella fornace naturale, pareva non soffrire quel clima torrido tanto
da
rimanere in testa alla fila indiana suscitando una certa invidia, mista
a
sincera ammirazione, in Warsman che guarda caso era proprio dietro di
lei.
–
Ehm… mi scusi, signora – fece lui con tono un
po’ esasperato, tenendosi la
giacca blu sopra la testa come parasole – ma siete davvero sicura che manchi poco alla
città…come avete detto che si chiama?!
–
–
Amarantine, effendi. E si, manca poco. Pochino. Pochettino
–
E
con un una mano grinzosa indicò tutt’altra
direzione a dove stessero andando i
cammelli. Un piccolo particolare che scoraggiò un ormai
esasperato ex lottatore
e che fece sbuffare seccato l’allievo impertinente che stava
nel cammello
dietro di lui. Kyle Mask forse avrebbe fatto meglio a togliersi quella
dannata
maschera di ferro nero dato che, molto probabilmente, stava soffrendo
elevate
temperature al suo interno… eppure la tradizione di famiglia
era forte in lui
nonostante l’animo prettamente ribelle. Ciononostante era
logico che persino
uno come lui avrebbe volentieri lanciato il proprio cammello addosso a
quella
vecchietta che da ormai quattro ore non faceva altro che ripetere le
stesse
cose.
Ma
a detta di tutti li in mezzo sembrava che ci fosse sotto un complotto
per farli
sbagliare strada in modo ben voluto, poiché poteva anche
starci che le autorità
religiose non avessero visto bene le loro ultime vittorie in quel
maledetto
torneo.
E
pensando prorio alle loro sudatissime vittorie, giusto per usare un
gioco di
parole, lo sguardo del russo istintivamente si portò verso
il gruppo alle sue
spalle e più precisamente verso le ultime figure che
chiudevano quella pietosa
fila indiana fatta di uomini sudati che ben si tenevano stretti le
poche
razioni d’acqua.
A
chiudere completamente tale fila c’era il lottatore del
Principato di Monaco
che, manco a farlo apposta, era forse quello più prevenuto
in fatto di
sopravvivenza. Check Mate difatti acquistato un paio di ombrellini da
sole e
alcuni integratori di Sali minerali in pillole, ed uno di tali ombrelli
lo
aveva gentilmente ceduto ad Emerald Lancaster in un gesto di galanteria
e
gentilezza tipico della sua persona.
La
marchese era sofferente a quella calura insopportabile, eppure
continuava a
fare la sostenuta nei suoi confronti non volendo ancora parlargli
evitando
persino di incrociare il suo sguardo. Ormai Lord Flash
l’incazzatura se l’era
fatta passare anche grazie a quella lunga chiacchierata fatta con il
giovane
Mask, ma quella sua testardaggine stava iniziando a trovarla un tantino
pietosa
tanto da appuntarsi mentalmente che, se fossero usciti vivi da quella
fornace
naturale, molto probabilmente l’avrebbe presa in disparte per
chiarire
definitivamente la questione.
Eppure
sul suo volto riusciva a scorgere un velo di tristezza e malinconia
tipico delle
persone ormai esauste da una serie di allucinanti eventi, come quelli
che
stavano vivendo, oppure molto più simile a chi aveva ormai
capito come stavano
le cose e faticava a farsene una ragione. Il chojin in quel preciso
istante
avrebbe ben voluto vederla con un sorriso in volto piuttosto che quel
muso reso
ancor più lungo dovuto al lungo viaggio che stavano
affrontando, ma era
consapevole che per vederle anche solo uno di quei rari sorrisi da
bambina che
alle volte si lasciava scappare avrebbe dovuto frantumare la prossima
pietra
incastonata nell’anello in uno scontro tutto da scoprire.
La
vista che aveva di Emerald tuttavia si offuscò un poco
quando la carovana parve
svoltare verso destra portandosi il sole alle spalle, e agli occhi
dello stanco
russo parve che a quel punto la ragazza stesse guardando nella sua
stessa
direzione, in un momento che parve infinito dato che Warsman non
riusciva a
scrutare nessun rancore nei suoi occhi di smeraldo. Uno spettacolo
quello che,
andava detto, gli fece fare un piccolo sobbalzo nel cuore come
speranzoso di
poter finalmente avviare un discorso civile con lei.
Si
sentì come estraniato dal mondo, un po’ per la
stanchezza questo andava detto
dato che per quattro ore non aveva toccato acqua, tanto da non rendersi
immediatamente conto delle voci concitate dell’intero gruppo
alla vista di
qualcosa che aveva attratto la loro attenzione.
–
Prego i signori di stare buoni. Buonini. Buonetti! Se vi mettete a
correre poi
potreste attirare i vermi della sabbia, eh…–
Tuttavia
parve che nessuno fosse realmente interessato a quello che
l’anziana Ruth
stesse blaterando, tanto che la prima a partire al galoppo fu proprio
la stessa
Emerald che fino ad un momento prima sembrava essere persa a guardare
proprio
il tanto odiato marito. Dando invece dimostrazione che tutta la sua
attenzione
era puntata alle spalle di un uomo a suo dire
“idiota” quando si trattava di
essere un po’ più sveglio. In particolare quando
la salvezza era a portata di
mano.
–
Emerald! – tuonò Warsman osservandola nel mentre
che superava l’intera carovana
fino a giungere in testa al gruppo – dove diavolo stai
andand…oh…–
Le
parole gli morirono in gola e lo stesso Kyle alle sue spalle si
lasciò scappare
un “porca troia” decisamente poco cortese alla
vista di quello che il suo
stesso allenatore stava osservando. Ma era una esclamazione
d’obbligo, dato
che, nel bel mezzo del nulla, una imponente città circondata
da mura ciclopiche
dorate si stagliava davanti a loro dando sfoggia dei suoi alti palazzi
di
metallo dorato, dalle forme arabeggianti, invitandoli apertamente a
superare le
sue porte in rame aperte per tuffarsi in una civiltà ritrovata.
Come
una Dubai che splendeva nel mezzo del nulla, Amarantine era nata su di
un’oasi
che sgorgava da una rocca ora sede del tempio tanto agognato. Una
città
opulenta nello sfoggio dei metalli preziosi quanto meravigliosa nella
sua
architettura, e dopo quella breve meraviglia ad occhi aperti Warsman
decise di
seguire la scomoda sposa lungo un sentiero ora non più tanto
accidentato.
A
seguirlo a ruota ci pensarono anche gli altri, compreso lo stesso Meat
che
proprio non se la sentì di rimproverare tutti quanti per
quella scarsa pazienza,
ed ignorando gli avvertimenti di una beduina che ora chiudeva la fila
ecco che
l’intero gruppo, urlando di una gioia quasi disperata nel
mentre che
attraversavano la porta cittadina ed ignorando i cittadini che li
scrutavano
allibiti, ecco che la corsa dell’intero gruppo si
fermò alla prima piazza che
trovarono… rimanendo a bocca aperta per lo spettacolo che si
stagliava dinnanzi
ai loro occhi.
Una
grande fontana circolare, rivestita per intero da tasselli dorati e con
mosaici
di fiori blu lungo tutta la sua circonferenza, spiccava in mezzo alla
piazza
ghermita di gente accogliendo i nuovi arrivati con spruzzi
d’acqua fresca che
partivano dalla corolla del suo fiore dorato posto al centro fino a
perdersi
tra i fluttui di quell’acqua tanto agognata.
La
prima a tuffarcisi dentro, completamente vestita, fu la stessa
Lancaster ormai
ebbra di gioia per aver trovato una fonte di vita tanto splendida
quanto
vitale, ignorando completamente la gente che la circondava e non
prestando
praticamente attenzione a chi invece la rimproverava giustamente.
–
Emerald! Razza di deficiente! – tuonò Warsman
quando la raggiunse, scendendo
dal proprio destriero affaticato dalla corsa e provando a tirarla fuori
da li –
stai dando spettacolo davanti a tutti! Non dobbiamo… argh!!
–
–
Oh, ma sta zitto vecchio porcello puzzolente che non sei altro
–
Senza
troppe cerimonie la presunta nobildonna aveva preso l’ex
lottatore per il
braccio che cercava di strattonarla via da li e, usando una forza di
tutto
rispetto, trascinò con se un marito che decisamente non si
aspettò quel bagno
fuori programma.
Ma
sentire quell’acqua fresca passare sulle sue carni
arroventate fu un toccasana
che per un momento cancellò l’ira dal suo
corpo… per poi tornare a ruggire
contro la ragazza tentando in tutti i modi di fargliela pagare, ed
iniziando
dunque un combattimento decisamente fuori luogo che non fece altro che
aggravare
ancora di più la situazione. Un
“combattimento” il loro, anche se quei
tentativi di annegamento reciproci non sembravano fatti con cattive
intenzioni,
che venne ignorato da buona parte dell’intero gruppo troppo
impegnato a bere
quell’acqua cristallina per poter dare ascolto alla voce
della ragione.
–
Razza di scalmanati! – tuonò il piccolo Meat con
voce decisamente preoccupata –
non è così che ci si comporta in terra straniera1
volete forse farvi
arrestare?? –
–
Temo che ormai sia troppo tardi… dubito che questi signori
siano qui per
accoglierci–
In
effetti Check Mate, l’unico allievo del folletto a non
essersi buttato in
piscina come un povero affamato al buffet del re, non faticò
a notare delle
guardie in armatura dorata e armate di lance che in tutta fretta,
percorrendo
le viuzze e i ponticelli sovrastanti le loro teste, si fecero largo tra
la
folla di Deva preoccupate per quella bizzarra intrusione fino a puntare
le loro
armi al collo dei vari lottatori.
Suguri
si ritrovò a rifugiarsi dietro la schiena di un terrorizzato
figlio, mentre per
il lottatore tedesco e il giovane Mask la freddezza la fece da
padrona… e per
quanto riguarda i due sposi disadattati dovettero intervenire le
guardie per
sedare la loro presunta lite che non era terminata con la loro entrata
in
scena.
–
Non so chi diamine siete ma di certo il vostro comportamento e
tutt’altro che
accettabile – tuonò una guardia che pareva essere
il capitando di quegli “uomini”
androgini, forse a loro volta delle Deva, incrociando le braccia in
petto e
facendo deglutire l’allenatore del principe dei kinnikku
– pertanto se volete
seguirmi in centrale saremo ben felici di sistemare questa faccenda. Di
certo
non è nostra intenzione imbrattare la fontana con il sangue
delle vostre
budella! –
Una
sorta di ammonimento dettato con voce sibilante che tuttavia suonava
come una
dura condanna già nel suo intimo principio. E a quanto pare
per il gruppo non c’era
proprio modo di passare inosservati neanche una volta… ma se
questo
rappresentava guai seri da parte delle autorità, oppure di
un nuovo ostacolo
imposto dal tempio, il gruppo ancora non poteva saperlo.
Ce
l’ho fatta… non so come ma ce l’ho fatta
ad aggiornare! Il tempo rovente e l’afa
dei giorni scorsi ha minato la scrittura del capitolo, e confesso che
nella
parte riguardante Howard ho avuto un blocco creativo. Ad ogni modo
spero di non
avervi annoiato o deluso per questo capitolo. Alla prossima!
*Il
termine abbraccio indica la trasformazione di un essere umano in
vampiro ad
opera di un altro vampiro… se non lo sapete già.
Ps:
la parola “effendi” è di origini turche
ed è traducibile con un generico
“signore”
rivolto a persone in carne ed ossa.