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Autore: Shainareth    29/01/2009    5 recensioni
[Mai HiME - anime] Natsuki strinse il piccolo post-it giallo nel palmo della mano. I suoi occhi verdi si fissarono sul moto ondoso del mare, lì dove diversi anni prima aveva rischiato di perdere la vita insieme a sua madre e al fedele Duran.
A scanso di equivoci, la presente NON è una YuuichixNatsuki. Anzi, se vi piace può essere considerata come un sequel di Pioggia, sebbene non sia strettamente legata ad essa, e prende spunto dall'epilogo del Natsuki's Prelude.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'Bivio'
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CAPITOLO OTTAVO





«Ho detto a Takeda che usciremo insieme.» Mai alzò di scatto gli occhi dal libro di scienze, guardandola come se fosse matta. «Non sarà un appuntamento» dovette precisare l'altra, sulla difensiva, mostrandole un'espressione imbronciata.

   «Natsuki, dovresti comunque prenderti del tempo» le rimproverò l'amica.

   «Ed è quello che ho intenzione di fare, sta' tranquilla» la rassicurò lei. Spostò la propria attenzione su Mikoto che, davanti al televisore, era intenta a ridere e a mangiare crackers di riso. «Ehi, tu non dovresti studiare?»

   «Copierò gli esercizi di Nao» spiegò la minore del terzetto, in modo del tutto spontaneo.

   «Perché, quella li fa?» si domandò Natsuki, scettica.

 La ragazza dal caschetto arancione si era intanto alzata dalla propria scrivania e aveva raggiunto la piccola Minagi, i pugni sulle anche. «Mikoto!» iniziò a starnazzare. Dal momento che Takumi non era mai stato un problema come fratello, malattia a parte, la disobbedienza di Mikoto le dava in qualche modo la possibilità di scaricare i nervi. «Fila a fare i compiti!»

   «Non ne ho voglia» fu la logica obiezione che sollevò la moretta. «Pure Natsuki non li sta facendo, sgrida anche lei!»

   «Io ho il polso slogato!» ribatté quella. Non era vero, ovviamente, ma ora che la scarsa inclinazione per lo studio se ne stava a braccetto con i problemi personali, Natsuki evitava di concentrarsi inutilmente su altro.

   «Bugiarda! Nao non può averti fatto così male!»

   A quell'osservazione di Mikoto, Mai batté le palpebre, perplessa. Poi, finalmente, fu colta da un'illuminazione. «Ah!» gridò, additando la maggiore. «Ha ragione! Dovresti avere il polso fasciato, se ti facesse male!»

   Kuga sobbalzò, tradita dalla sua stessa ingenuità. «Non mi faceva male fino a che non ho provato a scrivere, ecco perché l'amica di Midori non me lo ha immobilizzato» s'inventò sul momento.

   L'ex-HiME del fuoco, però, le era già addosso, gli occhi negli occhi. «Na-tsu-ki» sillabò tra i denti.

   «Che... Che vuoi?»

   «Capisco che tu stia passando un brutto periodo, ma gli esami di fine anno sono alle porte: vuoi essere di nuovo bocciata?»

   Con gran faccia tosta, la motociclista evase il suo sguardo, riportandolo distrattamente sul catalogo di biancheria intima che aveva davanti a sé. Con un gesto brusco, Mai lo chiuse, prendendolo fra le dita e gettandoselo alle spalle, dall'altra parte della stanza. «Ehi!» protestò Natsuki, facendo per alzarsi e per andare a recuperarlo.

   L'altra le bloccò la strada. «Che altro è successo?» Stupita, lei rimase muta e tornò al suo posto. «Perché hai detto a Takeda-senpai che saresti uscita con lui?»

   «Ci uscirò di sicuro, quindi evita il condizionale.»

   «Sta bene» le concesse la minore. «Ma perché?»

   «Glielo devo.»

   Quella risposta fece accigliare la rossa di più. «Natsuki!» esclamò, spazientita, battendo il palmo della mano contro il ripiano della scrivania dov'era seduta la sua amica. «Smettila di concedere a destra e a manca favori che non vuoi fare! Non devi sentirti obbligata!»

   «Questa volta è diverso!» replicò l'altra, seccata. «Lo faccio perché voglio!» precisò allora. «Oggi l'ho trattato male per l'ennesima volta, senza che quel poveretto se lo meritasse! Il minimo ch'io possa fare, ora, è spiegargli come stanno le cose!»

   Sorprendendosi di quelle parole, Mai la fissò con occhi sgranati: pur nella confusione che cercava in ogni modo di farla impazzire, Natsuki aveva iniziato a reagire, stabilendo una certa logica per le proprie azioni future. La ragazza dalle forme generose rilassò il corpo, lasciandosi cadere sulla sedia. «Lo sai? Anche se fingi di fare la dura,» iniziò col sorriso sulle labbra, «sei davvero gentile.»

   Kuga arrossì e, vivendo quelle parole come un déjà vu, si nascose alla sua vista, poggiando il viso giusto sul polso che avrebbe dovuto farle male. «Sta' zitta» bofonchiò, non volendo ammettere che quella non era la prima volta che qualcuno glielo faceva notare.

   «Però... dovresti giocare a carte scoperte anche con Fujino-san. L'onestà è la cosa più importante, l'ho imparato anch'io a mie spese.»

   «Lo so.»

 

«Ti stai di nuovo prendendo gioco di me, Fujino?!»

   La voce agguerrita di Suzushiro sarebbe stata capace di oltrepassare persino l'altopiano del Tibet, se ne avesse avuto l'opportunità. Fu questo ciò che pensò Natsuki fermandosi davanti all'aula del Consiglio Studentesco. Non le riuscì però di captare la risposta che la bionda ricevette; seppe solo che dovette indisporla parecchio, poiché Haruka ruggì qualcosa che fece scandalizzare Yukino, ed uscì dalla stanza come una furia, arrivando quasi a travolgerla.

   Gli occhi violetti del Direttore Esecutivo la fissarono con sorpresa. Quindi, quando la giunonica fanciulla parve acquietarsi, le scoccò uno sguardo infastidito. «Non dovresti aggirarti da queste parti senza scorta» affondò senza preamboli, facendo cenno col capo verso l'interno dell'aula e dando così conferma a Natsuki che vi fosse un'ennesima persona che, benché non fosse legata a lei da rapporti di amicizia, dimostrava di preoccuparsi per lei.

   «Esageri.»

   «Tu credi?» Kuga non rispose e passò oltre, indispettendo ulteriormente la sua senpai. «Poi non dire che non ti avevo avvisata» borbottò questa, incrociando le braccia sotto ai seni prosperosi.

   «Haruka-chan...»

   Quel pigolio di Yukino le ricordò che aveva qualcosa da fare. Voltò allora le spalle alla ragazza mora e si avviò a grandi falcate lungo il corridoio, mentre il suo braccio destro, salutata la compagna, le trotterellava dietro con aria dispiaciuta.

   «Natsuki!» chiamò la Presidentessa in tono allegro, vedendo la sua amica varcare la soglia. Se ne stava accanto alla finestra, rigorosamente chiusa per via del freddo di inizio febbraio, e la sua sagoma aggraziata si stagliava contro la luce del sole al tramonto.

   A Natsuki tornò alla mente la medesima cosa che pensava ogni volta che si trovava in sua compagnia: a vederla, Shizuru appariva come una diplomanda qualunque, matura e posata. La motociclista non credeva alle parole di Nao, che la dipingeva come un'ipocrita. Si era piuttosto convinta che la gentilezza di Fujino fosse congenita e che quei suoi lampi di follia fossero unicamente frutto della paura. Ciò non toglieva, comunque, che Kuga si sentisse prigioniera di quella sorta di doppia personalità che affliggeva quello che un tempo era stato il suo unico spiraglio di luce in un mondo fatto di ombre. Nei suoi incubi ricorrenti, sognava che, dopo averle detto di avere l'intenzione di uscire con un ragazzo, l'indomani lei stessa rinveniva da qualche parte il cadavere del suddetto individuo. E allora, svegliandosi di soprassalto da quelle terribili immagini, si rimproverava la scarsa fiducia e la pessima dimostrazione di affetto che, dentro di sé, dimostrava per Shizuru.

   Il timore che qualcosa potesse comunque accadere in futuro, continuava tuttavia ad albergare nel suo cuore.

   «Vanno meglio le ferite?» si sentì chiedere con fare premuroso.

   «Sì, non preoccuparti.» Non le aveva raccontato della rissa con Nao, non se l'era sentita. Benché odiasse mentirle, si era sentita costretta a raccontarle che, cadendo da alcuni gradini presenti nel cortile del campus, era finita addosso ad uno di quei gatti randagi che vivevano lì e che facevano spesso compagnia a Mikoto nei momenti di solitudine. Aveva così potuto spiegare, Natsuki, sia i lividi che i graffi sul viso. Shizuru pareva averle creduto, e tanto bastava.

   «Volevi parlarmi?»

   Quella domanda che la Presidentessa le pose con aria serafica le mise invece addosso una certa tensione. Provò a prendere tempo per tranquillizzarsi e saltò a sedere sulla cattedra, i palmi delle mani accanto ai fianchi, premuti contro il ripiano di legno. «Sono già usciti i risultati degli esami d'ammissione all'università che hai scelto?»

   «Ti preoccupi per me? Che cara.» Sembrava averla fatta felice con così poco. Tuttavia sapeva che le sarebbe bastato anche meno per distruggere quella calma apparente. Shizuru spostò il proprio sguardo al di là dei vetri della finestra. «Dovrebbero pubblicarli domani» rispose poi. «Sarà un peccato lasciare questo istituto. Mi mancherà.»

   Fu più forte di lei pensare che vivere due anni di scuola senza di lei sarebbe stato come una liberazione; eppure, di nuovo, Natsuki si biasimò per averlo fatto. Alla mente le sovvenne il ricordo che Mai aveva inconsapevolmente rispolverato il giorno addietro: mesi prima, accompagnando lei e suo fratello in ospedale per una delle ultime visite di controllo a cui Takumi si era sottoposto in Giappone prima di partire per l'America, si era ritrovata in sala d'attesa insieme ad Okuzaki.

   Era stata, inizialmente, una situazione strana per tutte e due. Non soltanto perché non avevano mai avuto granché modo di passare del tempo insieme, come era successo all'ultimo compleanno di Mai, ma soprattutto per via del fatto che entrambe erano tipi di poche parole. In molti avrebbero potuto definirle tsundere per quella loro aria apparentemente seria e impenetrabile, nonché per la facilità con cui poi, invece, si imbarazzavano quando c'erano da mettere in gioco i grandi sentimenti che portavano nel cuore, di qualunque natura essi fossero.

   «Kuga?» Natsuki si era stupita che l'altra avesse avuto qualcosa di cui discutere con lei. «La sorella di Takumi mi ha detto che, quando sono stato sconfitto al Carnival, mi hai salvato la vita.»

   «Ah... davvero?» Le era uscito spontaneo di bocca. Non che non considerasse l'esistenza di Akira, semplicemente non lo ricordava perché in quell'occasione aveva agito di istinto.

   La ragazzina le aveva sorriso timidamente, sorvolando sulla cosa. «Anche se l'hai dimenticato, lo hai fatto. Quindi ci tenevo a ringraziarti.»

   «Non è necessario.»

   «Lo è, invece. Anzi, sono mortificato per non averlo fatto prima.»

   Era sceso di nuovo il silenzio fra loro, e gli occhi della maggiore si erano soffermati involontariamente a scrutare con una certa attenzione la figura minuta della sua kohai. A dispetto di quanto avessero ritenuto tutti fino ad una manciata di giorni prima, dal modo in cui quest'ultima si guardava attorno e si rivolgeva a Takumi, si poteva capire che era una ragazza dentro e fuori, su questo non vi era alcun dubbio. Eppure continuava a parlare di se stessa come di un uomo. Non doveva essere stato facile, aveva iniziato d'un tratto a pensare Natsuki, vivere come tale pur nella consapevolezza di essere una donna. Partendo dal presupposto che quella sua condizione femminile fosse sbagliata, per di più.

   «Okuzaki...» Lei aveva alzato gli occhi a mandorla, segno che le prestava attenzione. «So che questo significa approfittarsene, ma posso chiederti una confidenza, in cambio?»

   Akira ci aveva pensato un attimo. Quindi aveva risposto: «Mi sembra giusto. Ti sono debitore.»

   «Hai un alto senso dell'onore, tu» era stata lieta di riconoscerle la sua interlocutrice.

   «Fa parte della mia educazione.»

   «Immagino di sì» aveva concordato, avvertendo però uno strano senso di contraddizione attorno alla questione: se da una parte tutto ciò che la famiglia aveva inculcato in quella bambina era stato sbagliato, almeno sui principi fondamentali non aveva fallito.

   «Di che si tratta?»

   Natsuki si era presa il tempo di raccogliersi i capelli fra le mani per osservarne distrattamente le punte, prima di proseguire. «Quando... Quando ti sei accorta di quello che provavi per Takumi,» la piccola ninja era sobbalzata, non aspettandosi una domanda del genere, «non ti è mai passato per la testa di approfittarti del fatto di condividere la sua stessa camera?» aveva proseguito comunque lei, cercando di non badarvi.

   La minore, a quel punto, aveva rizzato la schiena, mostrandole un cipiglio a dir poco furioso. «Ho un alto senso dell'onore. Lo hai detto poco fa» aveva tenuto a precisare con voce divenuta improvvisamente dura.

   La studentessa delle superiori le aveva rivolto un sorriso, lieta di sentirglielo dire. «Non fraintendere. Immaginavo già che non lo avresti fatto per questa ragione» l’aveva rassicurata. «Quello che mi chiedevo era se non ti fosse mai capitato di desiderare in qualche modo di avere un contatto, anche innocente, a sua insaputa.»

   «No» aveva ribattuto all'istante Akira, per nulla ammorbidita. «Sarebbe stato come sporcare ciò che sento per lui.» Quelle parole erano penetrate nella mente e nel corpo di Natsuki più di quanto la piccola avesse potuto immaginare.

   «Nemmeno quando hai temuto di perderlo?»

   «Allora dovrei farlo anche adesso, visto che la sua è l’unica vita ancora in pericolo. Inoltre,» a questo punto la voce di Okuzaki si era fatta più bassa, quasi un bisbiglio, «Takumi sapeva che ero un maschio. Se anche mi fossi reso conto di quello che provavo sin dal principio, sarebbe stato assurdo sperare che lui ricambiasse i miei sentimenti.»

   Aveva ragione lei. Quella situazione non era stata poi dissimile da quella che aveva vissuto Shizuru, eppure fra questa e la giovane kunoichi vi era una certa differenza.

   «Perciò... eri pronta a rinunciare a lui?»

   Rossa in volto per il ritrovarsi ad aprire così tanto il proprio cuore ad una persona che, in definitiva, non era neanche sua amica, l'ex-HiME addestrata al ninjustu aveva abbassato lo sguardo. «Se devo essere sincero, i primi tempi ho cercato di reprimere quello che stava nascendo dentro di me. Credevo fosse sbagliato, perché un uomo non avrebbe dovuto innamorarsi di qualcuno del suo stesso sesso.»

   La più grande l’aveva fissata, continuando a provare pena e al contempo ammirazione. «Tu però sei una ragazza.»

   Akira aveva annuito. «È una cosa che ho sempre saputo, ma che tendevo a sottovalutare. Vi davo importanza meramente da un punto vista fisico.» Dal modo in cui faticava a centellinare quelle confessioni, Natsuki si era resa conto della sofferenza che ancora la sua kohai si portava nell'animo. La capiva perfettamente. «Takumi è troppo importante. Non mi sarebbe mai saltato in testa di fargli pesare i miei problemi ben sapendo che lui stesso ne aveva di più gravi. E se anche non li avesse avuti, l'approfittarmi della mia condizione mi avrebbe dato la sensazione di allontanarlo da me.»

   No, si era sbagliata: fra Shizuru e Okuzaki vi era un abisso.

   «È... È questa la tua concezione di amore?» L’aveva vista assentire di nuovo in silenzio. «È lodevole.» L'altra era arrossita più di prima, e lei le aveva sorriso ancora. «Scusa se ti ho fatto delle domande tanto personali. Avevo bisogno di capire una cosa.» La ninja l’aveva guardata come se avesse intuito qualcosa, ma non aveva aggiunto niente. «Terrò per me ciò che mi hai raccontato, non temere.»

   «Non ti avrei detto nulla, se non avessi avuto la certezza di potermi fidare.»

   Attonita, Natsuki le aveva chiesto: «Tutto questo solo perché ti ho salvata?»

   «Anche. Ma soprattutto perché, come la sorella di Takumi, fino all'ultimo hai creduto di poter evitare di combattere.» Le era stato risposto. «Sei una persona gentile.»

   Stavolta era stato il suo turno di avvampare per l'imbarazzo. «No-Non dire idiozie» aveva balbettato, evitando i suoi occhi.

   Riconoscendosi in quegli stessi atteggiamenti, Akira aveva disteso le labbra e aveva lasciato cadere il discorso.

   A distanza di tempo, per quanto ne dicessero lei e Mai, l’ex-padrona di Duran non riusciva assolutamente a considerarsi come tale. Non dopo i pensieri che continuavano a materializzarsi nella sua mente nell’ultimo periodo, soprattutto.

   «Verrai a vederli insieme a me?»

   La melodia della voce di Shizuru la riportò al presente. Sapeva che la sua senpai non era una stupida, per cui doveva avere ben intuito che qualcosa non andasse per il verso giusto.

   «Se ti fa piacere» acconsentì, cercando di mettere da parte ogni brutto ricordo.

   Si era finalmente resa conto di avere sbagliato ad imporsi di amare una persona verso la quale non poteva provare che semplice affetto. Quello che doveva fare, invece, era trasformare quel debole filo che ancora teneva in piedi la loro amicizia, in un rapporto molto più solido, impostandone alla base una sincerità assoluta. Com'era stato con Mai, con Nao, con tutti gli altri.

   La porta si aprì velocemente, e si sentì qualcuno chiedere permesso: Masashi Takeda. Lui e Natsuki si fissarono stupiti, non immaginando di incontrarsi di nuovo così presto.

   «Takeda-kun,» fu invece il cordiale benvenuto della Presidentessa, «hai poi ottemperato al tuo spiacevole compito?»

  «Non ancora, anche se mi rendo conto che avrei dovuto farlo diverse settimane fa» rispose il giovane, muovendo qualche passo nella stanza.

  La ragazza mora balzò giù dalla cattedra. «Natsuki, hai la gonna sollevata» la informò la sua amica. Lei avvampò, portandosi immediatamente le mani al fondoschiena per coprirsi, frattanto che il kendoka indietreggiava e trovava appoggio alla parete per non collassare a terra.

  «Shizuru!» sbottò poi Kuga, rendendosi conto dell'essere stata presa in giro. «Non è affatto vero!»

  Quella le sorrise con amore. «Scusami, ma è davvero divertente vederti saltare la mosca al naso.»

  «Stupida» masticò l'altra fra i denti, ancora troppo imbarazzata per poter alzare di nuovo lo sguardo sul compagno di scuola, ora intento a reggersi il petto come se fosse appena stato colto da un infarto.

  Fujino tornò a rivolgersi proprio a lui. «È già stato deciso chi sarà il nuovo capitano?»

  Natsuki tese le orecchie: Takeda intendeva abbandonare il club?

  «Ci sono ancora delle discussioni al riguardo» lo sentì replicare, mentre i suoi occhi si ostinavano a rimanere fissi su quella piccola, insignificante crepa nell'intonaco che circondava l'intelaiatura della porta. «Dal momento che ho la massima fiducia in lui, ho proposto Tate per sostituirmi.» Già, pensò lei, quei due erano grandi amici... «Però, visti i suoi mesi d'assenza dalla palestra, diversi membri della squadra si sono opposti alla mia scelta. Per cui avrò bisogno ancora di qualche giorno, nella speranza di far cambiare loro idea.»

  «Capisco.» Shizuru si avvicinò, affiancandosi alla loro kohai. «Ad ogni modo, qualunque sia la decisione che verrà presa, dovrai esserne fiero: hai fatto grandi cose per il club di kendo in questi sei anni.»

  «Grazie, Fujino» rispose Masashi, omaggiandola con un inchino. «Non appena avrò un nome definitivo, tornerò a comunicartelo.»

  «Prenditi pure il tempo che ti serve.»

  «Allora, se non hai bisogno d'altro, io andrei a casa.»

  Natsuki strinse i pugni: non ci aveva pensato prima, ma anche lui, come Shizuru, avrebbe lasciato il Fuuka a breve. Ecco perché si dimetteva dal ruolo di capitano della squadra di kendo. Mancavano ancora alcune settimane al diploma, ma se lei avesse aspettato troppo, difficilmente le sarebbe ricapitata l'occasione di rivederlo per saldare il debito che aveva nei suoi confronti. Se solo non avesse gettato via il suo numero di telefono...

  «Aspetta» proruppe all'improvviso, bloccando Takeda quando era ormai in procinto di uscire, e stupendo la Presidentessa. «So che ti avevo detto che non sarebbe stato presto, ma fra gli esami di fine anno, il diploma ed i tuoi impegni con il club, difficilmente riusciremo a conciliare un giorno libero per entrambi.»

  I suoi senpai la fissarono allibiti: l'uno perché mai avrebbe sperato che Kuga si sarebbe sbottonata così tanto davanti a Fujino; l'altra perché spaventata dalla possibilità che la sua Natsuki avesse infine scelto qualcuno che non fosse lei. In preda al panico, neanche lontanamente le sfiorò l'idea che la ragazza non poteva essere così indelicata da comunicarle una cosa tanto importante in quel modo.

  Vedendola voltare il capo verso di lei, Natsuki impallidì dinanzi alla sua espressione, rendendosi conto che quel filo invisibile che le univa, tendendosi più del dovuto, era ora in procinto di spezzarsi. Se non indietreggiò, fu soltanto perché le pareva che le gambe le si fossero paralizzate.

«Shizuru...» mormorò, cercando di non dare a vedere la propria paura. «Sai... Takeda è stato gentile con me, un po' di tempo fa» cominciò a spiegare, facendosi coraggio. Era comunque una cosa che prima o poi avrebbe dovuto farle sapere, perciò tanto valeva rischiare. «E siccome non ho ancora avuto modo di ringraziarlo a dovere, pensavo di farlo oggi, offrendogli qualcosa di caldo.»

  Lasciando da conto il doppio senso da lei pronunciato, e che invece avrebbe divertito da morire Nao, Masashi fissò entrambe, sgomento: cosa diavolo era quella pesante tensione che avvertiva fra le due amiche?

  «Oh...» sospirò Shizuru, chinando il capo ed iniziando probabilmente a rasserenarsi. Il cuore che le si era fermato in petto un attimo prima, ora batteva all'impazzata, mentre i suoi occhi riacquistavano una certa luminosità. «In tal caso, posso venire con voi?»

  Il giovane non parlò perché gli era palese che si trattava di una questione che Natsuki doveva risolvere da sola.

  «Scusa, Shizuru,» provò infatti a farlo lei, senza nascondere un forte disagio, «non avevi qualcosa in sospeso con Suzushiro?»

  Quella parve ricordarsene soltanto allora; tuttavia insistette: «Sono sicura che saprà cavarsela benissimo senza il mio aiuto.»

  L'altra scosse la testa, ed i suoi capelli scuri ondeggiarono in un modo che piaceva molto ad entrambi i suoi senpai. «Dovresti smetterla di approfittarti così di lei» fu il suo rimprovero.

  «Ma...» tentò di obiettare la Presidentessa, mortificata. Perché di colpo Natsuki era diventata così dura? Non era invece stata sempre lei la più forte delle due?

  «Takeda?» la interruppe l’amata, tornando finalmente a rivolgere su di lui lo sguardo. Verde nel verde, le loro iridi sembrarono, per una volta, cercarsi spasmodicamente: se Kuga glielo avesse chiesto, Masashi l'avrebbe portata lontano da lì.

  «Dimmi.»

  «Sei libero ora?»

  «Sì, certo.»

 














Oddio, voi non immaginate che fatica. Anzitutto perché non è facile evitare di perdersi in tutte 'ste elucubrazioni mentali. Poi perché qui non mi si vuole fare scrivere. Sul serio, sembra che la gente faccia a gara per chi debba tenermi lontana dal PC più a lungo.
Vi chiedo perciò scusa per gli errori, le incongruenze o quant'altro; anzi, se avete notato qualcosa che non quadra, avvertitemi ed io provvederò subito a metterci una pezza.
La situazione pare stare volgendo a favore di Takeda. Non era mia intenzione, davvero. Mi limito a seguire il filo logico dei pensieri di Natsuki, anche se non so fino a che punto io sia capace di gestirli.
Come mi ha detto NicoDevil nella sua ultima recensione, scrivere questa fiction si sta rivelando più pesante di quanto avessi inizialmente previsto. E non posso che appoggiare anche ciò che afferma Atlantislux: e vissero felici e contenti non è propriamente la conclusione che adatterei a tutti i personaggi della serie, anzi. Salutando e ringraziando di vero cuore anche Hinata_chan, Hanako_chan e Gufo_Tave, vorrei fare un piccolo applauso a Chiarucciapuccia che, nonostante sappia tutto ciò che penso del suo personaggio preferito (Shizuru) e nonostante il tema della storia, è ancora qui a leggere e a sostenermi in quest'avventura: grazie davvero. ^^
Shainareth





  
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