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Autore: Gora_DC    15/08/2015    1 recensioni
Finalmente è arrivato il giorno del tanto atteso colloquio di lavoro e Blaine deve fare bella figura. Sono già due anni che si è laureato, ma né in campo professionale né in quello sentimentale sembra che la sua vita abbia preso una piega accettabile. E adesso eccolo, traballante su scarpe scomode e vestito di tutto punto, in ritardo cosmico – grazie alla simpatica sveglia che non suona quando dovrebbe e a un autobus che ha deciso di saltare una corsa – sotto la sede della rivista di moda e gossip più letta del momento. Blaine deve avere quel lavoro!!! Ma la giornata a quanto pare è nata storta e può solo peggiorare. E infatti, come una ciliegina sulla torta, l’ascensore che è riuscito a prendere al volo pensa bene di bloccarsi. Uno scossone prima e un altro a breve distanza ed è chiaro che non ripartirà. Ma Blaine lì dentro non è solo… Accanto a lui c’è qualcuno. Qualcuno che soffre di claustrofobia e che è sul punto di avere un attacco di panico. A meno che lui… non si faccia venire qualche idea geniale per impedirlo. Un’idea così geniale che lascerà il segno…
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3
Il Triangolo delle Bermude


 
«Grazie» esclamò il ragazzo dopo essere stato investito da un tripudio di bellezza.
 
Un cavaliere dalla scintillante armatura era lì per lui.
 
Si ritrovò paralizzato. Quello sì che era un intermezzo romantico da romanzetto rosa. Era ora che accadesse anche a lui qualcosa che meritasse di essere raccontato.
 
Silenzio, ecco la scena.
 
L’uomo lo guarda con due occhi sognanti. No, non proprio sognanti, più che altro incuriositi o forse infastiditi? Nessun rumore. No, non è vero, ci sono i telefoni che squillano in lontananza, potrebbero rompere l’incanto, ma non lo fanno. Blaine scivola lentamente dentro l’ascensore, a fianco dell’adone.
 
L’ascensore parte.
 
Non può essere… ripete la vocina nella sua testa. È lui, è lui… il modello!
 
L’essere meraviglioso, che con il suo corpo aveva reso l’arte uno scherzo della natura, era in piedi, lì accanto a lui, e per giunta vestito. Anche se nella testa di Blaine rimbalzavano la sua vigorosa nudità insieme a tutte le foto che aveva analizzato con attenzione insieme al fratello.
 
Il suo cuore era il tamburo impazzito di una band. Le loro braccia si potevano quasi sfiorare, pochi centimetri li dividevano e Blaine poteva percepire un certo calore attraverso il tessuto leggero. Come accidenti si chiamava quel dio sceso dall’Olimpo tra i comuni mortali? Era statO talmente distratto dalle inquadrature ardite del suo marmoreo fondoschiena che non aveva fatto caso al nome che nell’articolo accompagnava le foto.
 
Salivazione azzerata, battito accelerato. Dovevano sentirsi così le quindicenni che avevano l’incredibile fortuna di incontrare il loro One Direction preferito. Si sentiva ormonalmente sballato.
E la cosa comica, per non dire patetica, era che l’adone sembrava non averlo neppure visto. Certo, gli aveva tenuto aperte le porte dell’ascensore per impedirgli di diventare una frittata, ma non gli aveva certo lanciato sguardi di apprezzamento.
 
Era evidente, se lui era Apollo, lui non era neanche considerabile un semi-dio.
 
Il cuore decelerò in preda a un’improvvisa delusione, che si trasformò in una forma lampo di depressione. Uno come lui avrebbe fatto colpo su uno così l’anno del mai.
 
Ma perché voleva farsi notare? Che senso aveva quando in una manciata di secondi lo avrebbe perso per sempre. Molto drammatico, ma anche parecchio realistico. Voler appagare il proprio ego ferito da Qui Quo Qua non giustificava sogni a occhi aperti, per giunta irrealizzabili.
 
Si stava già mettendo l’anima in pace quando d’improvviso la cabina dell’ascensore ebbe un sussulto. Blaine si ritrovò a perdere l’equilibrio e istintivamente si aggrappò al braccio del modello misterioso.
 
Un altro scossone.
 
E Blaine realizzò che non era il momento di lasciarsi andare a pensieri in libertà sui muscoli del tipo accanto a lui. Che cavolo stava succedendo? Sollevò lo sguardo sull’uomo che aveva intercettato i suoi occhi e lo stava guardando davvero, questa volta.
 
Panico, non panico perché lo fissava. In altre condizioni l’avrebbe anche trovato gratificante, ma il suo panico aveva un’origine molto meno nobile. L’ascensore si era bloccato e le luci si erano spente, mentre una lucetta rossa regalava una tonalità cupa all’ambiente angusto. Sembrava di essere in un antro per l’inferno.
 
«Fantastico!» brontolò il ragazzo raddrizzandosi e lasciando la presa dal suo fortunoso appiglio.
 
«Siamo bloccati?»
 
L’uomo non aveva ancora parlato, anzi, dopo essersi allontanato da lui, si era avvicinato alle porte, impietosamente chiuse, e aveva cominciato a tastarle curioso per poi colpirle un paio di volte.
 
Blaine, che percepiva in maniera palpabile il nervosismo del suo occasionale coinquilino, lo osservava muoversi con malcelata agitazione.
 
Finalmente udì la sua voce, una tonalità chiara ma calda che in condizioni normali avrebbe fatto perdere la bussola anche a un transatlantico, ma che in quel momento suonava come un monito.
 
«Mi sentite? C’è nessuno? Siamo bloccati!».
 
Era ansia quella che Blaine riconosceva.
 
I movimenti frenetici che l’uomo iniziò a compiere gli fecero capire che la situazione stava precipitando. Il modello schiacciava in maniera insistente e casuale tutti i tasti del pannello vicino alle porte.
 
Come dirgli che non sarebbe servito a niente?
 
Blaine gli si avvicinò e con un gesto amichevole gli appoggiò la mano sul braccio e gli si rivolse con la voce più gentile e calma possibile. «Non ti preoccupare, vedrai che fra poco ci tireranno fuori da qui».
 
L’uomo si voltò a scrutarlo da distanza molto ravvicinata. Accidenti se era bello, peccato che i suoi lineamenti fossero contratti in una smorfia.
 
«Soffro di claustrofobia, capisci?»
 
Ecco, quella era una notizia che Blaine avrebbe preferito non ricevere.
 
Il modello si spostò e si guardò intorno come un animale in trappola. Fissava le pareti metallizzate come se potessero all’improvviso chiudersi su di lui e schiacciarlo, un po’ come accadeva a Han Solo e compagni in Guerre Stellari.
 
Blaine si passò una mano sulla fronte, pensando a una cosa intelligente da dire. «Fa’ un lungo respiro, ci tireranno fuori in un baleno, vedrai».
 
«Lo credi davvero?»
 
Speranza, ecco quello che voleva. Si allentò il nodo della cravatta come se lo stesse soffocando mentre continuava a muoversi irrequieto. Non convinto finì per sfilarsela e ficcarla nella tasca del giubbotto di pelle.
 
Che magnifico esemplare di fiera in gabbia!
 
«Ma certo, siamo in un palazzo pieno di uffici. Qui tutti producono, producono, affari, affari… Gli servono gli ascensori per accumulare dollari. Ci tireranno fuori presto».
 
Va bene, forse a entusiasmo aveva ecceduto un po’, ma meglio abbondare in casi di emergenza. Lui gli puntò gli occhi addosso e abbozzò un mezzo sorriso, per la verità più un ghigno sofferto. L’attacco d’ansia era imminente. Aveva tutti i sintomi stampati in faccia. Non che Blaine li conoscesse, ma vederlo agitarsi in quel modo smanioso lo rendeva molto nervoso. Magari qualcun altro avrebbe pagato per restare chiuso in un loculo con un essere fantastico caduto dal cielo, ma lui cominciava a pentirsi di aver preso lo stesso ascensore.
 
Comunque, meglio fare di tutto perché si rilassasse: era sul punto di esplodere come un reattore nucleare. Blaine voleva essere a non meno di dieci centimetri da lui per evitare la deflagrazione, anche se lo spazio in quella scatola di sardine era davvero poco.
 
Allungò la mano verso la sua e la strinse, senza che lui si rendesse conto che si stava presentando.
 
«Ciao, sono Blaine Anderson».
 
Ecco, aveva finalmente trovato un difetto al mostro di bellezza. La sua mano sembrava un’anguilla sgusciante. Lo guardò dritto in volto per la sorpresa e intravide tante piccole gocce di sudore nella forzata penombra, che gli scivolavano dalla fronte.
 
«Mi chiamo Kurt, Kurt Hummel». La sua voce sembrava sforzarsi di mantenere un po’ di controllo.
 
Ecco come si chiamava! Kurt Hummel!
 
«Piacere Kurt, ora… Cerchiamo di rilassarci, ok? Perché non ci sediamo, ti va?».
 
E senza attendere risposta scivolò a terra, appoggiando la schiena alla parete e fissandolo all’insù. Preferì non pensare alla colonia di microbi che aveva calpestato con il suo fondoschiena. Si sarebbe preoccupato di lavare tutto a tempo debito.
 
«Soffro di claustrofobia. Morirò qui dentro».
 
Non era la frase che Blaine avrebbe voluto sentire. Era decisamente agitato. Houston, abbiamo un problema. Con fare da crocerossina lo prese per la mano e lo tirò giù, costringendolo a sedersi accanto a lui.
 
«Dovresti provare a rilassarti, vedrai che fra pochi minuti saremo fuori».
 
Kurt si passò una mano tra i capelli con gesto stizzoso e si appoggiò allo schienale improvvisato. «Non so quanto potrò resistere. Sono già rimasto chiuso in un ascensore in passato».
 
Blaine lo osservò di sottecchi. Che carriera, modello e ostaggio di ascensori. Un uomo di successo.
 
«E che cosa è accaduto?» domandò incuriosito. Buon segno, aveva voglia di fare conversazione.
 
«Credimi, è meglio non saperlo» gli rispose fissandolo dritto negli occhi.
 
Cercava di ipnotizzarlo o spaventarlo? In entrambi i casi ci era riuscito.
 
«Forse dovresti concentrarti su qualcosa di bello, magari chiudi gli occhi e pensa a una spiaggia, alle onde che lambiscono la sabbia e… Che c’è?», aggiunse il ragazzo accorgendosi che Kurt lo fissava come se fosse una specie di cubo di Rubik da risolvere. Non sembrava molto ben disposto. Peccato perché il suo suggerimento era intelligente. Blaine aggrottò la fronte piccata. «Pensa a qualcosa di…».
 
«Che fai nella vita?» Gli domandò a bruciapelo, appoggiando la testa alla parete e chiudendo gli occhi. Piegò una gamba e mise un braccio sul ginocchio.
 
Che posa plastica da superfigo… e non c’era nessun fotografo a immortalare quell’epico momento.
 
Blaine si rilassò. «Sono disoccupato, niente lavoro. Oggi sono venuto qui a “Inside Look” per un colloquio, ma mi è andato tutto storto. La sveglia non ha funzionato, ho perso l’autobus, il traffico e…».
 
Kurt aprì gli occhi di scatto. «Grandioso, per errore sono capitato nel tuo Triangolo delle Bermude personale!». Era troppo astioso per i suoi gusti.
 
«Stai insinuando che porto sfortuna?». Era a dir poco allibito.
 
«Dico che l’ascensore si è bloccato durante il tuo incubo personale».
 
«Io sono entrato nel tuo ascensore per secondo, forse ce l’aveva con te».
 
Mise il broncio e si riappoggiò alla parete metallica, incrociando le braccia sul petto. Ma che insolente, e lui che cercava di essere gentile ed evitargli uno spiacevole attacco d’ansia.
 
Le labbra tirate di Kurt si ammorbidirono in un mezzo sorriso e tornarono a essere piene e sensuali. «Potresti avere ragione, dopotutto gli ascensori non mi amano. Cerco sempre di evitare di prenderli se mi è possibile, ma sai… a volte non ci sono alternative! Grattacieli… tanti piani…».
 
Blaine cercò di mantenere un contegno anche se gli veniva da ridere. «Stai cercando di fare dell’ironia?». Non c’era una nota di rimprovero nelle sue parole. Magari era pronto a conversare con lui senza aggredirlo.
 
Kurt gli lanciò uno sguardo di sottecchi e gli sorrise, davvero questa volta. «Guarda che io sono un tipo spiritoso solitamente, ma credimi, faccio una grande fatica in questo momento».
 
«Temevo di essere io il problema». Lo punzecchiò più per stimolarlo a parlare che per qualche altro motivo.
 
Si sistemò più comodo e tornò a concentrarsi su di lui, mentre prendeva lunghi respiri e si sbottonava distratto la camicia, movimento che a Blaine non passò certo inosservato. Immagini di servizi fotografici danzavano davanti ai suoi occhi e la gustosa porzione di pelle del collo, mostrata a tradimento, lo confondeva più del dovuto. Doveva focalizzarsi sul suo interlocutore… vestito!
 
Per qualche minuto rimasero in silenzio, sembravano studiarsi, ma senza voler dare l’impressione di farlo. All’improvviso Kurt domandò: «Quindi il colloquio è andato male?». Cercava di distrarsi per quanto gli era possibile e sembrava perfino interessato.
 
«Non ho avuto nessun colloquio, sono arrivato tardi e hanno assunto un altro. Ho fatto una pessima figura, non è da me essere in ritardo, oggi il destino ci ha messo la sua zampaccia».
 
«Forse il destino ti riserva qualcosa di meglio».
 
Blaine inclinò il capo per osservarlo. In effetti magari il destino gli aveva riservato una suite di un metro quadrato da dividere con il dio dell’amore. Sì, come no!
 
«O forse il destino si è distratto e non ha letto nel suo taccuino… Oggi Blaine verrà assunto a “Inside Look”». Gli sorrise senza più nessuna ombra di risentimento per la battuta infelice di poco prima. In fondo l’uomo era in tilt, poteva perdonarlo per lo sgarbo.
 
Kurt rise, di una risata piena e profonda che le fece sciogliere le gambe, ormai mollemente abbandonate sul pavimento. Per un uomo così avrebbe fatto follie.
 
«Perché mi fissi così?».
 
Blaine fece un salto e divenne probabilmente viola in volto, ma per sua fortuna era impossibile notarlo grazie alla luce spettrale.
 
«Ho visto alcuni tuoi servizi fotografici». Disse la prima cosa che le venne in mente. Pessima idea, proprio uno di quei servizi fotografici stava disintegrando tutta la razionalità che gli era rimasta.
 
«Quindi sai chi sono?» chiese incuriosito.
 
«Diciamo di sì, ma onestamente non mi ricordavo il tuo nome». Si morse il labbro. La frase poteva essere fraintesa. «Intendevo che non sono uno che legge molto le riviste di moda, è mio fratello Cooper l’esperto».
 
«E cercavi lavoro qui dentro?» ridacchiò e questo le fece venire il nervoso.
 
«Per fare l’assistente qui dentro è necessario conoscere tutti i modelli del mondo?». Voleva colpire il suo ego. Di sicuro ne aveva uno molto sviluppato, se mostrava il suo corpo senza tanti problemi e faceva un mestiere per cui il suo aspetto valeva oro.
 
«Touché! Ma io non sono tutti i modelli del mondo».
 
Evviva l’umiltà.
 
Ma stava flirtando, con lui? Lì dentro?
 
Gli occhi di Blaine ricaddero sulla porzione di pelle che aveva iniziato a imbarazzarlo. Deglutì con lentezza. Poteva essere un istante eterno, di quelli da romanzo rosa, di nuovo. L’uomo e la donna parlano, sentono attrazione reciproca e quando arriva il momento clou…
 
Sdung.
 
Cos’era quel rumore?
 
Sdung
 
Ancora e questa volta accompagnato da uno scossone dell’ascensore.
 
Gli occhi di Kurt si fecero vigili, mentre il suo corpo iniziava a tremare. Anche Blaine cominciava ad avere paura. Kurt scattò in piedi e iniziò a camminare su e giù.
 
«Mi sento male, mi manca l’aria». Si tolse il giubbotto di pelle e subito dopo la camicia e li appallottolò, lanciandoli con rabbia in un angolo della cabina.
 
Blaine si alzò incerto. «Calmati, ti prego, vedrai…».
 
«Non capisci, non respiro». Si portò una mano al collo come a indicare che non respirava veramente più.
 
Altro scossone.
 
Blaine calmo, non precipiteremo, no, no… vero?
 
Il ragazzo cominciò a sventolare la mano davanti al volto del modello che adesso era tirato, contratto in una smorfia di terrore. Il suo petto madido di sudore pompava aria a un ritmo vertiginoso. Stava andando in iperventilazione.
 
Che accidenti poteva fare per calmarlo?
 
Schiaffeggiarlo, suggerirgli ancora di pensare a qualcosa di bello? Insultarlo? Scuoterlo?
 
Kurt, pantaloni a vita bassa e un fisico da urlo, era lì che annaspava come se da un momento all’altro potesse stramazzare al suolo. E strani rumori sinistri si diffondevano intorno a loro, rendendo quella scena degna di un film dell’orrore, altro che di un romanzo rosa.
 
Blaine, rifletti…
 
«Mi manca l’aria!» Continuava a invocare Kurt con un filo di voce, come se lui potesse davvero aiutarlo.
 
Il ragazzo lo fissò prendendo coraggio perché ciò che stava per fare era assoluta follia. Rischiava grosso, orgoglio e amor proprio in primis. Allungò le mani, gli prese il viso tra i palmi e lo attirò a sé, mentre uno sguardo sbalordito e sgomento la ricambiava.
 
Blaine fece un respiro profondo e lo baciò, stampando le proprie labbra su quelle morbide di lui. La sua bocca si mosse in maniera fin troppo curiosa e di certo non solo rassicurante. Stava baciando un uomo attraente, e se fosse sopravvissuto allo schianto dell’ascensore, sarebbe morto di vergogna, ma se baciarlo poteva distrarlo e sorprenderlo abbastanza da non farlo pensare, allora il sacrificio valeva la pena.
 
Ehi, ma era la lingua di Kurt Hummel quella che cercava di farsi strada nella sua bocca? Che superava l’ostacolo e si insinuava esplorando con attenzione? Ed erano le mani di Kurt Hummel che si erano posate sui fianchi rotondetti di Blaine e si muovevano accarezzandoli?
 
Il cuore del ragazzo iniziò a pompare furiosamente. Rischiava di ubriacarsi di ossigeno e di Hummel.
 
Quell’uomo, con il suo corpo e la sua bocca, poteva essere considerato un serial killer di professione.
 
Sdung ed ennesimo scossone.
 
Stava per morire, ma almeno lo avrebbe fatto tra le braccia di Apollo, dando il bacio più hot nella sua vita.
 
«Scusate, disturbiamo?». Una voce baritonale e divertita li interruppe.
 
Blaine e Kurt si staccarono impacciati, voltandosi a guardare l’uomo tarchiato, che indossava la divisa da vigile del fuoco e li fissava compiaciuto. Certo, poteva sembrare una situazione compromettente e anche imbarazzante. Kurt a torso nudo, loro avvinghiati come piovre che si baciavano con una certa foga….
 
Blaine si sistemò il vestito e Kurt raccolse da terra la camicia e il giubbotto di pelle.
 
«Grazie per averci tirato fuori!» esclamò Blaine con voce stridula, mentre usciva dall’ascensore per primo. Il vigile lo lasciò passare e il ragazzo si ritrovò davanti a un muro di persone. Almeno cinque, altri due pompieri e qualche curioso.
 
Notò che lo sguardo di quei tizi l’aveva oltrepassato per trasformarsi da malizioso a stupito, per poi tornare su di lui con rinnovata curiosità.
 
Blaine si voltò per cercare gli occhi di Kurt, infastidito quanto lui. Si era rivestito con calma e ora parlava con il loro salvatore. «La ringrazio per l’aiuto. Soffro di claustrofobia e il ragazzo…».
 
«Sì, ho capito, faceva la respirazione bocca a bocca» rispose l’altro.
 
Kurt lo accompagnò nella risata che ne seguì. «Qualcosa del genere, sì!».
 
Era stato un benefattore, aveva sacrificato la sua reputazione per distrarre quel babbeo ed ecco che ora era diventata lo zimbello del secolo.
 
Quatto quatto, mentre tutti erano concentrati su Kurt e la sua storia, Blaine fece uno, due, tre passi indietro e inforcò le scale di servizio. Qualche piano in discesa non sarebbe stato un problema, l’importante era andarsene via da lì e in fretta dopo una mattinata da dimenticare. Beh, non proprio tutto era da dimenticare, un bacio come quello difficilmente sarebbe fuggito via dalla sua testa, era uno di quei baci che restano impressi nella memoria come il primo amore.
 
«Blaine?». La voce di modello super sexy appena baciato.
 
Non ti fermare, si stancherà.
 
«Blaine».
 
Arpionato, costretto a fermarsi su un maledetto gradino. Indossare maschera, calmare il proprio cuore, non provare vergogna.
 
«Kurt, sì?». Ruotò su se stesso sfoderando un sorriso falso come una banconota del Monopoli.
 
«Perché sei scappato in quel modo?», gli domandò lui.
 
Ora che le luci erano accese, senza penombre a giocare con i loro lineamenti, Blaine poteva seguire la perfezione della mascella, la barba di pochi giorni che gli aveva solleticato la pelle, il blu dei suoi occhi e la carnagione bianchissima. Era uno schianto e lui si sentiva piccolo, brutto e insignificante. Non era proprio la sua giornata.
 
«Sono scappato perché ero imbarazzato e… Ok… Mi devo scusare…». Balbettava, terrificante! «Ho letto da qualche parte che baciare aiuta a calmare chi soffre di attacchi di panico e così ho pensato che fosse una cosa da provare. Non volevo baciarti, ma solo aiutarti. Non vado in giro a baciare estranei negli ascensori e senza camicia… E neppure con la camicia… Negli ascensori intendo… sto straparlando».
 
Kurt scoppiò a ridere e gli fece una carezza sul viso, una carezza gentile e senza un doppio fine.
 
«Calmati, ho capito cosa intendi e ha funzionato, mi sono davvero distratto. Baci bene».
 
«No, dico, vuoi vedermi diventare rosso come un peperone? Vorrei evitarlo, ti prego».
 
«Va bene, certo che sei buffo».
 
Blaine si mise le mani tra i capelli e iniziò a ridere. «Proprio quello che ogni uomo di questo mondo vorrebbe sentirsi dire dopo essere stata baciato. Scherzo, dài». Finalmente si sentiva a suo agio, non c’era più motivo per non essere tranquillo, niente più imbarazzo. Più o meno. L’episodio si era concluso nel migliore dei modi.
 
Vide che Kurt prendeva dalla tasca del giubbotto il cellulare.
 
«Mi dai il tuo numero di telefono?» domandò come se fosse la richiesta più naturale del mondo.
 
«E per cosa?»
 
«Come per cosa?».
 
Blaine lo fissò sinceramente perplesso.
 
«Dammi il tuo numero, su. Così uno di questi giorni ti invito a cena per ringraziarti di avermi fatto superare un attacco d’ansia. Hai i tuoi metodi ragazzo e funzionano».
 
«Va bene allora, puoi chiamarmi quando vuoi…» fece con troppo entusiasmo. «Non intendevo per baciarti, eh?». Blaine rilassò le spalle e abbassò il capo. «Lo so, sono buffo».
 
«Un po’, tendi sempre a spiegare tutto, ma qui non c’è niente da spiegare, mi va di invitarti a cena.
Che c’è di male?»
 
«Niente». Blaine gli diede il suo numero, convinto che non l’avrebbe mai e poi mai richiamato.
 
Scesero le scale insieme, parlando della loro avventura, poi si salutarono con un sorriso, qualche parola carina e la promessa di rivedersi. Blaine era certo che non sarebbe accaduto. Kurt fu circondato da una nuvola di giovani ragazzine starnazzanti, con macchine fotografiche, penne e quaderni, pronte a strappare un ricordo al modello più attraente del mondo. Lui sorrideva affabile, come se si divertisse in mezzo alla ressa e alla confusione.
 
Mentre Blaine si apprestava a uscire dal palazzo, si girò a guardarlo un’ultima volta. Kurt gli stava sorridendo. E gli fece pure l’occhiolino, per sparire infine dalla sua vista, inghiottito dalle fan.
 
 
 
 
 
NOTE DELL’AUTRICE:
Salve ragazziiiii… BUON FERRAGOSTO A TUTTI!!!!
 
Allora ve lo aspettavate un primo incontro così????
Finalmente la storia prende piega, da ora in poi vi divertirete un mondo!!! Ci saranno tanti colpi di scena e tante belle situazioni… Scopriremo un po’ di più sul nostro protagonista Blaine e che ne dite Kurt lo richiamerà o succederà proprio come Blaine sostiene, cioè che si dimenticherà di lui una volta andato via???
 
Fatemi sapere se vi è piaciuto? Se siete curiosi di sapere come andrà avanti e che idee vi state facendo.
 
Vi mando un grosso bacio, e ci aggiorniamo martedì!!!
  
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