Altro capitolo totalmente
Martha/Kev... perdonatemi, ma dovevo chiudere questo primo round con i genitori
di Martha, poi rientreranno in scena alla grande anche tutti gli altri
personaggi.
Questo capitolo è stato un vero
parto, per cui perdonatemi se non è proprio il massimo... mi rifarò!
Tra l’altro, mi dispiace ma non
posso fare i soliti ringraziamenti, dato che domani è il mio compleanno e devo
andare a nanna presto se voglio i regali... solo volevo rispondere a Maggie Lullaby e spiegarle una
cosa. Non voglio criticare il tuo commento, che tra l’altro mi ha fatto
piacere, e mi dispiace dirti questo, ma se salti i capitoli drammatici secondo
me è meglio che tu questa storia non la legga del tutto e, bada, non perché non
ti ritengo in grado, ma perché i momenti che per te sono duri sono quelli dove
io veramente ho messo tutta me stessa, sono il cuore della storia che senza di
essi non può essere compresa appieno. Sarebbe come guardare un fil drammatico saltandone le scene fondamentali, come togliere
ad una tragedia teatrale ciò che la rende tale. Sicuramente scriverò qualcosa
di più leggero dopo di questa, anche se il “leggero” non mi da soddisfazioni
così grandi, ma questa, proprio questa qui è, senza falsa modestia che non
sarebbe da me, la storia più bella che io abbia mai scritto, ma letta per
intero, non mutilata.
Con questo sia chiaro che non
voglio offendere nessuno, è solo un consiglio che ti do, perché davvero, senza
la morte di Nick, senza il tentato suicidio di Joe o le botte a Liz questo
racconto non sarebbe lo stesso. E, puoi starne certa, io di quello che ho
scritto non cambierei una virgola.
Un grazie, oltre che a Maggie, a tutte le mie fedeli recensitrici:
siete magnificissimissime! Aw,
il mio ultimo post da minorenne!!!
Alla prossima, girls, con un
capitolo che, prometto, vi resterà ben impresso... né, socia???
Dedicato alle mie cognate,
numero 3, la nuova arrivata, e numero uno...anche se ha dato buca alla mia
festa.
Temperance
-Capitolo
Ventuno-
C’è sulla montagna il suo
sentiero
Vola fino su da lei
pensiero
Dal cuscino ascolta il suo
Respiro
Porta il suo sorriso qui
Vicino
(i Pooh, Solo lei nell’anima)
Le mani ben affondate nelle tasche del cappotto scuro, Kevin percorse rapidamente il chilometro scarso che separava casa sua da quella in cui Martha viveva con la sua famiglia.
Ad ogni respiro, dalle sue labbra uscivano sbuffi di vapore bianco, mentre la sua mente lavorava in modo a dir poco febbrile, cercando le parole che avrebbe, in seguito, dovuto dire a Martha.
Era arrabbiato, arrabbiato veramente, per quanto di fronte a Denise avesse cercato di mostrarsi solamente molto, molto innamorato.
Aveva voluto fidarsi di lei, l’aveva lasciata sola, ma aveva letto nei suoi occhi che al suo ritorno non sarebbe stata lì, e in quel momento, in quel brevissimo istante, l’aveva odiata.
L’aveva odiata perché aveva avuto paura di rovinare una vita che prima di lei non era nulla, perché aveva osato pensare che per lui il suo lavoro contasse più di lei, perché nei suoi occhi spaventati aveva visto, per una volta, la bambina che ancora viveva in lei.
Soprattutto, però, anche se non l’avrebbe ammesso mai, l’aveva odiata perché aveva messo lui in primo piano, persino davanti a se stessa, dimostrandogli un amore di una forza tale da spaventarlo a morte.
Nella sua ottica, una persona come lui non aveva il diritto di essere amato in quel modo, non lo aveva più, eppure quella ragazzina gli stava donando tutta se stessa.
Perché?
Kev, fratellone, forse perché lei, in qualche modo, è riuscita a vedere il vero te che, in questi anni, si è nascosto molto, molto più di Joe.
Fu con gli occhi bassi sull’asfalto ricoperto di morbida polvere bianca che giunse davanti al cancello del complesso di villette a schiera che era la sua destinazione.
Si guardò intorno alla ricerca di un campanello, ma trovando solo neve, ovunque il suo sguardo si posasse.
“Mamma, che cos’è la
neve?” Domandò Nick, prendendo tra le piccole dita un mucchietto di farinosa
neve candida.
“È la forfora degli
angeli.” Dichiarò Joe, ridacchiando, mentre si infilava i guanti, pronto a
giocare i migliori scherzi che la sua mente di sette anni potesse concepire.
Kevin scosse il capo,
divertito, sedendosi sul vecchio dondolo che era in giardino da sempre, per
quanto riuscisse a ricordare, e prese ad ammirare la danza dei grossi fiocchi
che cadevano nel cielo, regalando alla sua città un vestito tutto nuovo che,
secondo lui, era il miglior dono che l’inverno potesse offrire.
Una folata di vento più fredda delle altre lo strappò piuttosto bruscamente dal mondo dei ricordi, trascinandolo di nuovo alla realtà.
Una realtà che, durante la sua assenza, si era popolata di un viso piccolo e solcato da innumerevoli rughe ed illuminato da un paio di vivacissimi occhi azzurri.
Jean Sheperd indossava una pesante cuffia di lana nera e argentata ed era avvolta completamente in un giaccone più grande di lei che le lasciava liberi solamente viso e piedi.
“Signora Sheperd...” Mormorò, non esattamente convinto, inclinando leggermente il capo di lato.
“Siamo tornati al mondo dei vivi, vedo! Dai, ragazzo, sbrigati ad entrare che se mio figlio ti vede qui fuori mette in pratica tutti i suoi studi sulle torture medievali.”
“È uno storico?” Chiese Kevin, senza nemmeno ben sapere perché.
Jean scosse la testa, afferrandolo per un polso e trascinandolo oltre il cancello aperto.
“No, è un appassionato di Tolkien.”
“Voglio parlare con Martha.”
“E io voglio un milione di dollari: entrambi dovremo aspettare. Muoviti.”
Con un altro strattone, la donna si avviò, decisa, verso l’ingresso della villetta più vicina, biascicando improperi su quanto quel gelo la rendesse terribilmente nervosa.
Chiquitita
tell me what’s wrong
(...)
In your
eyes there is no hope for tomorrow
How I
hate to see you like this
There is
no way you can deny it
(...)
Chiquitita,
tell me the truth
I’m a
shoulder you can cry on
(ABBA, Chiquitita)
“Nonna, perché sei usci....”
La tazza di tè che Martha teneva in mano si frantumò sul pavimento non appena la ragazza, ancora sprofondata nel dolcevita di Kevin, si rese conto di chi la progenitrice aveva portato con sé.
Jean, nel frattempo, chiuse la porta a doppia mandata, si infilò la chiave in tasca e si accomodò su un puff nel mezzo del piccolo soggiorno.
“Cosa ci fai qui?” Domandò Martha, senza sapere bene che genere di risposta aspettarsi. Lui si passò una mano tra i capelli scuri, per poi puntare gli occhi dritti in quelli di lei e dirle esattamente ciò che pensava.
“Che ci fai tu, qui, invece di essere sul letto della mia camera? Ti avevo detto di aspettarmi, mi pare.” Ringhiò, senza troppi mezzi termini.
“Ero spaventata. E fradicia.” Si giustificò lei, distogliendo lo sguardo. “Non puoi farmene una colpa.”
“Guardami!” Tuonò Kevin, afferrandola per un braccio, mentre Jean scattava in piedi, pronta a difendere la nipote. Non serve, nonna, stai tranquilla: lui non le torcerebbe neppure un capello e credo ucciderebbe a sangue freddo chiunque tentasse di farlo. “Martha, io pensavo che tu ti fidassi di me.”
“Mi fido...” Mormorò la giovane con un filo di voce, mentre la presa di mio fratello sul suo polso si allentava appena.
“E allora perché sei scappata, perché non mi credi quando ti dico che ci penso io a sistemare le cose?”
“Perché è la sua famiglia quella contro la quale lei sta andando, Kevin.” Intervenne Jean, affiancandosi ai due senza, però, interporsi tra loro. “Ha avuto un momento di debolezza, pensavo che tu sapessi meglio di chiunque altro cosa vuol dire.”
“Io... sì, io so perfettamente cosa vuol dire.” Ammise lui, abbassando il capo e liberando definitivamente il braccio di Martha dalla propria mano. “Per questo non sono abituato ad essere il forte della situazione.”
“Non puoi biasimarla perché ha timore di perdere i suoi genitori.”
“Nonna, potresti lasciar parlare me?”
La donna annuì un paio di volte con gesto rapido e nervoso e tornò a sedersi su suo puff, mentre Martha si avvicinava di più a Kevin, stringendo entrambe le sue mani con le proprie.
“Ok... allora, intanto mi dispiace di essere scappata, ma davvero non ce la facevo...In questo ultimo mese la mia vita è stata... movimentata, quantomeno. Mi sono innamorata di una persona che non avrei mai dovuto amare, mi sono scoperta ricambiata, ho vissuto i momenti più belli della mia vita e ho litigato con i miei genitori. Mi sono spaventata... non... non credevo nemmeno che certe situazioni esistessero fuori dai telefilm, figuriamoci se avrei mai immaginato di viverne una in prima persona. E poi c’è mia madre... non ho mai litigato con lei, non davvero e...e mi ha presa il panico, non sapevo che fare, e ho pensato che forse dovevo darle ascolto, ma io... che c’è?” Si bloccò la ragazza, notando il sorrisino compiaciuto che era apparso sul viso di Kevin.
“C’è che gli hai appena sparato in faccia una sequela di scuse talmente sconclusionate da far tenerezza ad un troll, tesoro. Chiunque si sarebbe raddolcito.”
Kevin ridacchiò, rivolgendo all’anziana donna uno sguardo grato.
“Credo che andrò a preparare il tè.” Annunciò Jean, tutta contenta, mentre Kevin lasciava una delle mani di Martha per poi passare la propria dietro alla sua schiena ed attirarla a sé.
“Sei...sei ancora arrabbiato?” Mormorò lei, arrossendo appena sulle guance.
“Zitta.” Sussurrò lui, chiudendole la bocca con un bacio.
It’s
hard to take courage
In a
world full of people
You can
lose the sight of it all
And the
darkness inside you
Can make
you feel so small
But I
see your true colours
Shining
through
I see
your true colours
That’s
why I love you
(Phil
Collins, True Colours)
“Credo che la nonna sia caduta nel bollitore.” Decretò Martha, svincolandosi dall’abbraccio di Kevin che, però, la riacchiappò immediatamente, trascinandola a sedere sulle proprie gambe con dolce violenza.
“Possibile che non ci arrivi?”
“A che cosa?”
Kevin alzò gli occhi al cielo con una risatina sommessa.
“Stai ridendo di me?” Domandò Martha, stringendo gli occhi fino a ridurli a due fessure.
“No.” Replicò lui, scuotendo energicamente il capo e trattenendosi a stento dallo scoppiare a ridere sul serio.
“Sì, invece! Guarda che l’ho capito perché nonna non torna!”
“Ah sì? E perché, sentiamo.” La sfidò lui, incrociandosi le braccia al petto.
“Perché... si è rotto il bollitore?”
E a quella Kevin non ce la fece più.
Sdraiandosi con poca grazia sul divano, scoppiò nella risata sguaiata che tratteneva da oramai quasi dieci minuti, ululando qualcosa sul genere “Mi fai morire, Martha.”
Ma non posso giurare di esserne sicuro, dato anche io ho iniziato a rotolare dal ridere in maniera decisamente poco dignitosa per uno di Paradiso.
Con un broncio scherzoso, Martha afferrò un cuscino dalla poltrona e glielo tirò, colpendolo in piena faccia.
“Scemo.” Sentenziò, mentre lui recuperava la morbida arma e la scagliava di nuovo nella sua direzione.
“Scemo a chi? Sono sempre il tuo professore, ricordatelo!”
“Beh, professore, stia attento: hanno dato pioggia di cuscini per stanotte!”
Così dicendo, la ragazza mosse quattro rapidi passi verso il divano, per poi salire a cavalcioni su Kevin e colpirlo ripetutamente con il cuscino, mentre lui tentava invano di coprirsi il viso, ridendo come un matto.
Dalla cucina, un paio di occhi azzurri si godevano la scena, mentre la loro proprietaria sorseggiava lentamente una tazza di tè.
Non capiva, Jean, perché il mondo non potesse essere pronto ad accettare quella storia tanto semplice quanto vera. Non capiva perché sua nipote dovesse soffrire in quel modo semplicemente perché si era innamorata, così come non capiva perché Kevin, con tutto le difficoltà che già la vita gli aveva messo davanti, dovesse trovarsi ancora una volta la strada sbarrata.
Non capiva, Jean, ma vedeva.
Vedeva un amore vero nascosto dietro ad un gioco innocente, ad un sorriso rubato, in un voto a scuola forse un po’regalato.
Vedeva tutto questo e non poteva che essere felice che la sua Martha avesse trovato qualcuno per cui davvero valesse la pena lottare, mettere in discussione tutto.
Era una donna meravigliosa, Jean, una di quelle persone che, anche da anziane, non perdono mai la capacità di vedere la bellezza.
E ora, ora che è qui con me, a consolarmi quando ho nostalgia, a sorridere con me delle vite dei nostri cari, è esattamente la nonna che ho sempre sognato di avere.
Le maggiori difficoltà
Stanno dove noi non le cerchiamo
(Johann Wolfgang von Goethe)
Jaqueline Sheperd non era una donna che amava farsi prendere in giro.
Aveva esplicitamente proibito a sua figlia di vedere quell’uomo, eppure i suoi occhi non le mentivano quando le avevano mostrato Kevin Jonas in piedi davanti al cancello della casa di sua suocera, appena un piano sotto alla sua, e ora non mentivano le sue orecchie nel captare le risate gioiose che provenivano dal piano di sotto.
Bene.
Senza batter ciglio, prese in mano il cordless e compose il numero del college.
Il bene di sua figlia, stava facendo soltanto il bene di sua figlia.
Continua...