Fanfic su artisti musicali > McFly
Segui la storia  |       
Autore: RubyChubb    29/01/2009    5 recensioni
Aspettava da un’ora, seduta sulla sua valigia grigia e rigida, tutta graffiata. Intorno a lei migliaia di viaggiatori di ogni nazionalità, persone che esibivano cartelli con strani nomi neri di pennarello e famiglie che si ricongiungevano, tra baci ed abbracci.
Ma ancora nessuno per Joanna…
Seguito di "Four Guys in her Hair" - RubyChubb & McFly
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Four Guys in Her Hair & And That's How I Realize...'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
15. The Closest Thing To Crazy – Part Two
 
 
Little scostò la faccia di lato.
“Danny, smettila.”
Riaprì gli occhi, sbattendo le palpebre più volte. Ecco, l’aveva fatto, l’aveva baciata. L’aveva baciata. Aveva baciato Little, ed era ancora così vicina... Lasciò un altro piccolo bacio sulla sua guancia calda, ed un altro ancora.
“No, Danny, basta.”, ripeté lei, “Per favore, non farlo.”
“Perché?”, gli venne spontaneo chiederle.
“Perché io sono tua amica.”, rispose Little, “E Tamara è la tua fidanzata.”
Non seppe cosa dirle.
“Sei confuso perché ti ha lasciato e se n’è andata di casa.", continuò lei, "Hai sentito l’impulso di farlo perché ero la persona più vicina a te. Se ci fosse stato qualcun altro sarebbe accaduto comunque!”
“No, ho baciato te... Perché volevo farlo.”, le disse.
“Danny, per piacere, piantala.”, insistette lei, allontanandosi.
“Little, smettila. Non è così”, le fece.
“Certo che è così!”, esclamò lei, sempre più arrabbiata, “Non può essere altrimenti! Lo so che la ami, l’ho visto in tutte le cose, l’ho capito appena vi ho visto insieme.”
“Su questo non ci sono dubbi.”, rispose Danny, “Hai perfettamente ragione.”
Little ebbe un attimo di tentennamento ed esitò.
“Ecco, visto?”, fece poi, riprendendo tutto il suo vigore, “Allora perché lo hai fatto?”
Danny sospirò. Dougie aveva avuto ragione. Arianna aveva avuto ragione. Tutti avevano avuto ragione, ma lui non li aveva mai ascoltati. Aveva sentito le loro parole, ma non le aveva comprese davvero. Ognuno di loro aveva cercato, a suo modo, di metterlo davanti a qualcosa, ma nessuno di loro ci era riuscito. Era stato Harry a dargli un bello schiaffo in piena faccia. Le sue parole avevano percorso migliaia di chilometri in un baleno e lo avevano colpito in pieno. Nessuna delle persone intorno a lui era stato capace di fargli afferrare quello che lui gli aveva detto, con tutta la sua sincera schiettezza ed una telefonata.
Ti ci voleva proprio la morte di suo padre per capire che ne sei innamorato?
Sì.
“Danny, non hai la minima idea di quello che ho tenuto nascosto per tutto questo tempo, e Tamara lo aveva capito.”, disse ancora Little, "Non voleva che mi seguissi proprio perchè aveva paura che succedesse proprio questo.”
Anche Tamara aveva avuto ragione. Little si era davvero innamorata di lui, solo che non se ne era accorto. L’otturazione di cui gli aveva parlato Arianna, una grossa palla di convinzioni chiamate amicizia, lo aveva reso completamente cieco e sordo.
Comunque, non avresti dovuto baciarmi  perché non è me che vuoi, lo so benissimo. Tamara ti manca, ecco perché mi hai baciato.”
“L’ho fatto perché sei tu, Little.”, le disse, con naturalezza.
Lei esitò ancora, scosse la testa. L’avrebbe accettato.
Prese un bel respiro.
“Sono innamorato di te, Little Joanna.”
“Non è vero.”, disse lei.
"Sì che lo è."
“Basta!”, gridò Little, tanto da non permettergli di  contraddirla ancora.
Si portò le mani alle orecchie, come se non avesse voluto sentire altro.
“Non è vero! Non è vero!”, disse di nuovo, “Tra cinque minuti Tamara ti chiamerà e mi dirai che ti sei sbagliato, lo so!”
Danny incrociò le braccia.
“Little, mi stai facendo male, lo sai?”
"Così siamo pari!”, ribatté lei.
Danny non era più capace di sopportarla. Si avvicinò e la afferrò con decisione per le spalle, deciso a zittirla nel modo più efficace che conosceva. Un altro bacio. Non gli sembrò di sentire alcuna opposizione, nonostante una piccola e soffocata resistenza nei primi attimi in cui assaggiò le sue labbra. Lasciò la presa ferma sulle sue spalle, ma Little non si mosse di uno solo millimetro. La liberò del tutto, guardandola dritto negli occhi verdi.
“Mi credi ora?”, le fece, quasi ironico.
Vedeva ancora la sua perplessità. Non voleva lasciarsi convincere, ma la capiva. Era stato un emerito idiota, un cretino di dimensioni colossali, un imbecille, un deficiente ed avrebbe potuto continuare ad offendersi finché non avesse finito tutti gli epiteti del mondo. Aveva agito nella più totale ingenuità, senza saper leggere tra le righe delle e-mail che si scrivevano; non c’era stata cattiveria nelle sue azioni ma era comunque stato perfido nei suoi confronti.  Se fosse stato sincero, se avesse avuto le palle per provarci, Tamara non ci sarebbe mai stata. Sarebbe stato difficile, avrebbero sofferto per la lontananza e gli impegni, ma avrebbero potuto farcela da subito. Oppure era stato meglio così, perché al tempo non erano stati pronti... Chi poteva saperlo? Quello era l’universo in cui vivevano, quella era stata la loro esperienza.
Di una cosa era certo. Ora voleva provarci.
Sempre che Little fosse stata d’accordo.
“Little, credimi, per favore.”, le fece.
Avrebbe fatto qualsiasi cosa, l’unica soluzione efficace era distrarla dai suoi pensieri con altri baci, ma lei lo precedette. Prima solo una timida pressione sulle sue labbra, poi Little gli dette un altro bacio, più deciso e profondo, chiudendo le mani intorno alle sue guance. Strabuzzò gli occhi alla sua presa d’iniziativa, che lo riempì di felicità, oltre che di stupore.
Gli venne da ridere, Little se ne accorse.
“Cosa c’è di divertente?”, domandò, sorridendogli.
“Tu.”, le disse Danny, “Tu sei divertente.”
“Ah si?”, se ne risentì scherzosamente.
“Sì. Decisamente sì.”
Strinse le braccia intorno alla vita e la sollevò da terra.
“Com’è il tempo lassù, Little?”, le fece, scherzando.
 
 
Se quello era un sogno, il suo corpo doveva avere il buon gusto di svegliarsi e deluderla, come più volte era successo. Eppure non ne aveva mai fatti di così reali, veri.
Sono innamorato di te, Little Joanna.
Impossibile, anche nella più bella delle fantasie. Non poteva essere accaduto, non ci voleva credere fino in fondo, prima o poi avrebbe aperto gli occhi e lui si sarebbe volatilizzato. Si sarebbe così trovata nel suo letto, a notte fonda, e avrebbe perso ogni speranza di riprendere sonno. Era inutile, era più forte di se stessa. Nonostante le braccia si fossero chiuse intorno al suo collo e le labbra stessero assaporando il gusto agrodolce che il the gli aveva lasciato in bocca, Joanna non riusciva a crederci. Si lasciava baciare, permetteva alla sua mente di illuderla per l’ennesima volta.
Perché era bello.
Perché raramente aveva desiderato qualcosa con tutta quella intensità.
Aprì gli occhi di un piccolissimo spiraglio, temendo davvero che tutto finisse, ma non accadde. Li spalancò ed incontrò quelli di Danny.
“Non ci credi ancora, eh?”
Quella volta annuì con sicurezza. Sì, ci credeva davvero e non si sarebbe fatta ripetere quella domanda mai più.
“Ci sediamo?”, gli chiese, e lui gli rispose nello stesso modo.
Il divano li accolse ancora. Seduta sulle sue gambe, non riusciva a trattenere qualche piccola risata quando le dita le stuzzicavano la pancia, procurandole intenzionalmente del solletico. Le sue preferivano annodarsi con i capelli riccioluti, accarezzandogli la pelle del collo. Un piacere strano iniziò a solleticarla ogni volta che il tocco di Danny si faceva più deciso sulla pelle. Ogni sorso d’aria era più difficile da respirare, ogni pensiero si faceva più difficile da sviluppare, annientato dalle scosse piacevoli che la torturavano sotto il suo totale consenso.
Si sentiva la mente offuscata, quello che voleva era continuare ancora, averne di più, sebbene una microscopica parte di sé non si stesse stancando di metterla in guardia da quello che stava per fare.  Al diavolo tutte le paure, era stanca di vivere una vita di rimorsi e ripensamenti, dove ogni occasione veniva sprecata dal timore di poterne soffrire.
Ora, o niente. Tutto, o niente.
Ed era stanca di accontentarsi sempre di niente.
 
 
Non sapeva cosa fare.
Sinceramente lo sapeva, ma poteva farlo? Se avessero continuato così, avrebbe preferito fermarsi prima di valicare il punto di non ritorno. La mente non ragionava più, il corpo non reagiva ai suoi impulsi cerebrali. Tutto si era completamente scollegato, ogni parte di sé era comandata dalle sensazioni che mani e bocca gli procuravano. Sapeva che si sarebbe dovuto fermare, che prima o poi Little gli avrebbe detto di smettere, ma non ne avrebbe mai avuto abbastanza. Lei era lì, seduta su di lui, la punta delle dita continuava a torturargli i capelli. Lasciò le sue labbra per dedicarsi alla pelle bianca del collo, sperando che non si tirasse indietro.
Si aspettò che si irrigidisse e che si imbarazzasse ma, quando la piccola scia arrivò a concludersi sul bordo della maglietta, che terminava a punta poco sopra l’inizio del suo seno, quello che ricevette in cambio non fu niente del genere, ma un piccolo gemito soffocato che rischiò di fargli perdere la testa. Danny si chiese davvero cosa fosse proibito fare e cosa fosse ancora concesso. Forse non era giusto, forse stavano velocizzando troppo le cose... Forse avrebbero dovuto aspettare.
“Little...”, le fece, e sbuffò una risata imbarazzata, “Io... Non lo so...”
Le dita fini scorsero lungo il profilo delle orecchie e gli fecero il solletico,  giocherellarono con il colletto della camicia e si fermarono sul primo bottone, liberandolo dall’asola. Poi proseguirono col secondo, che subì la stessa fine, insieme al terzo. E al quarto. Al quinto. Poi la fermò.
“Non si torna indietro, lo sai?”
Lei gli sorrise.
“Io sì. Tu?”
Inghiottì con estrema difficoltà. Realizzare pienamente che la ragazza seduta sulle sue gambe non era un’adolescente confusa ma una donna nata una manciata di mesi dopo di lui, con impulsi e sentimenti forti tanto quanto i suoi, sicura e decisa, tutt’altro che imbarazzata, causò un potente corto circuito nella sua materia cerebrale. Qualche tempo dopo si rese conto di trovarsi disteso su quello che sembrava il letto della stanza che Arianna gli aveva dato, senza essere in grado di ricordarsi come aveva fatto ad arrivarci. Little era accanto a lui e si lasciava tranquillamente accarezzare dalle sue mani. La sua camicia giaceva già per terra, non si ricordava se fosse stato lui a toglierla oppure se lo avesse fatto lei. Aveva vissuto quei pochi attimi come in apnea.
Ormai stanco di non poter sentire a pieno il calore che gli trasmetteva afferrò l’orlo basso della sua t-shirt e gliela tolse. Non poté fare a meno di osservare il lungo segno che la tagliava in due dalla spalla destra fino al seno sinistro, ma prima che qualsiasi cosa potesse accadere, che qualsiasi pensiero la distraesse, posò una bacio dopo l’altro sulla sua cicatrice.
“E’ brutta, non credi?”, disse Little.
Alzò gli occhi sui suoi e le sorrise.
“E’ un ricordo, me lo hai detto tu.”, le rispose, prima di tornare su di lei.
Le tolse i pantaloncini, e poco dopo fece fare la stessa fine anche ai suoi.
 
 
Su e giù, faceva scorrere le dita lungo il profilo della schiena di Danny. Si sentiva impacciata, non sapeva cosa fare, ma si lasciava muovere dalle sensazioni. Aveva paura, ma le importava meno che del resto. Se si fosse messa a pensare, forse le sarebbe venuto da piangere per la gioia. Danny era su di lei e non sembrava meno imbarazzato. Spesso sbuffavano una risata, come per dirsi ‘guarda cosa stiamo facendo, e pensa a come eravamo prima’. Si era allontanato da lei solo qualche attimo, per tornare poi a baciarla ancora.
La nudità di entrambi non era molto confortevole, doveva ammetterlo, ma si sarebbe abituata, ne era certa. Non sapeva come avrebbero fatto, né quanto avrebbero potuto durare, ma ora che erano lì avrebberoprovato  fino in fondo. A costo di lottare con un coltello tra i denti, al modo dei pirati che tanto le erano piaciuti al cinema.
“Little...”, le fece Danny, distogliendola dai pensieri.
“Uhm?”
“Lo sai che... Insomma...”
Cosa doveva sapere? Che faceva male? Vivevano sullo stesso pianeta, lei era umana ed aveva un’intelligenza sulla linea della media nazionale, non era mica scema. Era vero che non sapeva come gestire alcune cos , come le mani di lui che si muovevano ovunque, ma il proprio corpo lo conosceva benissimo. Poteva aver vissuto la sua adolescenza nei complessi che si era trascinata dietro fino a quel momento, ma era sempre una ragazza comune, non una schizofrenica, e Danny era sempre stato troppo apprensivo. Forse, dopo quella prima volta avrebbe capito che non erano molto diversi, che nonostante le difficoltà personali anche la sua Little Joanna era una ragazza come tutte le altre. Le poche volte che avevano affrontato quell’argomento si era imbarazzata, era vero, ma c’era differenza tra il parlarne e il metterlo in pratica, soprattutto con la persona di cui si era innamorata.
Non era mica una bambina, sebbene potesse spesso comportarsi infantilmente.
“Dan...”, gli fece, con tono ovvio .
Gli sorrise, ricevendo un’altro sorriso in cambio, ed un bacio a fior di labbra.
 
 
Si sdraiò ancora accanto a lei, passandole un braccio sotto la testa mentre l’altro la circondò poco sotto il petto. Le dette un piccolo bacio sulla guancia. Lo tormentavano tanti pensieri, ma li mise tutti a tacere per godersi quel momento con lei. Quando le aveva dato il primo bacio non si sarebbe aspettato di arrivare lì, eppure era successo.
“Tutto a posto?”, le domandò.
Era maledettamente incerto che qualcosa fosse andato storto. Aveva paura che lei si voltasse e lo accusasse di averle fatto troppo male, e che lo rifiutasse.
“Certo.”, rispose Little, sorridendogli.
“Ne sei sicura?”, le fece ancora.
Lei roteò gli occhi, scherzosamente annoiata.
"Dan, non sei il ragazzo dei miei sogni ma va bene lo stesso.”, disse con ironia.
Le sorrise, nascondendo la faccia tra il cuscino ed i suoi capelli.
“Cosa c’è che ti tormenta?”, chiese poi Little.
“Niente.”, le rispose, poco convincente.
“Non mentire.”
Sospirò. Non ne voleva parlare in quel momento.
“Lascia stare.”, disse Danny, “Non voglio rovinare tutto.”
Prese il lenzuolo stropicciato e si infilò sotto di esso, raggiungendo il corpo caldo di Little, di cui aveva bisogno. Era l’unica certezza che riusciva a trovare, oltre a quello che provava per lei.
“Sì, hai ragione.”
Tornò a nascondere la faccia tra i suoi capelli, chiudendo gli occhi ed aspettando che il sonno si prendesse entrambi. Pochi minuti dopo Little lo lasciò, addormentandosi profondamente.
 
 




Si svegliarono sulla nota di sonore imprecazioni.
"Porca puttana!”, echeggiò nel corridoio, “Cazzo!”
Aprì gli occhi disturbata dalla voce stridula di Arianna.
“Cosa è stato...”, borbottò Danny.
“Arianna...”, gli fece capire Joanna, con un filo di voce.
Doveva aver combinato qualcosa per imprecare in quel modo ma non se ne curò, preferendo accoccolarsi vicino a Danny e tornare a dormicchiare.
“Vaffanculo!”
Si chiese se le fosse passato per la testa il fatto che potesse essere mattina e che qualcuno avesse voluto dormire ancora. Odiava essere svegliata in quel modo, soprattutto dopo una notte del genere. Prese velocemente i suoi vestiti e li indossò ancora.
“Cosa fai?”, le domandò Danny, un occhio aperto e l’altro ancora chiuso.
“Vado a vedere cosa è successo...”, disse, scocciata, “Torno subito.”
Chiuse la porta e percorse il corridoio.
“Arianna?”, la chiamò.
Le rispose qualche secondo dopo, la voce proveniva dal pianterreno.
“Buongiorno Jo!”, esclamò la donna vedendola arrivare, “Dormito bene?”
Era in cucina, stava sferragliando con alcuni cacciaviti, distesi sul tavolo insieme ad altri strumenti da fai da te.
“Sì...”, le rispose, “Cosa hai combinato? Le tue espressioni mi hanno svegliato.”
“Personalmente non ho fatto niente.”, rispose lei, “Ma si è rotta la lavatrice ed ha invaso lo sgabuzzino di acqua.”
Joanna allungò gli occhi e li puntò verso la piccola porta che si affacciava sulla cucina, dove l’elettrodomestico era stato sistemato a suo tempo. Una piccola pozzanghera d’acqua usciva da lì.
“Stavo cercando di aggiustarla.”, continuò Arianna.
“Faresti meglio a chiamare un tecnico.”, le disse, poco convinta che lei riuscisse nel suo intento.
“Già fatto.”, le sorrise.
Un’espressione sorniona apparve sulla sua bocca.
“Mi dispiace che le mie parole siano state una sveglia.”, disse, rigirando con un cacciavite tra le dita, “Una sveglia per entrambi.”
Non le si teneva nascosto niente.
“Non ti ho trovato nella tua stanza quando sono tornata, ieri.”, riprese Arianna, “Ho subito immaginato che fossi stata con Danny. Ero venuta a darti una notizia.”
“Dimmi pure.”, le fece.
Arianna prese un profondo respiro. Si era fatta totalmente seria, la cosa la preoccupò.
“Ho venduto il locale.”, sviolinò poi, velocemente, come se avesse avuto paura di non riuscire a dirlo ed avesse cercato di farlo nel minor tempo possibile.
Joanna rimase spiazzata. Non ci poteva credere, era assurdo. Arianna teneva a quel locale più che a sé stessa, passava più ore lì dentro che a casa. C’erano tutti i cimeli della sua gioventù: il juke box, i suo vecchi dischi, i ricordi. Anche i suoi ricordi, quelli di Joanna: Tom che si sedeva tranquillamente ed ordinava fish and chips con the alla pesca, lei che rovinava per terra, i McFly che la riempivano di domande... Non poteva venderlo.
“L’ho fatto, Jo.”, disse la donna, quasi con un velo di pentimento, “L’ho venduto davvero, era da un po’ che ci pensavo. Ho licenziato Miki, le cameriere lo hanno autonomamente seguito... Cosa mi rimane?”
“Tutto!”, esclamò Joanna, “Ti rimane tutto!”
Non voleva perdere quel locale, significava troppo per lei.
“Potresti assumermi ancora!”, le propose, “E potremmo anche...”
“Joanna...”, la fermò  la donna, “Lo so che da quel piccolo locale è iniziato tutto per te, che lì dentro sono successe cose che ti hanno cambiato, ma non essere egoista.”
“Perché lo hai venduto?”
Arianna scosse la testa.
“Andava male, Jo. Era da un anno che non riuscivo a togliere un ragno dal buco.”, le spiegò, “L’ho venduto prima di farmi i debiti.”
“Perché non me ne hai parlato prima?”, le chiese.
“Avevo messo in giro la voce qualche tempo fa, così, quasi senza pensarci. Poco dopo si presentò un compratore disponibile, ma ero sempre indecisa sul da farsi e l’avevo lasciato in attesa. Mi ero convinta, poi è successo di tuo padre ed ho deciso di aspettare che la situazione si stabilizzasse. Ora ho trovato la forza di firmare quei fogli e venderlo.”
Era tristemente scioccata.
“In questi giorni ero sempre fuori per questo motivo, non tanto perché volevo lasciarti del tempo da sola, con te stessa.”
E ora cos’altro sarebbe successo? Non sapeva rispondersi.
“Vuoi dirmi qualcosa, Jo?”, le domandò Arianna, cercando di nascondere le lacrime che gli salivano agli occhi.
Danny era stato momentaneamente eclissato da quella notizia, non riusciva a pensare ad altro. Se ne pentiva, era egoistico pensare che Arianna non avrebbe dovuto vendere lo Strictly English perché le sarebbe dispiaciuto dare via i suoi ricordi, ma non poteva non starci male. Quel locale era stata una casa per lei.
“Beh... Lo sai, se ci pensi bene lo capisci anche da sola.”, le fece, un po’ acidamente.
Arianna nascose la sua tristezza con una buffa espressione pensierosa.
“E’ successo quello che penso io, vero?”, disse poi.
Le annuì.
“Sì, quello.”
In pochi attimi Arianna l’abbracciò, dicendole che non sapeva quanto quello la stesse risollevando da terra. Le diceva che era contenta, ma non riusciva a gioire pienamente con lei.
“Torno su da lui.”, le fece poi, sciogliendo l’abbraccio.
 
 
 
Danny era rientrato da una manciata di secondi, approfittandone per fare un salto in bagno e rinfrescarsi il viso. Sentì la porta aprirsi mentre indossava ancora solo i pantaloni.
“Hey...”, le disse, andandole incontro ed accogliendola con un bacio, “Cosa ha combinato Arianna?”
Little non gli rispose. Si sedette sul letto e la seguì, preoccupato.
“Arianna ha venduto il locale.”, disse poi, lo sguardo basso.
“Lo Strictly English?”, le chiese.
“Sì... Me lo ha detto prima, era per quello che stava sempre fuori casa.”
Comprese la sua tristezza. Lì era iniziato tutto, venderlo sarebbe stato come dar via un oggetto che aveva il potere a far riemergere tutti i ricordi ad esso legati.
“Mi dispiace.”, le disse, passandole un braccio attorno alle spalle, “Ma se lo ha venduto è stato certamente per un buon motivo.”
“Lo ha fatto per non fallire.”
“Già...”, le disse, “Comunque credo che potrai tornarci comunque quando vuoi.”
“Non credo che lo troverò uguale a come l’ho lasciato.”
“Una fine è sempre l’inizio per qualcos’altro.”
Lei lo guardò perplessa.
“Ecco una delle perle di saggezza del Signor Jones.”, le disse Danny, sperando che l’ironia la risollevasse un po’, “Pronta per lei, mia signora.”
Little scosse la testa sorridendo. Si era avvicinato per baciarla, quando il telefono li interruppe. Si voltò, seguendo il rumore della suoneria con gli occhi, non si ricordava dove lo aveva lasciato per l’ultima volta.
“Un attimo solo.”, le fece, gattonando sul letto.
Si sporse dal bordo opposto, scovandolo per terra a faccia in giù, doveva essere caduto. Era Dougie.
“Hey!”, esclamò rispondendogli, “Ciao!”
Hey! Che entusiasmo!”, fece l’altro, “Abbassa la voce che mi fori un timpano.”
“Come stai Doug?”, gli chiese.
Bene, non c’è male. Voi due?
“Tutto ok.”
 Con un gesto Little gli fece capire che avrebbe lasciato la stanza e, infatti, qualche attimo dopo se ne andò.
So che è una domanda stronza, ma quando pensi di tornare a casa?”, chiese Poynter, “Perché c’è da rimettersi a lavorare... Sul serio.
“Pensavo nella giornata di domani, è un problema?”
No, va benissimo.”, rispose l'altro.
“Non è successo niente in mia attesa?”, domandò.
Quello che dovevi sapere te lo ha detto Harry.”, rispose, “Non saprei cos'altro aggiungere.”
Ogni parola che Poynter pronunciava lo riportava sempre di più giù, nelle difficoltà che la vita reale stava per mettergli davanti.
E tu?”, chiese l'altro, “Come l'hai presa?
“Beh... Uhm...”, esitò nel rispondere.
Danny?”, lo esortò a parlare, “Cosa è successo?
“Niente, Doug. E' tutto a posto.”
E' qualcosa che ha a che vedere con Jonny?”, si preoccupò l'altro.
“Beh...” , temporeggiò Danny.
Ok, ho capito.”, rispose Dougie, “Complimenti per le tempistiche...
Gli venne una piccola risata sulle labbra.
Posso parlarle?
“E' andata via, penso sia nella sua stanza, te la cerco subito.”
Ok, Jones, attenderò. Buona giornata!
Uscì dalla camera e la raggiunse, trovandola nel suo piccolo bagno personale, si pettinava i capelli davanti allo specchio.
“Dougie ti vuole parlare.”, le disse.
Con tranquillità Little allungò la mano e prese il telefono, portandoselo poi all'orecchio e mettendosi a parlare con lui. Lasciò ad entrambi il momento personale, non voleva disturbarli facendo l'impiccione, sapeva che Little non l'avrebbe presa bene ed avrebbe scommesso che anche Dougie si sarebbe infastidito. Preferì tornare in camera, indossare una t-shirt e scendere a fare colazione, dove trovò un'Arianna indaffaratissima con chiavi inglesi e cacciaviti.
“Ti dai all'idraulica?”, le chiese, facendola sobbalzare.
Accucciata davanti all'oblò aperto della lavatrice, la donna cercava forse di aggiustarla.
“Ci sto provando, ma mi consiglio di provare con l'ippica!”, rispose, gettando via uno strano utensile che non aveva mai visto prima, “Non è che puoi aiutarmi?”
“Vediamo se combino un guaio maggiore del tuo.”, le fece.
Arianna gli cedette il posto e, una volta presa visione della marea di tubi, viti e bulloni, rinunciò all'impresa.
“Fosse stato il motore di un'auto, ti avrei aiutato molto volentieri.”, le fece, “Ma non ne capisco niente.”
“E' già qualcosa in più di me. Lascia stare, tra un'oretta dovrebbe arrivare il tecnico, la faccio sventrare a lui. Hai fame?”
“Non molto, ma prendo volentieri un caffè, se è possibile.”, disse.
“Perfetto, ne faccio subito un vagone!”
Arianna abbandonò tutti i suoi attrezzi e si occupò della macchinetta per il caffè.
“Dove le hai trovate tutte quelle chiavi inglesi?”, le domandò con aria divertita.
Poteva essere un luogo comune e maschilista, ma non pensava che fossero molto appropriati per una donna.
“Erano di mio padre.”, rispose lei, “Non credo che avesse mai saputo come piantare un chiodo al muro, aveva sempre qualcuno che faceva queste cose per lui, ma li possedeva comunque. Erano tutta roba sua, l’ho ereditata insieme alla casa. Alcuni strumenti sono più vecchi di noi due messi insieme, non so come si usano. “
Nel frattempo Arianna aveva preparato la moka e l'aveva messa sul fuoco. Si sedette davanti a lui.
“Little mi ha detto del locale, che vuoi venderlo.”, le rivelò.
“Sì, ho dovuto.”, gli fece, “Non sai quanto mi sia costato farlo, non riesci nemmeno ad immaginarlo.”
“Lo capisco perfettamente e sono sicuro che anche Little la pensi così.”, cercò di rassicurarla, “E' solo un po' confusa, non è l'unica cosa che ha perso in questi giorni.”
“Certamente... Ho dovuto dirglielo, se lo avessi fatto tra dieci giorni avrebbe avuto la medesima reazione.”
“Che cosa farai ora?”
Arianna era giù di corda, più di quanto lasciasse ammettere.
“Non lo so.”, rispose, con un sospiro, “Ho un paio di idee, ma non so se posso attuarle.”
“Ad esempio?”
“Trovare un altro lavoro in città.”, disse lei, “O muovermi altrove.”
Muoversi altrove? E dove?
“Stai tranquillo, Danny.”, lo anticipò lei, “Non credo che la tua Little avrà molto per cui opporsi.”
Nel sentire quel 'la tua Little', sottolineato anche da uno sguardo dolce, Danny non poté trattenere un sorriso imbarazzato. Il rumore della moka attirò l'attenzione di entrambi e pochi attimi dopo la sua tazzina di caffè fu pronta per essere bevuta. Lo zuccherò e con il cucchiaino prese a girarlo.
“Quando torni a casa?”, gli domandò la donna, dopo che ne ebbe preso un sorso.
“Pensavo di mettermi alla ricerca di un modo per farlo.”, le fece, “Comunque nella giornata di domani.”
“Va bene... Ne avete parlato?”
Cercò di evitare di abbuiarsi, ma non ci riuscì.
“No, ancora no.”, le rispose, “Pensavo di farlo appena possibile... Però...”
Ci aveva pensato per ore. La domanda era banale e scontata: avrebbero potuto continuare o almeno iniziare a vivere qualcosa tra di loro con tutta quella distanza in mezzo? Ieri sera era sembrata la cosa più facile del mondo, ma una volta finito tutto, una volta tornati ad essere Danny e Joanna, l'uno accanto all'altra, era diventata sempre più complicata. La risposta era: provarci, anche se sarebbe costato uno sforzo immane, ma non se la sentiva di soffrire. Era codardo perché non voleva starci male: avrebbe voluto che tutto venisse vissuto nel migliore dei modi, mentre l'unica cosa che era andata per il verso giusto era stata la notte precedente.
“Non lasciarti prendere dallo sconforto.”, disse Arianna, “Vedrai che tutto si sistemerà per il meglio.”
“Non ci credo, mi dispiace.”
“E io credo che, se Jo ti sentisse, non ne sarebbe contenta.”
 
 
“Ok, ora se n'è andato.”, disse a Dougie, appena sentì la porta della sua stanza chiudersi.
Perché non volevi parlare mentre c'era Danny?”, chiese l'altro, perplesso.
“Perché l'ultima volta che è saltato fuori il tuo nome abbiamo fatto le scintille.”
Quindi è stato ieri sera?”, ne approfittò subito Dougie per scoccarle una frecciatina.
“Ma no, scemo... L'altro ieri.”
Anche l'altro ieri?!?
E scoppiò a ridere.
“Poynter, per cortesia, anche se ti è impossibile, sii serio.”
Ok, Jonny, lo faccio solo per te.”, si ripristinò, anche se lei non ci credette molto, “Allora, com'è stato?
“Certo che te lo dico!”, ironizzò Joanna, “Proprio a te!”
Ma dai... E io che sono così curioso...”, si finse deluso Dougie, “Comunque, sono contento per te... In fondo era quello che volevi, no?
“Beh... Sì, ma non a discapito di un'altra persona.”
Non credo che sia successo quello che pensi.”, le fece Dougie.
Il suo tono voleva essere convincente, ma lei non era capace di crederci. Era quello che aveva voluto, forse dal primo giorno in cui Danny era partito per tornarsene a casa, un anno fa, ma non in quel modo. Non aveva mai voluto mettersi tra due persone.
Forse non sai quanto siamo stati scettici, tutti noi, quando ci ha presentato Tamara.”, le disse Dougie.
“Ma non gliel'avevi presentata tu? O Harry...”, disse Joanna, perplessa.
Intendevo nel senso 'Hey, ciao a tutti, sono Jones dei McFly e questa è la ragazza con cui andrò a vivere'. Non so se mi spiego, Little...”, ironizzò Dougie, chiamandola con il nomignolo tipico di Danny da sempre.
“E questo cosa c'entra con me?”, borbottò stancamente Joanna.
Dio, quando ti metti in testa una cosa, niente la toglie!”, la rimproverò Dougie, “Volevo dirti che quando ci ha detto che si era ufficialmente fidanzato con lei, abbiamo strabuzzato gli occhi perché stavamo facendo conto alla rovescia per capire quando sarebbe successo con te!
“Ma comunque è arrivata lei! Non significa niente quello che c'era prima!”, ribatté prontamente.
Sentì Dougie sospirare profondamente, per riprendere la calma.
Little, posso dirti una cosa?”, le chiese, “Una cosa dal profondo del cuore...
Titubante, acconsentì.
Vaffanculo. Ci sentiamo!
E chiuse la chiamata. Sbigottita, non seppe cosa fare. Dougie l'aveva appena mandata a fanculo.
Forse ha detto bene....
Ad ogni modo non le piaceva fare dei torti agli altri. Odiava sentirsi in colpa con qualcuno, forse solo Danny avrebbe potuto toglierle quel dubbio dalla testa. Non sapeva con quali parole ma glielo avrebbe chiesto, ed oltretutto non era l’unico argomento spinoso da affrontare.
Che bell’inizio, Joanna...
Lo cercò nella sua stanza e la trovò vuota, lui non c’era. Il bagno era troppo silenzioso perché fosse lì dentro, doveva essere sceso al piano inferiore. La voce bassa di Danny la invitò verso la cucina, dove doveva trovarsi insieme ad Arianna.
“Che cosa farai ora?”, lo sentì chiedere ad Arianna.
Si fermò poco dietro lo stipite della porta. Odiava origliare le conversazioni altrui, ma quelle quattro parole le catturarono l’attenzione con uno schiocco di dita.
“Non lo so.”, rispose lei, “Ho un paio di idee, ma non so se posso attuarle.”
“Ad esempio?”
“Tornare a fare il mio vecchio lavoro. Muovermi altrove.”
Ogni preoccupazione su Danny venne cancellata con quella frase, Joanna si rimproverò ancora di essere egoista. Se muoversi significava spostarsi in un’altra città, in un’altra casa, in un altro mondo, allora si sarebbe opposta fino allo stremo delle forze. Lì stava più che bene, non voleva trasferirsi ancora, ogni spostamento del genere non portava altro che un lungo periodo di crisi davanti a sé. Eppure Arianna aveva la sua vita, non poteva legarla a quel posto solo perché non voleva seguirla. Se decideva di andarsene, allora lei avrebbe dovuto accettarlo e comportarsi di conseguenza: cercarsi un’altra casa, magari qualche affitto a poco per studenti. Iniziare tutto di nuovo da capo.
Una fine è sempre l’inizio per qualcos’altro.
Quella perla di saggezza del signor Jones non poteva essere valida. Joanna non ce la faceva a troncare ancora con la vita a cui si era abituata per iniziarne una tutta nuova. Non poteva essere sempre così: aveva bisogno di stabilità, di qualcosa a cui aggrapparsi finché non avesse trovato la tranquillità interiore a cui aspirava da sempre, e che non era mai stata capace di raggiungere perché qualcosa gliel’aveva sempre tolta dalle dita.
“Quando torni a casa?”, domandò Arianna.
“Pensavo di mettermi alla ricerca di un modo per farlo. Comunque nella giornata di domani.”
“Va bene... Ne avete parlato?”
No, non ne avevano affatto parlato. Aveva provato prima di addormentarsi con lui, sapendo benissimo che non era il caso di entrare in quell’argomento.
L’indomani Danny sarebbe partito e...  E?
Prima che avesse deciso di fare l’amore con lui, di farlo per la prima volta, riuscendo ad abbattere moltissime delle stupide barriere di cui si era per anni circondata, le era sembrato uno scherzo. Si era detta di volerlo fare, che sarebbe stato bello e tutto quello che sarebbe venuto dopo lo sarebbe stato ancora di più. Pochi attimi dopo la fine, però, quello scherzo si era trasformato in un pensiero fisso. Non era possibile stare insieme.
“No, ancora no.”, le rispose Danny, “Pensavo di farlo appena possibile... Però...”
“Non lasciarti prendere dallo sconforto.”, disse Arianna, “Vedrai che tutto si sistemerà per il meglio.”
Quel fondo di naturale ottimismo di Arianna la irritò un po’.
“Non ci credo, mi dispiace.”
Sospirò. Nemmeno Danny ci credeva, e se erano in due a non credere, allora che senso aveva continuare a prendersi in giro?
Ma che bella coppia che siete...
“E io credo che, se Jo ti sentisse, non ne sarebbe contenta.”
Così come era arrivata lì, Joanna se ne tornò nella sua stanza in silenzio, a far finta di non aver sentito niente, di non aver realizzato che non era l’unica ad avere il grosso difetto di essere troppo iperrealista. Aveva sperato che Danny potesse aiutarla a vedere il lato buono di quello che avrebbero dovuto affrontare, ma non era così.
“Little?”, si sentì chiamare.
Cercò di cancellare ogni pensiero.
“Mi aiuteresti a trovare un volo per domani?”, le domandò Danny, con un piccolo sorriso.
Inghiottì il magone.
“Certo.”, gli fece, “Accendo il computer e facciamo un giro in internet.”
“Ok, buona idea.”
 
 
Con il portatile che giaceva sulle gambe, Little stava inserendo i dati nel sito della compagnia aerea di bandiera inglese, alla ricerca di un posto disponibile per lui. Uno di qualsiasi tipo, non era molto schizzinoso in fatto di prezzo, classe e visuale panoramica. Era sempre un volo d’aereo, mica una vacanza. Danny le sedeva accanto, sul letto, e guardava quello schermo, mentre i numeri ed i nomi degli aeroporti venivano visualizzati. Doveva trovare il coraggio di affrontare la questione, era molto più che evidente il fatto di non poterla rimandare. Spostò gli occhi sul suo piccolo naso all’insù. Little si voltò per un solo attimo e gli sorrise, riempiendolo di una sola briciola di felicità, poi tornò al suo computer.
“Guarda, ci sono alcune disponibilità.”, disse poi, una volta che la pagina virtuale si fu caricata, “Dalle tre di domani pomeriggio i voli hanno posti liberi.”
Danny allungò una mano e chiuse lentamente lo schermo del portatile. Sospirò, doveva parlarle ad ogni costo.
“Little...”, le disse., “Ce la faremo?”
Lei abbassò gli occhi.
“La domanda corretta sarebbe: vogliamo davvero provarci?”, disse lei.
Avvertì subito la piccola vena di rabbia nelle sue parole.
“Vorrei tanto, Little... Credimi, vorrei davvero tanto provarci.”, le disse, “Ma...”
“Era facile pensarlo prima.”, continuò lei, “Ma dopo...”
Non seppe cosa dirle.
“E non tirare fuori la scusa del non volermi fare soffrire.”, riprese Little, “Perché preferisco sapere che ci abbiamo almeno provato, che star male e non aver fatto niente per cercare di costruire qualcosa.”
Aveva perso tutte le parole. Ogni volta che era arrivato ad un traguardo con Little, non aveva fatto altro che tirarsi indietro facendosi scudo di tanti se e tanti ma.
“Lo sai, mi conosci... Faccio fatica a credere in tutto quello che mi riguarda.”, disse ancora lei, “Avevo almeno sperato di poter fare qualcosa per avere fede in... In noi due.”
Scosse la testa, non era lì che voleva arrivare. No, non voleva ritrovarsi al medesimo punto di un anno fa. Non voleva tornare a casa sapendo di stare bene così com’era, senza Little. Aveva speso tempo e lacrime, sue e di altre persone, prima di capire che le voleva più del bene che pensava di provare per un’amica comune. Lei non gli dette tempo di parlare.
“Lo sapevo che stava succedendo utto per il semplice fatto che avevi rotto con Tamara. Lo sapevo.”, gli disse.
Scostò il computer dalle gambe e si allontanò da lui.
“Ti piace prenderti gioco di me, Danny?”, gli chiese, ormai in piedi, “Ti diverti?”
No, affatto.
“Sei soddisfatto?”, fece ancora, “Mi stai facendo sentire come una stupida... Come una cretina, perché sono una cretina. Una cretina che si lascia facilmente abbindolare da quelli come te!”
Non aveva la minima forza per risponderle. Niente, non aveva voce in gola. Si stava sentendo esattamente come il giorno precedente, quando Little era venuta a riversargli addosso la storia di suo padre. Completamente svuotato da tutto.
“Sei stata un’illusione bella e buona, Danny.”, sentenziò Little, “Un’illusione fallita.”
Stava quasi per parlare ancora, quando la voce trillante di Arianna si fece spazio tra di loro.
“Hey, avete trovato un volo?”, chiese, ancora nel corridoio, “Perché una mia amica ha un’agenzia di viaggi, potrebbe aiutarvi meglio del computer.”
Forse fu istinto, forse fu la voglia di non volersi sentire accusare delle proprie colpe: Danny le rispose.
“Molto gentile da parte tua, Arianna.”, le fece, “Internet non è poi così male, ho già trovato qualcosa.”
La donna parve deludersi.
“Ah... Come volete, allora.”, disse lei, “Jo è lì con te?”
La guardò. Stringeva i pungi così forte che avrebbero potuto sanguinare, teneva gli occhi fissi sulle piastrelle del pavimento. Poi, come una saetta uscì dalla camera, aprendo la porta e spaventando Arianna, che si trovava tranquillamente al di là. La prima cosa che vide dopo la fuga di Little fu lo sguardo perplesso della donna, che presto si tramutò in vera preoccupazione. Infine, la donna seguì Little, lasciandolo solo.
 
 
 
Arianna la teneva tra le braccia, le diceva che sarebbe finito, che sarebbe andato tutto per il verso giusto, ma Jo non l’ascoltava. Era troppo impegnata a piangere e a nascondersi. Chiuse nell’intimità della propria camera da letto, Arianna cercava di calmarla.
“Jo, stammi a sentire.”, le disse per l’ennesima volta, “Forse non è come pensi...”
“E come sarebbe allora?”, gridò, tra un singhiozzo e l’altro.
Maledetti uomini e le loro capacità comunicative del cazzo...
C’era passata anche lei per quella stessa strada, sapeva come si risolvevano i rapporti del genere. Ora che ci pensava, era passata per molte altre strade nei rapporti con l'altro malaugurato sesso, forse sarebbe stato anche il caso di darci un taglio e mettere la testa a posto, ma non era quello il suo momento.
“Se ti calmi te lo dico... Ci stai?”, le fece.
Ci volle del tempo prima che Jo alzasse la faccia dall’incavo tra la sua spalla ed il collo. Annuì con un debole cenno della testa, mentre con le mani asciugava timidamente le lacrime dalle guance e dagli occhi arrossati.
“Danny ti ha detto che non se la sente di continuare... Vero?”
Era una domanda brusca e di poco tatto, ma non voleva stare a menare il can per l’aia. Doveva arrivare dritta al punto, prima che lei scoppiasse di nuovo a piangere.
“Sì...”, rispose lei, con un filo di voce, per giunta rotta, “Speravo che... Almeno lui...”
Ecco, lo sapeva. Se era Jo stessa a non crederci, come poteva farlo anche Danny? Come poteva lei non sforzarsi e biasimare lui per comportarsi esattamente nello stesso modo?
“Jo, dovete impegnarvi entrambi. Non solo Danny...”, le fece, provando a farla ragionare.
“Ma lo sai come sono fatta, Arianna! Lo sai che non riesco a vivere sulle nuvole!”
“Non è questa una buona giustificazione per il tuo atteggiamento.”, la corresse con gentilezza, “Vuoi Danny? Allora prendilo e mettici tutto il tuo impegno.”
“Abitiamo a un’ora e mezza di volo l’una dall’altro!”, ribatté lei prontamente.
“Allora vuol dire che non lo vuoi veramente.”
“Non è vero!”
La cocciutaggine di Jo era spesso più impenetrabile di un muro di cemento armato spesso dieci metri. Avrebbe dovuto usare le maniere forti per farle capire quale fosse la soluzione adatta per loro. 
“Se fosse vero, avresti in mente qualcosa per migliorare la vostra situazione.”, volle provocarla.
“Scusami, ma non riesco a pensare a niente!”
“Magari Danny ci ha già pensato, però non gli hai dato il tempo di parlartene.”
Quella frase sembrò mettere in discussione le sue pessimistiche incertezze. Jo esitò nel risponderle a tono, soffermandosi a pensare alle sue parole.
“Non fraintendermi, Jo, a volte non so davvero cosa passi per la mente di quel ragazzo.”, le fece, “Però sono abbastanza certa che questa possibilità lo abbia sfiorato, anche da lontano.”
Jo on capiva dove volesse andare a parare, la guardava come se le stesse parlando in una lingua totalmente sconosciuta.
“Jo...”, le fece, guardandola dritta negli occhi, “Il tuo lavoro fa schifo, il mio l’ho venduto ad un tizio che ho visto solo due volte in tutta la mia vita. La tua famiglia non è delle migliori, mentre io sono l’unica sopravvissuta della mia, insieme a mia sorella che abita tutta felice a  Milano, insieme al suo marito perfetto.”
Forse stava realizzando, lo vide dal microscopico guizzo incontrollato del suo sopracciglio destro.
“Non c’è niente che ci trattiene qui... O comunque molto poco.”, continuò.
Jo strabuzzò gli occhi, spalancò la bocca.
“Ho un piccolo appartamento su, a Londra. E’ molto piccolo... Però non ci daremo fastidio, lo so.”, cercò di invogliarla, "E per il lavoro, beh, ho tanti amici lassù, maagari qualcuno ci può aiutare....”
Jo si fece perplessa.
“No, Arianna, non voglio trasferirmi lassù.”, disse, con una certezza nel tono di voce che la spaventò.
Non l'avrebbe mai convinta.
“Guarda che non lo fai per lui. Ma per te stessa.”, le fece.
C'era un solo modo per farsi dire di sì: far passare quel cambiamento radicale per un bisogno personale. Si trasferivano lassù perché la loro città non aveva più niente da offrire ad entrambe ed avevano bisogno di aria fresca, di amici nuovi e di un lavoro migliore, mentre Danny era solo una piccola parte della questione. In fondo, era anche la verità: personalmente non si sentiva più soddisfatta di quello che Firenze le proponeva, e Londra era la città in cui aveva vissuto per anni e di cui aveva i più bei ricordi di tutta la sua esistenza. Per Jo sarebbe stato un doppio cambiamento: oltre a trasferirsi in un posto totalmente diverso da quello in cui era abituata a vivere, Arianna era sicura che Londra avrebbe potuto davvero farla uscire da quel bozzolo protettivo in cui si era nascosta per anni, e da cui lentamente aveva imparato a tirarsene fuori. Le serviva solo il calcio finale.
Danny l'avrebbe sicuramente aiutata, lei le avrebbe dato tutto il suo sostegno. Sarebbe stato difficile, non solo per Jo, ma per lei stessa. Dovevano iniziare tutto da capo, rimboccarsi le maniche e tirare fuori i denti, ma con un po' di impegno ce l'avrebbero fatta. Se le avessero dato un giorno di tempo, la sua mente, unita alla potenza delle linee telefoniche, sarebbe riuscita a inventarsi qualcosa.
“Arianna, non voglio seguirlo.”, disse Jo.
“E non lo farai.”, le fece, “Vivrai con me, così come adesso. Avrai un lavoro, uno qualsiasi, oppure tornerai a studiare, chi lo sa? Avrai la tua vita, ti farai nuovi amici e nuove esperienze. Danny farà solo parte di tutto questo.”
Sembrò vacillare. Arianna sapeva di essere molto persuasiva, se si incaponiva nell'ottenere qualcosa.
“Sono affezionata a questo posto, non lo voglio lasciare.”, ribatté nuovamente.
“E che cosa ti ha dato?”, le domandò, "Elencami quello che sarai costretta a metterti alle spalle. Fammi una lista, così potrò capire anch'io.”
La colse pienamente in contropiede. Jo non la sapeva accontentare, era logico. Purtroppo avevano quella particolare caratteristica in comune: non avevano niente che le tratteneva lì e non era un eufemismo. Entrambe non riuscivano a trovare facilmente legami affettivi con il prossimo, sebbene lei potesse sembrare molto più estroversa e spigliata della piccola Jo. Arianna poteva dire di avere un mucchio di amici, un centinaio di nomi in rubrica, decine di persone con cui poter passare una lieta serata in compagnia, ma solo una manciata di queste potevano mancarle veramente, una volta tornata in Inghilterra. Per il resto, non aveva niente da aggiungere.
“Non ti chiedo una risposta adesso.”, le disse, “Ma solo di pensarci. Ti ho dato mille motivi per dirmi un sì, ma se me ne darai in cambio milleuno per un no, allora non ti forzerò in questa mia decisione.”
“Ma se decido di rimanere, tu non devi fare altrettanto.”
Scosse la testa.
“Jo, ti voglio troppo bene.”, le fece, abbracciandola ancora, “Ormai sei parte della mia famiglia.”
Cacciò indietro le lacrime, ma una di queste scese furtivamente.
“Ci penserò.”, disse Jo, stringendosi nell'abbraccio.
Era già qualcosa.
 
 
 
Quel maledetto telefono prese a squillare, troncandolo in due. Che cazzo, la batteria non si scaricava mai? La gente non si stancava di rompergli le scatole nei momenti meno opportuni? Si alzò dal bordo del letto su cui era seduto e rispose.
“Pronto?”
Qualche secondo di totale assenza di suoni.
Danny?”, esordì una voce piccola e lontana.
Era Tamara.
Danny? Mi senti?
Adesso era lui a non avere voce in gola. Gli capitava troppo spesso, ultimamente.
“Sì, forte e chiaro.”, le rispose, con tono piatto.
Non voleva esser scortese con lei, ma non ce la faceva proprio a trattenersi. Si era svegliato da poco, ma era più stanco che dopo mille concerti suonati di fila.
Beh... Volevo dirti che ho preso gran parte delle mie cose.”, fece Tamara, “E che me ne sono andata.”
“Lo so.”, le rispose subito, “Me lo hanno detto ieri.”
Non ne avevo dubbi.
Anche lei non era meno infastidita di lui, lo poteva sentire benissimo. Ad ogni modo, doveva assolutamente farle capire che dovevano chiarire quella situazione faccia a faccia. Che le fosse piaciuto o no, dovevano parlarne.
“Senti, Tamara.”, esordì, “Non credi che dovremmo sederci faccia a faccia e discuterne?”
Cercò di essere comunque conciliante.
Non voglio tornare insieme a te, Danny.”, si negò subito lei.
“Non era questo quello che intendevo, lasciami parlare.”
Non ho niente da dirti.”
“Ma io sì.”, le fece, “E vorrei davvero che mi ascoltassi.”
Parlamene ora!”, lo esortò lei, “Perché non credo che avrò tempo per te, domani me ne vado."
Quella notizia lo spiazzò.
“E... Dove?”
In giro con delle amiche.”, replicò lei, “A te non deve interessare, te l'ho detto solo perché nel mio vecchio appartamento ho trovato delle cose tue.”
“Forse domani potrei riuscire a passare da te a riprenderle.”
Quando tornerò.”, disse lei, statica.
“Ok, come vuoi.”, le rispose.
Niente, Tamara aveva già chiuso la telefonata.
Fissò il cellulare.
Le aveva voluto molto più che bene, non c'erano dubbi, ma si odiava. Lo aveva trattenuto perché non voleva perderlo, ma lui non lo aveva afferrato, interpretando la sua mossa come pura gelosia ingiustificata nei confronti di Little. Se fosse rimasto a casa, forse Tamara avrebbe continuato ad essere la sua fidanzata per molti altri anni. Forse sarebbe finita comunque, anche per altri motivi oltre a Little.
Una fine è sempre l’inizio per qualcos’altro.
Lo aveva detto lui stesso. Si chiese se fosse contento di come si erano risolte le cose, ed era così insicuro che non seppe scegliere tra il sì ed il no. Era felice, aveva trovato in Little ciò che cercava, ma al contempo non lo era, perché se lei  fosse rimasta in Italia niente avrebbe potuto funzionare. La voleva accanto a sé, vederla quando ne aveva voglia, quando aveva tempo, quando non c'era nessun motivo per farlo, e se fosse rimasta lì niente di questo sarebbe potuto succedere, ma non poteva chiederle di trasferirsi, né lui poteva assolutamente lasciare il proprio paese. Sbuffò, riprese il pc e controllò ancora le disponibilità dei voli, volle anticipare il ritorno. Il primo aereo libero partiva alle sei di quella stessa sera, dall'aeroporto cittadino. Carta di credito alla mano, lo comprò.
 
Seduta sul divano, la tv riproduceva un vecchio cartone animato che guardava sempre da piccola, ma non la sfiorava nemmeno. Guardava lo schermo, ma era come cieca e non vedeva niente. La scelta era nelle sue mani, Arianna aspettava solo lei. Prendere o lasciare? La sua irrazionalità gridava a pieni polmoni di prendere il primo volo insieme a lui. La sua razionalità urlava di rimanere lì, non seguire nessuno, tranne che se stessa. Doveva trovare un compromesso tra le due parti, cosa alquanto difficile. La sua intransigenza era nota, tutti avevano imparato a conoscerla e sapevano quanto fosse testarda. Una volta imboccata una via era difficile lasciarla e quella legge valeva per tutto, che fossero stati modi di pensare, punti di vista, opinioni su persone... Sentimenti.
Vattene via di qua.
Rimani.
Lascia questo posto.
Non partire.
Non poteva giustificare il trasferimento in Inghilterra come qualcosa di cui aveva bisogno, come aveva detto Arianna, e non aveva senso mascherarsi. Se ci andava, lo faceva per stare con lui, mentre il resto veniva dopo. E se qualcosa fosse andato storto? E se avessero capito che non erano fatti per stare insieme? Cosa avrebbe fatto? Sarebbe tornata a casa come un cane bastonato ed avrebbe dovuto affrontare di nuovo tutto dal principio.
Quando si sentì toccare la spalla, Joanna sussultò.
“Sono io.”, le disse Danny, sedendosi accanto a lei.
Si strinse in un piccolo sorriso un po’ falso, poi tornò a guardare la tv.
“Ho comprato il biglietto.”, continuò a parlarle, “Il volo è stasera alle sei.”
Sentì il sangue nelle vene ghiacciarsi, ma si impose di restare calma.
“Ok, va bene.”, gli disse.
Voltò la faccia verso la tv, ignorando la sua presenza accanto a lei. Dimenticò tutto il calore che sentiva sulla pelle, l’immagine del suo sorriso, il suono della sua voce. Spazzò tutto dalla mente.
“Mi dispiace.”, tornò a dirle Danny, “Non so cosa fare...”
Era davvero deciso ad andarsene. Bene, era contenta di saperlo. Si morse le labbra e si trattenne
“Mi sono fatto fraintendere.”, Danny scosse la testa schioccando la lingua, contrariato, “
Io voglio provarci, Little. Voglio provarci davvero, ma non credo di avere la forza per sopportare tutta questa distanza. Prima di tutto questo era stato difficile tenersi in contatto scrivendosi una sola mail a settimana... E quanto tempo ci vuole a buttare giù tre parole? Cinque minuti?”, si chiese Danny retoricamente, “Sai bene che spesso non ero capace di trovare un solo secondo per te. Adesso sarebbe un’idiozia tornare a come eravamo prima, non mi accontento più di leggerti o di sentirti per telefono... Io voglio saperti sempre vicina.”
Le ci volle tutta la sua capacità d’animo per resistere ancora.
“Era ciò quello che volevo dirti.”
Un’altra sola parola e sarebbe ancora miseramente crollata come un castello di carte in equilibrio sulla capocchia di uno spillo.
“Mi piacerebbe tanto che uno di noi due potesse avvicinarsi all’altro, ma non ti posso chiedere di trasferirti. Sarebbe stupido, sarebbe come ripetere lo stesso errore che ho fatto con Tamara, sarebbe velocizzare le cose e non voglio... E’ questo il nostro problema, Little.”
Lo sentì sospirare, rinunciare.
“E poi hai ragione.”, continuò, “Prima era sembrato un problema da niente. Ma dopo...”
“E’ una cosa che si fa in due.”, Joanna ebbe il coraggio di rispondergli, “Se è successo, è stato perché lo abbiamo voluto entrambi.”
“Mi dispiace, Little.”, le fece.
Si sentì illusoriamente protetta da ogni fastidio quando Danny l’abbracciò. Appunto, illusoriamente, ma era un’illusione che avrebbe voluto vivere.
“E’ stato un errore.”, disse Joanna, “Ho sempre saputo che sarebbe stato così.”
“Sappi che lo commetterei ancora.”
Le dette un bacio sulla fronte, poi sciolse l’abbraccio. Joanna non resistette un altro secondo. Era patetico ma non voleva che la lasciasse sola, almeno finché non se ne sarebbe davvero andato. Si strinse al collo, Danny le sorrise. Le passò un braccio intorno alle spalle, l’altro la convinse a stendere le sue gambe a cavallo delle sue. Rimasero così per molto altro tempo, Joanna pensò quasi di essersi addormentata.
 
 
 
Danny non si fece accompagnare all’aeroporto, ma decise di farsi venire a prendere da un taxi. Era tutto stramaledettamente uguale ad un anno prima, con l'unica grande differenza che non avrebbero potuto più essere come allora. Il tassista suonò il campanello: Danny salutò Arianna con un abbraccio ed un bacio sulla guancia, ringraziandola per tutto quello che aveva fatto per lui, per averlo sopportato e messo sulla buona strada, anche se non era poi servito a molto.
“Vado a dire al tassista che deve aspettare cinque minuti.”, gli fece Arianna, con un sorriso e un pizzicotto sulle guance, che non aveva più ricevuto da quando era bambino.
“Grazie ancora.”, le disse, “Dov’è andata Little?”
“E’ in giardino.”, gli suggerì la donna, prima di aprire la porta.
Percorse il corridoio fino alla parte opposta della casa ed uscì. Se ne stava seduta vicino alla staccionata, come la sera precedente. Le si avvicinò.
“E’ arrivato il taxi.”, disse a Little, “Devo andare.”
Lei annuì e sussurrò un flebile buon viaggio, non gli bastarono affatto. La costrinse a guardarlo negli occhi in un modo molto semplice: si sedette davanti a lei e la scosse.
“Tutto qui quello che hai da dirmi?”
Le sorrise con sincerità.
“Ti prometto che mi farò sentire, lo giuro.”, le disse, “In qualsiasi modo.”
“Non avrebbe senso.”, lo zittì lei.
Si sentì amareggiato.
“Little, non mi stai rendendo le cose facili... Per favore.”
“E cosa dovrei fare, allora?”, sbottò lei, infastidita, “Sorriderti quando non ho voglia di farlo? Dirti che mi farebbe piacere sentirti quando non è vero? Perché vuoi che sia ipocrita con te?”
“Quando sono partito speravo di tornare a casa vedendoti sorridere.”, le disse con semplicità.
“Non ci riesco, mi dispiace.”
In fondo, le voleva bene anche quando faceva così. Si avvicinò per darle un bacio, ma quando le labbra la toccarono le sentì stranamente fredde. Poi, d’improvviso si infiammarono e diventarono calde e dolci, così come le aveva sempre conosciute. La morbidezza del tocco, il sapore soffice di lei rese più evanescente ogni problema e si sentì esattamente forte e deciso come aveva pensato di essere, prima di fare l’amore con lei. La baciò ancora, con più intensità, sottolineando i lineamenti del suo collo con le dita.
Little si scostò, segnando la fine. Danny si sentì profondamente imbarazzato ed a disagio.
“Adesso devo proprio andare.”, balbettò.
Annuì.
“Fai buon viaggio.”, rispose lei.
“Grazie.”
Si sentiva la gola arida e vuota. Sistemò il cappellino sulla testa e si alzò. Fu difficile compiere il primo passo, i piedi si erano aggrappati saldamente alla terra, affondandovi radici stabili e forti. Una volta compiuto, però, gli altri vennero da sé e lo portarono fuori di lì.
Poi sul taxi, fino all’aeroporto.
 
 
This is the closest thing to crazy I have ever been.






Ed eccomi ancora qua :) Oggi niente lavoro, così ho trovato qualche minuto per aggiornare e appiopparvi questo polpettone melodrammatico chiamato Little e Danny.  Chissà poi quando tornerò con una nuova storia, quindi se ci tenete un pochino alle mie storie, sappiate che siamo agli sgoccioli. Altri due capitoletto, poi un epilogo e spero che digerirete tutto a Pasqua dell'anno prossimo XDSuvvia, un pochino di bicarbonato, acqua calda e zucchero, che si digerisce tutto!

Quindi, prima di passare ai ringraziamenti, voglio mettere qualcosa che qualcuno ha fatto per me... E di cui non mi sono dimenticataaaaaa!!!
The Closest Thing To Crazy  © x_blossom_x
Te lo avevo detto che lo avrei postato in questo capitolo ** ogni tanto la mia mente lavora bene, sisi. Quindi grazieeeeeeeeeeeeeeeeee.
Ah, il titolo e l'ultima frase del capitolo, compreso il nome del blend, sono sempre derivati dall'omonima canzone di Katie Melua. Senza scopo di lucro.

Ringraziamenti!

Ciribiricoccola:  Scema cosmica, hai fatto bene a non sapere cosa pensare. Ma ti pare che quei due facciamo le cose a modino, come tutte le persone di buona volontà? No, perchè quando scrivevo non volevano saperne di comportarsi per bene. Ci vorranno altre parole prima che succeda qualcosa di positovo.

ludothebest:  Oh, se mi commenti qui e poi non ti fai sentire di là... Ti strozzo eh!!! XDDDD Ma dai, non ti preoccupare. Mi basta sapere che leggi e che apprezzi/schifi. E' questo l'importante, non la presenza delle recensioni.  Ammetto tranquillamente che quando l'uccellino-fiorellino mi ha detto che mi leggevi, sono rimasta alquanto sbalordita (sai... visti il luogo che... insomma, si frequentava... eggià, ti spiegherò meglio!) ma saperti tra mie lettrici mi fa un immenso piacere ** alla prossima :)

kit2007:  Leggendo questa storia con la cioccolata in mano è molto kamikazistico XD Ne mangerei a quintali dal nervoso che mi fanno venire quei due, quindi ti apprezzo per la pazienza e mi scuso per eventuali escrescenze facciali, sperando che non ce ne saranno.  Hai detto che ti aspetti di tutto e fai bene,con questa storia di va da tutte le parti e non si arriva mai... Purtroppo. Beh, ma tra poco c'è la fine. Chissà cosa succede.

Cowgirlsara: Non ti preoccupare per il ritardo, nessuno si deve scusare con me per questo genere di cose, non me lo merito. Ma veniamo al dunque.  Hai detto bene, non si arriva a nessuna conclusione.... Uffi, e dire che ero partita bene XD Mi rifarò con la prossima storia!

saracanfly: Hey, era da un po' che non ti sentivo! Bentornata! Spero ti sia piaciuto :) alla prossima!


Bene, al prossimo ritardo! Ruby


 
 
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > McFly / Vai alla pagina dell'autore: RubyChubb