Nel giro dell'ultimo mese la
presenza di Boruto a casa sua era aumentata in modo esponenziale,
persino nei compiti si impegnava di più e talvolta chiedeva
di poter
tornare qualche altro giorno in modo da potersi presentare
all'Accademia preparato al meglio. Questo aveva determinato,
ovviamente, un risvolto più che positivo per il rendimento
scolastico del ragazzino, ma lo stesso non si poteva dire della
pazienza di Sarada, che ormai aveva raggiunto i limiti massimi di
sopportazione. Conosceva troppo bene il suo compagno per credere in
quell'improvviso slancio di secchionaggine, senza
contare le
occhiate enigmatiche che spesso lo vedeva scambiarsi con suo padre,
il quale sembrava tentare in ogni modo di ignorarlo, evidentemente
senza successo.
Seguirlo sarebbe stato troppo
rischioso, non avrebbe mai potuto permettersi di venire scoperta e
rischiare di fare una figuraccia colossale proprio con Boruto.
Insomma, era pur sempre il figlio dell'Hokage, e se anche lei un giorno avesse voluto aspirare a quella carica doveva pur mantenere un certo contegno, no?
Dopo averci rimuginato per quasi due ore intere, mentre fingeva di ascoltare l'Uzumaki intento a spiegare, a parole sue, in cosa consistesse la tecnica della trasparenza, decise di attuare l'unica soluzione possibile; si alzò di scatto senza dire niente e con un gesto deciso chiuse a chiave la porta di camera sua. Boruto si voltò perplesso nell'udire quel rumore così poco familiare e riservò alla ragazza un'occhiata tanto dubbiosa quanto spaventata.
«Che
significa?» domandò
seguendola con lo sguardo mentre gli si avvicinava minacciosamente.
Sentì l'indice di lei premergli
sulla fronte e fu costretto ad incrociare quelle iridi scure, ormai
diventate familiari.
«Significa che le tue bugie
finiscono oggi, Boruto Uzumaki» dichiarò sicura,
allontanandosi
subito dopo per riprendere posto davanti a lui.
Incrociò le braccia e vide il suo
compagno deglutire rumorosamente, in evidente difficoltà.
«Qua- quali bugie?»
«Non fare il finto tonto!» esclamò
lei, sull'orlo di una crisi di nervi. «Voglio sapere che
diavolo sta
succedendo, e voglio saperlo adesso, o giuro che non uscirai da
questa stanza!»
Boruto incassò il colpo chiudendosi
nelle spalle e guardò terrorizzato la mano destra della
ragazza, già
chiusa a pugno e strabordante di chakra pronto per essere scaricato
in un colpo solo sulla sua adorabile zazzera bionda.
«D'accordo ma per favore, datti una
calmata – biascicò lui, mettendo le mani avanti
– così mi
spaventi, Sarada-chan»
Lei chiuse gli occhi per un attimo,
cercando di riprendere il controllo di se stessa, poi riprese a
guardarlo in attesa di una risposta che fosse abbastanza
soddisfacente da non farle venire voglia di pestarlo seduta stante.
«Non te l'ho detto perché temevo
ti saresti arrabbiata» iniziò lui, poggiando i
gomiti sul tavolo.
«E forse dopo averlo saputo avrai ancora voglia di
picchiarmi, ma
oramai è inutile continuare a nasconderlo»
Sarada si sporse in avanti in segno
di ascolto, anche se continuava ad essere tesa come se avesse appena
terminato un allenamento impegnativo.
Boruto avvicinò la sedia alla
scrivania e parlò quasi in un sussurro.
«Ho chiesto a tuo padre di farmi
da maestro»
Piegato com'era sugli avambracci,
dovette alzare lo sguardo per incrociare quello stupito e
apparentemente perso della sua compagna. Per un attimo gli
sembrò
che avesse smesso di respirare e cominciò a temere il peggio.
«Sarada-chan?»
Provò a richiamarla dallo stato di
trance in cui era piombata, fece per scuoterla appena quando la vide
sbattere le palpebre e sistemarsi la montatura, scuotendo di poco la
testa.
«Oh» disse soltanto, spostando lo
sguardo sulla moltitudine di fogli sparsi sotto i palmi del suo
compagno e confrontandola con l'ordine quasi maniacale in cui verteva
la sua parte di scrivania.
Boruto era rimasto a fissarla con la
bocca aperta, un'espressione da pesce lesso dipinta sul volto roseo.
«Come sarebbe a dire ¨oh¨?»
chiese corrugando entrambe le sopracciglia, piuttosto interdetto per
quella reazione inaspettata. «Che cavolo, pensavo che mi
avresti
fatto una sfuriata, come minimo»
Lei alzò le spalle e lo fissò
seriamente. «Sì, sono molto arrabbiata per il
fatto che me l'hai
nascosto, Boruto. Ma la storia finisce qui.»
«Cioè non ti importa se io... se
tuo padre...» faceva fatica persino ad articolare una
semplice
frase, tanto lo aveva preso alla sprovvista.
Sarada teneva ancora lo sguardo
basso e il suo atteggiamento dimostrava chiaramente che avrebbe
preferito quanto prima cambiare argomento di conversazione.
«Ma insomma!» stavolta era stata
un'esclamazione piuttosto fastidiosa a rompere il silenzio.
«Come è
possibile che la cosa non ti tocchi? Ho quasi costretto tuo padre
a-»
«Costretto?»
Il biondo ammutolì, spiazzato dal
tono che aveva usato la ragazza.
«Mio padre non è una persona
facile da abbindolare, specialmente da persone come te, Boruto.
È impossibile che tu l'abbia costretto a fare qualcosa, puoi
starne
certo»
Lasciò che continuasse per vedere
dove sarebbe andata a parare.
«Se davvero papà ha deciso di
prenderti come suo allievo allora...» lasciò la
frase in sospeso
per guardarlo finalmente negli occhi e a Boruto sembrò che
lo
scrutasse con affettuosa curiosità. «Significa che
ha visto
qualcosa in te»
Il
biondo si grattò nervosamente la testa, come se tutta quella
faccenda lo avesse confuso di più di quanto riuscissero a
fare tre
capitoli del libro di Storia
dei ninja.
«Qualcosa
di speciale, intendo» continuò lei, con aria
distratta e un po'
malinconica.
Stavolta
fu Boruto a rispondere con un semplice «Oh»,
mentre cercava di elaborare mentalmente quello che aveva appena udito
dalla sua compagna.
Trascorsero più di dieci minuti,
durante i quali nessuno dei due si decise a parlare, fino a quando il
ragazzino decise di esternare l'unica cosa sensata che aveva
elaborato in quel lasso di tempo in cui entrambi avevano guardato
ovunque tranne che in direzione dell'altro.
«E tu, Sarada... tu pensi davvero che io abbia qualcosa di speciale?»
La ragazza giurò di aver sentito un leggero tremore nel timbro del compagno, mentre gli poneva quello strano interrogativo. Di nuovo sentì il bisogno di sistemarsi gli occhiali e dovette prendere un bel respiro per regolarizzare il battito del suo cuore, che stranamente aveva deciso di impazzire proprio in quel momento.
«Beh sì... - mormorò, sorridendogli dolcemente – suppongo di sì»
Boruto
gli sorrise di rimando, ma fu
costretto a guardare altrove quando sentì un leggero calore
tormentargli le guance.
«Okey, uhm» buttò lì, in modo
impacciato.
«Quindi mi perdoni?» aggiunse, con l'animo
decisamente più
leggero.
Lei si alzò ed andò ad aprire la
porta, prima che sua madre potesse elaborare strane teorie su quel
suo comportamento insolito.
«Vedremo» gli rispose con un
ghigno divertito che gli ricordò in tutto e per tutto quello
del
temibile Sensei.