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Autore: Nanamin    10/08/2015    2 recensioni
Tara è una ragazza normale: studia, esce con gli amici, è preoccupata per gli esami, ha una cotta. La sua vita tranquilla continua, finché strani eventi cominciano ad accaderle, accompagnati da inspiegabili mal di testa.
Tara è una ragazza con un enorme potere sopito dentro di sé. Un potere che porterà grandi menti a scontrarsi, interi Paesi a sollevarsi e costringerà i Titans a fare i conti con i fantasmi di un passato che credevano ormai perduto.
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“Sei sicura di volere questo? Che nessuno si ricordi di te? Pensi di ripartire da zero?”
Red X si alzò e si appoggiò al muro.
“La verità è che non puoi cambiare così. Tutto si ripeterà finché non rimarrai da sola.”
“Perché?”
La voce di Terra uscì roca dalla sua bocca. Red X fece una smorfia.
“Perché anche se le persone e i luoghi intorno a te non sono più gli stessi, sei sempre tu.”
Genere: Angst, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Red X, Robin, Terra, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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TRAPPOLA

 

 

 

Ma in quale via si trovava la cartolibreria?

Tara passeggiava per la via principale della città, gettando un’occhiata in ogni strada secondaria che incrociasse il suo cammino. Al terzo tentativo si trovò di fronte un’insegna viola “Cartolibreria Dragonfly”.  Sospirò. Un quarto d’ora per trovare un negozio aperto in quella città, in più per un solo quaderno.

“Tara!”

La ragazza si bloccò e si girò verso la voce. Fece una smorfia.

“Ti ho detto che non volevo avere nulla a che fare con te.”

James era vicino a lei, le mani appoggiate sulle ginocchia;  ansimava.

“P-per favore… fammi spiegare.”

“No.”

La ragazza s’incamminò verso il negozio tenendo lo sguardo fisso sull’entrata. Una forza la trattenne non facendole finire il passo: James l’aveva afferrata per il braccio destro.

“Lasciami.”

Tara sollevò le sopracciglia. Il ragazzo la guardava con gli occhiali storti sul naso.

“Lasciami, mi fai male.”

James la stava fissando, ma il suo sguardo sembrava oltrepassarla, come se fosse invisibile, come se non riuscisse a metterla a fuoco.

“James…”

Tara deglutì. Il ragazzo sobbalzò e spalancò gli occhi.

“Oh, ecco, scusa.”

Il braccio di Tara era ancora bloccato dalle sue dita lunghe.

“James? Mi fai male.”

James alzò il viso, aveva la bocca semiaperta. Il suo sguardo cadde sulla sua mano. Lascio andare la presa liberando la ragazza.

“Oh, scusa. Non volevo, scusa.”

Tara socchiuse gli occhi:

“Ti senti bene?”

James si aggiustò con l’indice la montatura sul naso.

“Io? Sì, certo. Bene. Tara, per favore. Posso spiegarti?”

Tara sospirò.

“Hai il tempo in cui io compro un quaderno.”

“Oh, ok. Va benissimo.”

La ragazza s’incamminò verso la cartolibreria, entrò e tenne la porta aperta per farlo passare.

“Grazie…”

“Hai ancora due minuti, io non li sprecherei.”

James si risistemò lo zaino sulle spalle e la seguì all’interno del locale.

“Ecco. Non l’ho fatto apposta a darti buca, è che c’è…c’è stato un problema.”

“Che problema?”

Cavolo, sono rimasti solo quaderni verdi.

“Mia…mia zia si è sentita male e sono dovuto correre a casa.”

“Quaderno con gli anelli o normale?”

James alzò un sopracciglio.

“Cosa?”

Tara aveva in mano un quaderno verde ad anelli nella mano sinistra e uno normale nella destra.

“Ti ho chiesto se secondo te è meglio un quaderno ad anelli o uno normale.”

James si grattò la testa.

“Ah… ad anelli, è più comodo.”

“Grazie.”

Tara posò quello normale sullo scaffale e ne prese altri tre ad anelli.

Non si sa mai.

“Tara, ma mi stai ascoltando?”

La ragazza sospirò.

“Si è sentita male tua zia, è la scusa più vecchia del mondo. Me li reggeresti mentre prendo il portafoglio?”

“Certo.” Disse James prendendoli. “Ti sto dicendo la verità, si è sentita male!”

Da dietro la montatura s’intravedevano le sopracciglia alzate all’interno, le labbra contratte in una smorfia erano ridotte ad una fessura. Tara deglutì, aveva il portafoglio a mezz’aria. 

“Sono quattro quaderni ad anelli?”

Tara si voltò.

“Eh?” 

La commessa la guardava sorridendo.

“Sono quattro quaderni ad anelli?”

Tara arrossì.

“Ah, sì sì. Quattro.”

La commessa batté il prezzo sulla cassa.

“Sono cinque dollari.”

“Sì, certo.”

La ragazza porse la somma stabilita e uscì a testa bassa dal negozio. 

“Tara…”

La voce di James la richiamò. Aveva ancora la sua roba tra le braccia. 

“Ti va di fare una passeggiata?”

Il ragazzo stava il peso da un piede all’altro. Tara sospirò.

“Va bene.”

James alzò il viso e sorrise. Si avvicinò a lei.

“Vieni con me.”

Tara riprese i quaderni e li mise nello zaino, poi imboccarono la strada principale. Per i dieci minuti successivi nessuno dei due parlò, finché non si trovarono davanti un edificio spoglio, senza vetri alle finestre, color del cemento.

“Dove siamo?”

James si girò verso di lei e sorrise.

“Ancora non siamo arrivati, vieni.”

Entrarono nel palazzo, Tara seguì James attraverso l’ampio piano terra, asettico, grigio, file di luci al neon illuminavano il pavimento spoglio e senza piastrelle. Arrivarono di fronte a delle scale.

“Scendiamo?”

James le porse una mano.

“Ehm…” Tara giocherellò con le dita con una ciocca di capelli “scendiamo.”

Ignorò la mano del ragazzo e passò oltre, percorrendo la scala di cemento crepata. Alla fine della rampa stava una porta di metallo.

“Questo posto mi fa un po’ paura.” Continuò.

James la superò di corsa e si posizionò di fronte all’imposta. Tara si fermò di fronte a lui.

“Chiudi gli occhi.”

“Cosa?” la ragazza alzò un sopracciglio.

“Dai, chiudi gli occhi. Dammi la possibilità di farmi perdonare.” 

James sorrise, allargò per una frazione di secondo le narici e le porse le mani. Tara si accarezzò il braccio con una mano, inclinando la testa. Spostò lo sguardo sul cemento scrostato, sulle luci al neon del soffitto, finché i suoi occhi non rincontrarono quelli neri di lui. Aveva ancora le mani a mezz’aria. Si morse il labbro, sospirò. Pose i palmi sopra a quelli di James, il tocco tra i polpastrelli la fece arrossire. Chiuse gli occhi. Sentì un cigolio, James la fece avanzare di qualche passo.

“Attenta al gradino…”

Tara aggrottò la fronte e appoggiò il piede su una superficie morbida, sprofondò di qualche centimetro. Una leggera brezza le mosse i capelli.

“Oh!”

Sentì la risata di James, arrossì.

“Tranquilla, ancora qualche passo.”

Tara si lasciò guidare, le mani di James avvolgevano le sue irradiando calore. Il ragazzo le lasciò libere.

“Bene, apri gli occhi.”

La ragazza obbedì. Erano su una spiaggia, da soli. Sulla riva si frangevano onde placide; il sole si stava fondendo in un’unica colata rovente con il mare; l’acqua scarlatta era spezzata da qualche increspatura biancastra qua e là. Tre gabbiani zampettavano sulla riva, pulendo ogni tanto con il becco le piume delle ali. Gli unici suoni che si potevano udire erano quelli delle onde e della brezza che le accarezzava i capelli.

“Ti…ti piace?”

Tara si accorse di essere rimasta a bocca aperta. Abbassò il viso: le ciocche bionde le scorsero davanti fino a coprirle metà volto.

“È una vista molto bella… come l’hai trovata?”

James alzò le spalle.

“Da piccolo venivo a giocarci con mio fratello.”

Il ragazzo si avvicinò a Tara e le mise le mani sulle spalle.

“Tara, ti prego…credimi.”

Tara si concentrò sulla felpa di James, sul suo colore azzurro, sulla cerniera lampo. Non sapeva cosa fare. Deglutì.

“Facciamo che io voglia crederti…” la ragazza alzò gli occhi in modo da incontrare quelli dell’amico. Calore le invase le guance.

Ti prego non arrossire, ti prego non arrossire…

“Sì?”

Gli occhi scuri di James la fissavano.

Non tradisce alcuna emozione…

“Tara?”

“Perché avresti dovuto evitarmi per cinque giorni?”

James fece una smorfia.

“Questa è un po’ più difficile da spiegare, ma ti assicuro che non volevo farti male.”

Il ragazzo si avvicinò di più. Le sue labbra erano ormai a pochi centimetri, gli occhi neri non si staccavano dai suoi. La ragazza si sentì muovere i capelli, trattenne il fiato. James le accarezzò con le dita il viso, soffermandosi sul movimento leggero che faceva con i polpastrelli. Tornò a guardarla. Le scostò una ciocca bionda dagli occhi mettendogliela dietro all’orecchio. Sorrise. 
Tara non emise alcun suono, la sua bocca era paralizzata, le palpebre si socchiusero. James appoggiò l’intero palmo sulla sua guancia, senza mai smettere di guardarla. Chiuse gli occhi e posò le labbra sulle sue. 
Tara smise di respirare. Un filo di disagio la invase, infiltrandosi a poco a poco. Qualcuno avrebbe potuto interrompere quel momento, distruggerlo e gettarla nell’oblio. I secondi passarono, ma le onde furono l’unico rumore ad accompagnarla. Si rilassò. Il calore delle labbra di James, la mano sulla sua guancia, il viso così vicino al suo la confortarono. Si sentì amata, protetta, nulla sarebbe andato storto. Chiuse gli occhi e ricambiò il bacio.

La ragazza gli accarezzò i capelli con le dita e giocherellò con i ciuffi sulla fronte. James si staccò: continuava ad accarezzarla, disegnando con i polpastrelli i suoi lineamenti: le palpebre, il naso, gli zigomi, le guance, la bocca. Tara si aprì in un largo sorriso e un fiotto di calore raggiunse le sue guance; abbassò il viso per nascondere l’imbarazzo.

James ridacchiò; passo l’indice e il medio sotto il suo mento e tirò su il volto della ragazza, portando i loro sguardi a contatto.

“Non nasconderti, quando arrossisci sei molto più carina.”

Tara si scostò e sorrise, gettando lo sguardo verso il mare. James era rivolto nella sua stessa direzione, aveva le guance arrossate.

“Quindi…” Tara si strinse il braccio con una mano “perché mi hai evitato in questi giorni?”

James sussultò, guardò in alto alzando il sopracciglio sinistro.

“Ehm…vedi…”

Tara aggrottò la fronte.

“Sì?”

Il ragazzo si passò un mano dietro al collo e puntò gli occhi in basso.

“James?”

Tara aveva inclinato la testa, guardandolo con le sopracciglia alzate.

Qualcosa la colpì sul fianco, buttandola a terra.

“Tara!”

La ragazza si ritrovò distesa sulla sabbia, raggomitolata. Una figura nera stava in piedi di fronte a lei, avvolta in un costume simile a quello di un ninja, nulla era scoperto se non gli occhi. Sul petto un’enorme S arancione dai contorni frastagliati e bianchi percorreva la divisa dalla spalla destra alla parte sinistra del bacino. 

Le diede un calcio nello stomaco; a Terra si mozzò il fiato mentre il dolore s’incuneava come una lancia nel suo addome. Tossì.  La figura si accovacciò vicino alla ragazza ed estrasse un coltello da una tasca del costume. Avvicinò la lama al collo di Tara e la premette di piatto vicino alla giugulare. 

“Non provare a divincolarti.”

La voce era modificata. Tara spalancò gli occhi, gocce di sudore scorrevano fredde sulla sua schiena; irrigidì i muscoli per stare il più ferma possibile, gli occhi le si stavano annebbiando per le lacrime.

“James, aiutami!”

Il ragazzo era in piedi, tremante, la guardava con gli occhi sbarrati e le braccia tese lungo i fianchi.

“James! Per favore!”

James abbassò la testa e chiuse gli occhi. La figura premette di più il coltello sul collo: un rivolo di sangue imbrattò la lama e sgocciolò a terra.

“Zitta. Adesso tu vieni con me…”

“James…” 

Il ragazzo le rivolse lo sguardo, nascose il volto fra le mani.

“Perdonami, Tara…”

   
 
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