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Autore: BlackHawk    14/08/2015    1 recensioni
-Non è il posto che fa per te- disse una voce alle sue spalle. Si voltò sorpresa verso l’uomo che le aveva servito da bere, il cui nome le sembrava di aver capito fosse Jet.
-E chi lo dice?- chiese Emma, inarcando un sopracciglio.
-Ti do un consiglio Emma. Finisci la tua birra e vattene da qui.- disse Jet, appoggiandosi al ripiano del lavandino alle sue spalle.
Era a braccia conserte e la fissava intensamente, come a volerle leggere dentro.
-Ho bisogno di un lavoro. Non è facile trovarne uno di questi giorni.- disse Emma, sorpresa che lui avesse sentito la sua conversazione con Kian e l’avesse chiamata per nome.
-Chi è Karen?- chiese lui, dopo un po’.
Emma prese un sorso di birra, sperando che scacciasse il nodo in gola che le si era formato. -Era la mia migliore amica. Lavorava qui. È stata assassinata due anni fa, ma non hanno trovato il colpevole.- rispose Emma, incapace di mascherare la rabbia.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Dove sei stato ieri?- chiese Emma, mentre faceva colazione con Jet in albergo.
-Ho cambiato i soldi innanzitutto.-
-E poi? Sono stata per ore rinchiusa in quella camera- osservò Emma, cercando di non sembrare irritata.
-Pensavo che mi avessi perdonato- scherzò Jet, scuotendo la testa.
-Più o meno.- Emma non poté fare a meno di sorridere ripensando a quello che avevano fatto quando lui era tornato.
-Poi sono andato nel distretto di polizia più vicino.- proseguì Jet.
Emma posò il caffè sul tavolo, preoccupata. –Che hai scoperto?-
-Poco. Molto poco, in realtà. La poliziotta con cui ho parlato faceva fatica a capirmi e il suo inglese era davvero pessimo. In ogni caso mi ha fatto capire che non poteva darmi informazioni su James a meno che io non fossi il suo avvocato-
-Ma non ti ha detto se è ancora in carcere?-
-No. Potremmo trovare un altro distretto e chiedere informazioni fingendoci degli avvocati…-
Emma non credeva che fosse un gran piano. Se i poliziotti fossero stati pignoli e avessero indagato più a fondo lei e Jet sarebbero finiti nei guai.
-Forse dovremmo andare in ambasciata. Potremmo parlare con qualcuno e…-
Jet la interruppe subito. –No, Emma. Non servirebbe a nulla. Dimitrij e i suoi non sono dei semplici agenti. Per loro la legge non ha alcun significato. E poi se ci presentassimo in ambasciata solleveremmo un polverone, aggravando la posizione di James.-
Emma fu costretta a dargli ragione. Andando in ambasciata avrebbero solo peggiorato la situazione. Cosa avrebbero dovuto fare allora?
-Non conosco le leggi russe, Jet.- ammise Emma, preoccupata. –Come facciamo a tirarlo fuori dalla prigione, ammesso che sia ancora lì, se non conosciamo nemmeno le fondamenta della loro legislazione?-
-Dobbiamo procedere per gradi, Emma. Adesso dobbiamo solo scoprire se è ancora in carcere. Poi andremo a trovarlo e parleremo con lui.-
-E se non fosse più in carcere? Se Dimitrij e i suoi lo tenessero prigioniero da qualche altra parte?-
Jet le prese una mano, accarezzandola dolcemente con il pollice. -Lo troveremo- la rassicurò, sorridendo.
Emma non era così ottimista. Non aveva esitato a partire con lui, ma adesso che era a Mosca le sembrava impossibile liberare James, ovunque lui si trovasse.
-Finito?-le chiese Jet, notando che aveva smesso di mangiare.
Emma annuì e poi si alzò, prendendo la sua borsa.
Seguì Jet fuori dall’albergo e fu investita dal caldo estivo.
-Speravo fosse più bassa la temperatura qui- disse Emma, infilandosi gli occhiali da sole.
Jet sorrise. –Per la verità anche io.- ammise, guardandosi intorno. –Credo che ci servirà una cartina.-
Emma annuì. –Lì c’è un giornalaio, magari ne troviamo una.- disse, incamminandosi  lentamente verso l’edicola.
-Ho parlato con Kian ieri. Ha detto che avrebbe aspettato che si presentasse Dimitrij al locale e poi ci avrebbe avvertito una volta che gli avesse consegnato i soldi. Abbiamo qualche ora di vantaggio su di lui, però non possiamo comunque perdere tempo- disse Jet, mentre Emma cercava una cartina tra tutti gli articoli esposti nell’edicola.
-Magari non torna subito qui.- disse Emma.
-Posso aiutarvi?- chiese un uomo, ostentando un perfetto inglese.
Emma lanciò un’occhiata a Jet. Qualcuno che parla inglese in modo comprensibile!, avrebbe voluto dire.
-Stiamo cercando una cartina.- disse invece, sorridendo.
-Americani?-chiese l’uomo, un signore di mezza età con grandi occhi verdi.
-Esatto!-rispose Emma, sorridendo.
-Credo di averne ancora qualcuna. Torno subito-
Mentre aspettavano che tornasse l’uomo, il telefono di Emma squillò.
-Chi cavolo è adesso?- si chiese ad alta voce, mentre lo tirava fuori. Quando si accorse che era suo padre sorrise. Poi però le venne in mente il fatto che non aveva avvertito i suoi genitori che sarebbe andata in Russia. Ignorò la chiamata a malincuore.
-Ecco a voi-disse l’uomo che era tornato con diverse cartine nella mano.
-Scegliete quella che preferite.-
Jet le esaminò attentamente e alla fine scelse quella più dettagliata. Pagarono e cercarono di orientarsi.
-Forse dovremmo chiedere al signore dove possiamo trovare un distretto.- disse Emma, ritenendo che fosse inutile orientarsi tramite la cartina.
-Già-confermò Jet.
Emma tornò all’edicola e si fece dare le indicazioni di cui avevano bisogno.
-Pare che ce ne sia uno a un chilometro da qui.- disse, mentre tornava da Jet.
-Spero solo che non sia quello in cui sono andato io-
Si incamminarono nella direzione che aveva indicato loro il giornalaio e in poco tempo si ritrovarono fuori dal distretto.
-È quello di ieri, Jet?-
-No. Quello dove sono andato io era molto più lontano, per la verità.-
-Se tu non mi avessi rinchiuso in camera…-iniziò a dire Emma, ma fu interrotta dalle labbra morbide di Jet che si posarono sulle sue.
-Ma dopo non avremmo…-
-Jet!-esclamò Emma, imbarazzata.
-Ok, piccola. Ne parleremo in un altro momento.-
-Allora quale è il piano?-chiese Emma, sollevata.
-Entro e fingo di essere il fratello di James-
-E poi?-
-E poi niente. Cerco di ottenere più informazioni possibili.-
-Aspettami qui. È meglio che entri uno solo di noi due. Se ci sono problemi ti chiamo.-
Emma non fece in tempo a protestare che Jet si era già avviato verso l’ingresso.
Quando la smetterà di decidere tutto lui?, si chiese Emma, spazientita.
Si guardò intorno curiosa. Il distretto si trovava in una strada stretta, ma molto trafficata. Le persone camminavano veloci sul marciapiede, ignorando tutto e tutti.
Le tornò in mente quello che aveva detto Jet. Avrebbero dovuto parlare di quello che era successo ieri? Dopo che si erano fatti la doccia insieme, erano andati a cena.
Jet le era sembrato soddisfatto e rilassato come non lo aveva mai visto. Avevano parlato molto e si erano goduti piatti tipici della cucina russa, ma nessuno dei due aveva accennato a quello che era successo prima.
Emma aveva capito di amare Jet, ma non poteva sollevare l’argomento proprio ora che dovevano concentrarsi su James. Avrebbero avuto tempo  di chiarire il loro rapporto una volta tornati a Chicago.
Lanciò un’occhiata al telefono. Erano già venti minuti che Jet era dentro.
Ha detto che avrebbe chiamato se avesse avuto bisogno di aiuto, si disse Emma. E ha detto anche che era meglio che solo uno di noi entrasse. Però potrebbe trovarsi in difficoltà e non avere la possibilità di contattarmi.
Emma non esitò. Si avviò verso l’ingresso ed entrò nel distretto.
All’inizio credette di trovarsi nel posto sbagliato. Non c’era il caos e il disordine che contraddistingueva ogni stazione di polizia che Emma aveva potuto vedere nei film. Anzi. Vi erano poche persone ed erano pochi gli agenti in divisa. Saranno tutti in borghese, pensò Emma.
Un uomo in divisa sulla trentina le si avvicinò e le chiese qualcosa in russo. Emma cercò di fargli capire che non parlava quella lingua.
-Posso aiutarla?- chiese allora l’uomo in inglese, pronunciando alcune parole in modo strano.
Emma sorrise. Perché i russi facevano così fatica a imparare l’inglese?
-Sto cercando una persona- gli disse, scandendo bene le parole nella speranza che lui la capisse.
Il poliziotto le fece cenno di seguirla. Si accomodò su una scrivania e invitò Emma a sedersi. Lei si guardò intorno alla ricerca di Jet, ma non lo vedeva. Forse era in qualche stanza a parlare con un poliziotto.
-La persona che sto cercando è James Wright- disse Emma.
Il poliziotto la scrutò, come se cercasse di capire le sue intenzioni.
-Perché lo sta cercando?-
-Vede agente, qualche giorno fa ho scoperto di essere stata adotta- cominciò a dire Emma, sperando di sembrare convincente.- Nel testamento dei miei genitori adottavi era scritto chiaro e tondo: non ero figlia loro ed era un mio diritto saperlo. Così ho cominciato ad indagare e ho scoperto che l’unico parente che avevo era partito per la Russia.-
-Mi dispiace per la sua perdita-disse il poliziotto.
-Li amavo così tanto, sa. Non capisco perché mi abbiano nascosto la verità per così tanto tempo. Non avrei certo smesso di amarli solo perché non erano i miei genitori biologici.-
-Perché è qui, signorina?-
-Perché ho scoperto che James, mio cugino, è stato arrestato due anni fa qui a Mosca e di lui nessuno ha avuto più notizie- disse Emma.
-Non posso…-
-La prego. Non ho più nessuno adesso. Quando sono morti i miei.. beh, i miei genitori adottivi, mi è crollato il mondo addosso-
L’agente sospirò. –Cercherò nel database, ma non posso prometterle nulla.-
Emma si costrinse a non esultare. –Lei è davvero gentile.-
Lo vide digitare qualcosa al computer e poi le chiese di nuovo il nome di suo “cugino”.
Mentre attendeva che la ricerca desse qualche risultato Emma si guardò intorno.
C’erano diverse stanze con le porte chiuse. Jet doveva essere per forza in una di quelle, il distretto non era enorme e lì fuori lui non c’era.
Quando si aprì una porta e uscì Jet accompagnato da un poliziotto di mezza età, Emma tirò un sospiro di sollievo.
Jet si accorse di lei e le lanciò un’occhiata. Emma sapeva benissimo cosa gli passava per la testa in quel momento. Si stava sicuramente chiedendo perché lei fosse entrata nonostante lui non l’avesse chiamata e cosa stesse facendo seduta alla scrivania di quel poliziotto.
-È stato condannato ad un periodo di detenzione, signorina.- disse l’agente, costringendola a distogliere lo sguardo da Jet.
-Oh mio dio-disse Emma, fingendosi sorpresa. –Ma che cosa ha fatto?-
-Possesso di droga. È uscito di prigione due settimane fa-
-Non riesco a crederci. I miei genitori sono stati adottati e l’unico parente che ho è stato in prigione-mormorò Emma, scuotendo la testa.
-Ha finito di scontare la sua pena, però. Ha la possibilità di mettersi in contatto con lui e incontrarlo-cercò di rassicurarla l’agente.
–Ma non so dove abita. Come farò a trovarlo?-chiese, fingendosi disperata.
-Se scoprono che ho fatto una cosa del genere mi licenziano. –
Emma sollevò la testa, guardando l’agente negli occhi.
Lui lesse qualcosa sul computer e poi glielo riferì. –Nella sua scheda non è riportato l’indirizzo attuale, ma quello precedente. Magari è tornato lì-
-Sarebbe così gentile da dirmelo?-
L’uomo scrisse l’indirizzo su un pezzo di carta e lo diede ad Emma.
-Mi raccomando stia attenta.- si raccomandò.
Emma gli sorrise e gli strinse la mano. –Non so davvero come ringraziarla. Davvero-
Il poliziotto annuì e poi la scortò verso l’uscita.
Quando fu di nuovo in strada cercò subito Jet. Stava fumando in un angolo, qualche metro più in là.
Quando vide Emma gettò la sigaretta a terra e la spense con la scarpa.
-Si può sapere perché non fai mai quello che ti dico?-le chiese, seccato.
Emma scoppiò a ridere. Gli circondò il collo con le braccia e lo baciò.
-Perché hai sempre idee del cavolo, Jet- disse, dopo essersi staccata da lui.
-Scoperto qualcosa?-gli chiese poi, pregustandosi il momento della vittoria.
-No. Il poliziotto non ha voluto dirmi niente. Continuava a ripetere di avere le mani legate.- borbottò  Jet, sbuffando.
-Vedi Jet, questa è l’ennesima prova che la mia presenza è fondamentale-disse Emma, sorridendo.
-E perché mai, piccola?-
-Perché io sono riuscita a scoprire in dieci minuti quello che ci serviva sapere mentre tu non ci sei riuscito in un giorno e mezzo.- disse Emma, sfrontata.
Jet posò le mani sui suoi fianchi e inarcò un sopracciglio.
-Sentiamo-
-James è stato in prigione fino a due settimane fa. Il poliziotto ha detto che nel suo fascicolo non c’era il suo indirizzo attuale, ma quello precedente e me lo ha gentilmente scritto su un foglietto.-
Jet spalancò gli occhi, incredulo.- E come hai fatto a convincerlo a darti queste informazioni?-
-Sono una donna, Jet.- disse Emma, come se quello dovesse spiegare tutto.
-Già. Ieri ne ho avuto una conferma-
Emma arrossì. –Sei un cretino. Invece di ringraziarmi fai battute idiote- lo rimproverò.
Jet rise e poi la baciò velocemente. –Hai ragione, tesoro. Sei stata grande. Come farei senza di te?-
-Mi ringrazierai in modo appropriato dopo, adesso andiamo a noleggiare una macchina.- disse Emma.
-Credo sia meglio chiamare un taxi-
-No, Jet. Abbiamo bisogno di una macchina. Non sappiamo che tipo di spostamenti dovremo affrontare.-
Jet annuì. –Credo che l’albergo offra un servizio di noleggio.-
-Andiamo allora-
***
Un paio d’ore dopo Emma e Jet erano in macchina. Inutile dire quanto avessero dovuto pagare per averla.
-Credo che il gps sia andato-disse Emma, mentre cercavo di impostarlo per l’ennesima volta.
-Cerca di orientarti con la cartina allora.-
Emma cercò di individuare la loro posizione, dopo aver letto il nome della via in cui si trovavano. Poi lesse l’indirizzo che le aveva dato il poliziotto e lo cercò sulla cartina.
-Non è molto lontano, Jet. Dobbiamo solo stare attenti a questo incrocio.- disse Emma, indicando con il dito un punto della cartina.
Jet lanciò uno sguardo veloce e poi tornò a concentrarsi sulla strada.
-Dovrai essere meglio di un navigatore, tesoro-
Emma stava cominciando ad abituarsi a essere chiamata da Jet con quei vezzeggiativi e questo la spaventò. Lei lo amava, ma lui ricambiava i suoi sentimenti?
-Dove devo giare, Emma?- le chiese poi, arrivati ad un semaforo.
-A destra- rispose Emma, felice di poter escludere quei pensieri dalla testa almeno per un po’.
Impiegarono circa un’ora a raggiungere l’indirizzo che stavano cercando.
-Deve essere un albergo o qualcosa del genere, no?-chiese Emma, guardando i diversi palazzi davanti ai quali passavano.
-Voglio dire lui e Alec erano venuti per fare un viaggio…-precisò Emma.
-Già-
Emma controllo il civico di ogni palazzo con estrema attenzione.
–Eccolo!- esclamò ad un certo punto, mentre passano davanti ad un palazzo decadente con poche finestre.
-Sei sicura?- chiese Jet, perplesso
-Sì, il civico è questo- confermò Emma.
Jet parcheggiò la macchina a qualche metro di distanza dall’ingresso e poi si avviarono a piedi.
Esaminarono con attenzione tutti i nomi riportati sui citofoni, ma non c’era  quello di James.
-Beh citofoniamo a qualcuno. Prima o poi ci apriranno- propose Emma, non vedendo alternative.
Il palazzo sembrava disabitato perché nessuna delle persone cui citofonarono rispose. Provarono con altre persone, ma non ebbero risposta.
-Qui non ci abita nessuno Jet-osservò Emma, delusa. La loro ricerca era stata un fiasco.
-Forse potremmo…-iniziò a dire Jet, ma Emma lo interruppe.
-Non ti girare, ma nel palazzo di fronte una donna ci sta osservando da una finestra. -lo avvertì Emma.
-Descrivimela.-
-Giovane, mora. Non posso dirti altro, è troppo lontana.-
-Piano?-
Emma sbirciò con la coda dell’occhio. –Terzo-
-Andiamo a parlarle-
Nel momento esatto in cui Jet ed Emma si avviarono verso il palazzo, la donna si scostò dalla finestra, nascondendosi alla loro vista.
Strano, pensò Emma sospettosa.
-Dobbiamo farci aprire da qualcuno- disse Jet, arrivati all’ingresso del palazzo.
Emma ebbe non fece in tempo a dire nulla, che una ragazzina si avvicinò al portone. Citofonò a qualcuno del palazzo che le aprì.
Emma e Jet si scambiarono un’occhiata ed entrarono prima che si richiudesse il portone. Salirono le scale fino al terzo piano e notarono che c’erano quattro appartamenti.
-Quale sarà?- chiese Emma, sussurrando.
Jet alzò le spalle. –Non ne ho idea-
Lessero i nomi sui campanelli, ma non fu d’aiuto. Stavano per suonare ad una porta a caso, quando alle loro spalle se ne aprì un'altra.
Si girarono contemporaneamente ed Emma riconobbe la donna che li aveva osservati dalla finestra.
Aveva all’incirca la sua età e si spaventò molto quando li vide. Fece per rientrare in casa, ma Jet la bloccò.
-Non vogliamo farti del male. Stiamo cercando una persona. James Wright- le spiegò, parlando lentamente.
Lei sgranò gli occhi. Sa chi è, pensò Emma notando la sua reazione.
-Non lo conosco-disse la donna, scuotendo la testa. Parlava bene inglese e questo era davvero d’aiuto.
-È un nostro amico. Se sai dove si trova…- iniziò a dire Emma.
-Mi dispiace, non lo conosco- ripeté la donna, arretrando in casa.
Jet fu più veloce. Poggiò una mano sulla porta e la tenne aperta.
-Entra- ordinò ad Emma.
-Jet non credo…-
-Sbrigati-
Emma entrò in casa seguita da Jet, che si chiuse subtio la porta alle spalle.
-Non potete farlo-protestò la donna.
-Come ti chiami?- le chiese Emma.
La donna cominciò a indietreggiare spaventata.
-Andate via. Non so niente- continuò a ripetere.
Emma e Jet si scambiarono un’occhiata. La donna stava chiaramente mentendo e loro dovevano capire il perché.
-Abbiamo fatto un viaggio lungo per trovare James…- tentò di nuovo Emma.
Sia lei che Jet si insospettirono quando sentirono un rumore provenire da una stanza della casa.
-Emma rimani qui.- le ordinò Jet.
-C’è qualcuno in casa?-chiese poi alla donna, avanzando lentamente.
Lei non rispose, spostando lo sguardo da Emma a Jet.
Emma seguì Jet nel corridoio. –Dovevi rimanere all’ingresso-la rimproverò Jet.
-Sì, certo-
Cominciarono a controllare ogni stanza, ma non sembrava che ci fosse nessuno. Arrivati in cucina capirono che la casa era vuota e che il rumore era stato prodotto da un gatto che adesso girava loro intorno.
-Non c’è nessuno qui, Jet- osservò Emma, guardandosi intorno.
Notò però che sul tavolo c’erano due tazze di caffè. C’è qualcuno, pensò Emma.
Non fece in tempo ad avvertire Jet che una voce maschile alle loro spalle disse:-Fermi dove siete, altrimenti sparo a tutti e due.-
Jet sussultò, girandosi lentamente verso l’uomo ed Emma fece lo stesso.
Sgranò gli occhi, incredula. Incrociò un paio di occhi azzurri familiari, ma la pistola che l’uomo puntava contro di loro attirò l’attenzione di Emma.
Jet confermò la sua ipotesi, pronunciando un unico nome.
-Alec-
   
 
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